TAR Napoli, sez. I, sentenza 2021-02-15, n. 202100988

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2021-02-15, n. 202100988
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202100988
Data del deposito : 15 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/02/2021

N. 00988/2021 REG.PROV.COLL.

N. 04030/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4030 del 2017, proposto da:
Tangenziale di Napoli S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G L L, E S, D V, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Napoli, Via del Parco Margherita n. 31 e con recapito digitale come da PEC da Registri di giustizia

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (di seguito: MIT), in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz n. 11 e con recapito digitale;
come da PEC da Registri di giustizia;

per l'annullamento:

- in parte qua del provvedimento M_INF-SVCA prot. 0011419-21 giugno 2017, comunicato il successivo 23 col quale il MIT – Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici – Direzione Generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, ha approvato la perizia di variante tecnica, relativa a “A56 Tangenziale di Napoli – Lavori “Stazione di Capodimonte – Nuovo fabbricato e nuovo piazzale – cod. SIVCA: 018-002-A056-01-D001-15”;

- ove occorra, in parte qua, del provvedimento M_INF-SVCA prot. 0013854- del 26 luglio 2017, comunicato il successivo 9 agosto, col quale il MIT – Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e stativi – Direzione Generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, ha approvato la seconda perizia di variante tecnica, relativa a “A56 Tangenziale di Napoli – Lavori “Stazione di Capodimonte – Nuovo fabbricato e nuovo piazzale – cod. SIVCA: 018-002-A056-01-D001-15”;

- di ogni atto presupposto, consequenziale o comunque connesso o coordinato rispetto a quello impugnato, anche non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del MIT per il tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. G P nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2020, svoltasi con modalità da remoto, ai sensi dell’art. 25 del D.L. n.137/2020 e dell’art. 2, comma 2, del D.P.C.S. n.134/2020.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Espone la società ricorrente, Tangenziale di Napoli S.p.A., di essere concessionaria per la costruzione, l’ampliamento e la gestione della rete autostradale A-56, in virtù del rapporto concessorio intercorrente con il MIT, amministrazione concedente, regolato dalla “Convenzione Unica” sottoscritta in data 28 luglio 2009.

L’art. 20.1 dell’appena menzionata Convenzione prevede, tra l’altro, che “il Concessionario presenta, nel rispetto del cronoprogramma e della normativa vigente, all’esame dell’amministrazione concedente per l’approvazione i progetti definitivi e o esecutivi degli interventi di propria competenza di cui all’art. 2.2”.

Con provvedimento prot. n. 1189 del 14 novembre 2012, l’amministrazione concedente approvava il progetto esecutivo relativo ai “Lavori Stazione Capodimonte – Nuovo fabbricato e nuovo piazzale” per un importo complessivo di € 3.978.294,90 di cui € 2.748.579,08 per lavori a base d’asta (comprensivi di € 133.395,78 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso) ed € 1.229.715,82 per somme a disposizione”.

Nel rapporto instaurato con l’appaltatore, i lavori venivano aggiudicati dall’odierna ricorrente, in qualità di stazione appaltante, per l’importo complessivo di € 1.937.611,00, comprensivo dei predetti oneri di sicurezza, con un ribasso netto del 31,01%.

In seguito, in data 17 dicembre 2015, l’odierna ricorrente – in considerazione di talune circostanze emerse in corso d’opera, descritte negli elaborati progettuali (cfr. Relazione Generale di Perizia) – ha presentato alla concedente la perizia di variante tecnica e suppletiva relativa al menzionato intervento, con la quale si rideterminava l’importo complessivo dell’intervento in € 3.479.952,04, di cui € 2.323.154,37 per lavori netti (comprensivi di € 419.874,14 per oneri di sicurezza) e € 1.156.797,67 per somme a disposizione, prevedendo altresì l’introduzione di n. 26 Nuovi Prezzi e la protrazione dei tempi contrattuali di 300 giorni naturali e consecutivi.

