TAR Milano, sez. II, sentenza 2018-04-03, n. 201800876

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. II, sentenza 2018-04-03, n. 201800876
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201800876
Data del deposito : 3 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/04/2018

N. 00876/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02638/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2638 del 2007, integrato dai motivi aggiunti, proposto da
M F, rappresentato e difeso dall’avv. A C, con domicilio eletto presso il suo studio, in Milano, via Elvezia n. 12,

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia e Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio della Lombardia, tutti rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati ex lege presso gli uffici della medesima, in Milano, via Freguglia n. 1;

nei confronti

R E, rappresentato e difeso dagli avv.ti M S e C S, con domicilio eletto presso il loro studio, in Milano, Via Hoepli n. 3;

Quanto al ricorso principale:

per l’annullamento, previa sospensiva:

1) del decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali di data 21.09.20107 notificato al ricorrente;

2) delle note ivi richiamate della Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici di Milano n. 1040 del 9.03.2007 e n. 13872 del 4.09.2007;

3) della nota n. 17111 del 24.09.2007 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

4) in parte qua, della comunicazione di attivazione di dichiarazione dell’interesse culturale disposta dalla Soprintendenza con atto prot. 6416 del 14.04.2007;

5) della relazione tecnico-scientifica della Soprintendenza ed annesso decreto della Direzione regionale, di estremi ignoti;

6) della nota di controsservazioni prot. 12375 del 1°.08.2007 della Soprintendenza;

7) della delibera di recepimento delle controsservazioni, prot. 0013673 del 21.09.2007 della Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Lombardia;

nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso;

per la declaratoria

di legittimità delle opere di ampliamento delle luci preesistenti;

per la condanna

dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno, anche da ritardo e in forma specifica.

Quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato in data 28 gennaio 2008:

per l’annullamento in parte qua:

1) della relazione tecnico-scientifica della Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Milano di data 7.11.2007;

2) del decreto della Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Lombardia di data 7.11.2007;

3) del parere favorevole del Comitato regionale di coordinamento;

nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso;

per la condanna

dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno, anche da ritardo e in forma specifica.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia e Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio della Lombardia, e di R E;

Visto il ricorso per motivi aggiunti;

Visti tutti gli atti e documenti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 15 febbraio 2018 la dott.ssa A T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente è proprietario di un appartamento posto al quarto piano del fabbricato sito al civico 19 di Via Cappuccio a Milano. L’immobile confina con Palazzo Castiglioni, sito al civico 21 di Via Cappuccio, che è bene vincolato ex L. n. 1089/1939.

In tale qualità, con il ricorso introduttivo del giudizio il signor F M impugna, chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, oltre al risarcimento del danno, gli atti in epigrafe indicati, in forza dei quali è stato assoggettato alla sanzione della riduzione in pristino delle aperture realizzate nella sua proprietà e di reintegrazione dell’originale decoro del bene danneggiato, e si è provveduto all’estensione all’immobile di Via Cappuccio 19 del vincolo monumentale indiretto a tutela di Palazzo Castiglioni.

Contro il provvedimento sanzionatorio parte ricorrente deduce i seguenti motivi di impugnazione:

I^. “Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. 22-1-2004 n. 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio (in particolare artt. 21 e 160). Violazione ed errata applicazione della legge 7-8-1990 n. 241. Carenza di potere o in subordine eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria, difetto dei presupposti, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, sviamento: inesistenza del vincolo che si pretende di tutelare”;

II^. “Violazione ed errata applicazione, sotto altro profilo, del D.Lgs. 22-1-2004 n. 42 – codice dei beni culturali (art. 160), della legge 7 agosto 1990 n. 241 (art. 19, 21-quinquies e 21-nonies in quanto espressivi di un principio generale);
del testo unico dell’edilizia, della legge regionale 12/2005;
della legge 689/1981. Eccesso di potere per carenza dei presupposti (sotto altro profilo), illogicità, irragionevolezza, da difetto di proporzionalità: la tutela dell’affidamento del cittadino, l’esaurimento del potere dell’amministrazione”;

III^. “Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. 22-1-2004 n. 42 – codice dei beni culturali (in particolare art. 160 e 167) e della legge 689/1981 sotto altro profilo. Eccesso di potere per irragionevolezza, difetto dei presupposti, difetto di motivazione, disparità di trattamento, contraddittorietà - Errata individuazione dei trasgressori”;

IV^. “Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. 22-1-2004 n. 42 – codice dei beni culturali (in particolare art. 160 e 167) e della legge 689/1981 (in particolare art. 1 e 3) sotto altro profilo. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, difetto dei presupposti, difetto di motivazione, disparità di trattamento, contraddittorietà, difetto di proporzionalità: l’indeterminatezza dell’ordine impartito, l’assenza di colpa”.

