TAR Milano, sez. III, sentenza 2016-12-15, n. 201602371
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Pubblicato il 15/12/2016
N. 02371/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01316/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1316 del 2016, proposto da: -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati S S, S C, con domicilio eletto presso S C in Milano, via Felice Casati, 32;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Economia e delle Finanze Comando Regionale Lombardia, Ministero dell'Economia e delle Finanze Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale, Ministero dell'Economia e delle Finanze Comando Provinciale di Milano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Milano, domiciliata in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
1) della determinazione n. 22718 in data 15/04/2016, notificata in data 18/04/2016, ore 18:40, con cui il Comandante Regionale della Guardia di Finanza ha dato atto che il ricorrente - sospeso precauzionalmente dall'impiego, a titolo discrezionale, e sottoposto ad inchiesta formale di stato - è rimosso dal grado e posto a disposizione del Centro Documentale competente (già Distretto Militare) come semplice soldato, a decorrere dal 25 novembre 2015 e, ai soli fini giuridici, dal 17 luglio 2010;
2) del radiomessaggio n.249735/16 in data 28/04/2016 del Comando Provinciale di Milano, col quale è stato dato incarico alla Compagnia Guardia di Finanza di Rho di provvedere alle incombenze inerenti la cessazione dal servizio Permanente del ricorrente, a seguito della pena militare accessoria della rimozione dal grado, disposta dalla Corte di Appello di Milano - Sezione III Penale - in data 29/03/2016 e resa esecutiva con determinazione di cui al provvedimento sub. 1);
3) della nota n.314619 del 25/05/2016 della Compagnia Guardia di Finanza di Rho, a firma del Comandante, notificata il 25/05/2016, con cui, dando seguito al provvedimento sub. 2), il ricorrente è stato invitato a presentarsi presso detto Reparto di Compagnia entro il 9 giugno 2016 al fine di perfezionare il previsto iter di collocamento in congedo;
4) del conseguente provvedimento, mai notificato né offerto in ostensione al ricorrente (nonostante la sua relativa richiesta 24/05/2016 prot. 310344/2016 Compagnia G.d.F. di Rho), con cui è stato disposto non doversi più provvedere, a far tempo dal mese di maggio 2016, ad alcun trattamento economico in favore del ricorrente, quale conseguenza dei provvedimenti sub. 1), 2) e 3), con conseguente mancata erogazione, da tale mese, del trattamento economico di cui godeva il ricorrente in regime di sospensione precauzionale facoltativa dall'impiego (metà dello stipendio e degli assegni di carattere fisso e continuativo ai sensi dell'articolo 23 della legge 599 del 1954);
5) della determinazione n. 227266 in data 15/04/2016, notificata in data 18/04/2016, ore 18:50, con cui il Comandante Regionale della Guardia di Finanza ha disposto la chiusura del procedimento disciplinare di stato che era in corso a carico del ricorrente, fatti salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione;
di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali, tra cui:
la riassunzione di procedimento disciplinare di stato, ordine di inchiesta formale e nomina dell'ufficiale inquirente, protocollo n. 0731691 del 16/12/2015, di cui il ricorrente ha preso visione in data 26/01/2016, emessa dal Comandante Regionale Lombardia G.d.F., Gen. D. G Z;
b) l’ordine n.597445/14 in data 21/10/2014, con cui il Comandante Regionale della Guardia di Finanza Lombardia ha disposto lo svolgimento di un'inchiesta formale disciplinare nei confronti del ricorrente;
c) il foglio n. 0568941/14/P/II D datato 08/10/2014 del Comandante Interregionale della Guardia di Finanza dell'Italia Nord Occidentale, cui ha fatto seguito il predetto ordine di inchiesta formale;
