TAR L'Aquila, sez. I, sentenza breve 2020-05-22, n. 202000191

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR L'Aquila, sez. I, sentenza breve 2020-05-22, n. 202000191
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - L'Aquila
Numero : 202000191
Data del deposito : 22 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/05/2020

N. 00191/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00134/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale-OMISSIS-del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati U D S, A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura Teramo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in L'Aquila, via Buccio Da Ranallo S. Domenico;

per l'annullamento

del decreto prot. -OMISSIS-con il quale la Questura di Teramo ha respinto l'istanza di rilascio della licenza di porto di fucile per uso sportivo

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura Teramo;

Visti tutti gli atti della causa;

Udito il Relatore il dott. Giovanni Giardino;

Ai sensi dell’art. 84 del D.L. n. 18/2020 la camera di consiglio del 20 maggio 2020 si è tenuta con modalità di collegamento da remoto via Teams, sulla piattaforma corrispondente alla sede dell’ufficio giudiziario;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.§. Con ricorso ritualmente notificato in data 25 febbraio 2020, -OMISSIS-impugnava il decreto n. -OMISSIS- emesso in data -OMISSIS-con il quale la Questura di Teramo ha respinto la richiesta di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso sportivo presentata dallo stesso. Il ricorrente affidava le proprie doglianze a tre motivi in diritto incentrati: 1) sull’eccesso di potere per travisamento dei fatti, manifesta illogicità ed irragionevolezza ed infondatezza degli addebiti posti a fondamento del provvedimento impugnato atteso che la Questura di Teramo non avrebbe svolto una specifica ed adeguata istruttoria, al fine di accertare la realtà degli accadimenti e le relative responsabilità contestate al ricorrente;
2) sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. r.d. 18 giugno 1931, n. 773 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti e per difetto di motivazione, in quanto i comportamenti contestati sarebbero irrilevanti ai fini del diniego di rinnovo del porto d’armi;
3) sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 4 del R.D.L. 12 novembre 1936 n. 2144, convertito in L. 3 aprile n. 1937 e degli artt. 1 e 4 del R.D.L. 26 settembre 1935 n. 1952 e dell’art. 103 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e di ogni altra norma e principio riguardanti l’immediata contestazione dell’addebito disciplinare, per avere la Questura di Teramo violato il principio di immediatezza e/o tempestività della contestazione posto a garanzia del diritto di difesa a fronte di iniziative disciplinari e/o comunque di provvedimenti amministrativi.

In data 4 maggio 2020 si costituiva in giudizio la resistente depositando relazione dell’Amministrazione con la quale si rimarcava la legittimità del gravato provvedimento;

In prossimità dell’udienza fissata per l’esame della domanda cautelare il ricorrente presentava memoria difensiva insistendo per l’accoglimento delle proprie conclusioni.

Alla camera di consiglio del 20 maggio 2020 in sede di decisione della domanda cautelare il Collegio ha ritenuto di poter definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi degli artt. 60 e 74 CPA, stante la manifesta infondatezza del ricorso anche alla luce dei numerosi precedenti della sezione in materia (ex multis TAR Abruzzo l’Aquila sentenze nn. 694/2019 e 862/2006).

2.§. Il ricorrente contesta la legittimità del diniego opposto dall’amministrazione alla autorizzazione del rinnovo della licenza di porto di fucile per uso sportivo.

Il ricorso è infondato.

Ai sensi degli artt. 11 e 43 R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (TULPS), la licenza di porto d'armi può essere negata a coloro che non possono provare la loro buona condotta e non danno affidamento di non abusare delle armi, ciò in quanto il porto d'armi non costituisce oggetto di un diritto ma l'eccezione al generale divieto di portare armi. Il diniego della licenza di porto d’armi ben può essere sorretto anche da valutazioni fondate su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus, in quanto nella materia de qua l'espansione della sfera di libertà dell'individuo è, appunto, destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva (cfr. T.A.R. Lazio Latina Sez. I Sent., 31/03/2014, n. 266).

Deve peraltro rilevarsi che i predetti due requisiti costituiscono l'esito di un giudizio sintetico-valutativo che deve investire nel complesso la condotta di vita del soggetto interessato, con riguardo all'osservanza sia delle comuni regole di convivenza sociale che di quelle tradotte in precetti giuridici a salvaguardia dei valori fondamentali dell'ordinamento. Ciò in quanto la predetta disciplina è diretta a garantire l'ordine e la sicurezza pubblica, prevenendo il danno che possa derivare a terzi da indebito uso ed inosservanza degli obblighi di custodia, nonché la commissione di reati che possano essere agevolati dall'utilizzo del mezzo di offesa.

Ai sensi del D.M. 28 aprile 1998, punto 5), artt. 1 e 2, “costituisce altresì causa di non idoneità l'assunzione anche occasionale di sostanze stupefacenti e l'abuso di alcol”.

Ebbene, nella fattispecie in esame non è revocabile in dubbio la circostanza, confermata dallo stesso ricorrente, secondo cui lo stesso si è presentato sul luogo di lavoro per prestare servizio di guardia particolare giurata dopo aver assunto sostanze alcoliche mentre già in passato il medesimo è stato sospeso dal servizio in quanto risultato non idoneo per assunzione di alcool. Peraltro il ricorrente è stato deferito all’autorità giudiziaria per i reati di cui agli art. 483 c.p. artt. 56, 48, 480 c.p. per aver falsamente attestato al proprio medico curante l'assenza di pregresso abuso di alcool.

In relazione a quanto sopra esposto deve evidenziarsi che il primo ed il secondo motivo di ricorso appaiono non meritevoli di positivo apprezzamento in quanto i fatti di cui innanzi che, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, sono stati oggetto di attenta valutazione da parte dell’amministrazione all’esito di adeguata istruttoria, risultano, nella loro globalità, idonei a suffragare il giudizio di non piena affidabilità formulato nei confronti del ricorrente circa l’uso delle armi in detenzione per uso sportivo posto a base del gravato provvedimento ai sensi della normativa soprarichiamata.

Non può che sottolinearsi che l'amministrazione non è chiamata ad assolvere, in ordine al giudizio sull'affidabilità dell'istante, ad un onere motivazionale particolarmente pregnante atteso che pertiene al merito insindacabile la valutazione discrezionale sul se sussistano profili di pericolosità.

Questo TAR ha avuto cura di rimarcare che non è nemmeno necessario che si addivenga ad alcun risultato probatorio circa la non affidabilità, essendo, al contrario, sufficiente che l'esposizione delle ragioni poste alla base dell'atto decisorio posseggano il requisito negativo della non irragionevolezza e non arbitrarietà: depone a favore di tale ricostruzione anche il principio di prevenzione posto a tutela della privata e pubblica incolumità (in tali termini, TAR Abruzzo l’Aquila sentenza n. 694/2019).

Da ultimo, in ordine al terzo ordine di censure riguardante la violazione del principio di immediatezza e/o tempestività della contestazione, deve affermarsi che detto principio non è invocabile nella fattispecie per cui è causa, atteso che lo stesso è applicabile unicamente ai tipici provvedimenti aventi carattere disciplinare.

3.§. In definitiva, per tutte le ragioni sopra esposte il ricorso deve essere respinto perché infondato.

Sussistono giustificati motivi per ritenere compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

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