TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2012-06-06, n. 201200391

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2012-06-06, n. 201200391
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - L'Aquila
Numero : 201200391
Data del deposito : 6 giugno 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00539/2006 REG.RIC.

N. 00391/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00539/2006 REG.RIC.

N. 00640/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 539 del 2006, proposto da:
Amministrazione Frazionale Separata di Assergi, rappresentata e difesa dall'avv. R L, con domicilio eletto presso avv. R L in L'Aquila, via Martiri di Onna,8;

contro

Comune di L'Aquila, rappresentato e difeso dall'avv. P G, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Comune in L'Aquila, via G. Pastorelli,18/C;



sul ricorso numero di registro generale 640 del 2006, proposto da:
Comune di L'Aquila, rappresentato e difeso dall'avv. P G, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Comune in L'Aquila, via G. Pastorelli,18/C;

contro

Amministrazione Separata Beni Uso Civico Assergi, rappresentato e difeso dall'avv. R L, con domicilio eletto presso avv. R L in L'Aquila, via Martiri di Onna,8;

nei confronti di

Commissario Ad Acta Dott Polito Angelo;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 539 del 2006:

del provvedimento reso dal Commissario ad acta in data 12.10.2006, nominato verbale n.1, avente ad oggetto pagamento canoni, indennizzi e somme dovute a titolo di occupazione illegittima, in parte de qua;

quanto al ricorso n. 640 del 2006:

del provvedimento reso dal Commissario ad acta in data 12.10.2006, nominato verbale n.1, avente ad oggetto pagamento canoni, indennizzi e somme dovute a titolo di occupazione illegittima, in parte de qua.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune dell’Aquila e dell’Amministrazione Separata Beni Uso Civico Assergi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2012 il dott. Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I. Con il ricorso epigrafato al n.539/2006 R.G., l’Amministrazione frazionale separata di Assergi ha impugnato l’atto con il quale il Commissario ad acta nominato non ha disposto il pagamento, in favore dell’Amministrazione ricorrente, dei canoni, indennizzi e somme dovute a titolo di occupazione illegittima e di utilizzazione di parte del demanio civico frazionale.

Espone la ricorrente che, nel corso di un’annosa vicenda (già portata all’attenzione di diversi giudici) riguardante beni di pertinenza dell’Amministrazione separata, occupati indebitamente ed utilizzati dal Comune dell’Aquila (che vi ha, tra l’altro allocato gli impianti sportivi-ricettivi del Gran Sasso d’Italia), ha ottenuto pronuncia favorevole da parte di questo TAR (sentenza n.891/2004) che ha dichiarato illegittimo il silenzio serbato dal Comune in relazione ad istanza e successiva diffida intesa alla reintegra dei terreni ed alla corresponsione degli indennizzi dovuti per l’occupazione dei terreni, anche con versamento dei canoni e somme comunque percepite per le occupazioni del demanio civico, previa rendicontazione delle occupazioni;
stante l’ulteriore inadempimento, con ordinanza del 15.2.2005 venne nominato un Commissario ad acta, nella persona del dott. A P, Dirigente servizi e contabilità della Prefettura dell’Aquila, che, in sostituzione dell’Amministrazione comunale, ha reso il provvedimento impugnato disponendo la reintegra dei terreni ma non la richiesta restituzione dei canoni e indennizzi ottenuti dal Comune dai vari occupatori, al contrario operando una sorta di compensazione con le somme asseritamente dovute al Comune e percepite dall’Amministrazione separata a titolo di canoni di concessione, peraltro con erroneo conteggio.

