TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2015-05-12, n. 201506866
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N. 06866/2015 REG.PROV.COLL.
N. 10672/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10672 del 2013, proposto da:
Vincenzo Macri', rappresentato e difeso dagli avv. M M, A L, con domicilio eletto presso Studio Legale Gianni,Origoni,Grippo&Partners in Roma, Via delle Quattro Fontane n.20;
contro
il Consiglio Superiore della Magistratura, il Ministero della Giustizia, rappresentati e difesi, ope legis, dall'Avvocatura Generale dello Stato, ivi domiciliati, in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
F R, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Cardarelli, Giovanni Zampetti, con domicilio eletto presso Studio Legale Lattanzi - Cardarelli in Roma, Via G. P. da Palestrina, n. 47;
per l'annullamento
- del D.P.R. 3 agosto 2008, n. 2013 di nomina del dott. F R a Procuratore nazionale antimafia, pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero della Giustizia del 30.9.2013, n. 18;
- della deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura del 25 luglio 2013 e del sotteso verbale;
- della deliberazione della Commissione consiliare istruttoria V del 23 e 24 luglio 2013;
- per quanto possa occorrere, delle deliberazioni della Commissione anzidetta del 20.6.2013, e del 1, 2, 4, 8, 9, 11 e 15 luglio 2013 nella parte in cui hanno omesso qualsiasi valutazione comparativa del profilo del ricorrente;
- della nota del 24.7.2010 prot. n. 37/7/1153 del Ministro della Giustizia;
- della deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura del 9.10.2013 di rettifica della deliberazione dispositiva della nomina del Procuratore nazionale antimafia.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura, del Ministero della Giustizia e del dott. F R;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2015 il dott. Fabio Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il dott. Vincenzo MACRI, ha adito questo Tribunale per l’annullamento:
a) del D.P.R. in data 3-13 agosto 2013, che ha disposto la nomina del dott. F R a Procuratore Nazionale Antimafia, della sottesa deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura (di seguito CSM) del 25 luglio 2013 che ha approvato la proposta di nomina del dott. R a Procuratore Nazionale Antimafia;della deliberazione della Commissione V del Consiglio Superiore della Magistratura del 23 e 24 luglio 2013 con le quali sono state approvate le proposte di nomina dei dott. D F, R, L F, A, delle deliberazioni della Commissione anzidetta del 20 giugno 2013 e del 1, 2, 4, 8, 9, 11 e 15 luglio nella parte in cui hanno omesso qualsiasi valutazione comparativa del ricorrente, nonché degli ulteriori atti, in epigrafe indicati.
Espone che con deliberazione in data 22 febbraio 2013 il Consiglio Superiore della Magistratura ha indetto una procedura selettiva per il conferimento dell’incarico di Procuratore nazionale antimafia a seguito delle dimissioni presentate dal dott. P G.
Riferisce che detta procedura di nomina è disciplinata dalle disposizioni contenute nell’art. 103 del decreto legislativo n. 159/2011, secondo cui, (comma 2), “alla Direzione è preposto un magistrato che abbia conseguito la quinta valutazione di professionalità, scelto tra coloro che hanno svolto anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni, funzioni di pubblico ministero o di giudice istruttore, sulla base di specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. L’anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali…”.
Ai sensi del seguente comma 3 del succitato art. 103 “Alla nomina del procuratore nazionale antimafia si provvede con la procedura prevista dall’art. 11, comma 3 della legge 24 marzo 1958, n. 195” relativa all’affidamento di incarichi direttivi, ovvero “su proposta, formulata di concerto con il Ministro della Giustizia, di una commissione formata da sei dei suoi componenti di cui quattro eletti dai magistrati e due eletti dal Parlamento”.
