TAR Milano, sez. IV, sentenza 2023-07-17, n. 202301850

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. IV, sentenza 2023-07-17, n. 202301850
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202301850
Data del deposito : 17 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2023

N. 01850/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01240/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1240 del 2021, proposto da Aicap, Anacs, Publi Città S.p.A., Ipas S.p.A., Gpo S.r.l., Sipe S.r.l., Sponsor Group S.r.l., ciascuna in persona del proprio legale rappresentante pro tempore , tutte rappresentate e difese dall'avvocato F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Parabiago, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M S e G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del Regolamento per l'applicazione del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione di occupazione ed esposizione pubblicitaria – canone unico patrimoniale (delibera di C.C. n. 18 del 29 marzo 2021), nonché della delibera di Giunta n. 64 del 26 aprile 2021 con la quale sono state approvate le “ tariffe ordinarie e i coefficienti moltiplicatori ” e relativi allegati, oltre che di ogni ulteriore atto connesso, conseguente e/o presupposto, ancorché non conosciuto, comunque lesivo della posizione dei ricorrenti


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Parabiago;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 maggio 2023 la dott.ssa K P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 18 del 29 marzo 2021 il Comune di Parabiago approvava il Regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione di occupazione ed esposizione pubblicitaria – Canone unico patrimoniale (di seguito anche, breviter , CU) previsto dall’art. 52 D. Lgs. 446/1997, confermato dal comma 6 dell’art. 14 D. Lgs. 23/2011, e dall’art. 1 commi da 816 a 836 della Legge n. 160/2019, prevedendone l’efficacia a far data del 1° gennaio 2021.

Con la successiva Deliberazione di Giunta Comunale n. 64 del 26 aprile 2021 l’Amministrazione approvava invece le tariffe del canone unico patrimoniale per l’anno 2021.

2. Le associazioni AICAP e ANACS, rappresentative a livello nazionale degli esercenti attività di pubblicità esterna e preposte per Statuto alla tutela degli interessi delle imprese del settore, nonché le società Publi Città S.p.a., IPAS S.p.a., GPO S.r.l., SIPE S.r.l. e Sponsor Group S.r.l., attive nel medesimo settore (anche) nel Comune di Parabiago, con il ricorso introduttivo del presente giudizio impugnavano il Regolamento e le Tariffe approvati con i provvedimenti di cui al precedente punto 1, sollevando in sede preliminare questione di illegittimità costituzionale dell’art. 1 commi 817, 819, lett. b), 821, 822, 825, 826, 827, della Legge 160/2019, in relazione all’articolo 23 della Costituzione e, nel merito, chiedendo l’annullamento degli atti impugnati per i motivi di seguito compendiati.

Con il primo motivo veniva dedotta la ritenuta incompetenza della Giunta comunale ad approvare nuove tariffe, in asserita violazione del combinato disposto di cui agli att. 42 e 48 D. Lgs. 267/2000.

Con il secondo motivo di gravame si contestava la lesione del principio di invarianza del gettito. In particolare, a parere della parte ricorrente, mentre il Canone Unico Patrimoniale avrebbe dovuto « assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone » (art. 1, c. 817, L. 160/2019), il Comune di Parabiago avrebbe invece di fatto incrementato le tariffe sui mezzi pubblicitari rispetto al 2020.

Mediante il terzo motivo di doglianza la parte ricorrente contestava, con particolare riferimento all’art. 28 del Regolamento, la previsione, accanto alla tariffa standard per unità di superficie, di “ coefficienti di maggiorazione o di riduzione ”, nonché di “ coefficienti moltiplicatori ” compresi tra 0,1 e 5, che avrebbe introdotto un meccanismo differenziale applicato sia alle tariffe annuali che a quelle giornaliere non contemplato dalla legge, e dunque illegittimo.

Nel quarto motivo di gravame si rilevava la duplicazione del prelievo, nonché l’incompetenza assoluta del Comune a deliberare canoni su strade di proprietà di altri enti. Le suddette censure venivano dedotte con riferimento all’art. 3 comma 1 lettera ‘b’ del regolamento impugnato, che nel prevedere che « il canone per l’autorizzazione pubblicitaria è dovuto al comune in tutti i casi in cui la diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, avvenga mediante impianti installati su tutto il territorio comunale » determinerebbe il pagamento del canone, in caso di esposizione pubblicitaria su strada appartenente alla Città Metropolitana di Milano, sia al Comune di Parabiago sia a tale diverso ente.

Con il quinto motivo, invece, si poneva in rilievo come l’art. 21 comma 6 del regolamento impugnato, laddove lo stesso prevede che « il canone è dovuto indipendentemente dall’effettivo utilizzo della stessa (ndr autorizzazione) », e l’art. 16 del medesimo Regolamento, che stabilisce che le varie tipologie di mezzo pubblicitario sono assoggettate « al pagamento del canone, indipendentemente dall’effettiva esposizione », si porrebbero in contrasto con l’art. 1 commi 825 e 819 lettera ‘b’ L. 160/2019, che prevedeva quale presupposto per l’applicazione del canone l’effettiva diffusione di messaggi pubblicitari.

