TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-04-24, n. 202307048

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-04-24, n. 202307048
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202307048
Data del deposito : 24 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/04/2023

N. 07048/2023 REG.PROV.COLL.

N. 06296/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6296 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da L S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato N T con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Monopoli di Stato - Amministrazione Autonoma, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la condanna

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

delle Amministrazioni resistenti al risarcimento del danno derivato alla Società ricorrente da concorrenti, ripetute, negligenti disfunzioni nella regolazione dei rapporti di concessione per la raccolta di giochi e scommesse su eventi ippici in essere tra le parti, fino alla colposa erosione dei fattori di sostenibilità economica del rapporto di concessione in titolarità della parte ricorrente;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da LAURENTINA S.R.L. il 5\1\2018:

per l’annullamento

a) della nota dell'AGENZIA delle DOGANE e dei MONOPOLI prot. n. 67599 del 9 ottobre 2017 avente ad oggetto «Concessione n. 4837 per l'esercizio in rete fisica dei giochi pubblici di cui all'art.

1-bis del D.L. 25/09/2008, n. 149. Irregolarità versamento quote di prelievo anni 2011, 2012, 2013»;
b) della nota dell'AGENZIA delle DOGANE e dei MONOPOLI prot. n. 67613 del 9 ottobre 2017, avente ad oggetto «Concessione n. 463 per la raccolta delle scommesse di cui al D.P.R. 08/04/1998, n. 169. Irregolarità versamento quote di prelievo anno 2009»;

c) di ogni altro atto preordinato, consequenziale e/o comunque conseguente e connesso, anche infraprocedimentale e ancorché non conosciuto.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Monopoli di Stato - Amministrazione Autonoma e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 aprile 2023 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La L s.r.l. ha svolto l’attività di raccolta di giochi e scommesse su eventi ippici, quale concessionaria dello Stato, a seguito di un risalente concorso pubblico UNIRE (c.d. “concessioni storiche”), titolo poi rinnovato ai sensi dell’art. 25 del d.p.r. n. 169/1998 e quindi revocato ai sensi dell’art.

4-bis, comma 2, d.l. n. 59/2008, in anticipo rispetto alla scadenza originaria del 30 giugno 2011.

Chiede in giudizio l’accertamento del diritto al risarcimento, a titolo di responsabilità extracontrattuale, connesso allo svolgimento del pregresso rapporto concessorio la cui sostenibilità economica nel tempo è stata minata concretamente da una serie di fattori legati alle ripetute omissioni e carenze organizzative dell’amministrazione concedente. Inoltre, chiede l’annullamento delle note prot. 67599/2017 e prot. 67613/2017, impugnate con motivi aggiunti, con la quale l’ADM pretende il pagamento di alcuni crediti (a titolo di quote di prelievo per gli anni pregressi) che trovano titolo nel pregresso rapporto concessorio, benchè gli stessi siano stati già compensati con i crediti risarcitori vantati dalla società come accertato nel corso di un arbitrato rituale conclusosi in data 15 maggio 2013 (c.d. lodo “di Majo”).

Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio e hanno sollevato l’eccezione di inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione “alla luce delle statuizioni rese dalla S.C. a Sezioni Unite, con la sentenza 26/10/2020, n. 23418” proprio in relazione all’impugnativa del lodo del 2013.

All’udienza del 14 aprile 2023, il Collegio ha dato atto, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., del possibile difetto di giurisdizione del gravame. La causa è stata quindi trattenuta in decisione.

I motivi di ricorso possono essere esaminati contestualmente attesa la loro connessione.

In virtù del principio di sinteticità della motivazione della sentenza che viene in rilievo là dove la controversia possa essere decisa facendo riferimento “ad un precedente conforme” (art. 74 c.p.a.), il Collegio richiama il proprio precedente conforme del 26 luglio 2022, n. 10654, con il quale è stata decisa una controversia analoga a quella oggetto del presente giudizio e rinvia, con le precisazioni che seguono, alle motivazioni lì esposte le quali non risultano superate nel caso di specie (cfr., nello stesso senso, tra le tante, sentenza 2 dicembre 2022, n. 16126).

Il gravame è inammissibile per difetto di giurisdizione.

Nel precedente n. 10654/2022 la Sezione ha affermato, invocando le statuizioni della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 ottobre 2020, n. 23418, che la controversia de qua non appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo bensì a quella del giudice ordinario.

Ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., le controversie “in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi” rientrano nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”.

Nella pronuncia n. 23418/2020 delle Sezioni Uniti hanno annullato con rinvio la sentenza n. 6260 del 21 novembre 2013 della Corte di appello di Roma che aveva, a sua volta, annullato il lodo “di Majo” in quanto, secondo il giudice di appello, la controversia apparteneva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Le Sezioni Unite sono state di diverso avviso rispetto al giudice di appello e hanno ritenuto che la controversia rientrava nella giurisdizione del giudice ordinario.

In via generale, hanno sostenuto che, per radicare la giurisdizione esclusiva, “non è sufficiente la mera attinenza della controversia con una determinata materia, occorrendo pur sempre che la controversia abbia ad oggetto, in concreto, la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi che siano espressione di pubblici poteri”.

