TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2023-03-09, n. 202300118

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2023-03-09, n. 202300118
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - L'Aquila
Numero : 202300118
Data del deposito : 9 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/03/2023

N. 00118/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00061/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 61 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati P C, P M, G G, F D, L G, F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gianluca Del Cimmuto in L'Aquila, via Monte Cagno n.8;

contro

Comune di Giulianova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in L'Aquila, via V. Veneto 11;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

dell'atto di diniego n. -OMISSIS- a firma del Responsabile dell'Area II del Comune di Giulianova

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- il 14/12/2021:

a) dell'ordinanza del Dirigente dell'Area II - Servizi Tecnici della Città di Giulianova n.-OMISSIS- con la quale: a.1) si accertava l'intervenuta acquisizione al patrimonio comunale, ai sensi dell'art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380/2001, dell'intero immobile denominato “-OMISSIS-”, inclusa l'area di sedime, e dell'area pertinenziale;
a.2) si disponeva la trascrizione a favore del Comune di Giulianova della citata ordinanza n. -OMISSIS-e la immissione in possesso a favore di tale ente dalla data di notifica di detto provvedimento;
a.3) si irrogava ai ricorrenti, ai sensi dell'art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001, la sanzione amministrativa pecuniaria pari ad €. 20.000,00;
a.4) si ordinava lo sgombero dell'intero immobile denominato “-OMISSIS-” e delle aree circostanti entro novanta giorni dalla notifica della citata ordinanza n. -OMISSIS-;
a.5) si informavano i ricorrenti che “tutte le spese connesse alla demolizione delle opere abusive ed acquisite al Patrimonio comunale” sarebbero state agli stessi addossate salvo il caso in cui “il Consiglio comunale dichiari l'esistenza di interessi pubblici prevalenti al mantenimento dell'opera stessa, in assenza di contrasto con la normativa urbanistica o ambientale”;

b) del “verbale di sopralluogo del -OMISSIS-, redatto a seguito di sopralluogo congiunto della Polizia locale con l'Ufficio tecnico del Comune di Giulianova” richiamato nell'ordinanza sub a) nonché “la relazione di accertamento prot. n. -OMISSIS- redatta a seguito del sopralluogo congiunto del -OMISSIS-”;

c) degli atti alla citata ordinanza n. -OMISSIS-presupposti, connessi e/o consequenziali ivi inclusi, ove occorra, la nota del Dirigente dell'Area II-Servizi Tecnici del Comune di Giulianova del -OMISSIS-, le note del medesimo Dirigente del -OMISSIS- nonché la relazione prot. n. -OMISSIS- redatta dall'Ufficio tecnico sulla nota inviata dal professionista incaricato dal -OMISSIS- ed acquisita al prot. n. -OMISSIS-

e per l'accertamento della insussistenza dei presupposti per la produzione dell'effetto acquisitivo ex lege al patrimonio comunale, ai sensi dell'art. 31, commi 3 e 4, d.P.R. n. 380/2001, dei beni di proprietà dei ricorrenti.

e per l'accertamento

della insussistenza dei presupposti per la produzione dell'effetto acquisitivo ex lege al patrimonio comunale, ai sensi dell'art. 31, commi 3 e 4, d.P.R. n. 380/2001, dei beni di proprietà dei ricorrenti.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Giulianova e di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2023 il dott. M G P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I ricorrenti privati sono proprietari di unità immobiliari insistenti in uno stabile sito in Giulianova Lido (TE), alla Via -OMISSIS- individuate dagli identificativi catastali di cui al fg. -OMISSIS-.

Tale fabbricato è costituito da quattro piani, oltre al piano terra, ha una copertura a terrazza, è adibito a residenze con sette appartamenti ed il piano terra è, invece, destinato a laboratorio.

Per il fabbricato in questione veniva costituito il -OMISSIS- al fine di gestire le parti comuni dell’edificio.

Lo stabile su cui insistono le proprietà esclusive dei ricorrenti veniva edificato in virtù di licenza di costruzione rilasciata dal Comune di Giulianova in data -OMISSIS-, a seguito di domanda, all’epoca, presentata dal legale rappresentante della cooperativa edilizia -OMISSIS-.

In data -OMISSIS-la Cooperativa -OMISSIS- ultimava lo stabile nell’attuale conformazione e, quindi, presentava domanda per ottenere il permesso di abitabilità al Sindaco di Giulianova.

