TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-10-05, n. 202302948

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-10-05, n. 202302948
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202302948
Data del deposito : 5 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/10/2023

N. 02948/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01649/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1649 del 2021, proposto da Poste Italiane S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati D C, G I, F S e V F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Immordino sito in Palermo, viale Libertà n. 171;

contro

Regione Sicilia - Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana - Soprintendenza BB.CC. e AA. di Caltanissetta, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
Banca Sicana - Credito Cooperativo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Beatrice Miceli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Nunzio Morello, 40;

per l'annullamento

- del provvedimento prot. n. 28590 del 15/06/2021, notificato in pari data, avente ad oggetto “Istanza di rinnovazione e valutazione, ai sensi dell'art. 128, comma 3, del D.lgs. 42/2004, del D.D.G. n. 2849 del 05.06.2018 con eliminazione del vincolo di inamovibilità del dipinto “Allegoria dell’Italia” di G M, presentata da Poste Italiane S.p.A. – provvedimento di diniego”;

- ove occorra e per quanto di ragione, del parere della Soprintendenza di Caltanissetta, rilasciato con nota prot. n. 5090 dell'11/06/2021;

- ove occorra, della nota provvedimento prot.n.4263 del 18.5.2021 della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta – S. 11 di avviso di adozione di provvedimento negativo ex art. 10 bis della L. n.241/1990;

- nonché di tutti gli altri atti presupposti, connessi e conseguenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana - Soprintendenza BB.CC. e AA. di Caltanissetta e della Banca Sicana - Credito Cooperativo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2023 il dott. Luca Girardi e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 10 settembre 2021 e depositato il successivo 27 settembre, Poste Italiane S.p.A. ha impugnato il provvedimento n. 28590 del 15 giugno 2021 dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, avente ad oggetto: “Istanza di rinnovazione e valutazione, ai sensi dell’art. 128, comma 3, del D. Lgs. 42/2004, del D.D.G. n. 2849 del 05.06.2018 con eliminazione del vincolo di inamovibilità del dipinto “Allegoria dell’Italia” di G M, presentata da Poste Italiane S.p.A. provvedimento di diniego” .

In fatto la società ricorrente deduce di essere proprietaria dell’opera “Allegoria dell’Italia”, realizzata – asseritamente nel 1939 - dall’artista siciliano G M. In specie, il dipinto a olio è stato collocato per diversi anni nella c.d. Sala del Telegrafo, sita al primo piano del Palazzo delle Poste di Caltanissetta, in Via F. Crispi n. 25. Successivamente, probabilmente alla fine degli anni ‘80, il dipinto veniva collocato nella nuova sede delle Poste di Caltanissetta, sita in Via Leone XIII n. 12, a seguito di trasferimento dell’ufficio postale.

Il Palazzo delle Poste di Caltanissetta veniva quindi dichiarato d’interesse storico-artistico ed architettonico con Decreto dell’Assessorato Regionale BB.CC.AA. del 22 giugno 1999 mentre, nel 2004, lo stesso edificio veniva alienato alla Banca del Nisseno, odierna Banca Sicana Credito Cooperativo.

La ricorrente evidenzia come, a far data dal 2 dicembre 2005, alcuni locali dello stesso Palazzo erano concessi in locazione dalla Banca alla Soprintendenza per i BB.CC.AA. di Caltanissetta, che ivi stabiliva la sua sede.

Su richiesta della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Caltanissetta, Poste Italiane concedeva in prestito temporaneo la suddetta opera pittorica alla Banca del Nisseno per un’esposizione temporanea da realizzarsi nella sede della Banca (ex Palazzo delle Poste) dall’agosto 2013 a gennaio 2014, e con successive proroghe fino al 31 dicembre 2015.

Dopo la scadenza definitiva della convenzione, nonostante le richieste di Poste Italiane s.p.a., l’opera non veniva però restituita dalla Banca del Nisseno.

Nel frattempo, con D.D.G. n. 585 del 3 marzo 2015, su iniziativa della Soprintendenza di Caltanissetta, l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana dichiarava “il dipinto ‘Allegoria dell’Italia’ di G M, di proprietà delle Poste Italiane S.p.A., ubicato presso il Palazzo della Posta Centrale, sito a Caltanissetta in via Leone XIIII n. 12, attualmente in prestito per l’esposizione temporanea presso l’ex Palazzo delle Posta sito a Caltanissetta in via F. Crispi n. 25 […] di interesse storico-artistico ai sensi dell’art. 10, comma 1, del D.lgs. n. 42 del 22.01.2004 e ss.mm.”.

