TAR Brescia, sez. I, sentenza 2022-12-01, n. 202201218

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2022-12-01, n. 202201218
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202201218
Data del deposito : 1 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/12/2022

N. 01218/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00488/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 488 del 2017, proposto da
G D M, rappresentata e difesa dagli avv.ti G C e L U A V, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata nei Registri di Giustizia, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Carlo Zima n. 3;

contro

Parco Adda Nord, non costituitosi in giudizio;

Comune di Fara Gera D'Adda, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv.to E D G, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata nei Registri di Giustizia, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Carlo Zima n. 3;

nei confronti

Massimo Colombo, Simone Colombo, Arianna Oggionni, rappresentati e difesi dagli avv.ti Mauro Fiorona e Paolo Loda, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata nei Registri di Giustizia, e domicilio fisico eletto presso lo studio del secondo in Brescia, Via Romanino n. 16;

per l’annullamento

- DEL

PERMESSO IN COSTRUIRE IN SANATORIA

16/12/2016, RELATIVO A OPERE DI TAMPONAMENTO DEL VOLUME ESISTENTE AL PRIMO PIANO, IN PARZIALE OTTEMPERANZA ALL’ORDINE DI DEMOLIZIONE N. 7/2015;

- DI OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO, CONSEQUENZIALE E CONNESSO.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fara Gera D'Adda e di Massimo Colombo e di Simone Colombo e di Arianna Oggionni;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 25 novembre 2022 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A. Riferisce la ricorrente di essere proprietaria del compendio immobiliare sito in Fara Gera D'Adda (BG), Via Opifici n. 1, costituto da civile abitazione, area di cortile interna e manufatto accessorio. Esso, delimitato dal proprio muro di confine, confina sul lato est con il compendio immobiliare di proprietà dei controinteressati di Via Ponti n. 2, già censito al Foglio n. 15 mappale 1072.

B. Sostiene che il primo intervento edilizio di questi ultimi, risalente al periodo 2013/2014, aveva ad oggetto la “ristrutturazione fabbricati esistenti con parziale cambio di destinazione d'uso da residenziale a commerciale” (DIA 16/s-2013, doc. 5) e modificava in maniera significativa e sostanziale il loro edificio, in violazione sia del pieno e libero esercizio del diritto di proprietà e di godimento del proprio immobile, sia delle disposizioni di legge in materia edilizia e urbanistica che degli strumenti edilizi, urbanistici e vincolistici territorialmente vigenti.

C. A seguito dell’esposto depositato dalla dott.ssa D M, il Comune emetteva ordinanza di demolizione dei muri perimetrali costruiti sui lati est ( rectius ovest) e sud dell'edificio posto a nord del cortile di proprietà e di parte della copertura dell'edificio sempre in lato est ( rectius ovest) con rimessa in pristino della conformazione originaria di tre falde.

D. Rappresenta che la sentenza di rigetto di questo T.A.R. 18/12/2015 n. 1742 (doc. 3) ha acclarato in maniera analitica e puntuale – su base documentale – la legittimità del provvedimento repressivo (anche facendo riferimento al dossier fotografico inviato dalla dott.ssa D M al Comune a mezzo pec in data 29/12/2014 – doc. 8). Il giudice di prime cure avrebbe accertato, nel progetto che accompagna la DIA del 2013, una falsa rappresentazione dello stato di consistenza dell'esistente tale da indurre il Comune in errore, ossia di un tetto a due falde in luogo di tre e di un primo piano con chiusura dello stesso sul lato del confine D M.

E. Secondo la ricorrente il nuovo progetto – finalizzato al rilascio di un permesso in sanatoria e denominato di parziale ottemperanza all'ordinanza di demolizione – non ha eliminato i profili di illegittimità e di grave violazione delle norme urbanistiche. L’immobile dei controinteressati insiste in zona omogenea A ed è classificato dal vigente PGT tra gli “edifici di antica fondazione-centro storico/zona A)” : gli interventi edilizi in tale area sarebbero normati dall'art. 19 del Piano delle Regole (doc. 10), in virtù del quale non sono consentiti interventi in ampliamento sui fabbricati. Ciononostante, l’attività edilizia contemplerebbe tuttora un aumento di volumetria non consentito atteso che, seppur classificato come già “esistente” dal progettista anche nella domanda di permesso di costruire in sanatoria, non può essere considerato tale. In ogni caso, le opere risulterebbero illegittime anche in quanto eseguite in violazione delle disposizioni urbanistiche, sia statali che comunali, sulle distanze tra edifici, e sulle distanze tra edifici e confini (oltre che violare i diritti della proprietà ricorrente sotto molteplici profili di carattere civilistico).

F. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato a mezzo PAT, la ricorrente impugna il provvedimento repressivo in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto:

I) Violazione delle distanze tra fabbricati ex art. 9 n. 1 del DM 1444/68, dato che l’intervento ha provocato l'eliminazione della distanza tra l'immobile Colombo e la proprietà D M che misurava sul lato ovest 1,44 metri (secondo la quotatura di controparte nel progetto DIA-2013). In particolare:

• l'art. 9 n. 1 prevede testualmente per gli immobili in zona A che “per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale” ;

• l’operazione è consistita nella costruzione di nuove pareti verticali a chiusura del primo piano dell'immobile Colombo Oggionni, avvicinando ed addossando la parete lato ovest al muro che separa i due fondi (cfr. esposto 11/6/2014, doc.

7-a ed esposto dicembre 2014, doc. 8);

• tale caratteristica non è stata affatto emendata ed è stata riproposta nel nuovo progetto in sanatoria;

• la sentenza del T.A.R. già citata afferma a pag. 9 che l'immobile Colombo/Oggionni (su due piani) era almeno in parte staccato dal muro di confine e lo spazio libero verso la proprietà D M era coperto dallo sporto di gronda;

• l'intervento in questione non può essere qualificato quale ristrutturazione edilizia, ma quale vera e propria nuova costruzione non ammessa in Zona A dal DM evocato;

• il progetto “bis” ha lasciato invariate le consistenze illegittimamente edificate (in forza delle false rappresentazioni/attestazioni del progettista) sulle quali il T.A.R. si è espresso chiaramente (cfr. pag. 11 della sentenza), qualificando la chiusura verticale non come elemento di collegamento della struttura, ma quale elemento di formazione di un organismo edilizio del tutto diverso e quindi non riconoscibile quale elemento compositivo dell'edificio originario;

• a prescindere dalla qualificazione, l’edificio viola comunque le distanze ex art. 9 n. 1 del DM;

• per quanto attiene al muro di confine, la proprietà Colombo-Oggionni ha altresì violato sotto il profilo civilistico il disposto di cui agli artt. 875 e 877 c.c..

II) Violazione dell’art. 22 del Piano delle regole del PGT sulle distanze – che impone il distacco minimo di 5 metri degli edifici dai confini e di 10 metri tra edifici – e dell’art. 19 comma 3 che prescrive per la demo-ricostruzione e la sostituzione il rispetto della volumetria esistente (e nel secondo caso anche della superficie coperta, doc. 10).

III) Eccesso di potere per contraddittorietà con la precedente ordinanza repressiva n. 7/2015 (coerente con le statuizioni della pronuncia giurisdizionale), travisamento, inosservanza dell’art. 51 del Piano delle regole, per plurime violazioni urbanistiche. In particolare:

- la relazione dall’Ing. Agazzi (già autore del progetto 2013) allegata all’istanza di titolo in sanatoria travisa la realtà relativa ai lati ovest e sud dell’immobile dei controinteressati, difettando nella tavola 21 la rappresentazione dello stato di consistenza originario del piano terra e del piano primo (sono inserite le tavole infedeli del 2013);

- l’illustrazione genuina non avrebbe consentito la sanatoria della nuova costruzione, per l’inconsistenza ai fini volumetrici dell’invocato “ripostiglio” ;

- si ribadisce che al piano terra dell'immobile oggetto di intervento (lato sud prospiciente la corte interna) i due immobili non erano in aderenza, né il fabbricato dei sigg. Colombo Oggionni era appoggiato al muro di confine, ma vi era uno spazio vuoto (di 1,44 mt secondo le stesse quote delle tavole DIA);

- il “ripostiglio” era una sorta di deposito attrezzi ivi ricavato, occupato soltanto parzialmente senza alcun titolo concessorio, non abitabile, con copertura in lamiera e che non si estendeva per tutta la profondità e per tutto il lato dell'immobile;