A seguito di un esposto presentato nell’anno-OMISSIS- dalla ditta proprietaria dell’area finitima (-OMISSIS-), veniva attivato un procedimento di vigilanza da parte del Comune di Giulianova, esitato nell’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-

Con tale provvedimento si ordinava il ripristino delle seguenti opere assumendole quali variazioni essenziali rispetto al titolo originario: trasformazione della destinazione d’uso del piano terra che, anziché essere garage, sarebbe risultata locale commerciale;
maggiore altezza del piano terra (h. 3.40, anziché 2,40);
maggiore altezza del fabbricato che, contrariamente alla licenza edilizia n. 6049/1966, sarebbe di mt. 17,21 e non mt. 15, quote e distacchi dai confini leggermente variati a quelli autorizzati, diversa distribuzione degli spazi interni.

Avverso l’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS- il -OMISSIS- ed i signori -OMISSIS- proponevano ricorso dinanzi a questo Tribunale che, con la sentenza n. -OMISSIS-, lo accoglieva.

La predetta decisione veniva appellata dal controinteressato -OMISSIS- ed il Consiglio di Stato, con la sentenza n.-OMISSIS-, accoglieva l’appello, affermando la legittimità dell’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-

Tale sentenza veniva impugnata da uno dei condomini ricorrenti con ricorso per revocazione, esitato nella decisione della Sez. VI n. -OMISSIS-, che lo dichiarava inammissibile.

Intervenuta la sentenza n.-OMISSIS- del Consiglio di Stato, il Dirigente dell’Area II del Comune di Giulianova, con la nota del -OMISSIS-, trasmetteva al -OMISSIS- e ad alcuni proprietari delle unità immobiliari dello stabile una diffida ad adempiere all’ordinanza di riduzione in pristino n. -OMISSIS-, notificando detta ordinanza e la citata sentenza del Consiglio di Stato.

A seguito di tale comunicazione il -OMISSIS- presentava istanza ai sensi dell’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, chiedendo l’applicazione della sanzione pecuniaria ivi prevista in luogo di quella demolitoria.

Con provvedimento n. -OMISSIS-, il Responsabile dell’Area II del Comune di Giulianova comunicava il rigetto della domanda di fiscalizzazione ex art. 34 comma 2 citato degli abusi edilizi contestati sul rilievo che, nel caso in esame, gli interventi erano da considerarsi variazioni essenziali e che, pertanto, non poteva operare la disposizione invocata.

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio i ricorrenti impugnano il diniego di fiscalizzazione adottato dal Comune di Giulianova n. -OMISSIS-

Il ricorso è sostenuto dai seguenti motivi di ricorso:

A) “Violazione e falsa applicazione dell'art. 34 DPR 380/2001 (e dell'art. 12 L. 47/1985) in relazione al pregiudizio che deriverebbe alle parti conformi dello stabile, a causa del provvedimento impugnato di diniego della fiscalizzazione dell'abuso, dall'esecuzione dell'ordine di demolizione;
violazione dei principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza dell' interpretazione della medesima norma (artt. 34 DPR 380/2001 e 12 L. 47/1985) cui si informa il provvedimento impugnato. Eccesso di potere, sviamento di potere, manifesta illogicità, carenza di istruttoria ed omessa motivazione”;

B) “Violazione e falsa applicazione dell'art. 34 DPR 380/2001 (art. 12 L. 47/1985) per difetto di verifica della compatibilità fra l'opera realizzata e lo specifico valore tutelato da parte del vincolo paesaggistico di cui al DM 22/05/1964;
violazione della medesima norma (artt. 34 DPR 380/2001 e 12 L. 47/1985) in ragione della sussistenza dell'autorizzazione da parte del titolare del vincolo desumibile dalla sentenza penale 1974 e dal mancato esercizio della vigilanza dal 1969 al-OMISSIS-. Carenza di istruttoria ed omessa motivazione”.