Con D.A. n. 31/2015, l’ex Palazzo delle Poste di Caltanissetta è stato poi inserito tra i “Luoghi dell’Identità e della Memoria”, “per ragione dell’intero ciclo pittorico di G M ivi presente”.

Di seguito, l’Assessorato resistente decretava, in conformità alla richiesta della Soprintendenza di Caltanissetta e a parziale modifica del predetto D.D.G. del 2015, l’inamovibilità del dipinto dal luogo originario, e cioè la Sala del Telegrafo del Palazzo delle Poste di Caltanissetta, con D.D.G. n. 2849 del 5 giugno 2018.

La ricorrente precisa di avere recentemente avviato un progetto volto alla preservazione ed esposizione del proprio patrimonio storico ed artistico che prevede, tra l’altro, il recupero e la valorizzazione (con specifici percorsi volti alla promozione di un’ampia fruizione pubblica) delle opere d’arte nella disponibilità di terzi. In tale contesto, Poste Italiane ha ulteriormente sviluppato uno specifico progetto che prevede l’esposizione permanente e gratuita del dipinto Allegoria dell’Italia presso il Palazzo delle Poste di Agrigento (anch’esso dichiarato d’interesse culturale con D.D.S. n. 154/2020), dove peraltro si trovano una serie di preziosi mosaici dello stesso autore G M.

Da tali premesse, con istanza del 20 febbraio 2020, Poste Italiane presentava una richiesta di rinnovazione della valutazione e di revisione del provvedimento di inamovibilità, ex art. 128, D.lgs. 42/2004, che, al comma 3, prevede che “in presenza di elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati, il Ministero può rinnovare […] il procedimento di dichiarazione […] al fine di verificare la perdurante sussistenza dei presupposti per l'assoggettamento dei beni medesimi alle disposizioni di tutela”.

A fronte dell’inerzia dell’Amministrazione regionale, Poste Italiane adiva questo TAR, con ricorso R.G. 2182/2020, richiedendo l’accertamento dell’illegittimità del silenzio mantenuto dall’Assessorato. Seguiva la sentenza n. 1041 del 31 marzo 2021 di accoglimento del ricorso, con ordine all’Amministrazione di provvedere sull’istanza di revisione entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione della stessa sentenza.

Con nota n. 4263 del 18 maggio 2021, la Soprintendenza per i BB.CC.AA. di Caltanissetta comunicava a Poste Italiane l’avvio del procedimento di adozione di provvedimento negativo relativo alla superiore istanza di revisione del D.D.G. del 2018 mentre, con nota del 27 maggio 2021, Poste Italiane presentava alla Soprintendenza motivate osservazioni ex art. 10-bis, L. 241/1990.

Nonostante ciò, con il provvedimento oggi impugnato, l’Assessorato regionale respingeva definitivamente l’istanza di Poste Italiane, da cui l’odierno gravame supportato da quattro censure che possono così essere sintetizzate:

I. Primariamente, la ricorrente lamenta che il quadro in questione è asservito all’esclusivo godimento di un soggetto privato, che non ne è neppure proprietario, mentre Poste Italiane ha invece programmato l’esposizione permanente (e gratuita) dell’opera presso il Palazzo delle Poste di Agrigento (dichiarato d’interesse culturale con D.D.S. n. 154/2020: doc. n. 12), dove si trova una serie di preziosi mosaici dello stesso autore G M.

Per tale ragione, a dire dell’istante, emergerebbero evidenti aspetti di interesse privato che escludono che il procedimento si sia svolto secondo i canoni di imparzialità e buon andamento della P.A. sanciti dall’art. 97 Cost.

