TAR Trento, sez. I, sentenza breve 2024-09-10, n. 202400133

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza breve 2024-09-10, n. 202400133
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 202400133
Data del deposito : 10 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/09/2024

N. 00133/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00105/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 105 del 2024, proposto da
impresa individuale Dolce Vita di E A, in persona della titolare pro tempore E A, rappresentata e difesa dagli avvocati A D, N G e A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo e del terzo in Trento, viale Rovereto n. 67;

contro

Comune di Trento, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati L R, A G e V I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura del Comune in Trento, via Belenzani 19;

per l'annullamento

- dell’art. 7 e dell’Allegato A del Regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività economiche, approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Trento n. 184 del 17 dicembre 2021;

- dell’ordinanza della dirigente del servizio edilizia privata e SUAP del Comune di Trento n. 18/2024/55del 10 luglio 2024, avente ad oggetto: “ Sospensione del titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla S.C.I.A. prot. n. 437144 dd 14 dicembre 2023 e divieto di esercizio dell’attività per il periodo di quindici giorni ”;

- di ogni altro atto al precedente connesso, presupposto e consequenziale, anche ad oggi non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Trento;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 settembre 2024 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il Comune di Trento con deliberazione consiliare n. 184 del 17 dicembre 2021, ha approvato il “ regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività economiche ”.

Il regolamento detta apposite disposizioni finalizzate a disciplinare il comportamento che deve essere seguito dai titolari di pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al fine di salvaguardare la tranquillità e il riposo delle persone, nonché la sicurezza urbana e ambientale rispetto ai possibili pregiudizi causati dallo svolgimento dell’attività.

La violazione di tali regole di condotta in base al regolamento comporta, oltre che l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, anche l’applicazione di sanzioni accessorie secondo delle modalità mutuate dal sistema della “ patente a punti ” prevista per la circolazione stradale dall’art. 126 bis del D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), introdotto dall'art. 7, comma 1, del D.lgs. 15 gennaio 2002, n. 9.

La “ patente a punti ”, ai sensi dell’art. 7 del regolamento comunale, prevede una base di partenza di 20 punti assegnati alla singola attività, e che l’assenza di violazioni nell’arco di un anno solare produce l’accredito, di carattere premiale, di 5 punti fino al raggiungimento del punteggio massimo di 30 punti, mentre la violazione degli obblighi generali per gli esercenti dettati dall’art. 5 del regolamento (volti ad assicurare la pulizia e la condizione di igiene connesse allo svolgimento dell’attività, la salvaguardia della quiete pubblica, l’adempimento dell’obbligo di esposizione della cartellonistica predisposta dal Comune sulle norme di convivenza da tenere, nonché dell’obbligo di informare i clienti di non tenere comportamenti lesivi della quiete pubblica), comporta, oltre all’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, la decurtazione del punteggio previsto, per ogni specifica violazione, nella misura indicata nell’allegato A del regolamento.

La perdita totale dei 20 punti iniziali comporta la sospensione del titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività di somministrazione alimenti e bevande per un periodo di 15 giorni consecutivi.

L’odierna ricorrente, titolare della ditta individuale Dolce Vita di Arnaut Ecaterina che svolge l’attività di somministrazione di alimenti e bevande con l’insegna “ Dolce Vita ” nel centro storico del Comune di Trento, a seguito di controlli è risultata destinataria di quattro verbali di contestazione di violazioni, due dei quali sub iudice perché impugnati innanzi al Giudice di Pace ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, la cui sommatoria ha comportato la perdita totale dei venti punti.

Conseguentemente il Comune, con ordinanza del dirigente del servizio edilizia privata e sportello unico alle attività produttive n. 18/2024/55 del 10 luglio 2024, ha disposto la sospensione del titolo abilitativo ed il divieto di esercizio dell’attività per un periodo di 15 giorni.

Con il ricorso in epigrafe tale provvedimento è impugnato, unitamente al regolamento, con cinque motivi.

Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta l’illegittimità dell’art. 7 del regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività economiche e dell’allegato A del medesimo regolamento, per la violazione degli articoli 1 e 9 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, ed il vizio di incompetenza.

Con questo motivo la parte ricorrente sostiene che le disposizioni del regolamento sono da inscrivere nell’ambito della materia della pubblica sicurezza, con la conseguenza che le condotte di comportamento da tenere non avrebbero potuto essere adottate con deliberazione del consiglio comunale, ma avrebbero dovuto essere assunte dal Sindaco, unico legittimato nella qualità di autorità di pubblica sicurezza.