Contro gli atti del procedimento di estensione del vincolo indiretto parte ricorrente deduce il seguente motivo di impugnazione:

V^. “Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. 22-1-2004 n. 42 – codice dei beni culturali (in particolare artt. 13, 14, 15, 45, 128), della legge 241/1990 (in particolare artt. 3, 7, 10, 21-septies), del D.M. 13-6-1994 n. 495. Nullità/inesistenza per difetto di elementi essenziali del provvedimento. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, irragionevolezza, illogicità, difetto di motivazione”.

Con il successivo ricorso per motivi aggiunti il signor M impugna gli atti, parimenti in epigrafe indicati, con cui è stata reiterata l’estensione all’immobile di Via Cappuccio 19 del vincolo monumentale indiretto a tutela di Palazzo Castiglioni.

A sostegno della domanda caducatoria parte ricorrente deduce i seguenti motivi di illegittimità:

I^. “Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. 22-1-2004 n. 42 – codice dei beni culturali (in particolare artt. 13, 14, 15, 45, 128);
della legge 7-8-1990 n. 241 (in particolare art. 21-septies), del D.P.R. 28-12-2000 n. 445 (in particolare artt. 53 e 55), della legge notarile, del D.M. 13-6-1994 n. 495. Nullità/inesistenza per difetto di elementi essenziali del provvedimento e per violazione degli artt. 1418-1424 codice civile. Invalidità derivata. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, irragionevolezza, illogicità, difetto di motivazione”;

II^. Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. 22-1-2004 n. 42 – codice dei beni culturali (in particolare artt. 13, 14, 15, 45, 128);
della legge 7-8-1990 n. 241 (in particolare artt. 3, 7, 10, 21-septies), del D.M. 13-6-1994 n. 495. Invalidità derivata. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, irragionevolezza, illogicità, difetto di motivazione. Sotto altri profili”.

Si sono costituiti in giudizio sia il Ministero per i Beni e le Attività culturali, a mezzo dell’Avvocatura di Stato, sia il controinteressato Ercole Ricotti (quale delegato della comunione di Palazzo Castiglioni), entrambi dapprima con atto di mero stile e poi con memoria difensiva.

La difesa del controinteressato ha eccepito la irricevibilità oltre alla inammissibilità per carenza di interesse del ricorso principale nella parte in cui impugna alcuni atti endoprocedimentali poi sfociati nella estensione del vincolo indiretto sull’immobile di Via Cappuccio n. 19 (segnatamente, le note della Soprintendenza di data 14.04.2007 e 1°.08.2007).

Nel merito, tutti e due i contraddittori si oppongono e in fatto e in diritto alle tesi del ricorrente, chiedendo la reiezione di entrambi i mezzi di gravame.

Va precisato che ai fini della ricostruzione della situazione fattuale il ricorrente chiede che sia espunta dal fascicolo d’ufficio la relazione peritale effettuata nel corso di un procedimento di accertamento tecnico preventivo svolto tra i confinanti avanti al Giudice ordinario.

Le parti hanno ulteriormente argomentato le proprie posizioni in successivi scritti difensivi.

Ottenuta la tutela cautelare, la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 15 febbraio 2018 e in quella sede trattenuta in decisione.

DIRITTO

Vengono all’esame di questo Tribunale gli atti con i quali il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha sanzionato il signor F M per le aperture realizzate nell’appartamento di sua proprietà e, in parte qua, ha esteso il vincolo monumentale indiretto, a tutela del confinante Palazzo Castiglione, al fabbricato al quarto piano del quale è ubicato l’appartamento del ricorrente medesimo.

La soluzione delle questioni sottoposte al vaglio di questo Giudice presuppone una sintetica ricostruzione del dato fattuale.

Al riguardo, non può trovare accoglimento l’istanza del ricorrente di espungere dal fascicolo d’ufficio la relazione del consulente del Giudice civile, resa nell’ambito di un procedimento per accertamento tecnico preventivo.

Invero, l’assunzione delle prove nei giudizi avanti al Giudice amministrativo è disciplinata dalla norme del relativo Codice di rito e non da quelle del Codice di procedura civile. Per quanto qui di interesse, la suddetta relazione all’interno della presente causa assume valore di prova documentale, valutata dal Giudice amministrativo unitamente alle altre prove sottoposte al suo prudente apprezzamento.