Poste italiane evidenzia ancora che l’interesse particolaristico sarebbe anche testimoniato dalla circostanza che gli altri quadri di forma esagonale dello stesso G M presenti nel Palazzo delle Poste di Caltanissetta (ai quali la Soprintendenza vorrebbe ricongiungere l’opera in questione) non sono stati oggetto di analoghi provvedimenti da parte dell’Amministrazione (né di dichiarazione d’interesse storico-artistico né, tanto meno, di inamovibilità);

II. Con un secondo mezzo poi Poste Italiane s.p.a. lamenta che l’Amministrazione non avrebbe mai preso posizione, né nell’avviso di provvedimento negativo, né nel provvedimento finale impugnato, circa la norma in base alla quale sarebbe stato esercitato il potere di apporre ad un quadro il vincolo di inamovibilità. A tal fine, vengono richiamati gli artt. 21, 50 e 51 D.lgs. n. 42/2004 che, a dire della ricorrente, non sarebbero comunque applicabili al caso di specie, da cui la lagnanza in esame secondo la quale l’Amministrazione avrebbe imposto il vincolo di inamovibilità in assoluta carenza di potere, con conseguente nullità di tutti gli atti posti in essere fin dall’originario D.D.G. n. 2849 del 5 giugno 2018;

III. Proseguendo oltre, Poste Italiane lamenta anche un difetto di motivazione del provvedimento negativo impugnato, che richiama pedissequamente il parere negativo espresso dalla Soprintendenza con nota n. 5090/2021. In particolare, si legge “il dipinto Allegoria dell’Italia, secondo l’autorevole parere della prof.ssa A M R, esperta di futurismo e studiosa della produzione artistica di G M, è stato realizzato nel 1934, dunque contestualmente al restante ciclo pittorico di M presente nel Palazzo delle Poste” . Di contro, osserva la ricorrente, nelle osservazioni presentate da Poste Italiane alla Soprintendenza si era dedotto in contrario che, quanto alla datazione del dipinto, la stessa amministrazione avrebbe errato nella Relazione allegata al D.D.G. n 585/2015 di apposizione del vincolo che lo data al 1939. In proposito, l’Amministrazione nel provvedimento impugnato si limita ad affermare: “la datazione delle decorazioni pittoriche presenti nell’ambiente predetto [Sala del Telegrafo, n.d.r.] (alle pareti e nel soffitto) è chiaramente indicata dall’autore negli scomparti di estremità del soffitto ove si legge: E.F. A XXI [rectius XII, n.d.r.] e AD 1934 cioè anno 1934, dodicesimo dell’era fascista” . Mentre, a parere della ricorrente, tale assunto sarebbe sconfessato proprio da uno scritto della stessa Prof.ssa R, esperta di futurismo e studiosa della produzione artistica di G M ai cui studi si rifà il provvedimento gravato. Pertanto, il dipinto, lungi dal rappresentare un continuum con gli affreschi (a tempera) presenti nella Sala del Telegrafo e in tutto il primo piano (attribuiti allo Sparacino), si presenterebbe piuttosto come un’opera isolata, inserita cinque anni dopo l’originaria decorazione del Palazzo e caratterizzata da soggetti, tecnica e stile (oltre che autore) totalmente estranei all’ambiente in cui venne successivamente inserita (probabilmente per decorare la nicchia di cui riproduce le dimensioni).

Per quanto detto in ordine all’estraneità del dipinto al “ciclo pittorico” che caratterizza le altre opere del M esistenti nel Palazzo delle Poste di Caltanissetta, la ricorrente ritiene che la restituzione del dipinto al legittimo proprietario in nulla nuocerebbe a tale “Luogo dell’Identità e della Memoria” , il quale continuerebbe a essere perfettamente rappresentato dal restante patrimonio artistico ivi contenuto;

IV. Con un’ultima censura, Poste Italiane s.p.a. lamenta che la situazione determinatasi avrebbe, di fatto, espropriato la ricorrente dalla proprietà e dalla disponibilità del dipinto, dopo che, per gentile concessione, ha reso possibile la summenzionata manifestazione culturale. Il vincolo di inamovibilità, quindi, violerebbe il principio di proporzionalità in quanto teso a comprimere notevolmente le facoltà dominicali di Poste Italiane senza un motivato e dimostrato beneficio per l'interesse pubblico. Infatti, a suo dire, il vincolo di inamovibilità determinerebbe una espropriazione indiretta vietata dalla CEDU e dal Protocollo n. 1, peraltro senza indennizzo alcuno, posto che sussiste un vincolo espropriativo tutte le volte in cui la destinazione del bene permetta la realizzazione di finalità e scopi destinati esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica dello stesso.

Alle censure così sintetizzate si accompagnava poi la formulazione di istanza cautelare ai fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito per la discussione del gravame ex art. 55, comma 10, c.p.a.

