TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2013-02-26, n. 201302103

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2013-02-26, n. 201302103
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201302103
Data del deposito : 26 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 11940/2010 REG.RIC.

N. 02103/2013 REG.PROV.COLL.

N. 11940/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11940 del 2010, proposto da:
M D A, rappresentato e difeso dall’avv. M V, presso il cui Studio è elettivamente domiciliato in Roma, Viale L. Cavalieri, n. 186;

contro

il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia

del provvedimento di trasferimento del ricorrente in Svizzera in quanto Stato competente a decidere sulla domanda di asilo.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata nonché i documenti prodotti;

Viste l’ordinanza interlocutoria n. 908 dell’11 marzo 2011 e l’ordinanza n. 1564 del 29 aprile 2011 con la quale il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente;

Esaminati tutti i documenti versati nel processo, anche in seguito all’ordinanza interlocutoria suindicata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2013 il dott. S T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Il ricorrente, cittadino curdo irakeno, ha impugnato il provvedimento prot. n. 117400 del 5 ottobre 2010 con il quale i competenti uffici del Ministero dell’interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Unità Dublino, ha disposto il suo trasferimento in Svizzera, in quanto Stato competente, per l’esame della domanda di asilo.

Egli contesta la legittimità di tale provvedimento in quanto:

A) con esso sarebbe stato violato l’art. 17, par. 1, del regolamento CE n. 343 del 2003, in virtù del quale lo Stato che ha ricevuto la domanda di asilo e ritiene che altro Stato sia competente per l’esame della stessa può interpellare quest’ultimo Stato, al più tardi entro tre mesi dalla presentazione della domanda, perché prenda in carico il richiedente. Nel caso di specie il ricorrente ha presentato domanda di asilo in Italia in data 23 febbraio 2010 e solo in data 6 settembre 2010, a quasi sette mesi di distanza, ha indirizzato alla Svizzera la richiesta di valutazione di tale istanza (atteso che il medesimo ricorrente, per come risulta dal provvedimento qui gravato, aveva presentato a quello Stato domanda di asilo in data 29 dicembre 2008 e 8 dicembre 2009);

B) esso è sprovvisto di sottoscrizione, di talché, a mente dell’art. 21-septies della legge 7 agosto 1990 n. 241, si manifesta privo di un elemento essenziale tale da renderlo nullo.

2. – Costituitasi l’Amministrazione resistente in giudizio, con ordinanza n. 908 dell’11 marzo 2011 le è stato chiesto di depositare tutti gli atti in possesso utili al fine di conoscere i presupposti istruttori che hanno dato luogo all’adozione del provvedimento impugnato.

Adempiuto l’onere istruttorio a cura dell’Amministrazione, questo Tribunale, con ordinanza n. 1564 del 29 aprile 2011, ha respinto l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente.

3. – Alla pubblica udienza del 17 gennaio 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

4. - I motivi di censura dedotti con il ricorso non sono fondati ed il gravame va quindi respinto.

Come è noto il regolamento CE n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo. Per quel che è di interesse ai fini della decisione del presente contenzioso, al capo V del citato regolamento, rubricato “Obbligo di prendere o riprendere in carico un richiedente asilo”, figura in particolare l'articolo 16, il cui paragrafo 1 è così formulato: “Lo Stato membro competente per l'esame di una domanda d’asilo in forza del presente regolamento è tenuto a: (…) c) riprendere in carico, alle condizioni di cui all'articolo 20, il richiedente asilo la cui domanda è in corso d'esame e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato”.

Tale disposizione è esemplificativa del principio ispiratore del regolamento CE 343/2003, detto Dublino II, che è quello di individuare un solo Stato competente per l'esame della domanda di asilo e di evitare il c.d. asylum shopping: è per tale ragione che il Regolamento Dublino prevede rigidi criteri di competenza, derogabili in applicazione della clausola di sovranità, solo in casi eccezionali.

5. – Fermo quanto sopra, la vicenda che riguarda l’odierno ricorrente, in virtù di quanto è emerso dalle ricerche svolte dai competenti uffici dell’Amministrazione oggi resistente il cui esito è stato documentalmente dimostrato in seguito all’adempimento all’ordinanza interlocutoria n. 908 del 2011, lo vede inizialmente presentare domanda di asilo in Svizzera in data 29 dicembre 2008 e in data 8 dicembre 2009;
in epoca successiva egli ha presentato analoga domanda al nostro Paese in data 23 febbraio 2010. Il ricorrente chiede oggi la corretta applicazione dell’art. 17 del richiamato regolamento comunitario.