Espone di aver presentato istanza di partecipazione alla predetta procedura selettiva e di aver all’uopo specificamente indicato il proprio percorso professionale, all’uopo specificando di essere stato nominato magistrato con D.M. del 5 giugno 1970, di aver svolto funzioni pretorili dal 5 ottobre 1972 al 25 giugno 1975, di essere stato giudice presso il Tribunale di Reggio Calabria dal 15 settembre 1979, nonché sostituto procuratore generale presso la Corte l’Appello di Reggio Calabria dal 9 dicembre 1991, sostituto procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia ( di seguito DNA) dal 19 gennaio 1993 all’11 agosto 2010 con incarico di Procuratore aggiunto dal 16 luglio 2009, e di ricoprire, allo stato, l’incarico di procuratore generale presso la Corte d’Appello di Ancona, conferitogli con deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura del 21 luglio 2010.
Afferma, altresì, di aver corredato la sua istanza di partecipazione di qualsiasi elemento utile a svolgere il rituale iter di valutazione, anche in termini comparativi, e che la Commissione consiliare, in data 20 giugno 2012, nella prospettiva di una rapida definizione procedimentale nella seduta del Plenum del 24 luglio ha stabilito di procedere all’audizione, conclusasi in data 8 luglio 2013, di una rosa di dieci candidati.
Precisa di aver notato, nel corso della sua audizione, un sostanziale disfavore della Commissione nei suoi confronti ed una significativa superficialità istruttoria comprovata anche da una esigua durata temporale dell’audizione, motivata dalla esigenza di definire celermente il procedimento di nomina.
Riferisce che nella seduta dell’11 luglio 2013 la Commissione consiliare istruttoria non ha svolto alcuna attività valutativa di comparazione tra il suo profilo curriculare e quello degli altri candidati e che, nella seduta del 15 luglio 2013, ha deliberato di sottoporre al Plenum del C.S.M. la nomina di quattro candidati, il dott. F R, il dott. Roberto A, il dott. Luigi D F ed il dott. G L F, sancendo di fatto la sua esclusione da una favorevole valutazione ai fini di tale nomina.
Espone che nella successiva seduta del 23 luglio la Commissione medesima ha stabilito di formulare una proposta di nomina per ciascuno dei sopra nominati candidati da sottoporre alle determinazioni conclusive del Plenum, non inclusiva nel suo nominativo e della relativa valutazione.
Riferisce che con deliberazione Plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura del 25 luglio 2013 è stata approvata la nomina del dott. R a Procuratore Nazionale Antimafia, di aver tempestivamente rappresentato all’Organo di autogoverno i gravi errori documentali commessi in sede di valutazione del suo curriculum professionale, concernenti, in particolare, l’inizio della sua attività presso la Direzione Nazionale Antimafia a far data dal 16 gennaio 1993 e non come erroneamente ritenuto dal 16 gennaio 2003.
Espone, infine, che nella seduta del Plenum del 9 ottobre 2013 si è provveduto alla mera formale correzione di tale dato, senza alcuna ulteriore specifica motivazione sul punto e, segnatamente, sul possesso di una considerevole attività di servizio prestata presso la DNA.
Segnala, infine, le ulteriori inesattezze eseguite in sede della sua valutazione comparativa con il dott. R, concernenti l’esperienza investigativa con omissione della sua attività prestata presso il Tribunale di Reggio Calabria, quale procuratore aggiunto presso la Direzione Nazionale Antimafia.
Avverso i provvedimenti, in epigrafe indicati, il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
a) Violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 97 della Costituzione;eccesso di potere sotto differenti profili.
Lamenta, a tale proposito, l’illegittimità delle deliberazioni del 23 e 24 luglio 2013, della deliberazione del Plenum e del susseguente decreto presidenziale di nomina nella parte in cui è stata omessa la valutazione del profilo professionale del ricorrente e la sua preclusione all’esame del Plenum, nonostante la consistente e considerevole attività di servizio svolta presso la Direzione Nazionale Antmafia (D.N.A.).