Nelle more del giudizio, con l’ordinanza dell’-OMISSIS-, il Responsabile dell’Area II-Servizi Tecnici del Comune di Giulianova, richiamando il “verbale di sopralluogo del -OMISSIS-, redatto a seguito di sopralluogo congiunto della Polizia locale con l’Ufficio tecnico del Comune di Giulianova” e la “la relazione di accertamento prot. n. -OMISSIS-” redatta sulla base di esso:

a) accertava “l’inottemperanza alla completa esecuzione dell’ordinanza n.-OMISSIS-”;

b) dichiarava che per il ripristino dello stato dei luoghi e per la demolizione delle opere abusive occorre acquisire “l’intero immobile denominato “condominio -OMISSIS-”, individuato in Catasto Fabbricati del Comune di Giulianova al foglio -OMISSIS-, oltre al circostante terreno, di estensione complessiva pari a 370,00 mq (come da visura catastale allegata), nonché, per le quote intestate ai proprietari responsabili degli abusi, la particella n. 480 di estensione complessiva pari a mq 300,00 (come da visura catastale allegata) e necessaria per l’accesso all’immobile abusivo”;

c) acquisiva a titolo gratuito al patrimonio del Comune di Giulianova, ai sensi dell’art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380/2001, l’intero immobile e l’area circostante, come sopra dettagliati, rilevando che “l’area acquisita unitamente all’immobile abusivo” sarebbe “di estensione inferiore al limite di cui all’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 31 d.P.R. n. 380/2001”

d) disponeva “la trascrizione a favore del Comune di Giulianova” dell’ordinanza n. -OMISSIS-nei Pubblici Registri, come previsto dall’art. 31 d.P.R. n. 380/2001, previa avvenuta notifica dell’ordinanza medesima, rilevando che, a decorrere dalla data di notifica del provvedimento in questione, il Comune di Giulianova sarebbe entrato “in possesso ad ogni effetto di legge, delle opere e dell’area” come determinate nel medesimo atto;

e) irrogava, ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, d.P.R. n. 380/2001, a carico dei soggetti ricorrenti privati, la sanzione pecuniaria di €. 20.000,00 nella misura massima sul presupposto che l’immobile in questione ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico assegnando, poi, agli interessati il termine di sessanta giorni per il pagamento in difetto del quale si preannuncia la riscossione coattiva;

f) ordinava “lo sgombero dell’immobile, denominato condominio -OMISSIS-, abusivamente realizzato e delle aree circostanti da persone e cose entro 90 giorni dalla notifica” della ordinanza n. -OMISSIS-;

g) informava che saranno a carico dei responsabili dell’abuso “tutte le spese connesse alla demolizione delle opere abusive ed acquisite al Patrimonio comunale” eccezion fatta “per il caso in cui il Consiglio comunale dichiari l’esistenza di interessi pubblici prevalenti al mantenimento dell’opera stessa, in assenza di contrasto con la normativa urbanistica o ambientale”.

Avverso tale provvedimento i ricorrenti proponevano ricorso per motivi aggiunti sostenuto dalle seguenti censure:

A. “Sulla illegittimità del diniego di fiscalizzazione di cui alla nota del Dirigente dell’Area II-Servizi Tecnici del Comune di Giulianova del -OMISSIS-”:

I. “Illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 34, 31 e 32 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 5 della l.reg. Abruzzo n. 52 del 1989”.

B. “Sulla illegittimità, in via derivata e per vizi autonomi, dell’ordinanza n. -OMISSIS-, nei suoi diversi contenuti dispositivi, e degli atti alla stessa presupposti, connessi e/o consequenziali”:

II. “Illegittimità derivata della ordinanza n. -OMISSIS-e degli atti presupposti, connessi e/o consequenziali per i vizi inficianti la nota del Dirigente dell’Area II-Servizi Tecnici del Comune di Giulianova del -OMISSIS-”;

III. “Vizi autonomi dell’ordinanza n. -OMISSIS-: violazione e falsa applicazione dell’art. 31, commi 2, 3, 4, 4 bis, 4 ter e 5, d.P.R. n. 380/2001;
eccesso di potere per travisamento in fatto ed in diritto, per difetto di istruttoria e di presupposti, per ingiustizia manifesta;
violazione dei canoni di ragionevolezza e di giustizia in forza dei quali, in materia di sanzioni degli abusi edilizi, le stesse sono applicabili al responsabile dell’abuso contestato e non ai proprietari incolpevoli”;

III.1. “La comminatoria di acquisizione al patrimonio comunale non può operare per il proprietario non responsabile dell’abuso”;

III.2. “L’addebito delle spese della riduzione in pristino d’ufficio non può operare nei confronti del proprietario non responsabile dell’abuso”;

III.3. “La comminatoria dell’irrogazione della sanzione pecuniaria non può operare per il proprietario non responsabile dell’abuso”;

III.4. “Illegittimità derivata del provvedimento di trascrizione dell’acquisizione, di immissione in possesso e di sgombero dell’intero immobile per effetto dei vizi inficianti gli atti presupposti”;

IV. “Ulteriori vizi autonomi dell’ordinanza n. -OMISSIS-: violazione, sotto un diverso profilo, dell’art. 31, comma 3, DPR n. 380/01, anche in combinato disposto con l’art. 3 L. n. 241/90. Eccesso di potere per travisamento in fatto ed in diritto, per difetto dei presupposti e per carenza di istruttoria”;

V. “Ulteriori vizi autonomi dell’ordinanza n. -OMISSIS-: violazione e falsa applicazione dell’art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380/2001 in combinato disposto con l’art. 34 d.P.R. n. 380/2001. Eccesso di potere per difetto di presupposti, per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, per irragionevolezza ed ingiustizia manifesta”.