Con il secondo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 9 del R.D. n. 773 del 1931, dell’art. 117 della Costituzione e dell’art. 1 della legge n. 689 del 1981, perché la sanzione della sospensione del titolo abilitativo all’esercizio dell’attività è disposta dal regolamento comunale, fonte normativa secondaria, senza una puntuale previsione legislativa e quindi senza rispettare principio di legalità e di riserva di legge sancito in materia di sanzioni amministrative.

Con il terzo motivo la parte ricorrente lamenta l’illegittimità dell’ordinanza che ha disposto la sospensione del titolo abilitativo per 15 giorni, in via derivata dall’illegittimità del regolamento dedotta con i primi due motivi.

Con il quarto motivo viene prospettata in via subordinata l’illegittimità dell’ordinanza per la violazione dell’art. 9 del R.D. n. 773 del 1931 e per il vizio di incompetenza, in quanto, anche ad ammettere la legittimità del regolamento, il provvedimento di sospensione del titolo abilitativo, essendo da inscrivere nell’ambito della materia della pubblica sicurezza, avrebbe dovuto essere adottato dal Sindaco e non dal dirigente.

Con il quinto motivo la parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 8 bis della legge n. 689 del 1981, la falsa rappresentazione della realtà, il difetto di istruttoria e di motivazione, perché l’Amministrazione non ha tenuto conto che una parte dei verbali contestati dai quali è derivata la decurtazione del punteggio, riguardano violazioni commesse in tempi ravvicinati dal mese di dicembre 2023 al mese di maggio 2024. Secondo la ricorrente, trattandosi di illeciti amministrativi riferibili alla medesima tipologia di violazione e riconducibili ad una programmazione unitaria, in applicazione di quanto previsto dall’art. 8 bis della legge n. 689 del 1981, l’Amministrazione avrebbe dovuto considerare ai fini sanzionatori solo la prima violazione e non le successive in quanto reiterate.

Secondo la ricorrente ove il Comune avesse applicato un’unica decurtazione di 6 punti alle cinque violazioni reiterate, considerata la perdita di 11 punti conseguente alle altre due violazioni, la decurtazione totale sarebbe stata di 17 punti, e pertanto non si sarebbe potuta disporre la sospensione del titolo abilitativo.

Si è costituito in giudizio il Comune di Trento eccependo in rito il difetto di giurisdizione in quanto, in base al criterio del c.d. petitum sostanziale, la controversia rientra nella cognizione del giudice ordinario perché il provvedimento impugnato, nel disporre la sospensione dell’attività, non incide su una posizione soggettiva di interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo alla libertà di iniziativa economica.

A supporto della correttezza di tale conclusione, il Comune evidenzia che la parte ricorrente ha già impugnato innanzi al Giudice di Pace i singoli illeciti amministrativi dai quali deriva la decurtazione dei punti, prospettando in quella sede le medesime censure avanzate con il ricorso in epigrafe avverso il regolamento di cui viene chiesta la disapplicazione.

Sempre in rito l’Amministrazione resistente eccepisce altresì la tardività dell’impugnazione dell’art. 7 del regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività economiche, perché conosciuto antecedentemente, ed afferma che la parte ricorrente avrebbe dovuto impugnare tempestivamente tutti e non solo alcuni degli atti presupposti con i quali è stata disposta la decurtazione dei punti da cui è conseguita la sospensione del titolo abilitativo, e che in mancanza dell’impugnazione di tutti gli atti devono ritenersi comunque consolidati gli effetti automatici della sospensione.

Nel merito il Comune di Trento ha altresì puntualmente replicato alle censure proposte nei termini in seguito compendiati.

Con il primo motivo la parte ricorrente deduce che la competenza a dettare le disposizioni in questa materia spetterebbe al Sindaco in quanto autorità che esercita le funzioni in materia di sicurezza pubblica, e non al consiglio comunale con regolamento.

Il Comune eccepisce l’infondatezza della censura perché, ai sensi dell’art. 49, comma 3, lett. a), della legge regionale n. 2 del 2018, recante il Codice degli Enti Locali della Regione Trentino - Alto Adige, al consiglio comunale compete la potestà regolamentare in tutti gli ambiti di competenza comunale, tra i quali, ai sensi degli articoli 60, commi 5 e 6, e 61, comma 2, lett. b), rientra anche la sicurezza urbana.

Con il secondo motivo la parte ricorrente deduce la violazione del principio di legalità.