Da qui il ricorso che deduce: 1) Violazione di legge (artt. 7 e 8 l.241/1990). Carenza di potere . Errore nell’interpretazione dei fatti e nel procedimento: l’Amministrazione ricorrente è creditrice del Comune per l’occupazione dei terreni di interesse per gli anni dal 1974 al 2005;
l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato è dunque del tutto erronea, non avendo il Comune mai corrisposto alcuna somma, peraltro in carenza di titolo alcuno legittimante la spesa;
il compito del commissario era di provvedere al pagamento di quanto disposto dal giudice;
il commissario inoltre ha l’obbligo di agire secondo determinate garanzie procedurali e non può contraddire il comando giudiziale azionabile dal ricorrente insoddisfatto pervenendo ad un procedimento basato su criteri diversi da quelli fissati in sede di giudizio;
la operata compensazione viola quanto sopra detto e non ha posto l’Amministrazione separata in condizioni di esporre le proprie ragioni;
2) Violazione di legge (art. 3 L. 241/1990). Eccesso di potere per carenza di motivazione: il commissario non ha dato alcuna motivazione in relazione al disposto pagamento delle somme dovute dal Comune né ha giustificato la mancata restituzione dei canoni o indennizzi ottenuti dal Comune per occupazioni del demanio civico di Assergi;
l’atto dunque è carente di motivazione al riguardo;
in ogni caso il commissario fa riferimento ad asseriti versamenti non giustificati;
3) Nullità del provvedimento ex art. 21 septies L. 24171990: l’operata compensazione è contraria a quanto accertato con la sentenza n.891/02004 il che rende nullo il provvedimento;
4) Eccesso di potere per errore nel procedimento. Violazione del giudicato: il commissario ad acta, dopo aver considerato che il Comune aveva riversato in favore dell’amministrazione ricorrente una certa somma ottenuta dall’ENEL, nulla ha deciso e disposto in merito ai canoni versati da terzi utilizzatore del demanio funzionale di Assergi e non riversati in favore dell’ente esponenziale;
5) Eccesso di potere per errore nel procedimento. Violazione della L. 241/1990: l’Amministrazione separata, tramite nota del 2.1.2006, ha rappresentato che il Comune dell’Aquila aveva riconosciuto un debito per l’occupazione illegittima dei terreni oggetto di causa pari a L. 4.736.301.887, ma il Commissario non si è espresso in proposito;
6) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, errore nel procedimento e carenza di motivazione. Violazione di legge ex art. 3 L. 241/1990: non si comprende quali criteri abbia seguito il Commissario per quantificare la somma dovuta dal Comune in euro 266.063,00, a fronte di un riconoscimento di debito da parte del Comune stesso di oltre L. 4.000.000.000.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’incidentale istanza cautelare con annullamento dell’atto impugnato e condanna del commissario al risarcimento dei danni, in ragione del ritardo nell’emanazione del provvedimento e degli errori ed omissione contenuti in esso

II. Con il ricorso epigrafato al n.640/2006 R.G., il Comune dell’Aquila ha impugnato “in sede di ottemperanza” lo stesso atto di cui al precedente ricorso nella parte in cui ha disposto la reintegra in favore della collettività di Assergi di terre civiche ed ha stabilito che il Comune dell’Aquila deve corrispondere somme all’Amministrazione separata di Assergi dall’anno 1933 pari ad euro 266.063,33.

Premessa la competenza del giudice dell’ottemperanza su atti emessi dal Commissario ad acta e l’ammissibilità del ricorso da parte dell’Amministrazione sostituita, il ricorso deduce eccesso di potere, illogicità manifesta, travisamento dei fatti, violazione di legge: la sentenza ordina di pronunciarsi esplicitamente e motivatamente sulle richieste per cui è controversia e dunque di verificare le somme dovute all’Amministrazione separata e disporne eventualmente il versamento ma già non ordinare la reintegra dei terreni, che peraltro spetta solo alla regione;
d’altra parte la questione della reintegra, come affermato dalla sentenza n.5075/2005 del Consiglio di Stato, è tuttora sub iudice, non essendo stata accertata la natura e consistenza dei terreni, questione devoluta alla giurisdizione del Commissario regionale per gli usi civici, tuttora pendente;
2) Violazione di legge. Illogicità manifesta: il Commissario ad acta calcola le somme dovute all’ASA dal 1933, ignorando che a quella data l’ASA non era stata ancora costituita e che i proventi relativi confluiscono, fino alla costituzione dell’Amministrazione separata, tra le entrate ordinarie dell’Amministrazione comunale.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso.

Il TAR adito respingeva la proposta istanza cautelare.

III. Le parti depositavano memorie.

All’esito della pubblica udienza del 18 aprile 2012, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio per entrambi i ricorsi.