Si sono costituiti il Comune di Giulianova e la controinteressata -OMISSIS- resistendo al ricorso e chiedendone la reiezione.

All’udienza pubblica del 22 febbraio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.§. Il collegio respinge, in primo luogo l’eccezione relativa alla legittimazione ad agire dell’amministratore di condominio in quanto, ai sensi degli artt. 1130, primo comma, n. 4), e 1131 cod. civ., l’amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad agire in giudizio, nei confronti dei singoli condomini e dei terzi, per compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni di un edificio, ivi compresa la richiesta delle necessarie misure cautelari.

2.§. Il collegio ritiene di scrutinare l’eccezione di costituzionalità sollevata dai ricorrenti che hanno dedotto la illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 34, 31 e 32 d.p.r. n. 380/2001 e dell’art. 5 l.r. Abruzzo n. 52/1989, per asserita violazione con gli artt. 3, 42 e 117 Cost.. Il diniego di fiscalizzazione si fonderebbe, infatti, su due presupposti fondati sull’applicazione di norme ritenute incostituzionali: “il primo è che la maggiore altezza del fabbricato rispetto a quella autorizzata, pari complessivamente a 2,21 metri, sarebbe compresa fra quella non inferiore a 1,5 metri e non superiore a 2,5 metri che, secondo l’art. 5 della l. reg. Abruzzo n. 52 del 1989, costituisce variazione essenziale;
il secondo è che, trattandosi di immobile ricadente in area vincolata paesaggisticamente, ogni difformità sarebbe perciò solo “variazione essenziale”, e quindi non fiscalizzabile”. In particolare, le richiamate previsioni normative, regionale e nazionali, sarebbero incostituzionali nella parte in cui, da un lato, utilizzerebbero con riferimento alla maggiore altezza “un valore “fisso”, totalmente slegato dalla grandezza progettuale del manufatto al quale si riferisce, finisce per sottoporre ad un medesimo trattamento, irragionevolmente, fattispecie potenzialmente molto diverse fra loro” e, dall’altro, quanto al collocamento dell’immobile in area vincolata, assolutizzando la tutela del paesaggio, comprometterebbero in modo eccessivo, sproporzionato e irragionevole il diritto di proprietà.

3.§. In primo luogo, per ciò che attiene alla rilevanza della questione di costituzionalità, il collegio rileva che il fatto che il Consiglio di Stato si sia già espresso nel senso della sussistenza, nella fattispecie, di variazioni essenziali non esclude la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale prospettate. In questa sede, infatti, il thema decidendum attiene alla sussistenza dei presupposti per l’adozione del diniego di fiscalizzazione, mentre il Consiglio di Stato si è pronunciato esclusivamente sulla sussistenza dei presupposti per ordinare la demolizione. Per quanto connesse, le due questioni restano, in parte, distinte. Sicché il giudicato che si è formato sulla legittimità dell’ordine di demolizione non si estende sic et simpliciter alle vicende che riguardano il diniego di fiscalizzazione.

A tal proposito deve essere operato un distinguo.

Il diniego di fiscalizzazione impugnato si fonda su due presupposti: il primo è che la maggiore altezza del fabbricato rispetto a quella autorizzata, pari complessivamente a 2,21 metri, sarebbe compresa fra quella non inferiore a 1,5 metri e non superiore a 2,5 metri che, secondo l’art. 5 della l. reg. Abruzzo n. 52 del 1989, costituisce variazione essenziale;
il secondo è che, trattandosi di immobile ricadente in area vincolata paesaggisticamente, ogni difformità sarebbe perciò solo “variazione essenziale”, e quindi non fiscalizzabile.

Per quanto concerne il primo aspetto, quello dell’altezza, la ricorrente censura l’art. 5 della citata l. reg. n. 52 del 1989 per contrasto con l’art. 3 Cost.

