TAR Genova, sez. I, sentenza 2019-02-05, n. 201900094
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Pubblicato il 05/02/2019
N. 00094/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00747/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 747 del 2018, proposto da:
M S, rappresentato e difeso dall’avv. M G B, presso la quale è elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, via Maddaloni, 3/24;
contro
Comune di San Bartolomeo al Mare, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avv. M B, presso il quale è elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, via Roma, 10/3b;
nei confronti
P V, non costituito in giudizio;
avverso
il silenzio serbato dal Comune di San Bartolomeo al Mare in ordine all’atto di invito e diffida, notificato in data 3-4 gennaio 2018, con il quale il ricorrente ha chiesto l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione del 22 giugno 1983 n. 114, emessa nei confronti della signora Elena Nicolina (madre dell’attuale proprietario Valsania) e l’emanazione e l’esecuzione delle conseguenti sanzioni demolitorie, anche in esecuzione dell’ordinanza di demolizione n. 114/83, e per la declaratoria dell’obbligo del detto Comune e la conseguente sua condanna a concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso nonché, ex art. 31, comma 3, c.p.a., per l’accertamento della fondatezza della pretesa fatta valere in giudizio.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Bartolomeo al Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2019 il dott. R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il signor M S è proprietario di due immobili residenziali siti nel centro abitato di San Bartolomeo al Mare, in area assoggettata a vincolo paesaggistico, confinanti con lo stabile nel quale viene esercitata l’attività di somministrazione all’insegna “Pizzeria La Lucciola”.
Nella parte posteriore di quest’ultimo stabile, di proprietà del signor P V, esiste un vano chiuso di 12,75 mq, realizzato in difformità alla concessione edilizia n. 49 del 1982, all’interno del quale è stato costruito un forno a legna.
Il Comune di San Bartolomeo al Mare aveva ordinato la demolizione del vano suddetto, posto in aderenza ad uno degli immobili del ricorrente, con provvedimento n. 114 del 22 giugno 1983.
Con atto del 4 gennaio 2018, il signor S diffidava il Comune di San Bartolomeo al Mare ad eseguire l’ordinanza di demolizione, lamentando i pregiudizi cagionatigli dalle immissioni di fumo e calore nelle sue unità immobiliari.
A seguito della nota del 10 gennaio 2018, recante comunicazione di avvio del procedimento, il Comune ha svolto gli accertamenti istruttori documentati dalla relazione del responsabile del Settore Urbanistica prot. n. 0008106 del 31 luglio 2018.
Tale relazione non è stata trasmessa all’odierno ricorrente né è stato adottato alcun provvedimento espresso in relazione all’istanza formulata dallo stesso.
Ciò premesso, con ricorso ex artt. 31 e 117 c.p.a., notificato il 2 novembre 2018 e depositato il successivo 16 novembre, il signor S chiede che sia accertato l’obbligo di provvedere in capo al Comune di San Bartolomeo al Mare e che, previa verifica in ordine alla fondatezza della pretesa sostanziale, venga ordinato allo stesso Ente di emanare il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile oggetto dell’ordinanza n. 114/1983, con successiva demolizione dello stesso.
Chiede, altresì, che sia nominato fin d’ora un commissario ad acta per il caso di ulteriore inerzia e che l’Amministrazione sia condannata al pagamento dell’indennizzo da ritardo ex art. 28, d.l. 9 agosto 2013, n. 98.
Si è costituito in giudizio il Comune di San Bartolomeo al Mare;il controinteressato è rimasto intimato.
La difesa comunale eccepisce che il ricorso sarebbe inammissibile in quanto sostanzialmente inteso a porre rimedio a pregiudizi, comunque indimostrati, che attengono alla sfera dei rapporti interprivatistici.
Nel merito, il ricorso sarebbe infondato, poiché il vano abusivo è stato regolarizzato mediante provvedimento di condono edilizio rep. n. 318 del 23 gennaio 2009, avente ad oggetto il mutamento di destinazione d’uso del piano terreno dell’edificio del controinteressato, “con creazione di locale ad uso pizzeria”.
Infine, in assenza dei presupposti che avrebbero imposto l’avvio di un procedimento amministrativo a seguito dell’istanza del ricorrente, non sarebbe dovuto alcun indennizzo per il ritardo.
Le parti in causa hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive tesi difensive.
Il ricorso, quindi, è stato chiamato all’udienza camerale del 16 gennaio 2019 e, previa trattazione orale, è stato ritenuto in decisione.
Appare priva di pregio l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa comunale, secondo cui il ricorso, sostanzialmente inteso ad evitare immissioni o danni alla proprietà dell’esponente, riguarderebbe un contrasto tra privati che non può formare oggetto della tutela chiesta al giudice amministrativo.
E’ evidente, infatti, che il ricorrente non aveva chiesto di dirimere una controversia interprivatistica, ma di svolgere l’attività amministrativa necessaria per la rimozione di un abuso edilizio già sanzionato anni addietro con la demolizione.
Il proprietario dell'area limitrofa a quella nella quale è stata realizzata l’opera abusiva, d’altronde, è titolare dell’interesse legittimo a sollecitare l’intervento repressivo nonché a proporre, nel caso di inerzia dell’autorità comunale, l’azione prevista dagli artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio rifiuto.
Nel caso in esame, parte ricorrente ha dimostrato il proprio interesse a ricorrere in quanto proprietaria di immobili limitrofi a quello interessato dall’abusiva realizzazione di un vano chiuso con forno a legna al suo interno.
Tale opera era stata sanzionata con risalente ordinanza di demolizione, sicché il Comune di San Bartolomeo al Mare, entro il termine generale di conclusione del procedimento, era tenuto ad adottare le misure richieste dall’odierno ricorrente, consistenti nell’esecuzione d’ufficio della misura ripristinatoria, ovvero, in alternativa, un provvedimento che spiegasse esplicitamente le ragioni del mancato intervento.
In ogni caso, il vincolo a concludere il procedimento con un provvedimento espresso discendeva direttamente dalla comunicazione di avvio del 10 gennaio 2018.
Essendo ampiamente decorso il termine per la conclusione del procedimento de quo , pertanto, il ricorso merita di essere accolto sotto questo profilo.
In conseguenza, va affermato l’obbligo del Comune di San Bartolomeo al Mare di pronunciarsi espressamente in ordine all’istanza del ricorrente, con provvedimento motivato che dovrà essere notificato all’interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione o, se anteriore, di notificazione della presente sentenza.
Si ravvisano altresì i presupposti per la nomina, in caso di ulteriore inadempimento oltre il termine sopra indicato, di un commissario ad acta che provvederà in luogo del Comune;gli oneri relativi all’intervento del commissario, quantificati in dispositivo, faranno carico alla stessa Amministrazione.
Pur vertendosi in ambito di attività vincolata della pubblica amministrazione, non può essere accolta, invece, la domanda preordinata ad una decisione in ordine alla fondatezza sostanziale dell’istanza rimasta inevasa: come rivelano gli stessi contenuti della menzionata relazione del responsabile del Settore Urbanistica, infatti, la fattispecie concreta non è di agevole delibazione e richiede ulteriori approfondimenti onde accertare se, successivamente all’ordinanza di demolizione n. 114/1983, l’opera abusiva sia stata regolarizzata o meno.
In assenza di previo ricorso all’autorità titolare del potere sostitutivo di cui all’art. 2, comma 9 bis , della legge n. 241 del 1990, non sussistono, infine, i presupposti per il riconoscimento del diritto all’indennizzo da mero ritardo ex art. 2 bis della stessa legge.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico dell’Amministrazione rimasta silente.