TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-03-06, n. 202303673

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-03-06, n. 202303673
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202303673
Data del deposito : 6 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/03/2023

N. 03673/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04494/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4494 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Claudia Pedrini, con domicilio eletto presso il suo studio in Verona, via Villa Cozza n. 12;



contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



e con l'intervento di



per l'annullamento

del decreto di rigetto della domanda di cittadinanza n. -OMISSIS- del Ministero dell'Interno datato 02.02.2017, notificato in data 27.02.2017

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2022 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

La ricorrente, cittadina del -OMISSIS-, espone che: ha fatto ingresso nel Paese nel 1998, è titolare di permesso CE per soggiornate di lungo periodo dal 2010, risiede nel Nord Italia, ove svolge attività lavorativa, convive con il marito, operaio e i quattro figli - l’ultimo dei quali nato in [...] – che studiano in Italia, di svolgere attività lavorativa part-time con un reddito che, cumulato con quello prodotto dal coniuge, soddisfa il requisito dell’autosufficienza economica del nucleo familiare, e ciò ha consentito alla famiglia di acquistare un immobile pagando regolarmente i ratei di mutuo.

Con il ricorso in esame la predetta impugna il DM del 02.02.2017 con cui il Ministero dell’Interno ha respinto l’istanza di naturalizzazione presentata in data 22/12/2009 ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera F) della Legge 5 febbraio 1992 n. 91 per motivi già preannunciati, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, riconducibili ad alcuni pregiudizi penali a carico del coniuge (per violazione degli art. 609, 571 e 572 c.p.), disattendendo le osservazioni difensive dalla stessa prodotte con memoria del 18.02.2014 – seguita da altre 2 memorie (in data 29.2.2016 e 17.5.2016 e 14.7.2016) nonché da una richiesta di riesame (20.1.2017).

Il gravame è affidato ai seguenti motivi: 1) violazione errata applicazione dell’art. 10 bis della l. 241/90 – carenza di motivazione e di istruttoria per non aver l’amministrazione adeguatamente considerato le osservazioni ripetutamente rappresentate con tre memorie successive ed una richiesta di riesame; 2) violazione dell’art. 3 l. 241/90 carenza di motivazione e di istruttoria – eccesso di potere perché al momento del preavviso di rigetto il procedimento penale non era più pendente e non si può impedire ad un soggetto riabilitato di poter conseguire la cittadinanza italiana.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata.

Con ordinanza cautelare n. -OMISSIS- è stata rigettata l’istanza di sospensiva per difetto di fumus boni iuris in quanto “dagli elementi di valutazione acquisiti in corso di causa, non emergono profili che inducono ad una ragionevole previsione sull’esito favorevole del ricorso”.

In data 17.3.2022 la ricorrente ha ripresentato la richiesta di tutela cautelare.

Con ordinanza cautelare n. -OMISSIS-la domanda è stata dichiara inammissibile in quanto non sussistevano i presupposti per la revoca o modifica delle misure cautelari di cui all’art. 58 CPA e, comunque, non era ravvisato “il prescritto carattere di attualità del periculum in mora ”.

In vista della trattazione del merito l’Amministrazione ha depositato il fascicolo del procedimento conclusosi con l’atto impugnato, accompagnato da un rapporto difensivo.

Con memoria conclusionale la ricorrente ha ribadito le proprie deduzioni e conclusioni.

All’udienza pubblica del 9.12.2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione delle garanzie procedimentali sancite dall’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

La doglianza è infondata.

Il rigetto della domanda di naturalizzazione è stato preceduto dalla comunicazione del preavviso di rigetto, con nota del 30.1.2014, rappresentando che i pregiudizi penali a carico del coniuge per violazione degli art. 609, 571 e 572 c.p. erano ritenuti “comportamenti contrari alle regole di civile convivenza e delle norme penali non consentono di ritenere che il nucleo familiare d'appartenenza abbia acquisito i principi che regolano la nostra Società e che abbia fatto propri con lealtà e coerenza valori e responsabilità comuni”. Si precisava che, al fine della concessione della cittadinanza, tanto veniva ad essere valutato per stabilire se “il nucleo familiare, abbia dato prova di un ottimale inserimento nel contesto sociale del paese ospitante, sotto il profilo dell'apporto lavorativo, del rispetto delle norme del codice penale e delle regole di civile convivenza del Paese stesso”.