- diversamente dalla rappresentazione nella DIA maggio 2013, detta baracca non era esistente al primo piano, ed era (ed è) indebito il tentativo di recupero della porzione inglobandola nell'edificio principale, con un inammissibile ampliamento al piano terra e una sopraelevazione al primo piano (con un illegittimo aumento di volumetria e violazione delle disposizioni in materia di distanze);

- non sussiste affatto il requisito della doppia conformità di cui all'art. 36 TU edilizia;

- è violato l’art. 51 del Piano delle regole su “manufatti minori pertinenziali, baracche e tettoie” , dato che la baracca non è stata demolita ma risulta illegittimamente rimpiazzata da un aumento di volume dell'immobile con espansione dell'edificio fino al confine D M.

IV) Violazione dell’art. 7 della L. 241/90 per omessa comunicazione di avvio del procedimento, che ha precluso all’esponente di fornire il proprio utile contributo alla corretta ricostruzione fattuale e giuridica.

G. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Fara Gera D’Adda e i controinteressati, chiedendo il rigetto del gravame.

G.1 Nella ricostruzione in fatto, l’Ente locale sottolinea che il ripristino della copertura a tre falde (in ottemperanza all’ordinanza demolitoria del 2015) ha riportato il vano coperto alla situazione originaria, rimediando alle violazioni afferenti alla soprelevazione e all’incremento volumetrico operato con la falsa rappresentazione del tetto nella DIA. Inoltre, dalle risultanze della CTU rassegnata il 12/4/2016 nel procedimento di ATP, lo spazio è risultato in origine (ossia ante DIA 2013):

a) coperto dalla falda del tetto che si spingeva in tutta la sua estensione sino al confine con la proprietà D M;

b) chiuso sino all’intradosso del tetto in lato est e nord;

c) parzialmente chiuso ad ovest e delimitato da un muro in comproprietà che fungeva da struttura portante, su cui si innestavano la soletta di interpiano Colombo e le strutture orizzontali portanti dell’immobile D M.

G.2 In diritto, sottolinea che la presenza di una soletta di interpiano innestata su muri portanti di proprietà e l’esistenza di elementi verticali di chiusura ad est e nord e di un lato ad ovest nella quasi totalità (ovvero da pavimento sino ad una altezza di circa mt 2,20 nel punto massimo) individuano e delimitano una superficie costituente SRC (Superficie Residenziale Complessiva) da considerare a fini di recupero abitativo e volumetrico (in conformità all’art. 22 comma 14 del Piano delle regole). In definitiva, l'area denominata “ripostiglio” , sarebbe passibile di inclusione nella SRC esistente in quanto struttura edilizia preesistente chiusa su “quasi” tre lati e facente parte della struttura dell'immobile (il risanamento di un volume già esistente non configurerebbe una nuova costruzione). Sulle distanze, il ripristino della falda del tetto – assentito con il permesso gravato – riporterebbe l’involucro alla situazione originaria, tenuto conto del punto di massima sporgenza del fabbricato ante 2013 sino al confine.

G.3 Anche i controinteressati mettono in evidenza gli approfondimenti tecnici compiuti successivamente alla sentenza di primo grado, i quali avrebbero attestato la pregressa esistenza di un loggiato coperto.

H. Con ordinanza n. 277, adottata nella Camera di consiglio dell’8/6/2017, è stata rigettata la domanda cautelare, e il Consiglio di Stato – investito dell’appello – lo ha rigettato con provvedimento interinale della sez. VI – 9/10/2017 n. 4355.

I. Nella memoria conclusionale dell’11/6/2022 parte ricorrente insiste nell’affermare che la cd. baracca è priva di qualsivoglia carattere/elemento abitativo e non fa parte del corpo di fabbrica/edificio preesistente essendo soltanto “agganciata” a quest’ultimo e “infilata” nell’intercapedine tra i due compendi immobiliari: non può pertanto essere qualificata quale “costruzione” avente rilievo e consistenza volumetrica ai fini edilizi ed urbanistici.

L. All’udienza straordinaria del 25/11/2022 il gravame introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con l’introdotto ricorso, l’esponente deduce l’illegittimità del titolo abilitativo in sanatoria 16/12/2016.

IL RITO

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi