TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-12-11, n. 202306826
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Testo completo
Pubblicato il 11/12/2023
N. 06826/2023 REG.PROV.COLL.
N. 03324/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3324 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati F I, F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Napoli, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria
ex lege
in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento:
del decreto di rigetto richiesta porto d'armi per difesa personale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’U.T.G. - Prefettura di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio e uditi nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2023, per le parti, i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il nominato ricorrente impugna, chiedendone la giudiziale caducazione, il provvedimento prefettizio in epigrafe, con il quale è stata respinta l’istanza di licenza di porto d’arma per difesa personale.
A fondamento dell’atto impugnato l’amministrazione ha addotto l’insussistenza del “dimostrato bisogno” richiesto dall’art. 42 del T.U.L.P.S. per il rilascio dell’invocato titolo abilitativo ( “Il Questore ha facoltà di dare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco e il Prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65” ).
E’ stato inoltre richiamato il verbale redatto a conclusione di apposita riunione del tavolo tecnico operativo del 19 giugno 2020 con la partecipazione dei rappresentanti della Questura e del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli con cui sono state tracciate linee di indirizzo, con individuazione di criteri di massima cui ancorare la valutazione del “dimostrato” bisogno in materia di rilascio e/o rinnovo del porto d’armi, tra cui eventuali episodi criminosi perpetrati in danno del soggetto richiedente il titolo, costituenti oggetto di circostanziate denunce formalizzate dinanzi alle Forze di Polizia risalenti ad almeno un quinquennio precedente la richiesta, ovvero la partecipazione, in qualità di teste nei procedimenti penali per reati associativi e/o di natura estorsiva e/o predatoria e/o di usura.
La Prefettura ha dequotato le ragioni addotte dal richiedente a sostegno della istanza, essenzialmente costituite dalla necessità di andare armato in considerazione dell’attività svolta (amministratore unico della società “ -OMISSIS- avente ad oggetto la vendita al dettaglio e all’ingrosso di orologi e preziosi) e della conseguente esposizione ad un potenziale rischio di rapina, tenuto conto, anche, dell’area territoriale in cui svolge la sua attività ove, appunto, sarebbero radicate pericolose organizzazioni criminali e le rapine, in particolare di orologi di lusso, sarebbero molto frequenti. L’Amministrazione ha invece ritenuto, in sintesi, che tali circostanze rappresentano un pericolo solo generico ed astratto, di per sé insufficiente ad integrare gli estremi del “dimostrato bisogno”, visto che il temuto rischio di divenire vittima di fatti delittuosi ricondotto all’attività imprenditoriale non appare, nell’attualità, peculiare e differenziato rispetto a quello di altri operatori economici nel medesimo ambito territoriale;inoltre, l’amministrazione ha riferito che, da informazioni assunte dalle forze di polizia, non sono stati riscontrati indicatori di rischio riconducibili all’attività commerciale che avallino il timore del ricorrente di divenire vittima di fatti delittuosi.
2. Il ricorrente, ritenendo il decreto de quo illegittimo, lo ha impugnato innanzi a questo T.A.R con articolate censure, con cui ha dedotto vizi di violazione e falsa applicazione di legge (art. 42 R.D n.773/1961) ed eccesso di potere per erroneità dei presupposti e mancanza di istruttoria, carenza di motivazione, sviamento, contraddittorietà, rimarcando che nel luogo ove insiste la sua attività lavorativa vi sarebbe un alto rischio delinquenziale, con conseguente costante esposizione al pericolo di essere aggredito o rapinato.
3. Si è costituita con memoria di stile l’Amministrazione intimata, chiedendo il rigetto del ricorso.
4. All’udienza pubblica del 24 ottobre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Il ricorso è infondato.
5.1 Premette parte ricorrente di aver richiesto il rilascio della licenza di porto di pistola per difesa personale motivata dalla sussistenza di bisogno di girare armato, legato, come rimarcato in premessa, all’attività attualmente prestata che lo esporrebbe ad un potenziale rischio di rapina, in considerazione, anche, dell’area territoriale in cui il ricorrente svolge la sua attività. In particolare, riferisce che, per la peculiarità dell’attività commerciale svolta, trasporta con molta frequenza orologi di lusso dai vari fornitori dislocati in tutto il territorio nazionale fino al -OMISSIS- presso il suo ufficio/negozio esponendosi, così, al rischio concreto di aggressioni e rapine.
5.2 Censura, in particolare, la pretesa insussistenza dei presupposti necessari alla dimostrazione del bisogno al porto d’armi, rimasta in tesi priva di plausibile e adeguata motivazione, asserendo che, per supportare l’illegittima conclusione cui giunge, l’Amministrazione si sarebbe limitata a far ricorso a formule stereotipate, obliterando del tutto la permanenza delle preminenti ragioni di sicurezza personale dell’istante nonché l’assenza di condizioni ostative. Conclude, pertanto, nel senso dell’illegittimità del diniego e chiedendone l’annullamento.