Risultano costituti in giudizio sia l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana (Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana – Soprintendenza BB.CC.AA. di Caltanissetta), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, sia la Banca Sicana Credito Cooperativo i quali, oltre a chiedere il rigetto del ricorso per infondatezza nel merito, sollevano diversi profili in rito di inammissibilità del gravame.

In vista dell’odierna udienza pubblica le parti hanno scambiato ulteriori memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a.

All’udienza pubblica del 26 settembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Oggetto del presente giudizio proposto da Poste Italiane s.p.a. è il provvedimento n. 28590 del 15 giugno 2021, con cui l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, sulla scorta del parere n. 5090 dell'11 giugno 2021 della Soprintendenza BB.CC.AA. di Caltanissetta, si è pronunciato sull’istanza di rinnovazione e revisione, ai sensi dell’art. 128, comma 3, D.lgs. n. 42/2004, del vincolo di inamovibilità dalla attuale sede della “sala dei telegrammi dell’ex Palazzo delle Poste di Caltanissetta” imposto con D.D.G. n. 2849 del 5 giugno 2018 sul dipinto “Allegoria dell’Italia” di G M, già oggetto di declaratoria di importante interesse storico-artistico, ai sensi del D.D.G. n. 585 del 3 marzo 2015.

Con il suddetto provvedimento, in particolare, l’Assessorato ha respinto l’istanza in considerazione della permanenza delle ragioni poste a fondamento del vincolo di inamovibilità del 2018, ed essenzialmente correlate alla inscindibilità del dipinto al ciclo pittorico presente all’interno dell’ex Palazzo delle Poste di Caltanissetta.

2. Prima di procedere con l’esame nel merito della vicenda devono essere scrutinare le diverse eccezioni in rito sollevate dalle resistenti.

2.1. Preliminarmente viene eccepita la tardività dell’impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta avverso il D.D.G. n. 2849 del 5 giugno 2018, con il quale è stata originariamente introdotta, a parziale modifica del D.D.G. n. 585/2015, la prescrizione di inamovibilità del dipinto dal suo luogo originario, cioè la sala dei telegrammi dell’ex Palazzo delle Poste di Caltanissetta. Inoltre, la Banca Sicana evidenzia come l’art. 128, comma 3, del codice dei beni culturali preveda la possibilità di rinnovare, a richiesta del proprietario del bene, il procedimento di dichiarazione di interesse artistico soltanto in presenza di “elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati” che nel caso di specie difetterebbero.

2.1.1. L’eccezione è infondata per quanto segue.

In primo luogo giova nuovamente rimarcare che Poste Italiane ha presentato un’istanza di rinnovazione della valutazione del provvedimento di inamovibilità, ex art. 128, D.lgs. 42/2004 e l’amministrazione ha avviato un nuovo e diverso procedimento, anche instaurando con l’interessata il necessario contraddittorio, all’esito del quale ha confermato il provvedimento di inamovibilità. All’evidenza trattasi quindi di un nuovo provvedimento emesso a seguito di una nuova istruttoria, e non di un atto meramente confermativo del precedente, e cioè il D.D.G. 2849/18, come erroneamente sostenuto dalle resistenti.

La giurisprudenza è pacifica in argomento nel ritenere che la distinzione tra atti di conferma in senso proprio e meramente confermativi viene ravvisata in giurisprudenza nella circostanza che l'atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi, escludendosi che possa considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata;
ricorre invece l'atto meramente confermativo, non impugnabile, allorché l'Amministrazione si limiti a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (cfr. da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 27/07/2023, n. 7343).

Deve essere quindi considerata tempestiva l’impugnazione della nota n. 28590 del 15 giugno 2021 assunta la sua natura di provvedimento autonomamente lesivo.

