TAR Parma, sez. I, sentenza 2018-07-31, n. 201800213
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Pubblicato il 31/07/2018
N. 00213/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00024/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 24 del 2018, proposto da
K A K, rappresentato e difeso dagli Avvocati C V, D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è
ex lege
domiciliato, in Bologna, via Guido Reni n. 4;
per l'annullamento
previa concessione di idonea misura cautelare
I) del provvedimento del Prefetto della Provincia di Ravenna, prot n. 664/2017 del 14.11.2017, notificato a mezzo raccomandata in data 23.11.2017, con cui è stata ordinata, nei confronti dell'odierno ricorrente, l'inibizione alla guida nel territorio italiano per un periodo di giorni settecentotrenta;
II) di ogni ulteriore atto conseguente, presupposto e/o, comunque, connesso, incluso, per quanto possa occorrere:
II.1) della nota n. 0022833 del 29.03.2017 - conosciuta solo negli estremi, giacché citata nel provvedimento qui impugnato - con cui il Ministero dell'Interno ha comunicato che l'odierno ricorrente “ nell'arco di tempo di tempo di UN ANNO ha commesso alcune violazioni al Codice della Strada che hanno comportato la decurtazione totale del punteggio ”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2018 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Al ricorrente - autotrasportatore cittadino ungherese esercitante la propria attività professionale alle dipendenza di una Ditta italiana con sede in Acquasparta (TR), nonché, titolare di Carta di Qualificazione Conducente (CQC) rilasciata in data 13 ottobre 2009 dalla Motorizzazione Civile di Perugia - con verbali del 2 giugno 2014 e 5 luglio 2015, venivano contestate due distinte violazioni dell’art. 174, comma 6, del D. Lgs. n. 285/1992 (CdS) con decurtazione, in entrambi i casi, di 10 punti (per superamento “ dei periodi di guida prescritti dal regolamento (CE) n. 561/2006 ”).
Con atto del 14 luglio 2017, il Prefetto di Ravenna, sul presupposto che il ricorrente “ nell’arco di tempo di UN ANNO ” avesse “ commesso alcune violazioni al Codice della Strada che hanno comportato la decurtazione totale del punteggio ”, disponeva a carico del medesimo, ex art. 24 della L. n. 120/2010, l’inibizione alla guida per un periodo di giorni 730.
Il ricorrente impugnava il citato decreto deducendo la violazione dell’art. 6 ter del D.L. n. 151/2003 sotto plurimi profili;eccesso di potere per illogicità manifesta e difetto i istruttoria, nonché, difetto di motivazione.
L’Amministrazione si costituiva in giudizio con memoria formale e successivo deposito documentale comprensivo di una relazione prefettizia datata 1 febbraio 2018 relativa ai fatti di causa.
Nella camera di consiglio del 21 febbraio 2018, con ordinanza n. 32/2018, veniva respinta l’istanza di sospensione e, in previsione dell’odierna udienza di discussione, veniva richiesto all’Amministrazione di documentare la commissione delle infrazioni rilevate che, sulla base delle produzioni del ricorrente, risultavano essere state commesse in un arco di tempo superiore all’anno.
In esito alla citata ordinanza l’Amministrazione depositava una integrazione alla citata relazione prefettizia riconoscendo che la durata del provvedimento di inibizione “ deve essere correlata al tempo occorso per la commissione di tali violazioni ”.
Il ricorrente rassegnava le proprie conclusioni con memoria depositata l’8 giugno 2018.
All’esito della pubblica udienza dell’11 luglio 2018 la causa veniva decisa.
Con il primo motivo il ricorrente deduce che l’Amministrazione avrebbe errato nel disporre l’impugnata inibizione alla guida in luogo della revoca della CQC posseduta.