Lamenta, altresì, l’omessa valutazione della notevole esperienza maturata presso la DNA e la mancanza di specifiche motivazioni in ordine a tale profilo.
b) Violazione dell’art. 3 e dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 103 del decreto legislativo n. 159/2011, nonché dell’art. 10 del decreto legislativo n. 160 del 2006.
Violazione dell’art. 97 della Costituzione;eccesso di potere sotto differenti profili.
Si duole dei provvedimenti gravati, nella parte in cui motivano la prevalenza dei dott.ri R, L F, D F ed A senza alcuna specifica indicazione del servizio dal ricorrente medesimo svolto presso la Direzione Nazionale Antimafia, in misura maggiore a qualsiasi altro candidato, con conseguente carenza istruttoria, anche per mancata valutazione della sua nomina a Procuratore aggiunto conseguita nel giugno 2009.
In particolare, la decorrenza dell’attività di servizio erroneamente considerata dal 16 gennaio 2003 e non dal 16 gennaio 1993, sarebbe stata trasfusa nei giudizi comparativi tra il ricorrente ed quattro candidati ammessi alla valutazione del Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, e che l’Organo di autogovern mio o si sarebbe successivamente limitato a rettificare tale decorrenza senza motivare l’incidenza dello stesso rispetto ai giudizi comparativi in precedenza formulati con gli altri candidati.
c) Violazione dell’art. 3 della legge n. 2421del 1990, dell’art. 103 del decreto legislativo n. 159/2011 e dell’art. 10 del decreto legislativo n. 160/2006;violazione e falsa applicazione dei criteri per il conferimento di incarichi direttivi;eccesso di potere sotto differenti profili.
Deduce che il giudizio di prevalenza attribuito al dott. De R, nonché agli altri concorrenti fondato sulla asserita superiore “esperienza investigativa” per la titolarità degli uffici di Procuratore della Repubblica avrebbe pretermesso la funzione di Procuratore generale di Corte d’Appello svolta dal ricorrente medesimo.
Sotto altro profilo, evidenzia l’erronea interpretazione della disposizione di cui all’art. 103, posto che non sarebbe stata adeguatamente e specificamente motivata la prevalenza del nominato riguardo al possesso delle cd. “specifiche attitudini” delle “competenze organizzative” e “esperienza nella trattazione dei procedimenti relativi alla criminalità organizzata”, ossia in ragione dei criteri di riferimento riguardo alla valutazione ed alla graduazione dei curricula ai fini del conferimento della posizione da ricoprire.
Deduce, infine, l’applicazione da parte del CSM di un criterio frutto di autonoma elaborazione mediante una illegittima fusione tra i requisiti di ammissione ed i criteri di valutazione previsti ai sensi dell’art. 103, comma 2 del decreto legislativo n. 159/2011.
d) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della legge n. 241 del 1990 e 103 del decreto legislativo n. 159/2011 e 10 del decreto legislativo n. 160/2006, nonché dei criteri per il conferimento di incarichi direttivi di cui alla circolare del 3 agosto 2010;eccesso di potere in tutte le sue sintomatiche figure.
Si duole della mancata applicazione e considerazione del criterio, ex art. 103, comma 2, delle specifiche attitudini con particolare riguardo alla funzione di Procuratore generale di Corte d’appello e di Procuratore aggiunto presso la DNA.
e) Violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990, 103 del decreto legislativo n. 159/2011 e 10 del decreto legislativo n. 160/2006, nonché della circolare del 3 agosto 2010, eccesso di potere, attesa la assoluta e preminente valenza dell’attività professionale prestata e delle esperienze acquisite nel corso della sua carriera, in misura maggiore rispetto al profilo curriculare posseduto dal dott. R.
Si sono costituiti in giudizio il Consiglio Superiore della Magistratura, il Ministero della Giustizia ed il dott. F R che chiedono il rigetto del ricorso per infondatezza delle esposte doglianze.