Con riferimento al tema delle concessioni di pubblici servizi, hanno poi affermato che “le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto successiva all'aggiudicazione sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario - riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi -, al quale spetta di giudicare sulle questioni inerenti all'adempimento e/o all'inadempimento della concessione (e sui relativi effetti e conseguenze: come si vedrà, anche di natura risarcitoria) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell'amministrazione e del concessionario”. Inoltre, hanno anche precisato che, in questo caso, spetta al giudice ordinario anche “valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo”. Quindi hanno concluso nel senso che laddove “si controverta sull'accertamento dell'adempimento o dell'inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte nell'ambito del rapporto concessorio, anche ai fini del risarcimento del danno, non trova rilievo alcun controllo sull'esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell'azione amministrativa provvedimentale, essendo al giudice di merito richiesto di valutare la sussistenza, o meno, dei fatti di inadempimento dedotti a fondamento delle pretese e di qualificarli giuridicamente, per trarne le conseguenze sul piano privatistico, vedendosi in tema di diritti soggettivi vantati in posizione di parità dal privato nei confronti dell'ente pubblico o parificato”.

In questo modo, la Cassazione ha superato il proprio precedente orientamento, definito “tradizionale”, volto ad attribuire vis expansiva alla giurisdizione esclusiva “a tutta la fase esecutiva” del rapporto concessorio comprendendo anche le controversie, anche risarcitorie, comunque incidenti sull’aspetto genetico e funzionale del rapporto ad eccezione soltanto delle controversie di “contenuto meramente patrimoniale”.

Nell’ambito dell’odierno contenzioso la ricorrente allega una serie di fatti che, pur ponendosi all’esterno dell’equilibrio contrattale (indagato invece nella pronuncia delle Sezioni Unite), vengono dedotti come causa del danno subito a titolo di responsabilità extracontrattuale. Più in particolare, la ricorrente chiede il risarcimento del danno derivato da concorrenti, ripetute, negligenti disfunzioni nella regolazione dei rapporti di concessione per la raccolta di giochi e scommesse su eventi ippici in essere tra le parti, fino alla colposa erosione dei fattori di sostenibilità economica del rapporto di concessione di cui era titolare (cfr. il precedente n. 10654/2022).

Il petitum sostanziale azionato dalla ricorrente ha natura di diritto soggettivo in quanto, nella giurisdizione ordinaria, (anche) il risarcimento del danno è un diritto, mentre in quella amministrativa è un rimedio.

Può tuttavia condividersi, con riferimento alla controversia riguardante il diritto al risarcimento da responsabilità extracontrattuale (come nel caso di specie), quanto affermato dalle Sezioni Unite in ordine all’attribuzione alla giurisdizione ordinaria della controversia concernente il diritto al risarcimento derivante da responsabilità contrattuale affermandosi che il diritto al risarcimento “non può, come tale, non ritenersi ricompreso, per omologia o, comunque, assimilazione, in quella dimensione che contempla ‘indennità, canoni e corrispettivi’, quale elementi anch'essi di un rapporto giuridico paritetico (la cui fonte è, pertanto, un regolamento a carattere negoziale) e che, dunque, esprimono la sintesi - solo esemplificativa - di tutte ciò che, di quel rapporto, si pone sul piano della relativa attuazione (in termini, dunque, di adempimento/inadempimento)”.

Diversamente, si avrebbe un’irragionevole spostamento della giurisdizione in base alla causa petendi (ossia al titolo di responsabilità dedotto e azionato in giudizio dalla parte) e non al petitum sostanziale (su cui si basa oggi il criterio di riparto della giurisdizione), a prescindere dall’accertamento in concreto della natura della responsabilità invocata.

Né invero la giurisdizione del giudice amministrativo può affermarsi limitatamente all’impugnazione delle note prot. 67599/2017 e prot. 67613/2017 dell’ADM con le quali l’amministrazione ha richiesto il pagamento di alcuni crediti aventi titolo nel pregresso rapporto concessorio.

Tale richiesta ha titolo nella compensazione tra le posizioni di debito/credito accertata nel lodo “di Majo” che in seguito è stato impugnato innanzi dinnanzi alla Corte di appello di Roma che, con sentenza n. 6260/2013, lo ha dichiarato nullo ritenendo la controversia appartenente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sentenza poi cassata dalla richiamata pronuncia n. 23418/2020 delle Sezioni Uniti con cui si è dichiarata invece la giurisdizione del giudice ordinario con rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.

Anche su questa richiesta di pagamento sussiste quindi la giurisdizione del giudice ordinario.

Del resto, le note impugnate non sono provvedimenti amministrativi in quanto non hanno natura autoritativa non avendo esercitato l’amministrazione, nel caso concreto, un potere curando l’interesse pubblico affidatole dal legislatore (cfr. il precedente della Sezione n. 14283/2022).

Di conseguenza, va declinata la giurisdizione del giudice amministrativo e va dichiarata quella del giudice ordinario, precisandosi che, ai sensi dell’art. 11 c.p.a., ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, “sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato”.

La peculiarità dell’oggetto della controversia, con particolare riguardo ai profili di ammissibilità del ricorso, giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

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