d) il messaggio n.609652/14 in data 27/10/2014, con cui il Comando Regionale della Guardia di Finanza Lombardia ha comunicato che l'Ufficiale Inquirente, con foglio n.605448/14 datato 24/10/2014, notificato al ricorrente in pari data, ha contestato gli addebiti all'inquisito;
e) il foglio n.610673/14 in data 27/10/2014, notificato al ricorrente il 29/10/2014, con cui il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Milano ha comunicato al medesimo militare ex L.241/1990 che nei suoi confronti è stato avviato un procedimento amministrativo, finalizzato a valutare l'eventuale adozione di un provvedimento di sospensione precauzionale dall'impiego, a titolo discrezionale ai sensi del combinato disposto degli articoli 917 e 919, comma 3, D.Lgs. n.66/2010;
f) l’ordine Prot. 0637145/14 del 7/11/2014, del Comandante Regionale della Guardia di Finanza Lombardia, notificato il 13/11/2014, alle ore 9,15, dalla G. d. F. Tenenza di Maglie.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero dell'Economia e delle Finanze Comando Regionale Lombardia e di Ministero dell'Economia e delle Finanze Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale e di Ministero dell'Economia e delle Finanze Comando Provinciale di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2016 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, maresciallo capo della Guardia di Finanza, ha impugnato il provvedimento con il quale il Comandante Regionale Lombardia della Guardia di Finanza, a seguito di condanna penale, ha: (i) dato atto, con determinazione n. 227218 in data 15 aprile 2016, che il M.llo Capo -OMISSIS- è rimosso dal grado e posto a disposizione del Centro Documentale competente come semplice soldato, a decorrere dal 25 novembre 2015 e, ai soli fini giuridici, dal 17 luglio 2010;
(ii) disposto, con determinazione n. 227266, in data 15 aprile 2016, notificata in data 18 aprile 2016, la chiusura del procedimento disciplinare di stato che era in corso a carico del predetto ricorrente, essendo venuto meno il presupposto dell’appartenenza al Corpo dell’interessato.
Contro il suddetto atto e gli atti presupposti il ricorrente ha proposto i seguenti motivi di ricorso.
1) Eccesso di potere e violazione del combinato disposto di cui all'art. 866, comma 1, D.Lgs. n.66/2010 C.O.M.
Secondo il ricorrente mentre il precetto di cui all'art. 866 del c.o.m., in combinato disposto con
l'art. 867 comma 3 e l'art. 923, introduce una fattispecie di automatica e obbligatoria cessazione del rapporto, il precetto di cui all'art. 2149, comma 8, C.O.M., introdurrebbe una variante per il personale del Corpo della Guardia di finanza, cui apparteneva il ricorrente, prima dei provvedimenti impugnati, con il grado di Maresciallo Capo, stabilendo che, ove non trovi applicazione il disposto di cui all'art. 866 C.O.M., la perdita del grado debba essere disposta previo giudizio disciplinare.
Nel caso del ricorrente la sentenza definitiva, della Corte di Cassazione n.2442/15 in data 25/11/2015 non contemplava alcuna condanna accessoria del ricorrente alla rimozione, applicata esclusivamente con l’ordinanza della Corte d'Appello di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione pronunciata il 29/03/2016 disponendo che in tal senso fosse corretto il dispositivo della predetta sentenza definitiva.
Poiché su tale ordinanza non si sarebbe ancora formato il giudicato, in quanto gravata di ricorso per Cassazione e viziata da errore materiale sul quale grava procedura di rettifica, la pena accessoria non sarebbe ancora definitiva e di conseguenza l’amministrazione non avrebbe potuto comminare la sanzione della perdita del grado, ai sensi dell'art. 866 comma 1 C.O.M., senza la mediazione costitutiva di una propria autonoma determinazione nell'ambito del procedimento disciplinare di stato che era in corso.