DIRITTO
Il dott. Vincenzo MACRI’ ha adito questo Tribunale per l’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica in data 3 agosto 2013, dispositivo della nomina a Procuratore nazionale antimafia del dott. F R, nonché della sottesa deliberazione del CSM con cui è stata deliberata tale nomina, nonché degli ulteriori provvedimenti, in epigrafe indicati.
Con il primo motivo di ricorso il dott. M deduce l’illegittimità delle deliberazioni della commissione consiliare istruttoria in data 23 e 24 luglio, della deliberazione del Plenum del 25 luglio 2013 e del succitato D.P.R. di nomina, lamentando la mancata valutazione del suo profilo curriculare ed in particolare della considerevole attività di servizio svolta presso la Direzione Nazionale Antimafia (di seguito DNA), superiore a quella degli altri candidati la cui nomina è stata proposta al Plenum.
La censura è infondata e pertanto va respinta.
Il dott. M lamenta la mancata valutazione del suo profilo professionale, non riscontrabile, a suo dire, dai verbali della commissione consiliare istruttoria nel 23 del 24 luglio 2013, con i quali si è deciso di sottoporre all’esame del CSM le proposte di nomina a Procuratore nazionale antimafia limitatamente dei candidati dott.ri F R, Roberto A, Luigi D F e G L F.
Lamenta, altresì, la mancata valutazione della considerevole esperienza maturata presso la DNA, maggiore rispetto a quella maturata dagli altri candidati.
Osserva, a tale proposito, il Collegio che i succitati verbali del 23 e 24 luglio 2013 hanno formalizzato la proposta di nomina dei magistrati anzidetti all’esito di una complessa attività istruttoria che ha previsto l’acquisizione di tutti gli elementi conoscitivi professionali strumentali alla predetta nomina, anche mediante audizione di una rosa iniziale di candidati, tra cui l’odierno ricorrente, più amplia rispetto ai candidati, sopra nominati, proposti al Plenum del CSM per la nomina innanzi indicata.
Lo svolgimento di tale attività, finalizzata ad un esame maggiormente approfondito del profilo professionale di ciascun candidato, emerge dai verbali della commissione consiliare istruttoria in data 20 giugno 2013 e risulta essere stato posto in essere anche nei riguardi dell’odierno ricorrente in data 8 luglio 2013 alle ore 12,30, secondo quanto specificamente previsto dal verbale 1 luglio 2013, n. 1420.
Orbene, proprio come riferimento alla sua audizione il ricorrente risulta aver rappresentato alla commissione consiliare anzidetta l’attività di servizio svolta presso la Procura Nazionale Antimafia “per 18 anni circa, cioè dalla sua costituzione nel gennaio del 1993 sino al 2010, quindi 18 anni pieni…..”, con dettagliata descrizione del servizio prestato presso tale ufficio nei settori ed ambiti di intervento in contrasto alle attività criminali organizzata di stampo mafioso.
Tale dato afferente alla specifica attività di servizio prestata presso la Procura nazionale, unitamente al complessivo percorso professionale svolto dal ricorrente a far data dal suo ingresso in magistratura, risultano essere stati acquisiti e ponderati dall’Organo di autogoverno anche nelle successive sedute istruttorie nelle quali si è svolta la comparazione tra i candidati ritenuti maggiormente idonei alla nomina ed i restanti partecipanti alla selezione, tra cui il dott. M.
Appare, pertanto, evidente l’insussistenza di qualsivoglia carenza istruttoria relativa alla specifica attività professionale svolta dalla ricorrente medesimo, anche alla luce delle contributo analitico fornito dallo stesso e attentamente valutato dalla commissione consiliare nel prosieguo della complessa attività istruttoria finalizzata all’individuazione del candidato maggiormente idoneo a ricoprire la carica di procuratore nazionale antimafia.