5.3 Le censure sono infondate.
5.3.1 Quanto alla sussistenza e alla valutazione dell’attualità della situazione di rischio per la propria incolumità personale, gioverà richiamare condivisa giurisprudenza che ha puntualizzato che:
a) “nel valutare le istanze finalizzate al rilascio o al rinnovo della licenza di porto d'arma, è riconosciuta all'autorità di P.S. ampia discrezionalità poiché l'espansione della sfera di libertà del privato recede innanzi al bene della sicurezza collettiva, sicché il provvedimento con il quale il Prefetto ritiene insufficienti le condizioni per il rilascio è sindacabile in sede giurisdizionale solo sotto i profili della manifesta illogicità e del palese travisamento dei fatti” (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 30 giugno 2016 n. 222), “non essendo compito del giudice amministrativo sostituirsi all'autorità competente, quasi fosse un organo di pubblica sicurezza di seconda istanza” (T.A.R. Toscana, sez. II, 18 marzo 2015 n. 430);
b) ciò posto, “ il dimostrato bisogno del porto d'armi deve integrare una eccezionale necessità di autodifesa, non altrimenti surrogabile con altri rimedi, in quanto costituisce una deroga al divieto sancito dall'art. 699 del codice penale e dall'art. 4, comma 1, della Legge n. 110 del 1975” (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 30 giugno 2016 n. 222);
c) ed invero, “l'arma per difesa personale deve essere una necessità reale e non un'opzione personale per situazioni meramente ipotetiche;quando l'art. 42 comma 3, t.u.l.p.s. concede all'autorità la facoltà di autorizzare il porto d'armi, il presupposto cogente è il "dimostrato bisogno" per poter beneficiare di un'eccezione. In tale contesto, l'amministrazione non sarebbe neppure tenuta a motivare la non necessità, dovendosi limitare a considerare solo i dati allegati, se concreti e sufficienti” (T.A.R. Toscana, sez. II, 3 giugno 2016 n. 935);
d) “il requisito del "dimostrato bisogno" è, allora, requisito che deve essere dimostrato in concreto, dovendosi analizzare l'attività dell'istante e verificare se lo svolgimento di detta attività integra il corretto esercizio del potere discrezionale, nei limiti in cui esso è sindacabile”. È allora evidente che, al fine di superare tale generale divieto per il cittadino di portare armi, “costituisce onere dell'istante quello di dimostrare quelle particolari esigenze che determinano la necessità di munirsi dell'arma, così costituendo motivata eccezione alla generale regola rappresentata dal suddetto divieto” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 2 marzo 2015 n. 3449);
e) “segue da ciò che non è configurabile alcun automatismo, fondato sul presupposto che la licenza di porto di pistola per difesa personale sia stata già rilasciata in passato, in quanto nell'emanazione dell'atto di rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale l'Autorità amministrativa competente ha il potere di riesaminare interamente la questione, esprimendo nuove e diverse valutazioni, che possono determinare una decisione diversa” (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 5 giugno 2015 n. 1900). “Ne consegue che in tale materia l'Amministrazione può ben decidere di adottare una «politica» più restrittiva rispetto al passato” (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 6 novembre 2013 n. 1486).
5.3.2 Tanto premesso, ritiene il Collegio che la Prefettura abbia puntualmente motivato sulle ragioni per cui gli elementi addotti dal ricorrente non possono essere considerati sufficienti a dimostrare il bisogno del porto d’armi, non rappresentando fattore di rischio proprio dello svolgimento della sua attività lavorativa, alla stregua delle nuove direttrici tracciate dalla stessa amministrazione e coerentemente rapportate al caso concreto.
Nella specie, infatti, non sono emersi elementi sintomatici di una personale e diretta esposizione del ricorrente al rischio per la propria incolumità, essendo carente la prova dell’esistenza di un pericolo attuale e concreto, corroborato, cioè, dall’accadimento di specifici eventi, non necessariamente delittuosi ma sintomatici di una generale situazione di pericolo diretto, non bastando, a tali fini, l’allegazione della sussistenza di un pericolo soltanto potenziale che non concretizzi una necessità assoluta.
Ed invero, “ai fini del "dimostrato bisogno" della licenza di porto d'armi per difesa personale, l'Amministrazione non deve valutare la componente psicologica di natura soggettiva, ma deve valutare in modo oggettivo il pericolo a cui è esposto il richiedente in una con l'interesse alla pubblica incolumità e con la situazione di pericolo della pubblica sicurezza in un determinato territorio e contesto sociale” (T.A.R. Piemonte, sez. II, 29 febbraio 2008 n. 347).
5.4 In conclusione, pertanto, “è legittimo il diniego di autorizzazione al porto di pistola per difesa personale, motivato con la mancata dimostrazione, da parte del richiedente, dell'assoluto bisogno di portare l'arma” (T.A.R. Umbria, 17 dicembre 2009 n. 802), qualora, cioè, non siano emerse ulteriori e specifiche circostanze attestanti un rischio grave ed attuale per l’incolumità personale. Ciò in quanto i motivi per il rilascio e il rinnovo del porto d’armi devono essere vagliati non in astratto ma in concreto (Cons. di Stato, sez. VI, 19 giugno 2009, n. 4096).
5.5 Sulla base delle sovraesposte considerazioni, il ricorso deve essere, quindi, respinto in quanto infondato.
6. Stante la minima attività processuale della difesa resistente, le spese di lite possono essere compensate.