L’interessata ha potuto formulare le sue osservazioni, presentando reiterate memorie difensive, a partire dal 18.02.2014 - oltre ad una richiesta di riesame - nelle quali opponeva che i rilievi riguardavano il coniuge e quindi, in virtù del principio della personale responsabilità penale, non potevano impedire la naturalizzazione della ricorrente, la quale si proclamava ben integrata nella società italiana. Inoltre eccepiva che si trattava di fatti risalenti e per i quali erano intervenuti esiti favorevoli sul piano penale: il procedimento penale a carico del marito per violenza sessuale ex art. 609 quater e septies era stato stralciato dal procedimento per maltrattamenti in famiglia ed era stato archiviato già in data 21.04.2008; la sentenza del Tribunale di -OMISSIS-21/01/2009 con cui era stato condannato per maltrattamenti in famiglia era stata appellata e la Corte d’Appello di -OMISSIS-in data 11.02.2014 aveva dichiarato il reato estinto per prescrizione; per la sentenza di condanna del Tribunale di -OMISSIS-del 25.09.1998 per lesioni era intervenuta riabilitazione in data 21.10.2014.

Nelle premesse motivazionali del provvedimento impugnato si dà atto delle osservazioni difensive della ricorrente, che però sono state ritenute dall’Autorità procedente insufficienti a superare i motivi ostativi, in quanto, la valutazione sfavorevole, a prescindere dal dato “formale”, dall’esito dei procedimenti penali, si fondava sul disvalore del comportamento (nella famiglia e fuori dalla famiglia) che veniva considerato indicativo di mancata integrazione sotto il profilo della mancanza di condivisione di valori fondamentali di solidarietà familiare, oltre che della sicurezza delle persone; inoltre veniva chiarito che non si riteneva sufficiente ad eliminare la valenza negativa di tale condotta, il raggiungimento di una situazione di normalità, in quanto questa veniva a costituire il mero presupposto per la permanenza regolare dello straniero in Italia e non una particolare benemerenza atta a compensare la mancata condivisione di quei valori ritenuti fondamentali.

Alla luce di quanto sopra rappresentato vanno disattese le censure con cui si lamenta la violazione delle garanzie procedimentali, dato che l’interessata ha ripetutamente rappresentato le proprie osservazioni, e queste sono state considerate dall’Amministrazione ancorché disattesa per le ragioni sopraindicate.

Ne consegue, pertanto, che vanno del pari disattese le doglianze con cui la ricorrente denuncia il difetto di istruttoria in cui sarebbe incorsa l’Autorità procedente e la carenza di motivazione dell’atto impugnato.

L’ iter logico giuridico seguito dall’Amministrazione risulta agevolmente ricostruibile, riferendosi i motivi ostativi a quelli già indicati nel preavviso del rigetto, ed essendo comprensibili le ragioni per cui venivano disattese le osservazioni formulate nelle memorie difensive, non per deficit di istruttoria – sicché non può essere seguita la ricorrente ove sostiene che non siano stati acquisiti gli elementi dalla stessa ripetutamente rappresentati (esito dei procedimenti penali, intervenuta integrazione socio-economica, principio di personalità della responsabilità penale) – ma semplicemente perché, pur dandoli per acquisiti, erano ritenuti non sufficienti a superare il giudizio di disvalore del comportamento tenuto in seno al nucleo familiare.

In altri termini, l’operato dell’Amministrazione non è inficiato dai vizi procedimentali e formali denunciati, in quanto gli elementi e gli interessi rilevanti sono stati acquisiti, però il giudizio di valore espresso su di essi è diverso rispetto a quello prospettato dalla ricorrente, in quanto il parametro di giudizio seguito dalla PA non è quello penalistico, ma quello della valutazione della “opportunità” della concessione della cittadinanza.

Tanto si evince dalle premesse motivazionali dell’atto impugnato, dato che, nonostante la formulazione testuale non particolarmente perspicua, dà atto delle osservazioni difensive della ricorrente e delle ragioni per cui queste non sono state ritenute dalla PA sufficienti a superare i motivi ostativi, secondo i seguenti passaggi. Innanzitutto si premette che nella valutazione che deve essere effettuata ai fini della concessione della cittadinanza, si devono “tutti gli elementi del comportamento tenuto dal richiedente durante la propria permanenza sul territorio, in particolare l’eventuale violazione di norme penali ”, in tal modo evidenziando che la “causa” del diniego non consiste nella condanna penale, in sé considerata, bensì nel comportamento tenuto dall’interessato, a prescindere dal fatto che esso sia qualificato dall’ordinamento giuridico come crimine e punibile agli effetti penali - che “l’inserimento dello straniero nell’ambito nazionale è valutato non solo sulla base dell’accertamento di

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