Difatti, la asserita carenza di qualsivoglia valutazione in merito alla professionalità posseduta dal dott. M risulta smentita, per tabulas, dalle esame delle proposte di nomina di candidati ritenuti maggiormente idonei rispetto ai componenti della rosa iniziale assoggettata ad audizione, in considerazione della valutazione comparativa che ha visto coinvolto anche il ricorrente in ordine ai parametri e criteri di valutazione espressamente individuati dall’art. 103, comma 2 del decreto legislativo n. 159/2011.
La posizione curriculare del ricorrente nella valutazione complessiva e comparativa risulta recessiva sia riguardo allo svolgimento di attività investigativa in uffici di primo grado nonché inferiore quanto al servizio prestato presso la DNA in relazione agli incarichi meno numerosi e al raggiungimento di risultati meno qualificati nel coordinamento investigativo sia con gli altri uffici sia a livello internazionale, oltre che carente in relazione ad attività di servizio presso Procure della Repubblica.
Parimenti, deve considerarsi infondato il secondo motivo di ricorso.
Il dott. M deduce la mancata valutazione del maggior periodo svolto presso la DNA rispetto a quello degli altri candidati, nonché l’erronea determinazione della decorrenza erroneamente considerata dalla commissione consiliare dal 16 gennaio 2003 invece che dal 16 gennaio 1993.
Giova osservare che la commissione istruttoria ha proceduto, secondo quanto appena evidenziato, a valutare il servizio prestato dal ricorrente presso la DNA, anche in prospettiva attitudinale e comparativa rispetto agli altri candidati.
Tale processo valutativo ha evidenziato una professionalità recessiva rispetto al servizio prestato da altri candidati presso la DNA sulla base dei minori incarichi ricoperti, nonché dei risultati qualitativamente meno qualificanti sul piano investigativo.
Per quel che concerne la decorrenza di cui il dott. Macri lamenta l’erronea determinazione da parte del Plenum, il Collegio ritiene tale circostanza frutto evidente di un errore materiale di trascrizione rispetto ad altro dato, ossia alla corretta decorrenza a far data dal 16 gennaio 1993, peraltro non sconosciuta alla commissione istruttoria in ragione delle risultanze dell’audizione da cui emerge la corretta decorrenza di servizio presso la DNA.
Ai fini evidenziati dal dott. M, è utile, in ogni caso rilevare, come per il conferimento di posizioni funzionali direttive e di coordinamento di rilievo, quale quella in esame, l’attività comparativa tra i candidati ed il giudizio di prevalenza che ne scaturisce non deve necessariamente configurare un confronto analitico e specifico per ciascuno dei criteri o elementi di giudizio presi in considerazione, risultando, invece determinante procedere ad una valutazione complessiva e, dunque, alla redazione di un giudizio unitario frutto di una valutazione integrata nella quale non può assurgere a vizio di legittimità la circostanza che il magistrato ritenuto prevalente fosse invece sub valente in relazione ad un singolo titolo o parametro (C.Stato, Sez, IV, n. 4206/2014).
Con il terzo motivo di ricorso il dott. M deduce differenti profili di illegittimità inerenti al giudizio di prevalenza formulato nei riguardi del dotto R e fondato su una ritenuta superiore “esperienza investigativa”, a suo dire insussistente.
Il Collegio, prima di procedere all’esame dei dedotti motivi di doglianza ritiene utile procedere ad una breve ricognizione del quadro normativo di riferimento per la nomina a Procuratore nazionale antimafia.
Ebbene, il relativo iter procedimentale risulta, allo stato, disciplinato dalle disposizioni contenute nel decreto legislativo 159 del 2011 e, segnatamente, dall’articolo 103, commi 2 e 3 secondo cui “ Alla Direzione e' preposto un magistrato che abbia conseguito la quinta valutazione di professionalita', scelto tra coloro che hanno svolto anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni, funzioni di pubblico ministero o giudice istruttore, sulla base di specifiche attitudini, capacita' organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalita' organizzata.
L'anzianita' nel ruolo puo' essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali.