Sul punto il collegio ritiene non rilevante la questione ai fini del presente giudizio considerato che la consistenza dell’abuso in termini di “variazione essenziale”, rilevante altresì ai fini della esclusione della detta fiscalizzazione, era già stata accertata con ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-, sulla cui legittimità – anche proprio in punto di qualificazione dell’abuso – si è già formato il giudicato amministrativo.

Rilevante, invece, appare la censura secondo la quale sarebbe affetta da illegittimità costituzionale la disciplina di cui agli artt. 34, 31 e 32 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 5 della l.reg. Abruzzo n. 52 del 1989, laddove prevede che ogni difformità edilizia in zona paesaggistica configuri una “variazione essenziale” non suscettibile di fiscalizzazione.

Nello specifico, l’art. 32 del d.P.R. citato, dispone, al comma 3, che “Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44”.

L’art. 34, invece, riconoscendo l’istituto della fiscalizzazione solo agli abusi realizzati in “difformità parziale”, esclude implicitamente dal suo campo di applicazione gli abusi realizzati in area sottoposta a vincolo paesaggistico.

4.§. L’eccezione di costituzionalità sarebbe, a giudizio del collegio, non manifestamente infondata laddove si volesse applicare la disciplina predetta retroattivamente tenuto conto che le disposizioni censurate sono entrate in vigore in epoca ampiamente successiva all’abuso, mentre all’epoca della commissione di quest’ultimo non esistevano disposizioni che, con riferimento alle aree vincolate paesaggisticamente, qualificassero come “variazione essenziale” ogni difformità del manufatto rispetto al titolo edilizio. La disciplina vigente meriterebbe pertanto di essere rimessa alla Corte Costituzionale quantomeno laddove interpretata come applicabile anche agli abusi pregressi, anziché soltanto a quelli successivi alla sua entrata in vigore.

A tal proposito, però, questo giudice è chiamato a interpretare secundum constitutionem le disposizioni legislative, prima ed in luogo di devolverne l’esame alla Corte Costituzionale.

Si tratta formalmente di un onere processuale, dal momento che al giudice comune viene richiesto di sperimentare preventivamente la possibilità di dare al testo legislativo un significato compatibile con il parametro costituzionale, e – ove il tentativo risulti infruttuoso – di offrire adeguata motivazione, nell’ordinanza di rimessione, delle ragioni che impediscono di pervenire in via interpretativa alla soluzione ritenuta costituzionalmente corretta.

L’onere dei giudici di ricercare una interpretazione costituzionalmente adeguata emerge per la prima volta dalla sentenza n. 456 del 1989. In essa la Corte afferma: “Quando (…) il dubbio di compatibilità con i principi costituzionali cada su una norma ricavata per interpretazione da un testo di legge è indispensabile che il giudice a quo prospetti a questa Corte l'impossibilità di una lettura adeguata ai detti principi;
oppure che lamenti l'esistenza di una costante lettura della disposizione denunziata in senso contrario alla Costituzione (cosiddetta "norma vivente"). Altrimenti tutto si riduce ad una richiesta di parere alla Corte Costituzionale, incompatibile con la funzione istituzionale di questo Collegio (cfr. la sentenza n.123 del 1970)”.

Venendo al caso di specie il collegio rileva che le disposizioni censurate non scontino un vizio di costituzionalità laddove interpretate nel senso di sanzionare con i limiti e parametri predetti, solo le opere realizzate successivamente all’entrata in vigore del Testo unico dell’edilizia.

Il Comune ha fatto applicazione di una norma, l’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001, ampiamente successiva rispetto alla commissione dell’abuso, che risale alla fine degli anni ‘60.

È principio di diritto pacificamente riconosciuto quello secondo il quale in materia di sanzioni amministrative opera il divieto di retroattività e che il legislatore non può prevedere sanzioni applicabili a fattispecie che si sono realizzate in un periodo anteriore all’entrata in vigore della legge stessa. La Corte costituzionale ha affermato che l’art. 25 Cost., nella parte in cui prevede che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”, deve essere interpretato nel senso che ogni intervento sanzionatorio “è applicabile soltanto se la legge che lo prevede risulti già vigente al momento della commissione del fatto sanzionato” (Corte cost. n. 196 del 2010-). L’amministrazione non può, pertanto, applicare retroattivamente una sanzione ad un fatto che, al momento della sua realizzazione, era disciplinato da una legge che prevedeva un regime, eventualmente anche sanzionatorio, diverso.