Con decreto M_INF-SVCA prot. 0011419 del 21 giugno 2017, l’amministrazione concedente approvava la perizia di variante tecnica e suppletiva n. 1, disponendo, tuttavia, stralci e prescrizioni rispetto alle soluzioni presenti nella richiesta avanzata dalla Tangenziale di Napoli.

In sintesi, con il decreto sopra indicato, il MIT non ha riconosciuto ad investimento:

a) gli interventi riguardanti le opere murarie perimetrali al piano seminterrato nonché le opere relative allo scarico delle acque del terrazzo al piano seminterrato in quanto asseritamente non riconducibili alla fattispecie di causa di forza maggiore o fatti di terzi previsti dalla Convenzione, bensì ad una inadeguata valutazione in fase di progettazione esecutiva;

b) il maggiore importo lordo relativo alla rimozione dell’amianto, nell’ambito degli oneri per la sicurezza, in quanto asseritamente non riconducibile alla fattispecie di causa di forza maggiore o fatti di terzi previsti dalla Convenzione, bensì ad errata valutazione dello stato dei luoghi.

c) il maggiore importo lordo relativo alle opere provvisionali per la realizzazione delle fasi di lavoro, nell’ambito degli oneri per la sicurezza, in quanto asseritamente non riconducibile alla fattispecie di causa di forza maggiore o fatti di terzi previsti dalla Convenzione, bensì ad errata valutazione dello stato dei luoghi.

d) i maggiori importi (pari a € 14.035,00 e € 107.582,19), relativi, rispettivamente, all’intervento di messa in sicurezza degli sbalzi di gronda a q. 7,82 e alle opere di rinforzo per smontaggio a tratti, entrambi nell’ambito degli oneri per la sicurezza, in quanto asseritamente non riconducibili alla fattispecie di causa di forza maggiore o fatti di terzi previsti dalla Convenzione, bensì, a giudizio del MIT, ad attività per la sicurezza strettamente connesse a lavorazioni non riconosciute ad investimento;

e) come congrua la protrazione dei tempi contrattuali in quanto riferita – secondo il MIT – a lavorazioni che non sono state riconosciute ad investimento.

Era tuttavia accaduto che, in attesa dell’approvazione della perizia di variante, a seguito di problematiche sorte con l’appaltatore del lotto in epigrafe, Tangenziale Napoli, con atto stragiudiziale di significazione del 14 ottobre 2016, a causa del completo abbandono del cantiere, aveva disposto la risoluzione in danno dell’appalto.

2.- Di conseguenza, veniva predisposta una seconda perizia di variante, riguardante anche lo stato di consistenza dei lavori ancora da eseguire, approvata con decreto M_INF-SVCA prot. 0013854 del 26 luglio 2017.

Avverso entrambi i decreti del MIT di approvazione delle perizie di variante, la Tangenziale di Napoli ha proposto l’odierno ricorso, notificato il 19 settembre 2017 e depositato il successivo 16 ottobre, deducendo le censure che saranno esposte in diritto.

Con atto depositato il 18 ottobre 2017, si è costituito formalmente in giudizio il MIT.

Con memoria depositata il 29 settembre 2020, ha argomentato per il rigetto del ricorso.

In data 7 ottobre 2020, Tangenziale di Napoli ha depositato documentazione e, con memoria del 16 ottobre 2020, ha rappresentato l’esigenza, in considerazione della natura prettamente tecnica delle questioni dedotte, di ammettere una verificazione/CTU per accertare gli errori delle risultanze dei provvedimenti impugnati, in quanto non conformi al reale stato di fatto relativo all’appalto di cui si discorre ed incuranti delle necessità emerse nel corso dei lavori tali da imporre l’adozione della variante.

In data 28 ottobre 2020 ha depositato ulteriore memoria con la quale ha ribadito e puntualizzato le proprie posizioni.

