TAR Torino, sez. I, sentenza 2023-05-02, n. 202300398

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2023-05-02, n. 202300398
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202300398
Data del deposito : 2 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2023

N. 00398/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00650/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 650 del 2022, proposto da
-Ricorrente-, rappresentato e difeso dall'avvocato R P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - Provveditorato Regionale Piemonte Liguria e Valle D'Aosta, in persona rispettivamente del Ministro pro tempore e del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Torino, via dell'Arsenale, n. 21;

per l'annullamento

del provvedimento Proc. Disc. Nr. -OMISSIS- emesso dal Ministero della Giustizia-D.A.P. Provveditorato Regionale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, notificato via P.E.C. in data 15.04.2022, con cui è stato decretato che: “nei confronti dell'Ispettore -ricorrente-… omissis …l’irrogazione della sanzione disciplinare della pena pecuniaria, prevista dall’art. 3 del D.Lgs. 30-10-1992 nr. 449, determinandola nella misura di 2/3 (due/trentesimi) di una mensilità dello stipendio e degli assegni a carattere fisso e continuativo”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Provveditorato Regionale Piemonte Liguria e Valle D'Aosta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2023 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il gravame indicato in epigrafe, notificato e depositato nei termini di legge, il ricorrente ha impugnato il provvedimento emesso dal Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Provveditorato regionale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, notificato via P.E.C. in data 15 aprile 2022, con cui è stata irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare della pena pecuniaria, prevista dall’art. 3 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, determinandola nella misura di 2/3 (due/trentesimi) di una mensilità dello stipendio e degli assegni a carattere fisso e continuativo.

Il ricorrente, in sintesi, sostiene che, per un primo rilievo, i fatti su cui si fonda il provvedimento impugnato sarebbero diversi da quelli che gli sono stati contestati in prima battuta, per un secondo rilievo, invece, vi sarebbe un macroscopico errore nella valutazione dell’attività istruttoria del funzionario addetto, poiché la suddetta valutazione avrebbe dovuto essere svolta nella totalità e complessità delle testimonianze acquisite.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Provveditorato Regionale Piemonte Liguria e Valle D'Aosta chiedendo la reiezione del ricorso e la conferma del decreto opposto.

Con ordinanza n. 668 del 10 giugno 2022, questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare, sospendendo il provvedimento impugnato e fissando l’udienza pubblica al 15 marzo 2023.

All’udienza del 15 marzo 2023 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Con un unico motivo di gravame, il ricorrente sostiene che, per un primo rilievo, i fatti su cui si fonda il provvedimento impugnato sarebbero diversi da quelli che gli sono stati contestati in prima battuta, per un secondo rilievo, invece, vi sarebbe un macroscopico errore nella valutazione dell’attività istruttoria del funzionario addetto, poiché la suddetta valutazione avrebbe dovuto essere svolta nella totalità e complessità delle testimonianze acquisite.

Pertanto, il ricorrente fa valere la violazione del principio di immodificabilità della contestazione e di quello dell’impossibilità di sanzionare comportamenti che non sono riportati nella contestazione stessa.

In primis , il Collegio osserva che nella relazione disciplinare del -OMISSIS- redatta dal Comandante di reparto si legge: “ La scrivente, Comandante di Reparto…rileva a carico dell'Ispettore -ricorrente-una condotta disciplinarmente rilevante, in quanto in data -OMISSIS-, durante la conferenza di servizio, esternava palesemente disfunzioni del proprio del proprio servizio di sorveglianza generale nel turno pomeridiano, poiché a suo dire le attività dei consigli di disciplina e quelle della consegna dei pacchi ai detenuti non dovevano essere espletate nei turni del pomeriggio, utilizzando toni polemici ed irrisori, con testuali parole "questa è una delle tante anomalie che ho ereditato nel carcere di Asti", e definendo "illegittimo" l'ordine di servizio redatto da questa Direzione, seppur il coordinatore della matricola-casellario nonché l'addetto al casellario, presenti alla conferenza, fossero intervenuti, spiegando i motivi legittimi per i quali a volte la consegna dei pacchi si protrae nel primo pomeriggio, a fronte della mole del carico di lavoro. Richieste spiegazioni nella stessa mattinata riservatamente nel mio ufficio, anche per iscritto, al fine di meglio appurare la ragione di queste improprie esternazioni, l'Ispettore negava di aver proferito il termine "illegittimo", e si giustificava, scusandosi, di essersi probabilmente espresso male. Ritenute tali giustificazioni non esimenti né esaustive, si osserva che l'atteggiamento tenuto davanti alla conferenza di servizio, oltre a screditare l'operato dei suoi superiori, avanti a tutto il personale presente, ha delegittimato la mia figura di Comandante (come già rilevatole verbalmente), ed ha creato confusione e malumore tra il personale” .

Il contenuto della relazione disciplinare viene ripreso nell’atto di contestazione degli addebiti dell’-OMISSIS-, redatto ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 449 del 1992, nel quale, infatti, si legge: “ In data -OMISSIS-, durante la conferenza di servizio tenuta dal Comandante del Reparto, utilizzando toni polemici ed irrisori definiva illegittimo un ordine di servizio emesso dalla Direzione e polemizzava su presunte anomalie nell’organizzazione del lavoro: il tutto alla presenza di altro personale e del Comandante stesso. Richiesto di spiegazioni sulle affermazioni fatte, egli negava aver usato la parola “illegittimo” ed asseriva di essersi probabilmente espresso male ”.