Alla nomina del Procuratore nazionale antimafia si provvede con la procedura prevista dall’articolo 11, comma terzo della legge 24 marzo 1958, n. 195…….”.
La riferita disposizione normativa espressamente individua requisiti ad hoc di legittimazione alla partecipazione alla procedura, ossia il possesso almeno della quinta valutazione di professionalità e lo svolgimento, per un periodo non inferiore a dieci anni, delle funzioni di pubblico ministero o di giudice istruttore.
Indica, altresì, i criteri, ovvero i parametri, in base ai quali procedere a valutazione dell’attività professionale dei candidati rinvenibili nelle specifiche attitudini, nelle capacità organizzative, nelle esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata, con prevalenza in caso di equivalenza di giudizio del criterio residuale dell’anzianità di ruolo.
Ciò premesso, emerge per tabulas che sia la commissione istruttoria consiliare che il Plenum hanno proceduto alla valutazione dei candidati in base ai consueti criteri del merito e dell’attitudine, con precipua attenzione ai parametri, appena riferiti, prescritti dal comma 2 dell’art. 103, ritenuti, nel caso di specie, prioritari ai fini del conferimento della carica in questione.
L’iter valutativo ha previsto, dunque, una attenta disamina di curricula posti a corredo delle candidature ravvisando, in particolare, peculiare e prevalente apprezzamento per il percorso professionale maturato dal dott. R.
Tale apprezzamento risulta, anche in una prospettiva comparativa, nono solo applicativo dei requisiti professionali descritti dalla disciplina normativa di riferimento, ossia il possesso di quinta valutazione professionalità….esperienza almeno decennale negli specifici ruoli di pubblico ministero o giudice istruttore, bensì nella concreta valutazione dell’attività giurisdizionale sulla base di uno specifico indicatore individuato dal predetto art. 103 nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata, oltre che sulla base di “specifiche attitudini e capacità organizzative…”.
L’individuazione prima e la valutazione poi della esperienza acquisita nei ruoli di pubblico ministero o di giudice istruttore non potevano che essere eseguite, come verificatosi nel caso in esame, sulla base della stretta correlazione tra l’attività giurisdizionale medesima ed i criteri o parametri individuati dalla disciplina di rango primario, ai fini della valutazione del quadro attitudinale configurandosi, in modo decisivo, la connessione dell’attività giurisdizionale con la trattazione di procedimenti riguardanti la criminalità organizzata, quale dato particolarmente significativo e rilevante in relazione alle funzioni correlate alla carica di procuratore nazionale antimafia.
Ne consegue, pertanto, che la scelta operata dal CSM di attribuire preminente rilievo allo svolgimento di funzioni sia requirenti che inquirenti di primo grado, nel senso di garantire il possesso di una conoscenza diretta della realtà criminale di stampo mafioso, deve ritenersi aderente applicazione dei requisiti e dei criteri descritti dall’art. 103, comma 2 del decreto legislativo n. 159/2011, nella prospettiva dello svolgimento delle funzioni proprie della carica di Procuratore nazionale antimafia.
Quanto alla indebita commistione tra il requisito di legittimazione ed i criteri definiti dall’art. 103, comma 2 del decreto legislativo n. 159/2011, occorre rilevare che la stessa norma espressamente individua i requisiti ad hoc di legittimazione alla partecipazione alla procedura, ossia il possesso almeno della quinta valutazione di professionalità e lo svolgimento, per un periodo non inferiore a dieci anni, delle funzioni di pubblico ministero o di giudice istruttore, nonchè i criteri, ovvero i parametri, in base ai quali procedere a valutazione dell’attività professionale dei candidati rinvenibili nelle specifiche attitudini, nelle capacità organizzative, nelle esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata, con prevalenza in caso di equivalenza di giudizio del criterio residuale dell’anzianità di ruolo.