Il Comune sostiene l’infondatezza della censura in quanto il regolamento e l’ordinanza impugnata trovano il proprio fondamento nell’art. 10 del R.D. n. 773 del 1931, il quale prevede in via generale, con una norma sanzionatoria in bianco, che “ le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata ”, e nell’art. 9 del R.D. n. 773 del 1931, il quale dispone che “ oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un’autorizzazione di polizia, deve osservare le prescrizioni, che l’autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse ”.

Secondo il Comune non è violato il principio di legalità perché è stata data puntuale applicazione a queste disposizioni, posto che le funzioni in materia spettano ai Comuni, a livello nazionale in base all’art. 19 del D.P.R. n. 616 del 1977, e a livello locale in base all’art. 23 della legge provinciale n. 9 del 2000.

Quanto alla non fondatezza del terzo motivo, con il quale viene dedotta l’illegittimità in via derivata dell’ordinanza di sospensione, il Comune si richiama alle argomentazioni prospettate in relazione alle censure proposte con il primo ed il secondo motivo avverso il regolamento.

Con il quarto motivo la parte ricorrente lamenta l’incompetenza del dirigente ad adottare un provvedimento in materia di pubblica sicurezza che spetta al Sindaco.

Il Comune eccepisce l’infondatezza della censura affermando che in realtà si tratta di un potere in materia di polizia amministrativa da ricondurre, alla luce del principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni di gestione amministrativa, al potere gestionale proprio dei dirigenti, i quali, così come sono competenti a rilasciare i titoli abilitativi per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in base al principio del contrarius actus , sono titolari anche del potere di sospendere o revocare le medesime.

Con il quinto motivo la ricorrente sostiene che il Comune avrebbe errato a non applicare le modalità di calcolo delle sanzioni da applicare in base alle disposizioni sulla reiterazione degli illeciti dettate dall’art. 8 bis della legge n. 689 del 1981.

Il Comune sostiene che la censura è infondata perché la norma invocata non ha portata generale ed inderogabile essendo applicabile, ai sensi del primo comma, “ salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge ”, e fa salva l’efficacia di previsioni di carattere speciale al quinto comma laddove precisa che “ la reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce ”.

Secondo il Comune trovano pertanto applicazione al caso di specie gli effetti della reiterazione esaustivamente disciplinati dall’art. 7, comma 4, del regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività economiche, secondo cui “ in caso di reiterazione delle violazioni accertate entro 365 giorni dalla avvenuta notificazione della prima violazione, anche in caso di pagamento in misura ridotta, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria, la decurtazione dei punti e l’adozione delle ulteriori misure previste nell’Allegato A ”, con la precisazione che l’allegato per alcune violazioni in caso di reiterazione prevede solo l’aumento della decurtazione di punteggio rispetto alla prima violazione, mentre altre volte prevede ulteriori sanzioni accessorie, quali la sospensione o la revoca della concessione del suolo pubblico, con norme speciali prevalenti sulla disposizione generale di cui all’art. 8 bis della legge n. 689 del 1981.

Alla camera di consiglio del 5 settembre 2024, fissata per l’esame della domanda cautelare, avvisate le parti della possibile definizione della controversia con sentenza resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., la causa è stata trattenuta in decisione.

L’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune di Trento è fondata seppure per ragioni parzialmente diverse da quelle dal medesimo prospettate negli scritti difensivi e nel corso della trattazione orale.

Va premesso che nel caso in esame è impugnato il provvedimento che ha disposto la sospensione del titolo abilitativo per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui è titolare la parte ricorrente, quale conseguenza automatica, interamente vincolata nell’ an e nel quantum , alla perdita del punteggio secondo quanto previsto dal “ regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività economiche ” approvato con deliberazione consiliare n. 184 del 17 dicembre 2021.

Tale regolamento ha introdotto nell’ordinamento locale delle apposite regole di condotta volte a prevenire l’insorgere di problematiche di disturbo o degrado determinate dallo svolgimento dell’attività di somministrazione alimenti e bevande, mediante un sistema sanzionatorio e premiale finalizzato a responsabilizzare i titolari dei pubblici esercizi al rispetto di queste regole.

Il sistema è mutuato dalla “ patente a punti ” prevista dall’art. 126 bis del D.lgs. n. 285 del 1992 (codice della strada), introdotto dall'art. 7 del D.lgs. n. 9 del 2002. La norma relativa all’abilitazione alla guida dei veicoli ha previsto che alla perdita del punteggio consegue l’obbligo dell’interessato di sottoporsi all’esame di idoneità tecnica previsto per le ipotesi in cui sia disposta la revisione della patente ai sensi dell’art. 128 del D.lgs. n. 285 del 1992.