Nella relazione istruttoria finale del -OMISSIS-, redatta ai sensi dell’art. 15, comma 6 del d.lgs. n. 449 del 1992, tuttavia si legge: “ Dopo le ulteriori informazioni pervenute da parte di operatori presenti al momento dei fatti, la situazione relativa alla vicenda disciplinare appare chiara, per quanto non scevra da alcune considerazioni. Come facilmente intuibile successivamente alla lettura delle discolpe, il nocciolo della questione è divenuto l'effettivo utilizzo da parte dell'isp. -ricorrente-del termine "illegittimo" per definire l'ordine di servizio sui pacchi e, più in generale, l'uso di toni e/o parole volte a mettere in cattiva luce il Comandante ed i superiori oltre che a creare malcontento e disagio tra i colleghi presenti alla conferenza. A leggere le dichiarazioni pervenute, si deve inequivocabilmente ammettere che la parola "illegittimo" non viene ricordata da nessuno dei presenti come proferita dal sottufficiale (lo stesso Comm. -Tizio-, delegato dal Direttore alla verbalizzazione delle dichiarazioni dei poliziotti presenti, afferma che "tutti hanno dichiarato di non aver sentito proferire, da parte dell'Ispettore -ricorrente-, il termine `illegittimo'” )… Pertanto lo scrivente non può che concludere che la totalità dei testimoni non si ricorda dell'uso del termine "illegittimo" da parte dell'incolpato e che la maggior parte non ritiene che siano stati usati toni polemici od irrisori verso il Comandante o verso i superiori gerarchici. Vero è, inoltre, che si desume un certo comportamento generale di -ricorrente-volto ad eccedere nell'eloquio e nei modi di porsi, ma non pare che siano volti alla censura dell'operato dei superiori… Quindi, a parere dello scrivente, il comportamento non è provato, a rigor di testimonianze acquisite, per quanto traspaia 'tra le righe' un chiaro eccesso dialettica da parte dell'Ispettore”.

Infine, nel verbale del -OMISSIS-, nel quale si estrinseca la deliberazione del Consiglio Regionale di disciplina, riportato nel provvedimento impugnato, si legge “ nel merito della condotta si osserva come, a specifica domanda, l'incolpato abbia ammesso che aveva già esposto le sue perplessità circa problematiche a suo avviso esistenti riguardo gli orari di distribuzione dei pacchi all'utenza, proprio nel pomeriggio antecedente i fatti, in occasione di apposita conversazione telefonica. Tale circostanza conduce pertanto a ritenere che l’argomento in questione non aveva più ragione di essere trattato nella mattinata seguente cd in occasione di una conferenza di servizio cui prendeva parte numeroso personale di ogni ordine e grado, poiché già noto al Comandante di Reparto. Circa i toni e le modalità espositi e utilizzate, sebbene non sia comprovato che l'incolpato abbia proferito il termine "illegittimo" con specifico riferimento all'Ordine di Servizio, diverso personale escusso ha confermato i toni aspri e certamente non confacenti alla situazione ”.

Dalla lettura dei diversi atti del procedimento disciplinare, emerge effettivamente una non corrispondenza tra i fatti oggetto dell’atto di contestazione degli addebiti: utilizzo di toni polemici ed irrisori e uso del termine “illegittimo” per definire un ordine di servizio emesso dalla Direzione e quelli sui cui si fonda l’irrogazione della sanzione: l’aver trattato l’argomento (gli orari di distribuzione dei pacchi all'utenza) già in una precedente apposita conversazione telefonica e, dunque, la mancata ragione di trattare il tema nella mattinata seguente, in occasione di una conferenza di servizio cui prendeva parte numeroso personale di ogni ordine e grado, poiché tale questione era già nota al Comandante di Reparto, nonché l’aver usato toni aspri, non confacenti alla situazione.

Ebbene, in materia disciplinare, il principio di immodificabilità del fatto contestato al lavoratore costituisce una garanzia del suo diritto di difesa, rispetto alla condotta addebitata.

In merito, la Cassazione ha precisato che “ in materia di immodificabilità o immutabilità del fatto contestato…questa Corte ha ripetutamente affermato che nel procedimento disciplinare a carico del lavoratore, l’essenziale elemento di garanzia in suo favore è dato dalla contestazione dell’addebito…È stato, in particolare, affermato che in virtù di detto principio, i fatti su cui si fonda il provvedimento sanzionatorio devono coincidere con quelli oggetto dell’avvenuta contestazione… ” (Cass. civ., sez. lavoro, 15 giugno 2020, n. 11540).

Non si ritiene di poter accogliere la difesa erariale, secondo la quale non si tratterebbe di modifica della contestazione, ma solo di una miglior definizione del contegno assunto dal ricorrente, trattandosi, in ogni caso, di un atteggiamento critico nei confronti del Comandante. Invero, sotto il profilo del rilievo disciplinare, l’aver definito un ordine di servizio illegittimo, usando toni polemici ed irrisori si ritiene comportamento diverso dall’aver voluto semplicemente ribadire in sede di Conferenza di servizio una questione già sollevata al Comandante il giorno prima, usando toni aspri.

In conclusione, il ricorso è fondato e va accolto per tale assorbente censura e, per l’effetto, va annullato il provvedimento emesso dal Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Provveditorato regionale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, notificato via P.E.C. in data 15 aprile 2022, con cui è stata irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare della pena pecuniaria, prevista dall’art. 3 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449.

Considerata la vicenda nel suo complesso sussistono valide ragioni per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti.

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