TAR Bari, sez. III, sentenza 2022-04-19, n. 202200514
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Testo completo
Pubblicato il 19/04/2022
N. 00514/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00573/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 573 del 2014, proposto da
-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati E R C e S P F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. N M in Bari, alla via Andrea Da Bari, n. 35;
contro
Comune di Manfredonia, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- della determina n. 17/2014, recante " ingiunzione alla demolizione di opere eseguite in assenza di titolo abilitativo, art.33 DPR 380/01 ", a firma del Dirigente del VII Settore " Urbanistica ed Edilizia- Servizio Abusivismo" del Comune di Manfredonia, resa in data 05.02.2014 e notificata il successivo 10.02.2014;
- dell'ordinanza dirigenziale di sospensione lavori n.80 del 24.10.2013, notificata il 29.10.2013;
- del verbale di violazione edilizia n. 14/2013, redatto dalla Polizia Locale - Nucleo Polizia Giudiziaria in data 12.08.2013 e notificato il 13.08.2013;
-di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso a quelli impugnati, anche se non ancora conosciuto;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2022 la dott.ssa G S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- I ricorrenti sono proprietari pro indiviso di un’unità immobiliare sita in agro di Manfredonia, alla via -OMISSIS-, al piano rialzato.
Il Comune di Manfredonia, a seguito di verbale di violazione edilizia n. 14/2013 redatto in data 12 agosto 2013 dalla Polizia locale – nucleo di polizia giudiziaria, contestava ai ricorrenti stessi la realizzazione sul balcone di pertinenza, senza titolo abilitativo, di un “ ripostiglio in anticorodal e bachelite con copertura dello stesso materiale di mt. 1,20 x 2,30 x h=2,75 mt. circa ”.
Il Dirigente dell’U.T.C, con ordinanza n. 80/2013 ordinava l’immediata sospensione dei lavori, in verità già completati;e, con successiva ordinanza n. 17/2014, la demolizione delle opere eseguite, come descritte nel rapporto dei vigili, ex art. 33 del D.P.R. n. 380/01.
Tali atti, unitamente al sotteso verbale, venivano impugnati dagli odierni ricorrenti con il gravame in epigrafe, deducendo sei motivi di doglianza. L’amministrazione intimata non si costituiva in giudizio.
Con due successive ordinanze di questa Sezione veniva disposta istruttoria, ordinando al Dirigente del VII Settore "Urbanistica ed Edilizia- Servizio Abusivismo" del Comune di Manfredonia, con facoltà di delega, di predisporre una documentata relazione contenente la precisa descrizione del manufatto abusivo, delle sue dimensioni, della relativa incidenza sul carico volumetrico complessivo e sulla sagoma dell’edificio nonché dello stato attuale e di corredarla di adeguata documentazione fotografica (cfr. ordinanza n.1221/2020 e –reiterativa dell’ordine- n.1058/2021).
L’istruttoria veniva evasa in data 20 luglio 2021 e, all’udienza del 2 febbraio 2022, la causa veniva trattenuta in decisione.
2.- Parte ricorrente –come detto- articola sei motivi di gravame.
La tesi primaria è che si tratti di attività libera, in quanto tale non soggetta ad alcun titolo autorizzatorio (motivo 1);in subordine, se ne sostiene la natura pertinenziale e l’assoggettabilità –conseguenziale- a mera D.I.A. (ora SCIA), con applicazione in via esclusiva –in ipotesi di assenza di titolo abilitativo- di sanzione pecuniaria. Con il terzo motivo, poi, si lamenta la mancata valutazione dell’opzione della sanzione pecuniaria in fase esecutiva, avuto riguardo ad una nozione ampia di “impossibilità di demolizione” (art. 33, T.U. edilizia);il quarto motivo ha natura strettamente procedimentale, essendo stata contestata la violazione degli artt. da 7 a 10 della legge n. 241/90;il quinto motivo è diretto a far rilevare, in particolare, il difetto di motivazione e istruttoria, asseritamente aggravato dal lasso di tempo ampio trascorso dalla realizzazione dell’intervento in contestazione;infine, il sesto motivo è diretto a censurare la presunta mancanza di una precisa individuazione del manufatto.
Il ricorso può essere accolto in relazione alle censure articolate sub 2, in ossequio al principio della “ragion liquida” (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 19/01/2022, n. 339), assorbita ogni ulteriore censura, insuscettibile di apportare a parte ricorrente ulteriore utilità.
Recente giurisprudenza ha ribadito che “… la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica dal momento che il manufatto deve essere non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all'edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico, sicché gli interventi che, pur essendo accessori a quello principale, incidono con tutta evidenza sull'assetto edilizio preesistente, determinando un aumento del carico urbanistico, devono ritenersi sottoposti a permesso di costruire ” (cfr. T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 06/09/2021, n. 5712;in termini stessa Sezione, 06/09/2021, n. 5705).
Nella fattispecie, il manufatto realizzato abusivamente risponde alla nozione di pertinenza urbanistica non assoggettabile a permesso di costruire, quale elaborata dalla giurisprudenza amministrativa, in quanto presenta modestissime dimensioni (come altresì confermato in sede di istruttoria), si pone al servizio dell’edificio (con la funzione di ripostiglio) e non appare suscettibile di autonoma utilizzazione né di autonomo valore di mercato. Sebbene modifichi la sagoma dell’edificio non determina –all’evidenza- alcun aggravio di carico urbanistico;pertanto, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 3, comma 1, lett. d), 10, comma 1, lett.c), 22, comma 1, lett.c) e 37 del D.P.R. n. 380/2001, avrebbe dovuto essere assoggettata a mera sanzione pecuniaria.
3.- In sintesi, il gravame può essere accolto nei termini indicati. Considerata tuttavia la vicenda nel suo complesso, il Collegio ritiene di disporre la compensazione tra le parti delle spese di causa, fatta eccezione per il compenso del verificatore, che –ove richiesto- viene sin d’ora posto a carico del Comune resistente, non costituito.