2.1.2. Nemmeno convince l’eccezione nella parte in cui viene evidenziato come a fondamento dell’istanza di Poste Italiane difetterebbero gli “elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati” richiesti dall’art. 128 del d.lgs. 42/04 e ciò per due ordini di motivi: a) la possibilità di inserire l’opera pittorica in questione in un nuovo ambiente espositivo, identificato prima nell’Archivio Storico di Poste Italiane sito in Roma e dopo nel Palazzo delle Poste di Agrigento, rappresenta di per sé un fatto sopravvenuto che l’amministrazione deve valutare in sede di riesame;
b) come condivisibilmente replicato dalla ricorrente, inoltre, l’eccezione relativa al difetto del presupposto previsto per l’istanza ex art. 128, comma 3, d.lgs. 42/04 doveva essere sollevata nell’ambito del primo giudizio sul silenzio procedimentale tra le parti conclusosi con l’obbligo dell’amministrazione a provvedere sulla medesima istanza. Tale rilievo va infatti oggi ad impattare su un profilo ormai coperto dal giudicato formatosi con la decisione n. 1041/2021 e quindi intangibile in questa sede.

2.2. Banca Sicana rileva anche l’inammissibilità del gravame in ragione della natura di norma transitoria della disposizione di cui all’art. 128 del codice dei beni culturali. Ai fini del rigetto dell’eccezione valga quanto detto al punto precedente, trattandosi anche questo di rilievo intempestivo, che andava sollevato in seno al giudizio sul silenzio.

2.3. Con altra eccezione la Banca Sicana sottolinea come il provvedimento negativo sia stato adottato dall’Amministrazione Regionale sul presupposto del trasferimento del dipinto nella sede dell’Archivio Storico di Poste Italiane, a Roma, ma tale presupposto, però, non sarebbe più attuale, perché la società ricorrente dichiara, solo nell’odierno ricorso, di voler trasferire la tela all’interno del Palazzo delle Poste di Agrigento, dichiarato d’interesse culturale con D.D.S. n. 154/2020.

2.3.1. L’eccezione non convince trattandosi semmai di un vizio del provvedimento che andava veicolato attraverso apposito ricorso incidentale da parte della Banca Sicana, ove d’interesse.

Ad ogni modo, il Collegio evidenzia come l’amministrazione si sia fatta carico di valutare l’istanza di Poste Italiane a prescindere dalla destinazione (Roma o Agrigento) del dipinto impressa nel progetto della ricorrente, non rivenendosi nella motivazione del provvedimento richiamo alcuno né al progetto di Poste Italiane volto alla preservazione ed esposizione del proprio patrimonio storico ed artistico, né tantomeno alla sede della eventuale e futura esposizione permanente e gratuita del dipinto “Allegoria dell’Italia”.

Discende da ciò che la destinazione finale di esposizione del dipinto voluta da Poste Italiane è risultata essere un elemento neutro o comunque ininfluente ai fini del diniego.

2.4. Poste Italiane, inoltre, avrebbe omesso di impugnare il D.A. n. 31 del 15 ottobre 2015, richiamato nel provvedimento di rigetto dell’istanza e costituente, a dire delle resistenti, presupposto dello stesso, con il quale l’ex Palazzo delle Poste di Caltanissetta, ed il dipinto “Allegoria dell’Italia” , è stato inserito nell’elenco dei Luoghi dell’Identità e della Memoria di cui all’allegato A) del D.A. n. 8410 del 3 dicembre 2009. A tal fine Banca Sicana sottolinea come la principale motivazione del diniego sull’istanza di rinnovazione risieda proprio nella necessità di tutelare tutto il “Palazzo delle Poste” di Caltanissetta, compreso l’intero ciclo pittorico che si trova al suo interno e che, nel suo insieme, è considerato luogo che contribuisce a costruire l’identità̀ e la memoria culturale dell’isola. Ragione per cui, il ricorso sarebbe inammissibile proprio perché tale atto avrebbe dovuto essere gravato da impugnazione.