2) Eccesso di potere e violazione degli artt. 1376 e 1377 D.lgs. n.66/2010 (C.O.M.), in relazione all'art.1357 (C.O.M.), nella parte in cui si è determinato che il ricorrente avesse subito la perdita del grado, rispettivamente, per rimozione e condanna, con semplice automatismo dell'ordinanza non definitiva del giudice dell'esecuzione penale, pur gravata da due distinti procedimenti impugnatori (di correzione materiale e violazione di legge), applicativa della pena accessoria della rimozione, senza aver proceduto all'accertamento di alcuna infrazione disciplinare, ed in particolare dell'anzidetta sanzione della perdita del grado per rimozione, alla cui applicazione sarebbe stato necessario procedere, all'esito dell'instaurata inchiesta formale, di cui all'art. 1376 (C.O.M.), con il necessario deferimento alla commissione di disciplina, ex art. 1377, co. 2, lett. b) C.O.M. ed all'esito del relativo giudizio innanzi alla stessa, con palese violazione di quanto affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n.363 del 17-30/10/1996, del principio generale contenuto nell'art. 9 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, dell'art.2149, comma 8, C.O.M.
In subordine il ricorrente eccepisce e deduce la illegittimità costituzionale dell'art.2149, comma 8 del C.O.M., nella parte in cui prevede l'automatica applicazione della misura della perdita del grado, senza alcun procedimento disciplinare, in caso di condanna, di personale del Corpo della Guardia di finanza, che comporti la rimozione, per contrasto con: a) gli artt.3 e 97 della Costituzione, in quanto verrebbero trattate in modo diseguale situazioni uguali (chi ha subito condanna che comporti la rimozione e chi ha subito condanna che comporti la interdizione temporanea dai pubblici uffici);b) 52 della Costituzione, nella parte in cui prevede che l'ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della repubblica, con necessità di salvaguardare, dunque, anche in tale ambito, le garanzie difensive;art. 117 della Costituzione, per violazione del principio di proporzionalità sanzionatoria, oggi consacrato anche nell'art. 5 della Convenzione Europea del 26.5.1997 ratificata con legge n. 300 del 29.9.2000. Peraltro, verrebbe compresso il principio di equità ex art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea codificato dal trattato di Lisbona.
Allo stesso modo, va attratto nel medesimo sindacato l'art. 923 del C.O.M., rubricato «Cause che determinano la cessazione del rapporto di impiego» ed inserito nella sezione V riferita alla
«Cessazione dal servizio permanente», nella parte in cui, al comma I, annovera tra le cause suddette anche la perdita del grado (lettera i) ancorché pronunciata in assenza di un previo procedimento amministrativo.
3) Violazione degli artt. 2136 e 867 del d.lgs. n. 66 del 2010 e degli artt. 40 e 41 della legge n. 833 del 1961;eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità, contestandosi in via subordinata l'illegittimità del provvedimento gravato nella parte in cui dispone la retrodatazione degli effetti giuridici della rimozione alla data di applicazione della sospensione precauzionale dal servizio (17 luglio 2010).
Il provvedimento di perdita del grado, secondo il ricorrente, dovrebbe produrre effetti dalla data del passaggio in giudicato dell'applicata pena accessoria della rimozione - non ancora avvenuta.
4) Eccesso di potere e violazione dell'art.1375 C.O.M., nella parte in cui, a far tempo da maggio 2016, sarebbe stata disposta l'interruzione del trattamento economico del ricorrente senza alcun preventivo decreto ministeriale che avesse disposto la perdita del grado del ricorrente ovvero la sua cessazione permanete dall'impiego e dal diritto alla riscossione del relativo stipendio.
L’amministrazione contesta nel merito il ricorso ritenendo che il proprio operato pienamente legittimo e rispettoso delle disposizioni disciplinanti la materia. Invero, la pena accessoria della rimozione, recepita con un atto dovuto e di natura dichiarativa dell’amministrazione, importerebbe sempre e comunque lo scioglimento del vincolo d’impiego del militare destinatario della stessa.
A ciò si aggiunge che la riqualificazione del fatto di reato da concussione ad induzione indebita ex art. 319-quater c.p. punita, come nel caso, con sanzione superiore a due anni, produce comunque l’estinzione del rapporto di lavoro pubblico ex art. 32-quinquies c.p.
All’udienza del 19 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.