La giurisprudenza amministrativa ha affermato che «Da quanto sin qui esposto risulta che l’abuso, consistente nel mutamento della destinazione d’uso, è stato commesso, come accertato dal verificatore, nel 1978. A tale data vigeva l’art. 10 della L. n. 10 del 1977, il quale contemplava una sanzione pecuniaria e non anche una sanzione reale consistente nel ripristino dello stato dei luoghi» (Cons. St., Sez. VI, 10 marzo 2014, n. 1142).

Applicando le predette coordinate ermeneutiche al caso in giudizio, si deve affermare che il regime sanzionatorio che avrebbe dovuto trovare applicazione all’abuso in questione non è affatto quello previsto dall’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dalle altre norme del medesimo decreto e degli altri testi normativi che concorrono a definirne l’ambito di applicazione (l’art. 31 e l’art. 32 del d.P.R. n. 380 e l’art. 5 della l. reg. Abruzzo n. 52 del 1989), bensì quello dell’art. 41, comma 2, della l. n. 1150 del 1942, come sostituito dall’art. 13 della legge 6 agosto 1967, n. 765, secondo cui «Qualora non sia possibile procedere alla restituzione in pristino ovvero alla demolizione delle opere eseguite senza la licenza di costruzione o in contrasto con questa, si applica in via amministrativa una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’Ufficio Tecnico Erariale» .

Questa disposizione si fonda su un presupposto diverso da quello della “parziale difformità” che sarebbe stato successivamente introdotto, per la prima volta, dall’art. 15, comma 11, della legge n. 10 del 1977.

Il Comune ha invece valutato l’abuso – e le conseguenze sanzionatorie da esso derivanti – non già sulla base del quadro normativo vigente all’epoca della sua commissione, ma in base a quello attuale, che ovviamente è divenuto molto più restrittivo.

La questione si pone in termini del tutto analoghi con riferimento agli aspetti legati alla sussistenza, nell’area su cui insiste l’immobile parzialmente abusivo, del vincolo paesaggistico. Il vincolo è stato apposto nel 1964, e quindi in epoca precedente all’abuso, ma la l. n. 1497 del 1939, allora vigente, prevedeva all’art. 15 che «Indipendentemente dalle sanzioni comminate dal codice penale, chi non ottempera agli obblighi e agli ordini di cui alla presente legge è tenuto, secondo che il Ministero dell’educazione nazionale ritenga più opportuno, nell’interesse della protezione delle bellezze naturali e panoramiche, alla demolizione a proprie spese delle opere abusivamente eseguite o al pagamento di una indennità equivalente alla maggiore somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la commessa trasgressione» .

La sanzione demolitoria non era, pertanto, l’unico rimedio possibile, né alla stregua della disciplina urbanistico-edilizia, né alla stregua della disciplina in materia di paesaggio. E non vi era neppure alcuna disposizione che, come sarebbe accaduto soltanto in seguito all’entrata in vigore dell’art. 8 della l. n. 47 del 1985, prevedesse che tutti gli interventi difformi su immobili sottoposti a vincolo paesistico fossero da considerarsi, per ciò solo, in difformità totale o con variazioni essenziali.

È in quest’ottica che dev’essere letta l’affermazione del Consiglio di Stato, contenuta nella sentenza Sez. VI, 27 ottobre 2021, n. 7200, per cui «il Comune non potrà non tenere conto sul piano amministrativo» della «complessità della sottesa vicenda di fatto e [del]la particolare dinamica anche temporale che l’ha contrassegnata».

5.§. L’ordinanza n. -OMISSIS-e gli atti alla stessa correlati sono affetti, quindi, da illegittimità derivata per i vizi inficianti il diniego di fiscalizzazione dell’abuso edilizio, in quanto il provvedimento ex art. 34 d.P.R. n. 380/2001 costituisce l’atto presupposto ed alternativo alla applicazione della sanzione demolitoria con la conseguenza che, a fronte dell’illegittimità del diniego di fiscalizzazione, l’Amministrazione non poteva legittimamente esercitare il potere di demolizione d’ufficio ed i poteri allo stesso correlati (acquisizione al patrimonio comunale, sgombero degli immobili, ordine di trascrizione, immissione in possesso, irrogazione della sanzione pecuniaria ed addebito delle spese di demolizione).

6.§. Per i motivi predetti, assorbita ogni altra censura, il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti devono essere accolti.

La particolare complessità della fattispecie in esame rende opportuna la compensazione delle spese di giudizio.

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