2.4.1. Anche questa eccezione non può essere accolta, dovendosi convenire con la ricorrente che l’inserimento nell’elenco dei Luoghi dell’Identità e della Memoria non assume lesività autonoma alla luce di quanto si legge nella stessa Carta regionale dei luoghi dell’identità e della memoria, di cui al Decreto Assessoriale n. 8410 del 3 dicembre 2009, per cui : “L’elenco dei luoghi ed i relativi dossier conoscitivi verranno via via, trasmessi e condivisi con le Soprintendenze competenti per territorio. Per ciascun luogo identificato la Soprintendenza verificherà l’eventuale coincidenza con aree già sottoposte ad attività di tutela o gli eventuali presupposti per attivare una procedura che porti ad una specifica decretazione di vincolo ai sensi del Codice dei beni Culturali” (art. 9). E ancora: “Periodicamente, ed almeno ogni tre anni, si procederà alla verifica della sussistenza dei requisiti per il mantenimento della iscrizione negli elenchi degli spazi fisici individuati quali Luoghi dell’Identità e della Memoria” (art. 6). È di tutta evidenza, quindi, che l’apposizione del vincolo di inamovibilità assuma autonoma lesività rispetto all’inserimento del Palazzo delle Poste di Caltanissetta, e con esso il dipinto “Allegoria dell’Italia” , nell’elenco dei Luoghi dell’Identità e della Memoria, atteso che è precipuo compito della Soprintendenza garantire la tutela dei beni culturali anche attraverso vincoli così impattanti sulle facoltà dominicali, mentre il suddetto elenco assume un carattere meramente ricognitivo dello stato di fatto dei luoghi posti a tutela in quanto è costantemente aggiornato proprio sulla scorta delle verifiche che la Soprintendenza territorialmente competente effettua di volta in volta. A ciò va aggiunta l’ovvia considerazione che l’eventuale annullamento in s.g. del D.A. n. 8410 del 3 dicembre 2009 non priverebbe di certo l’amministrazione del potere di imporre il vincolo in parola all’opera in questione e/o all’accertamento dei relativi presupposti, da cui l’inutilità dell’impugnazione del provvedimento suddetto in questa sede.

2.5. Di nessun pregio, infine, è l’ultima eccezione di Banca Sicana con cui lamenta come al procedimento avviato da Poste Italiane ai sensi dell’art. 128, comma 3, del D.lgs. n. 42/2004 sarebbe rimasta esclusa proprio Banca Sicana, alla quale non è stato recapitato nessuno degli atti del procedimento volto alla rinnovazione della valutazione del vincolo di inamovibilità.

Infatti, la mancata partecipazione di un controinteressato al procedimento non può certo imputarsi a negligenza del destinatario del provvedimento ma, semmai, all’amministrazione procedente. Anche tale profilo poteva tutt’al più costituire oggetto di ricorso incidentale da parte della Banca resistente.

3. Procedendo adesso all’esame del merito della controversia, il Collegio intende richiamare la recente sentenza n. 5 del 13 febbraio 2023 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, sebbene in fattispecie solo in parte sovrapponibile, ha nondimeno fornito preziose indicazioni ermeneutiche anche ai fini della risoluzione della presente controversia.

Nel giudizio all’esame del massimo consesso della Giustizia Amministrativa, la ricorrente censurava il provvedimento del Ministero della Cultura di apposizione del vincolo di destinazione d’uso al locale condotto dalla società appellante ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. d), del decreto legislativo n. 42 del 2004. Anche in quella sede, a dire della ricorrente, l’Amministrazione avrebbe imposto un vincolo così stringente, e cioè la continuazione dell’attività di ristorazione nel locale, in asserita assenza di una disposizione attributiva del potere ed anche in violazione sia delle disposizioni regolanti la tutela del bene culturale, sia dei principi costituzionali in materia di libertà dell’iniziativa economica privata e a tutela della proprietà privata ex artt. 41, primo comma, e 42, secondo comma, Cost., con conseguente emersione di una forma di espropriazione in assenza delle garanzie previste dalla legge e senza indennizzo.

La sentenza in commento, inoltre, interviene sul concetto di bene culturale lato sensu inteso, colto anche nella sua dimensione immateriale, quale espressione di identità collettiva (perché, ad esempio, collegato a eventi di rilevanza storica e culturale o a personaggi storici e illustri).

Il Giudice d’appello chiarisce anche come l’Amministrazione, nel dichiarare l’interesse culturale del bene, può sia (in negativo) precludere ogni uso incompatibile con la conservazione materiale della res , sia (in positivo) disporre la continuità dell’uso attuale cui la cosa è stata, storicamente e fin dalla sua realizzazione, destinata, richiedendo però che la motivazione del provvedimento sia adeguata e sorretta dalla rappresentazione delle ragioni per le quali il valore culturale espresso dalla res non possa essere salvaguardato e trasmesso se non attraverso la conservazione del suo pregresso uso che, compenetratosi nelle cose che ne costituiscono il supporto materiale, è divenuto ad esso ‘consustanziale’.