A tal proposito allega che:
- ai sensi dell’art. 6 ter , comma 2 bis , (in realtà, comma 1, ndr) del D.L. n. 151/2003 “ per i titolari di patente rilasciata da uno Stato estero [nel quale non vige il sistema della patente a punti], che commettono sul territorio italiano violazioni di norme del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, è istituita presso il Centro elaborazione dati (CED) del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una banca dati che è progressivamente alimentata con i dati anagrafici dei conducenti che hanno commesso le infrazioni, associando a ciascuno di essi i punti di penalizzazione secondo le modalità previste dal medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992. Le infrazioni sono comunicate allo stesso CED dagli organi di polizia di cui all'articolo 12 del citato decreto legislativo n. 285 del 1992 ”;
- ai sensi del successivo comma 2 “ ai soggetti di cui al comma 1 che hanno commesso nell'arco di un anno violazioni per un totale di almeno venti punti è inibita la guida di veicoli a motore sul territorio italiano per un periodo di due anni. Ove il totale di almeno venti punti sia raggiunto nell'arco di due anni, l'inibizione alla guida è limitata ad un anno. Ove il totale di almeno venti punti sia raggiunto in un periodo di tempo compreso tra i due e i tre anni, l'inibizione alla guida è limitata a sei mesi ”;
- ai sensi del comma 2 bis “ il provvedimento di inibizione alla guida, di cui al comma 2, è emesso dal prefetto competente rispetto al luogo in cui è stata commessa l'ultima violazione che ha comportato la decurtazione di punteggio sulla base di una comunicazione di perdita totale del punteggio trasmessa dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il provvedimento è notificato all'interessato nelle forme previste dall'articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni ed ha efficacia dal momento della notifica ovvero dal ritiro del documento, se questo è stato disposto contestualmente all'accertamento della violazione. Il provvedimento di inibizione è atto definitivo ”.
Evidenzia, inoltre, che ai sensi dell’art. 23 del D. Lgs. n. 286/2005, “ la disciplina sanzionatoria prevista dall'articolo 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, si applica anche alla carta di qualificazione del conducente di cui all'articolo 14, nonché al certificato di abilitazione professionale di tipo KB previsto dall'articolo 311 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495. La decurtazione del punteggio si applica alla carta di qualificazione del conducente, se gli illeciti sono commessi alla guida dell'autoveicolo per cui è prevista la carta di qualificazione del conducente e nell'esercizio dell'attività professionale. In caso di perdita totale del punteggio sulla carta di qualificazione del conducente, detto documento è revocato se il conducente non supera l'esame di revisione previsto dall'articolo 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni ”.
Richiamato nei suesposti sensi il contesto normativo riferimento, il ricorrente perviene alla conclusione che, in quanto titolare di CQC, la decurtazione dei punti di cui all’art. 126 del Codice andrebbe applicata riferendola a quest’ultimo documento e non alla patente.
Ne deriverebbe che, a seguito delle due contestate infrazioni, la sanzione da applicarsi non sarebbe l’inibizione adottata dal Prefetto di Ravenna ma la revoca della CQC.
Il motivo è infondato.
La tesi di parte ricorrente non trova, infatti, riscontro in alcun dato normativo.
Come evidenziato dallo stesso ricorrente l’art. 6, ter , comma 1, prevede l’istituzione di un’apposta banca dati nella quale archiviare i dati riferiti a violazioni commessi da conducenti in possesso di una patente rilasciata da uno stato estero.
Il successivo comma 2, con riferimento ai “ soggetti di cui al comma 1 ”, ovvero i titolari di patente estera come il ricorrente, prevede, al raggiamento di 20 punti patente di penalizzazione, la misura dell’inibizione alla guida.
Ne deriva che al ricorrente, cittadino straniero in possesso di patente di guida rilasciata nel proprio Paese, in presenza delle illustrate violazioni accertate è applicabile la misura dell’inibizione alla guida di cui al richiamato comma 2, e non la disciplina di cui all’art. 23 del D. Lgs. n. 286/2005, applicabile alla diversa ipotesi di titolari di patente di guida italiana.
Con il secondo motivo, il ricorrente contesta l’entità della misura applicata posto che le due infrazioni contestate venivano commesse in un arco temporale superiore all’anno.
La censura è fondata.
Come già rilevato le infrazioni in questione venivano commesse in data 2 giugno 2014 e 5 luglio 2015 a distanza di oltre 13 mesi (circostanza non controversa nel presente giudizio).
Ciò comporta che si versi nell’ipotesi contemplata nel secondo periodo del comma 2 dell’art. 6 ter del D.L. n. 151/2003 norma del quale “ ove il totale di almeno venti punti sia raggiunto nell'arco di due anni, l'inibizione alla guida è limitata ad un anno ” (e non due).
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente, espone che ai sensi dell’art. 6 ter , comma 2, bis , del D.L. n. 151/2003 il provvedimento di inibizione doveva essere “ notificato all'interessato nelle forme previste dall'articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 ”.
