TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-04-11, n. 202300804
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Testo completo
Pubblicato il 11/04/2023
N. 00804/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00871/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 871 del 2021, proposto da G M, M A, P M M, rappresentati e difesi dagli avvocati G M, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Sala Consilina, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, F.Crispi N° 1/7;
per l'annullamento o declaratoria di nullità
a) della determinazione del Responsabile dell'Area Tecnica del Comune di Sala Consilina n. 5 dell'11.1.2021 (ma successivamente notificata);
b) della delibera consiliare n. 48 del 30.11.2020 citata nel provvedimento impugnato sub a (mai notificata).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sala Consilina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2023 il dott. Raffaele Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, i ricorrenti impugnano i provvedimenti indicati in epigrafe con cui l’Amministrazione comunale ha disposto la risoluzione ipso iure dei contratti del 18 luglio 1932 e del 4 agosto 1939 con cui la medesima Amministrazione ha concesso suoli demaniali per la realizzazione, rispettivamente, di un albergo e di un garage a servizio dello stesso, disponendo altresì l’acquisizione in proprietà degli immobili edificati; tali provvedimenti sono motivati sulla base delle gravi inadempienze degli obblighi gravanti sui concessionari (disuso dell’edificio destinato all’attività alberghiera e mancato pagamento dei canoni).
I ricorrenti lamentano, in estrema sintesi, l’insussistenza dei presupposti (in quanto l’originaria destinazione del suolo non è stata mai modificata), la necessità di una pronuncia giurisdizionale ai fini della risoluzione del contratto e l’acquisizione della proprietà degli immobili (stante il mutato quadro normativo nonché l’avvenuta acquisizione della proprietà dell’area destinata all’edificazione del garage sulla base del contratto del 4 agosto 1939), l’obbligo del pagamento del valore dei beni oggetto di accessione, il difetto di istruttoria e di motivazione (per la mancata valutazione e indicazione delle ragioni che inducono a qualificare i beni in questione come demaniali e a ritenere operante il regime della accessione, la mancata esplicitazione delle gravi inadempienze imputate ai ricorrenti, la mancata valutazione dell’interesse pubblico alla acquisizione dei beni) nonché la violazione dell’articolo 2644 c.c.
2. Si è costituita l’Amministrazione contestando il ricorso in fatto e in diritto e chiedendone il rigetto.
3. All’udienza pubblica del 22 febbraio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Occorre premettere che non appare condivisibile la qualificazione delle aree oggetto di concessione e di successiva edificazione quali demaniali/ad uso pubblico, operata dal Tribunale di Sala Consilina nella sentenza n. 281/2008 e confermata dalla Corte d’Appello di Salerno nella sentenza n. 1583/2012.
Occorre infatti considerare che l’art. 432 del codice civile del 1865, nella vigenza del quale furono stipulate le predette convenzioni, distingueva i beni delle province e dei comuni in beni di uso pubblico e beni patrimoniali, con la conseguenza che non era possibile considerare i beni comunali quali demaniali; i beni demaniali, appartenenti unicamente allo Stato (cfr. art. 426 del codice civile del 1865), erano invece individuati dall’art. 427 del previgente codice in beni a cui risultava strettamente inerente l’interesse della collettività.
Anche a voler considerare i beni in questione come di uso pubblico, occorre evidenziare che le predette convenzioni non rivelano un astratto o concreto uso pubblico di tali beni o un effettivo interesse pubblico ad essi connesso; tali beni, alla luce delle descrizioni e delle previsioni degli atti depositati, sembrano consistere in ordinari appezzamenti di terra incolta.
L’utilizzo del termine “concessione”, utilizzato nell’ambito degli atti, ben potrebbe essere ricondotto pertanto al diritto attribuito ovvero a un diritto di superficie ora disciplinato dall’art. 952 del codice civile del 1942 ma comunemente ammesso anche sulla base dell’art. 448 del codice civile del 1865 quale “concessione ad edificandum” (cfr. punto 445 della relazione al codice civile del 1942); di qui la terminologia utilizzata per qualificare non il provvedimento di gestione del bene ma il diritto attribuito.
Infatti l’assenza, in mancanza altresì di giustificazione nell’ambito dei medesimi provvedimenti, di una sia pure minimale procedura di evidenza pubblica (richiesta anche dalla disciplina all’epoca vigente) e la perpetuità della posizione giuridica attribuita, depongono nel senso della stipula di un contratto tra privati per la disposizione di un bene su cui non insiste più alcun interesse pubblico e non per la gestione e valorizzazione del medesimo bene.
La valutazione dell’interesse pubblico alla presenza di una struttura alberghiera, contenuto nelle determine preliminari, è connessa invece alla verifica della convenienza del negozio, valutazione da compiersi prima della stipula di ogni contratto da parte dell’Amministrazione, ancor più se su sollecitazione del privato come nel