Ai fini di una migliore intellegibilità del caso e dei principi ivi enucleati, segue un ampio estratto della sentenza n. 5 del 2023 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato:

“3.1. Il potere di imporre limiti all’uso del bene culturale discende dal combinato disposto degli articoli 18, comma 1, 20, comma 1, e 21, comma 4, del Codice approvato con il decreto legislativo n. 42/04, il quale: da un lato, attribuisce al Ministero il potere di vigilanza sui beni culturali, al fine di garantire (altresì) il rispetto dei divieti posti dalla disciplina di riferimento, ivi compreso il divieto di usi non compatibili con il carattere storico o artistico del bene culturale oppure tali da recare pregiudizio alla sua conservazione;
dall’altro, impone di comunicare al soprintendente il mutamento di destinazione d’uso del bene culturale, al fine di permettere all’Amministrazione di verificare la compatibilità del nuovo uso con le caratteristiche storiche o artistiche del bene o con la sua materiale conservazione. L’art. 20 del d.lgs. 42 del 2004 ha inoltre previsto che «i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione».

Ne deriva che la disciplina positiva valorizza l’uso del bene culturale quale strumento per consentirne la conservazione materiale.

3.2. Inoltre, una tale interpretazione del quadro normativo - che riconosce la maggior latitudine possibile alla tutela del bene culturale, valorizzando l’importanza della motivazione alla base della decisione amministrativa – consente il raggiungimento degli obiettivi di interesse generale sottesi alla disciplina in commento, correlati alla conservazione del patrimonio culturale quale elemento di formazione, promozione e trasmissione della memoria della comunità nazionale (art. 1, comma 2, D.lgs. n. 42/04). Per converso, il negare la possibilità di imporre vincoli culturali di destinazione d’uso - come il limitare un tale potere a fattispecie eccezionali, predeterminate in via astratta o correlate all’avvenuta trasformazione della res in relazione ad eventi culturali di particolare importanza - vanificherebbe le esigenze di tutela alla base del D.lgs. N. 42/04, in tutte le ipotesi in cui un mutamento di destinazione d’uso possa comunque, tenuto conto delle particolarità concrete, essere pregiudizievole per la conservazione del bene e del relativo valore culturale che esso esprime[…].

3.5. Ad avviso del Collegio argomenti contrari a tale tesi non possono, invece, ricavarsi dall’art. 51 D. Lgs. n. 42/04 in materia di studi d’artista. Infatti, la circostanza che il legislatore in relazione a una particolare categoria di bene culturale abbia ravvisato, in via generale e astratta, la necessità di imporre un vincolo di destinazione d’uso per rendere immodificabile l’ambiente e i luoghi in cui operò l’artista - al fine di conservare intatta la testimonianza dei valori culturali in esso insiti, prescindendo da una concreta valutazione amministrativa - non determina l’inammissibilità di un siffatto vincolo di tutela in relazione alle altre categorie di beni culturali, ma significa soltanto che, se per gli studi d’artista l’imposizione del vincolo di destinazione d’uso discende direttamente dal dato positivo per effetto della mera qualificazione della res in tali termini e, quindi, dell’accertamento di tale qualitas del bene, viceversa per le altre categorie di beni culturali occorre una valutazione amministrativa delle circostanze del caso concreto, che dia conto delle ragioni per cui usi della res diversi da quelli attuali siano di pregiudizio per la conservazione dei suoi caratteri artistici o storici ovvero per la sua integrità materiale. […]In conclusione, l’imposizione in via generale e astratta di un vincolo di destinazione d’uso (come è nel caso degli studi d’artista di cui all’art. 51 cit.) è consentita da una disposizione speciale che ha attribuito rilievo alla mera qualitas di bene culturale, rispetto alla quale sussistono i “generali obblighi di conservazione dei beni Culturali”.