Il Collegio rileva come, in coerenza con il dato normativo di riferimento, il CSM abbia proceduto alla valutazione dei curricula dei candidati, rilevando, in coerenza con il dato normativo, in favore dell’odierno contro interessato, da un lato, la sussistenza dei requisiti prescritti dalla norma, quali il possesso della valutazione professionale e lo svolgimento dell’esperienza almeno decennale nei ruoli di pubblico ministero o di giudice istruttore, dall’altro, correlando quest’ultima alla trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata.
Così facendo, l’Organo di autogoverno avrebbe legittimamente proceduto ad accertare la sussistenza dell’indicatore individuato dallo stesso legislatore delegato, ossia l’esperienza decennale valutandola, ai fini attitudinali, se afferente alla trattazione di procedimenti riguardanti la criminalità organizzata, tenuto conto delle specifiche funzioni attribuite al Procuratore nazionale antimafia ai sensi dell’art. 103 del decreto legislativo n. 159/2011 ed assegnando precipua valenza all’esercizio di funzioni giurisdizionali, definite dalla norma primaria, specie se esercitate, in funzioni di primo grado caratterizzate da maggiore immediatezza, in contesti territoriali caratterizzati dalla presenza diffusa del fenomeno criminale di stampo mafioso.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce lamenta l’omessa valutazione dell’incarico da lui ricoperto di Procuratore generale di Corte d’appello e di Procuratore aggiunto presso la DNA.
La censura non è suscettibile di accoglimento.
Il Collegio, in proposito, ritiene di dover rinviare agli adempimenti istruttori eseguiti dalla commissione consiliare istruttoria e recepiti dal Plenum in ordine alla professionalità ed all’iter curriculare svolto dal dott. M, soprattutto nella fase comparativa con i quattro magistrati oggetto di proposta definitiva da parte della commissione medesima al Plenum, da cui emerge, ictu oculi un profilo professionale recessivo rispetto a quello vantato dai magistrati anzidetti, anche tenuto conto dell’attività requirente di secondo grado e del servizio prestato, anche in relazione a specifici profili qualitativi, nella DNA.
Ed invero, nella proposta cd. “A”, elaborata in favore del dott. R, relativamente all’odierno ricorrente emerge che “il dr. M è in possesso di concreta esperienza investigativa in primo grado (considerando al riguardo gli anni di servizio prestati presso l’ufficio istruzione di Reggio Calabria), decisamente inferiore, per essere transitato sin dal 1991 negli uffici requirenti di secondo grado, e non avendo mai prestato servizio in una procura della Repubblica;ben vero che è in possesso di un congruo periodo di servizio presso la DNA (peraltro di durata inferiore a quello del dott. R), considerato che ormai da alcuni anni presta servizio, con funzioni apicali di secondo grado, in una realtà dove le problematiche di mafia non sono dominanti”.
Anche dalla proposta di nomina cd. “B”, ossia quella elaborata in favore del dott. A emerge un deteriore profilo comparativo del ricorrente, allorquando la commissione consiliare evidenzia come “il dott. M, rispetto al candidato prescelto soddisfa in misura inferiore il requisito nello svolgimento dell’attività investigativa in uffici di primo grado in quanto, se si esclude il periodo presso l’ufficio istruzione di Reggio Calabria, nel 1991 egli transitava in un ufficio requirente di secondo grado e, dal 2010, dirige la Procura generale di Ancona. Non ha, dunque, mai prestato servizio in una procura della Repubblica. ……. . Se il dott. M può vantare un’esperienza presso la DNA per un periodo pressoché equivalente a quello ivi trascorso dal dott. A, va sottolineato che il primo, a differenza del secondo, ha avuto modo di misurarsi con incarichi meno numerosi, raggiungendo risultati meno qualificati nel coordinamento investigativo sia con altri uffici sia a livello internazionale”.