3.- Il ricorso è stato inserito nel ruolo dell’udienza pubblica del 18 novembre 2020, svoltasi con modalità da remoto, ai sensi dell’art. 25 del D.L. n.137/2020 e dell’art. 2, comma 2, del D.P.C.S. n.134/2020. A conclusione della stessa, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.- Parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

1) violazione degli artt. 1, 3, e 7 della delibera

CIPE

15 giugno 2007 n. 39;
dell’art. 132, commi 1 e 3, del d.lgs. 163/2006;
dell’art. 3 L. n. 241/1990;
dell’art. 15 e dell’allegato B alla Convenzione unica;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea valutazione dei fatti e contraddittorietà del provvedimento.

Ad avviso della ricorrente, la previsione relativa alle cause di forza maggiore non sarebbe applicabile alla fattispecie poiché l’intervento complessivo si sarebbe attestato su livelli di costo comunque inferiori alle somme programmate dal MIT.

Sulla base del tenore letterale dello disposizioni innanzi citate, appare corretto ritenere che, soltanto qualora l’importo delle opere superi le previsioni individuate nel progetto originario, gli extra-costi potranno essere ammessi ad investimento in presenza di cause di forza maggiore o del fatto del terzo.

Al contrario, ove il costo degli interventi rimanga entro i limiti dei piani di convalida, il MIT dovrebbe valutare la sussistenza dei presupposti per l’adozione della variante proposta nonché l’assenza di profili di responsabilità in capo al concessionario, senza subordinare il riconoscimento ad investimento agli ulteriori, più rigorosi, requisiti riguardanti l’accertamento della forza maggiore e del fatto del terzo.

Nelle fattispecie esaminate, diversamente da quanto sostenuto dal MIT, gli interventi si sono attestati, nel loro complesso, al di sotto dei limiti d’importo delle previsioni economiche contenute nel progetto originario rispetto alle quali è stato individuato il rischio del concessionario.

In punto di fatto, la modifica introdotta con riferimento alle opere murarie prevede la realizzazione sul bordo esterno delle travi di fondazione di alcune pareti in pietra di tufo in modo da consentire di ricavare idonei spazi tecnici al piano seminterrato per un’agevole ispezione degli impianti collocati all’intradosso del solaio del piano terra.

La variante, dunque, oltre ad essere di modesto importo - pari a circa lo 0,30% del valore del contratto - consente un significativo miglioramento della gestione e della manutenzione dell’edificio.

Per lo scarico delle acque del terrazzo a quota del piano seminterrato 125,57, la ricorrente evidenzia che, durante la realizzazione delle fondazioni del fabbricato di stazione, è stata predisposta una tubazione in PVC Ø 160 dal centro del terrazzo medesimo e fino al limite dello scavo eseguito oltre il muro di sostegno del piano seminterrato da realizzare, predisponendo un adeguato foro nel muro.

La predetta tubazione è stata collegata al pozzetto previsto nelle immediate vicinanze della rete di smaltimento delle acque meteoriche di progetto piuttosto che essere immesso direttamente nel recapito finale, soluzione che avrebbe migliorato il sistema di scarico delle acque di terrazzo in quanto ne ha determinato una migliore possibilità di ispezione ed ha comportato un aumento di spesa pari a netti € 3.056,51 corrispondente a un incremento del 0,2% dell’importo netto approvato di perizia di variante 2.

Altrettanto illegittime appaiono le valutazioni della concedente relative alle voci di perizia riguardanti la rimozione dell’amianto anche in questo caso non riconosciute ad investimento, “in quanto non riconducibile alla fattispecie di causa di forza maggiore o fatti di terzi previsti dalla Convenzione Vigente, bensì ad errata valutazione dello stato dei luoghi”.

In merito a questa modifica, rileva la ricorrente che le attività preliminari di campionamento, propedeutiche alla bonifica del materiale contenente amianto (MCA), presente nel vecchio fabbricato di stazione da demolire, avevano già evidenziato la presenza di un pannello di quel materiale di spessore circa di 1 cm (come da previsioni progettuali) precedentemente confinato, sia verso l’esterno sia verso l’interno, da pannelli sandwich (costituiti da materiale isolante e lamiere in acciaio) ciascuno di spessore variabile tra i 3 cm e i 4 cm. Soltanto nel corso dei lavori, all’esito della fase di campionamento propedeutica alla rimozione, si è potuto appurare che quegli elementi isolanti non erano “scorporabili” dal pannello stesso, con la necessità di qualificare l’intero “blocco” come m.c.a. (Materiale Contenente Amianto), e di incrementare le quantità di rimozione e smaltimento originariamente previste.

La ricorrente contesta, infine, gli stralci disposti dall’amministrazione concedente relativi alle modifiche previste in perizie con riferimento alle “opere provvisionali per la realizzazione delle fasi di lavoro”, non riconosciute “in quanto non riconducibile alla fattispecie di causa di forza maggiore o fatti di terzi previsti dalla Convenzione Vigente, bensì ad errata valutazione dello stato dei luoghi, poiché la Società Concessionaria doveva già in fase progettuale avere adeguata contezza della tipologia di lavorazione da eseguire e della relativa metodologia esecutiva”.

Rileva al riguardo la ricorrente che, nella fattispecie, la sostituzione in variante delle “palancole” con l’introduzione di paratie di micropali a sostegno delle piste in esercizio deriva dal “diniego dell’autorizzazione in deroga alle emissioni sonore” espresso dal Servizio Controlli Ambientali del Comune di Napoli che ha, peraltro, espressamente sollecitato la modifica del progetto.

2) Violazione degli artt. 26, 91 e All. XV del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81;
degli artt. 131 e 132 d. lgs. 163/2006;
dell’art. 3 L. n. 241/1990. Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria, istruttoria carente ed erronea valutazione dei fatti.

Altrettanto viziate appaiono le determinazioni del MIT nella parte in cui hanno escluso dall’adeguamento il riconoscimento delle opere di rinforzo per smontaggio “in quanto non riconducibile alla fattispecie di forza maggiore o fatto del terzo previsto dalla convenzione vigente, bensì trattasi di attività per la sicurezza strettamente connesse a lavorazioni non riconosciute ad investimento”.

Nella fattispecie in esame, è la stessa amministrazione concedente che, pur stralciando le relative voci, riconosce espressamente che gli interventi oggetto del taglio riguardano attività “per la sicurezza”, non avrebbe tuttavia considerato che, ai sensi della normativa sopra invocata, l’esecuzione dei lavori pubblici dev’essere accompagnata dalla predisposizione di specifici piani di sicurezza nell’ambito dei quali individuare tutte le cautele da porre in essere nel corso dei lavori.

Ove emergano elementi nuovi che impongano di integrare gli apprestamenti in tema di sicurezza, è doveroso integrare gli elaborati a suo tempo predisposti, ai sensi dell’art. 92, comma 1, lett. b), d. lgs. 81/2008.

Trattandosi di costi necessari, finalizzati con evidenza alla massima tutela del bene costituzionalmente rilevante dell’integrità dei lavoratori, il loro riconoscimento, dipendendo dall’effettiva sopravvenuta esigenza di prevedere ulteriori prestazioni a tutela della sicurezza nei cantieri, sarebbe dovuto.

È, dunque, evidente che l’eventuale rideterminazione della voce sulla sicurezza, in sede di perizia, non avrebbe potuto disporsi mediante un mero riferimento agli importi tagliati ma avrebbe dovuto individuare, in maniera analitica, gli apprestamenti e il valore economico legati alle lavorazioni ritenute non ammissibili.

In via ulteriormente gradata va rilevata l’illegittimità derivata della decurtazione in funzione dei vizi eccepiti in ordine alle lavorazioni non ammesse ad investimento, esaminate in precedenza.

Una volta accertata l’illegittimità delle determinazioni assunte in ordine alle lavorazioni stralciate dovrebbe, infatti, concludersi per la conseguente illegittimità della rideterminazione degli oneri per la sicurezza.

3) Violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 ed eccesso di potere per difetto di motivazione. Violazione dell’impianto regolatorio definito dalla delibera

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