3.6. Deve così ritenersi non estranea al sistema dei vincoli per la tutela delle cose di interesse storico o artistico la previsione del potere amministrativo di porre limiti alla loro destinazione, quando la misura imposta miri a salvaguardare l’integrità e la conservazione del bene (Cons. Stato, sez. VI, 18 ottobre 1993, n. 741), senza che ciò si risolva nell'obbligo di gestire una determinata attività. Si tratta di uno strumento di tutela del bene culturale che deve ritenersi generalmente ammesso dalla legislazione di settore e che è riconducibile ai poteri di cui è titolare il Ministero della Cultura, occorrendo però - a differenza delle ipotesi tipicamente normate, in cui la valutazione circa la necessità del vincolo di destinazione d’uso è operata a monte, in via generale e astratta dal legislatore - l’intermediazione del potere amministrativo e una valutazione motivata in relazione alle peculiarità concrete, all’esito di un’adeguata istruttoria. In particolare, il provvedimento di imposizione di un ‘vincolo di destinazione come modalità di uso’ si deve basare su adeguata motivazione sulla sussistenza di valori culturali, estetici e storici tutelabili, avendo riguardo al riferimento della res alla storia della cultura e alla rilevanza artistica degli arredi ivi conservati (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 ottobre 1983, n. 723, relativa al vincolo su una “fiaschetteria”, per la quale l’Amministrazione ben può salvaguardare la prosecuzione di una certa attività economica in atto nell’immobile, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 1089 del 1939, all’epoca vigente ratione temporis, con la precisazione che l’Amministrazione non può, invece, imporre né che l’attività economica prosegua, né che continui ad essere svolta dallo stesso soggetto;
cfr. anche sez. VI, 18 ottobre 1993, n. 741;
16 novembre 2004, n. 7471).

3.7. Acclarata l’ammissibilità, alla luce del quadro normativo vigente, di un vincolo che riverberi i propri effetti sulla utilizzazione del bene culturale oggetto di tutela, dovendo ammettersi anche vincoli più incisivi che impongano “in positivo” e non solo “in negativo” le destinazioni d’uso da preservare e valorizzare, va ribadito che il vincolo di destinazione non deve, comunque, imporre alcun obbligo di esercizio o prosecuzione dell’attività commerciale e imprenditoriale, né attribuire una ‘riserva di attività’ in favore di un determinato gestore, al quale non può essere attribuita una sorta di “rendita di posizione”. […] A tal fine la motivazione del provvedimento di vincolo del bene, che vi imprima altresì una destinazione d’uso, potrà valorizzare, anche nell’ambito delle relazioni specialistiche allegate che ne costituiscano parte integrante, il collegamento tra gli elementi culturali materiali e quelli immateriali, inverato nello svolgimento di un’attività, strumentale alla conservazione della res e del valore culturale che essa esprime, in ragione della sussistenza sia dell’immedesimazione dei valori storico culturali con le strutture materiali (l’immobile e gli arredi in esso contenuti) che del collegamento dei beni e della loro utilizzazione con determinati eventi della storia e della cultura (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2009;
sez. VI, 17 febbraio 1999, n. 170) […].

3.9. La motivazione del provvedimento dovrà essere adeguata e sorretta dalla rappresentazione delle ragioni per le quali il valore culturale espresso dalla res non possa essere salvaguardato e trasmesso se non attraverso la conservazione del suo pregresso uso che, compenetratosi nelle cose che ne costituiscono il supporto materiale, è divenuto ad esso ‘consustanziale’.

Tali valutazioni potranno poi essere oggetto di sindacato giurisdizionale nei consueti limiti previsti per gli atti implicanti esercizio di discrezionalità tecnica riservata all’Amministrazione in merito alla qualitas di bene culturale (cfr., tra le altre, Consiglio di Stato, sez. VI, 7 giugno 2021, n. 4318 e Consiglio di Stato, sez. VI, 14 ottobre 2015, n. 4747): in sede di giurisdizione di legittimità, l’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione preposta alla tutela potrà essere sindacato sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche;
non sarà, invece, ammissibile alcun sindacato di tipo sostitutivo che vada a sovrapporre a una valutazione connotata da discrezionalità tecnica, implicante l’applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell’arte e dell’architettura e caratterizzata da ampi margini di opinabilità, una valutazione alternativa, parimenti opinabile (come è stato già chiarito da Cons. giust. amm. Sicilia, 7 maggio 2021, n. 406;
Consiglio di Stato, sez. VI, 4 settembre 2020 n. 5357).

Pertanto, l’Amministrazione, nel dichiarare l’interesse culturale del bene, può sia (in negativo) precludere ogni uso incompatibile con la conservazione materiale della res, sia (in positivo) disporre la continuità dell’uso attuale cui la cosa è stata, storicamente e fin dalla sua realizzazione, destinata: e ciò anche in assenza di un processo di trasformazione della res e a prescindere dal suo riferimento a una specifica iniziativa storico culturale di rilevante importanza […].

VI. Conclusioni.

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