Orbene, la norma invocata dal ricorrente, vale a dire l'art. 17 del citato regolamento, non si attaglia alla fattispecie in esame, avendo essa ad oggetto l'ipotesi diversa della "presa in carico" del richiedente asilo, il quale abbia presentato una sola domanda di asilo e, a fronte di tale unica domanda, ciò nondimeno lo Stato membro che l’ha ricevuta ritenga che la competenza spetti ad altro Stato membro in base alle norme dello stesso regolamento. In questo caso, la norma prevede il termine perentorio di tre mesi per interpellare tale Stato membro affinché “prenda in carico il richiedente asilo”.

Viceversa, il caso in esame rientra nella ipotesi di cui agli artt. 16 e 20 del regolamento, che disciplina la diversa figura della “ripresa in carico”, ovvero l’ipotesi in cui versa il richiedente asilo che abbia già presentato una domanda di protezione internazionale in uno Stato membro ed abbia poi successivamente presentato una seconda richiesta presso un altro Stato. In siffatta ipotesi, il combinato disposto degli artt. 16 e 20 del Regolamento CE 343/2002 prevede che il cittadino extracomunitario debba essere ritrasferito nello Stato in cui ha presentato la prima domanda di asilo, perché sia completato il percorso procedimentale avviato con la presentazione della (prima) domanda di asilo, ma non prevede il termine trimestrale cui fa riferimento il ricorrente.

Appare chiaro come la differente disciplina normativa prescritta per le ipotesi della "presa in carico” e della "ripresa in carico” sia dimostrativa delle significative differenze che intercorrono tra i due istituti non solo sotto il profilo terminologico ma anche sul versante della sostanzialità giuridica, tanto da marcare una sensibile distinzione anche ontologica tra i ridetti istituti, ampiamente giustificata sulla base della diversità delle situazioni di fatto: nel primo caso infatti occorre celermente individuare lo Stato competente per l'esame dell'unica domanda di asilo presentata;
nel secondo caso invece, che è quello in cui versa l’odierno ricorrente, la richiesta di protezione internazionale è già stata presentata e segue il suo corso, mentre si tratta solo di evitare una doppia pronuncia e di ritrasferire il richiedente nello Stato presso il quale si sta svolgendo o si è svolta la procedura.

6. - Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’assenza di sottoscrizione nell’atto notificatogli, di talché esso si manifesterebbe affetto da nullità per mancanza di un elemento essenziale dello stesso.

L’Amministrazione sul punto ha precisato che la sottoscrizione del provvedimento impugnato è avvenuta con “firma digitale”, il provvedimento infatti è stato redatto negli uffici del Ministero dell’interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Unità Dublino, che hanno sede in Roma e quindi trasmesso, via posta elettronica, per la notifica al destinatario per il tramite della Questura di Crotone.

Tenuto conto che il provvedimento, riprodotto per le operazioni di comunicazione al destinatario, reca esplicita l’indicazione del cognome sottoscrittore e della sua qualità, vale a dire del dirigente dell’ufficio che ha adottato il provvedimento, nonché della circostanza che esso è stato redatto su carta intestata dell’Ufficio che lo ha emanato, oltre ad essere stato puntualmente notificato al destinatario dalla Questura di Crotone, nel rispetto di tutte le prescrizioni normative che disciplinano la delicata fase di comunicazione di questo peculiare tipo di atti (destinato a stranieri che potrebbero non comprendere esattamente la lingua italiana), non emerge alcuna vulnerazione della posizione soggettiva del medesimo destinatario dell’atto, sotto il profilo dell’esatta conoscenza dell’Autorità che lo ha emanato e della portata ed effetti dei contenuti che reca, né esso si dimostra incompleto nei suoi elementi essenziali.

Conseguentemente anche tale doglianza va respinta.

7. – In ragione delle suesposte osservazioni i motivi di censura dedotti non si presentano fondati e, di conseguenza, il ricorso non può trovare accoglimento.

Ad avviso del Collegio sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per come richiamato espressamente, dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti costituite.

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