Il richiamato art. 201 dispone che “ qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall'accertamento, essere notificato all'effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell'art. 196, quale risulta dai pubblici registri alla data dell'accertamento. Nel caso di accertamento della violazione nei confronti dell'intestatario del veicolo che abbia dichiarato il domicilio legale ai sensi dell'articolo 134, comma 1-bis, la notificazione del verbale è validamente eseguita quando sia stata effettuata presso il medesimo domicilio legale dichiarato dall'interessato. Qualora l'effettivo trasgressore od altro dei soggetti obbligati sia identificato successivamente alla commissione della violazione la notificazione può essere effettuata agli stessi entro novanta giorni dalla data in cui risultino dai pubblici registri o nell'archivio nazionale dei veicoli l'intestazione del veicolo e le altre indicazioni identificative degli interessati o comunque dalla data in cui la pubblica amministrazione è posta in grado di provvedere alla loro identificazione. Per i residenti all'estero la notifica deve essere effettuata entro trecentosessanta giorni dall'accertamento ”.
Premesso che la seconda delle due infrazioni in questione, veniva commessa 5 luglio 2015, il ricorrente deduce la tardività del provvedimento impugnato, intervenuto il 14 novembre 2017 e notificato il 23 successivo ad oltre due anni dall’infrazione.
Il motivo è infondato.
Con la presente censura, peraltro di non univoca formulazione, il ricorrente sembrerebbe sostenere che il provvedimento impugnato (e non il verbale di contestazione) dovese essere notificato nei termini di cui alla richiamata norma, ovvero, 90 giorni o, per i residenti all’estero, 360.
Ciò posto, si rileva che qualora la dedotta tardiva contestazione dovesse essere riferita al verbale di contestazione, la censura sarebbe inammissibile per difetto di giurisdizione, non essendo detto verbale impugnabile in questa sede ma innanzi al Giudice di Pace innanzi al quale il ricorrente avrebbe dovuto impugnarla tempestivamente.
Qualora, invece, il profilo di tardività fosse riferito alla notifica del decreto prefettizio impugnato, non può che rilevarsi che detto provvedimento veniva notificato, come ammesso in ricorso, 9 giorni dopo l’adozione.
Nel caso, infine, la tardività fosse riferita all’adozione del decreto prefettizio in relazione alla data di accertamento dell’ultima infrazione, deve rilevarsi che la norma invocata non contempla alcun termine decadenziale riferibile a tale provvedimento disciplinando, invece, la notifica del verbale di contravvenzione.
Con il quarto motivo il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato poiché ai sensi del più volte richiamato art. 6 ter , comma 2 bis , la misura impugnata dovrebbe essere adottata a seguito della comunicazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti mentre il Prefetto da atto di aver ricevuto la comunicazione dal Ministero dell’Interno.
Il dedotto profilo di illegittimità deriverebbe dalla circostanza che “ è proprio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti l’unico ente ad avere accesso al Centro elaborazione dati (CED) del Dipartimento per i trasporti terrestri … ”.
Il motivo è infondato.
Come emerge dalla stessa comunicazione contestata, la segnalazione al Ministero dell’Interno perveniva a cura del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che trasmetteva i tabulati estratti dal CED di cui al comma 1 dell’art. 6 ter del D.L. n. 151/2003.
La successiva trasmissione del tabulato alla Prefettura per quanto di competenza, avvenuta fra uffici appartenenti alla medesima Amministrazione, è irrilevante ai fini invocati dal ricorrente.
Con il quinto e ultimo motivo il ricorrente deduce il difetto di motivazione evidenziando come dal provvedimento impugnato non emergerebbe “ quali siano state le violazioni al CDS in ragione delle quali il Prefetto di Ravenna ha emesso tale provvedimento ” (pag. 8 del ricorso).
Il motivo è infondato.
Il provvedimento impugnato richiama la nota del Ministero dell’Interno del 29 marzo 2017 con la quale venivano trasmessi i tabulati acquisti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ricavati dal CED dai quali erano evincibili gli estremi delle infrazioni commesse.
Per quanto precede il ricorso deve essere accolto limitatamente alle censure formulate con il secondo motivo di ricorso con conseguente necessità, da parte dell’Amministrazione, di adeguare la durata della misura inibitoria adottata a carico del ricorrente.
In ragione di detto esito può procedersi alla compensazione delle spese di giudizio frale parti.