Identico tenore assumono le osservazioni comparative rese nei confronti del ricorrente rispetto ad altro candidato oggetto di proposta esaminata dal plenum, il dott. L F, allorquando è stata rilevata nei confronti del dott. M “una concreta esperienza investigativa in primo grado …..decisamente inferiore , per essere transitato sin dal 1991 negli uffici requirenti di secondo grado, non avendo mai prestato servizio in una procura della Repubblica;è ben vero che in possesso di un congruo periodo di servizio presso la DNA, ma alcune considerato che da qualche anno presta servizio, con funzioni apicali di secondo grado, in realtà dove le problematiche di mafia non sono dominanti.
È evidente, pertanto, che il predetto non assicura quella competenza che il candidato proposto ha acquisito con la trattazione in primo grado di procedimenti di criminalità organizzata in uffici di particolare rilievo come la Procura di Palermo….”.
Infine, il profilo professionale del ricorrente si evidenzia recessivo rispetto a quello dell’ultimo candidato ammesso alle valutazioni del Plenum (dott. Luigi D F) il quale “ prevale rispetto al dott. M per la minore pregnanza e, rispetto all’incarico in esame, riveste l’esperienza requirente acquisita da quest’ultimo, dopo il periodo di servizio presso l’ufficio istruzione di Reggio Calabria, negli uffici requirenti di secondo grado e nelle funzioni direttive che attualmente svolge in un distretto non caratterizzato da una forte presenza di criminalità organizzata;rispetto a tale circostanza, il periodo di servizio prestato presso la DNA, inferiore a quello del dott. D F, non assicura quella competenza che il candidato proposto ha acquisito con la trattazione anche in primo grado nei procedimenti di criminalità organizzata in uffici di particolare rilievo come la Procura di Roma…”.
Con il quinto motivo di ricorso il dott. M riafferma il possesso dei requisiti e dei criteri o parametri di valutazione ex art. 103, comma 2, del decreto legislativo n. 159/2011, in misura nettamente superiore a quella del candidato nominato, ossia del dott. R.
Le censura è prova di pregio.
Giova premettere che l’apprezzamento prevalente eseguito nei riguardi del dott. R risulta, anche nella suesposta prospettiva comparativa, non solo applicativo dei requisiti professionali descritti dalla disciplina normativa di riferimento, ossia il possesso di quinta valutazione professionalità….esperienza almeno decennale negli specifici ruoli di pubblico ministero o giudice istruttore, bensì nella concreta valutazione dell’attività giurisdizionale sulla base di uno specifico indicatore individuato dal predetto art. 103 nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata, oltre che sulla base di “specifiche attitudini e capacità organizzative…”.
Il Collegio non può, dunque che affermare l’infondatezza della doglianza, in quanto volta a censurare l’attività di valutazione posta in essere dalla commissione consiliare e dal CSM in termini comparativi, in particolare quella concernente i percorsi professionali e curriculari del ricorrente e del dott. R.
A tale proposito, occorre riaffermare che, in materia di conferimento di posizioni funzionali all’esito di procedure selettive, il sindacato del giudice amministrativo non può impingere il merito delle scelte adottate dall’amministrazione pubblica espressione di valutazioni e scelte discrezionali rispetto alle quali, per constante insegnamento giurisprudenziale, deve ritenersi precluso il sindacato giurisdizionale di legittimità.
Difatti, la sindacabilità giurisdizionale può coinvolgere, in subiecta materia, le valutazioni di merito ed il susseguente giudizio comparativo riguardante le attitudini professionali dei candidati alla selezione, solamente nelle casi in cui l’attività di valutazione risulti affetta da manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, nel caso di specie non ravvisabili alla stregua delle motivazioni sottese al verbale del 24 luglio 2013 ed al susseguente decreto di nomina del dott. R a Procuratore nazionale antimafia.
Pertanto, per le considerazioni dinanzi esposte il ricorso deve essere respinto.
Le spese e gli onorari di giudizio possono essere integralmente compensati, fra le parti in causa.