La giurisprudenza, dopo delle prime incertezze, ha chiarito, ed in seguito ha sempre costantemente confermato, che in queste ipotesi la revisione della patente, essendo una conseguenza automatica e vincolata alla perdita totale del punteggio “ partecipa della medesima natura di sanzione accessoria propria della perdita dei punti, applicata in conseguenza delle singole violazioni alle norme di comportamento nella circolazione stradale ”.

Con riguardo al riparto di giurisdizione, la giurisprudenza ha quindi affermato che le controversie con le quali si contestano i provvedimenti automatici e vincolati conseguenti alla perdita del punteggio in ordine ai quali l’Amministrazione non gode di alcuna discrezionalità, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice ordinario in materia di sanzioni amministrative di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981, in quanto l’opposizione di cui all’art. 6 del D.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 (norma succeduta all’art. 23 della medesima legge n. 689 del 1981) deve considerarsi rimedio generale esperibile, salva espressa previsione contraria, contro tutti i provvedimenti sanzionatori, ivi compresi quelli aventi carattere di sanzione accessoria (cfr. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 24 luglio 2024, n. 481;
T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 27 dicembre 2019, n. 2270;
T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 27 luglio 2015, n. 2050;
Cassazione civile, Sez. Un., ord. 25-27 luglio 2015, n. 15689;
id. 24 luglio 2015, n. 15573;
T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 30 luglio 2014, n. 1232;
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 14 marzo 2014 , n. 353;
Consiglio di Stato, Sez. I, 11 novembre 2011, n. 3495).

Il Collegio ritiene che tali conclusioni affermate dalla giurisprudenza con riguardo al riparto di giurisdizione relativo all’impugnazione dei provvedimenti conseguenti alla perdita dei punti per la patente prevista per la circolazione stradale, valgano anche rispetto al meccanismo della patente a punti previsto dal “ regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività economiche ” del Comune di Trento rispetto alla sospensione del titolo abilitativo degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande quale conseguenza della perdita totale del punteggio, dato che si tratta di un sistema che ricalca pedissequamente la disciplina della “ patente a punti ” prevista dal codice della strada per l’abilitazione alla guida dei veicoli.

Infatti anche in questo caso la sospensione del titolo abilitativo all’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande costituisce una misura afflittiva che consegue in modo automatico e vincolato alla decurtazione totale dei punti (circa la giurisdizione del giudice ordinario per le sanzioni afflittive riferibili a poteri vincolati dell’Amministrazione cfr. Cassazione civile, Sez. Un., ord. 21 settembre 2020, n. 19664;
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 25 marzo 2021, n. 3699;
id., 22 dicembre 2020, n. 13868;
T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 12 ottobre 2020, n. 2559).

Pertanto la sospensione del titolo abilitativo all’esercizio dell’attività - al pari dell’obbligo dell’interessato di sottoporsi all’esame di idoneità tecnica con riguardo alla patente di guida - partecipa della medesima natura di sanzione accessoria propria della perdita dei punti applicata in conseguenza delle singole violazioni.

Conseguentemente le controversie, come quelle all’esame, aventi ad oggetto il provvedimento con il quale è disposta la sospensione del titolo abilitativo all’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande quale effetto automatico e vincolato della decurtazione totale dei punti, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice ordinario ai sensi degli articoli 22 della legge n. 689 del 1981 e 6 del D.lgs. n. 150 del 2011.

In tal modo si realizza il principio di concentrazione delle tutele a cui è preordinata la giurisdizione esclusiva del giudice ordinario in materia di sanzioni amministrative, e si evita, in applicazione dei principi di effettività della tutela e della ragionevole durata del processo, il frazionamento tra giudici diversi di un contenzioso riferibile ad una medesima controversia. È infatti evidente che un eventuale esito favorevole dell’impugnazione di una singola violazione che dà luogo alla decurtazione parziale del punteggio innanzi al giudice ordinario, atto presupposto alla sospensione del titolo abilitativo all’esercizio dell’attività, sarebbe idonea ad incidere in modo diretto ed immediato sulla sorte del provvedimento accessorio di sospensione del titolo abilitativo conseguente all’esaurimento del punteggio determinato da quella violazione.

Per completezza va infine soggiunto che tali conclusioni non determinano un vuoto di tutela rispetto ai vizi proposti avverso il regolamento in quanto, come è noto, permane la possibilità per il giudice ordinario, ove ne sussistano i presupposti, di disporre eventualmente la disapplicazione del regolamento ai sensi degli articoli 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E).

In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto la controversia all’esame rientra nella cognizione del giudice ordinario innanzi al quale la causa può essere riproposta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 cod. proc. amm..

La definizione in rito del ricorso e la novità delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

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