Fatta questa premessa, va osservato come dalla documentazione versata in atti emerga:

- che il vincolo indiretto apposto con gli atti qui gravati riguarda l’impianto planivolumetrico, le linee di sedime, le caratteristiche architettoniche e tipologiche dei prospetti su Via Cappuccio e i materiali di finitura del civico 19;

- che le aperture oggetto del provvedimento sanzionatorio sono state realizzate sulla parete laterale del fabbricato medesimo, vale a dire quella che si affaccia su Palazzo Castiglioni e non su Via Cappuccio;

- che tale parete, per la parte che sopravanza il muro che divide le due proprietà, ricade nell’area di Palazzo Castiglioni (come risulta anche dal doc. 12 di parte ricorrente).

Le suvviste circostanze di fatto determinano l’infondatezza del primo e del terzo motivo di impugnazione contenuti nel ricorso principale, con i quali, rispettivamente, il ricorrente sostiene che il Ministero abbia agito a tutela di un vincolo (quello indiretto) non ancora apposto e abbia adottato il provvedimento sanzionatorio finale nei confronti di un soggetto diverso dei destinatari della comunicazione di avvio del procedimento.

Vero è, infatti, che l’Amministrazione ha agito non a tutela del vincolo indiretto (in effetti in quel momento non ancora esteso al civico 19 di Via Cappuccio), ma a tutela del vincolo diretto, che interessa anche la parte di muro sulla quale sono state aperte le finestre di cui si discute, in quanto ricade nell’area di sedime di Palazzo Castiglioni.

Dunque, il Ministero ha esercitato un potere di cui era titolare.

D’altro canto, proprio perché i manufatti abusivi sono stati realizzati sull’area di sedime di Palazzo Castiglioni correttamente la comunicazione di avvio del procedimento è stata inviata ai proprietari del Palazzo medesimo, salvo, poi, una volta individuato in corso di istruttoria l’autore materiale dell’abuso, ordinare – ancora una volta del tutto legittimamente – a questi la remissione in pristino stato.

Peraltro, risulta per tabulas che la comunicazione di avvio del procedimento sia stata inviata, sia pure solo per conoscenza, anche all’odierno ricorrente e – cosa più importante - che il signor F M abbia partecipa al procedimento offrendo all’Amministrazione procedente i propri apporti collaborativi. E’ così dimostrato che la comunicazione stessa ha raggiunto lo scopo al quale è preordinata, vale a dire offrire la possibilità per colui che è destinato ad essere inciso dal provvedimento finale di incidere sul contenuto del provvedimento medesimo (cfr., T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. II^, sentenza n. 730/2017).

E’ parimenti infondato il secondo motivo di impugnazione dedotto nel ricorso principale, con il quale il ricorrente lamenta la lesione del proprio affidamento per essere intervenuto il provvedimento sanzionatorio a distanza di sei anni dalla realizzazione dell’intervento.

Non vi è, infatti, affidamento incolpevole, e come tale meritevole di tutela, in capo a chi edifica in violazione della disciplina edilizio-urbanistica o di tutela dei beni vincolati, sicché la repressione dell’abuso può intervenire in qualunque momento, anche a distanza di molti anni (cfr., C.d.S., Sez. VI^, sentenza n. 4580/2017).

E’ altresì infondato il quarto motivo di impugnazione dedotto nel ricorso principale, con il quale il ricorrente oppone la propria buona fede, che eliminerebbe l’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo, e si duole, altresì, dell’indeterminatezza dell’ordine di reintegrazione dell’originale decoro del bene danneggiato.

Quanto al primo aspetto, va considerato che la sanzione di cui qui si discute svolge una funzione ripristinatoria dell’ordine violato, e non una funzione meramente afflittiva del responsabile. Essa mira, cioè, ad ottenere la soddisfazione dell’interesse pubblico leso dall’illecito mediante la restaurazione della situazione di legalità materiale che è stata pregiudicata.

Ne consegue che essa si applica a prescindere dalla colpevolezza dell’autore dell’illecito, e, più in generale che essa è sottratta alla disciplina di cui alla L. n. 689/1981 (cfr., T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II^ bis, sentenza n. 4886/2017).