Per mezzo del sesto motivo veniva contestato l’art. 16 comma 2 lettera ‘g’ del regolamento, il quale prevede: « Nell’ipotesi di plurimi messaggi pubblicitari di aziende diverse collocati su un unico pannello, il canone deve essere determinato in base alla superficie espositiva utilizzata da ciascuna delle imprese reclamizzate, indipendentemente dalle dimensioni del mezzo pubblicitario cumulativo ».

Si tratta della fattispecie delle cd. “preinsegne” (meglio descritta nella successiva trattazione in diritto), rispetto alla quale le ricorrenti ritengono sussistente un unico fatto impositivo, dunque chiederebbero il relativo assoggettamento a C.U. come se si trattasse di un unico cartellone pubblicitario;
contestano, inoltre, che con il nuovo Regolamento si produrrebbe un incremento del 35% del canone concretamente applicato alla specifica fattispecie in esame, con conseguente violazione del principio della necessaria invarianza del gettito di cui all’art. 1 comma 817 della Legge 160/2019.

Nel settimo motivo si affermava che l’art. 13 comma 2 del regolamento (« Al soggetto dichiarato decaduto non possono essere rilasciate nuove concessioni per la durata della concessione originaria decaduta »), al pari di altre disposizioni non individuate, avrebbe introdotto una nuova ipotesi di sanzione non pecuniaria, mentre l’art. 1 comma 821 lettera ‘h’ L. 160/2019 contempla, nell’individuare il potere esercitabile dal Comune in sede di Regolamento, solo sanzioni di carattere pecuniario. La disposizione regolamentare de qua sarebbe dunque stata introdotta in assenza di un potere normativamente attribuito al Comune.

3. Si costituiva in giudizio il Comune di Parabiago, instando per la reiezione del ricorso, e rilevando l’infondatezza della sollevata questione di illegittimità costituzionale dell’art. 1 L. 160/2019.

4. All’udienza pubblica del 31 maggio 2023 la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio prende in esame, in primis , la questione di incostituzionalità sollevata dalle ricorrenti, e dunque la dedotta violazione della riserva di legge di cui all’art. 23 della Costituzione con riferimento all’art. 1 comma 817 L. 160/2019, e di riflesso ai successivi commi 819, lett. b), 821, 822, 825, 826, 827 dello stesso art. 1 L. 160/2019.

1.1. La norma contestata riguarda il « Canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria », la cui istituzione da parte dei comuni, delle province e delle città metropolitane era prevista dall’art. 1 comma 816 L. 160/2019, a decorrere dall’anno 2021. Il nuovo canone patrimoniale, ancora in virtù del comma 816, sostituisce la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari e il canone di cui all'articolo 27, commi 7 e 8, del codice della strada, di cui al D. Lgs. 285/1992, limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province, ed è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi.

Il comma 817 (di cui si eccepiva l’incostituzionalità), prevede che il canone venga disciplinato dagli enti locali che lo istituiscono « in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe ».

Nella misura in cui, nella parte conclusiva della disposizione, si attribuisce agli enti locali il potere di modificare le tariffe variando il gettito del canone, le ricorrenti ravvisano una lesione della riserva di legge prevista dall’art. 23 della Costituzione.

In funzione di giudice a quo , questo Tribunale dovrà pertanto valutare la sussistenza dei due presupposti di remissione della questione alla Corte Costituzionale, ovvero la non manifesta infondatezza e la rilevanza della norma censurata nella causa decidenda.

1.2. Il Collegio ravvisa, in primo luogo, la rilevanza dell’art. 1 commi 816 e ss. L. 160/2019 al fine della decisione della presente causa, posto che la disciplina fondamentale del canone unico, ivi compresa quella che attribuisce al Comune la potestà regolamentare esercitata mediante i provvedimenti impugnati, e i vari criteri e limiti fissati per il relativo esercizio, vengono introdotti proprio dalla norma de qua .

1.3. Occorre ora vagliare la sussistenza dell’ulteriore presupposto della non manifesta infondatezza della questione sollevata.

Il parametro costituzionale di riferimento è costituito, come già accennato, dalla riserva di legge prevista dall’art. 23 della Costituzione, in virtù del quale: « Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge ».

Il succitato art. 23, riguardante tutte le prestazioni imposte dallo Stato al cittadino, trova applicazione nella fattispecie di causa, in quanto il canone unico oggi in esame costituisce una prestazione patrimoniale imposta (« in ogni caso, non si tratta di un mero prezzo/corrispettivo per l'occupazione del suolo pubblico, ma di una prestazione patrimoniale imposta che "supera", sostituendole, tutte le precedenti forme di imposizione poste a carico dei soggetti che occupano il suolo pubblico ovvero pongono in essere atti di diffusione di messaggi pubblicitari »

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