DIRITTO

I Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi con i quali viene impugnato, per diversi ed opposti profili, un atto emanato dal Commissario ad acta nominato dal TAR in ottemperanza alla propria sentenza n.891/2004.

II. I ricorsi sono inammissibili per difetto di giurisdizione.

II.1) Occorre innanzitutto osservare che la sentenza 891/2004 reca accoglimento di un ricorso proposto dall’Amministrazione separata di Assergi inteso alla declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dal Comune su specifica istanza dell’Amministrazione separata;
la sentenza, dunque, ha ordinato all’Amministrazione di provvedere sull’istanza e dunque, come la stessa Amministrazione separata riconosce, ha ordinato al Comune dell’Aquila di rimuovere l’inerzia, senza indicare in alcun modo (non affatto affermando la spettanza della pretesa ovvero individuando i limiti della stessa) il contenuto dell’atto emanando a tal fine.

Tale circostanza, che implica importanti conseguenze in punto di legittimazione all’impugnazione come recentemente affermato dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. di Stato, sez.V, 28 dicembre 2011, n.6953), impone, per quanto rileva nella presente sede, previamente di qualificare l’atto del Commissario in base al suo contenuto e di valutarlo in piena autonomia, anzitutto esaminandone il rilievo procedimentale ed effettuale ed escludendone senz’altro la sindacabilità nella presente sede giurisdizionale, conformemente alle regole ordinarie da ultimo espresse nell’art. 7 del vigente c.p.a., ove venga a riconoscere ovvero a negare diritti soggettivi nell’ipotesi in cui non si verta in materia devoluta alla giurisdizione esclusiva.

II.2) Va in proposito precisato che la questione sottoposta all’esame non può in alcun modo ricondursi a fattispecie di giurisdizione esclusiva, peraltro dovendosi osservare che, quantunque inerissero all’utilizzo, a qualsiasi titolo, di beni pubblici, indennità, canoni o corrispettivi involgerebbero comunque questioni sindacabili dal solo giudice ordinario.

II.3) Nella specie, si verte appunto in tema di corrispettivi (indennità di occupazione, a maggior ragione se a titolo risarcitorio) dell’uso di beni pertinenti a pubblico demanio, ossia di situazioni soggettive di diritto.

II.4) L’atto emanato dal commissario, contestato da entrambe le parti in punto di quantificazione delle somme dovute, si qualifica, invero, come tipico atto “paritetico”, ovvero come atto con il quale una Pubblica amministrazione, senza esercitare poteri autoritativi, riconosce (o nega) l’esistenza di diritti.Tali atti, come noto, non consentono individuare alcuna posizione di soggezione nell’altra parte e la abilitano, nel rispetto degli ordinari termini di prescrizione, ad adire il giudice competente (per quanto sopra esposto, l’A.G.O.) per accertare la consistenza dei suoi diritti patrimoniali, non lesi (e non vulnerabili) dagli atti dell’Amministrazione.

II.5) Non si tratta, dunque, nella specie, né di verificare l’esatta ottemperanza del giudicato (come detto, limitato all’ordine di eliminazione del silenzio), né di “conoscere di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario”, come testualmente sancisce l’art. 117 c.p.a. in materia di silenzio, e neppure di esercitare l’ordinario sindacato di legittimità (su un atto non avente, per quanto sopra detto, contenuto provvedimentale), giacché il Giudice amministrativo non può comunque dichiarare la spettanza (o meno) di diritti soggettivi, non devoluti alla sua giurisdizione, quantunque oggetto di atti amministrativi resi da un commissario ad acta nominato in esito ad un procedimento sul silenzio dell’Amministrazione.

Le contestazioni che, a parti invertite, vengono mosse all’atto del Commissario, invero, e il petitum dei ricorsi, riguardano proprio la spettanza o meno di somme di denaro, questione che risulta in ogni caso esulare dalla giurisdizione di questo giudice.

III. I ricorsi devono dunque dichiararsi inammissibili, dovendo le questioni radicarsi innanzi all’A.G.O. competente per territorio, con gli effetti previsti dall’art. 11 del c.p.a.

IV. Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite tra le parti, con declaratoria di irripetibilità del contributo unificato.

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