Quanto, invece, al secondo profilo, come emerge dallo stesso provvedimento impugnato, sarà onere del destinatario dell’ordine di reintegrazione concordare con la competente Soprintendenza le modalità dell’intervento, dando contenuto al comando dell’ordinanza impugnata.

In conclusione, tutte le censure svolte dal ricorrente avverso il provvedimento sanzionatorio sono infondate.

Può quindi passarsi all’esame degli atti di estensione del vincolo indiretto sul fabbricato nel quale è inserito l’appartamento di proprietà del ricorrente. Tali atti sono censurati con il quinto motivo di impugnazione del ricorso principale e con il ricorso per motivi aggiunti.

Con la prima delle testé ricordate censure parte ricorrente stigmatizza la mancanza degli elementi essenziali dell’atto, segnatamente la data e il numero di protocollo quanto alla relazione tecnico-scientifica, la data, il numero di protocollo e anche sottoscrizione quanto al decreto della Direzione regionale.

Secondo il deducente si tratterebbe di vizi non sanabili, nemmeno per effetto degli atti successivamente notificati agli interessati, i quali peraltro mancano pur sempre degli estremi della protocollazione (primo motivo del ricorso per motivi aggiunti) e non tengono conto degli apporti procedimentali offerti al riguardo dal ricorrente medesimo (secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti).

Le doglianze sono tutte infondate, il che consente di prescindere, per ragioni di economia processuale, dalle eccezioni di parziale irricevibilità e di parziale inammissibilità sollevate dalla difesa del controinteressato.

Innanzitutto, va considerato che nel diritto amministrativo la categoria della nullità costituisce un’eccezione rispetto a quella generale dell’annullabilità, che in particolare – per quanto qui di interesse – la nullità strutturale (per assenza, cioè, degli elementi essenziali) si verifica tutte le volte in cui l’atto amministrativo sia privo dei requisiti necessari per poter essere giuridicamente qualificato come tale, sulla scorta di un raffronto meramente estrinseco rispetto al paradigma legale (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 792/2012).

In questo quadro non costituisce causa di nullità l’omessa protocollazione dell’atto amministrativo, che anzi assume valore di mera irregolarità non viziante ai sensi dell’articolo 21 octies L. n. 241/1990, perché non idonea ad incidere sul contenuto concreto dell’atto (cfr., C.d.S., Sez. VI^, sentenza n. 4113/2013). Lo stesso dicasi per la data dell’atto amministrativo, salvo che il decorso del tempo non determini la consumazione del potere in capo all’Amministrazione

E la stesa sottoscrizione dell’atto amministrativo può anche non assurgere a suo elemento essenziale, laddove concorrano altri dati testuali che consentano comunque la sicura attribuzione dell’atto all’Autorità amministrativa che lo ha adottato (cfr., T.A.R. Campania – Napoli, Sez. VIII^, sentenza n. 5245/2017).

Nel caso di specie, peraltro, risulta per tabulas che il decreto di apposizione del vincolo indiretto e la presupposta relazione tecnico-scientifica siano stati rinotificati al ricorrente muniti di timbro, data e sottoscrizione, in tal modo superandosi tutti i vizi che presentavano i medesimi atti già impugnati con il ricorso principale.

Sotto il profilo motivazionale, va, invece, considerato che l’apposizione di un vincolo a tutela di un bene di interesse culturale è scelta tecnico-discrezionale caratterizzata da ampi margini di opinabilità, con la conseguenza che « l’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione preposta alla tutela - da esercitarsi in rapporto al principio fondamentale dell’art. 9 Cost. - è sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche;
sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile
» (così, T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II^ quater, sentenza n. 7310/2017).

Nel caso di specie, il Ministero ha motivato la propria scelta con l’adiacenza delle facciate dei fabbricati ai civici 21 e 19 di Via Cappuccio, che ne determina lo stretto rapporto visivo, e con la conseguente necessità di mantenere fermo l’attuale rapporto volumetrico e i collegamenti prospettici. Si tratta all’evidenza di motivazione scevra di difetti di logicità, coerenza o completezza.

Né rileva che la valutazione dell’Autorità sia mutata rispetto a quanto a suo tempo deciso nel 1958, dato che con il tempo la sensibilità per i beni oggetto di tutela può evolversi anche in relazione alle modificazioni del contesto.

In conclusione il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti sono infondati e per questo sono respinti.

Nondimeno, in ragione sia della risalenza del giudizio, sia della diversa posizione assunta dal Tribunale in sede cautelare, le spese di giudizio vengono interamente compensate tra le parti.

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