TAR Pescara, sez. I, sentenza 2018-10-15, n. 201800297

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Pescara, sez. I, sentenza 2018-10-15, n. 201800297
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Pescara
Numero : 201800297
Data del deposito : 15 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/10/2018

N. 00297/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00200/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 200 del 2017, proposto da:
A M, rappresentato e difeso dall'avvocato L T, con domicilio eletto presso lo studio Augusto La Morgia in Pescara, viale Pindaro;

contro

Questura Chieti-Ministero Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata in L’Aquila complesso monumentale di San Domenico;

per l'annullamento

del d.a.s.p.o. con il quale il Questore di Chieti ha disposto il divieto per il ricorrente di accedere ad impianti sportivi siti in Italia e sul territorio dell’Unione europea.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero Interno - Questura Chieti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2018 il dott. M B e uditi l'avv. L T per la parte ricorrente, l'avvocato dello Stato Domenico Pardi per l'amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Considerato che:

- il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il Questore di Chieti ha disposto nei suoi confronti il divieto di accesso a tutti gli impianti sportivi siti nel territorio nazionale e della Comunità Europea, sulla base, sostanzialmente, della seguente motivazione: “persone appartenenti a entrambe le tifoserie accendevano strumenti per l’emissione di fumo “fumogeni” che dapprima reggevano in mano, sventolandoli in modo pericoloso tra gli spettatori, per poi gettarli tra gli stessi mentre erano ancora accesi, generando, nelle più volte reiterate circostanze, grave pericolo e turbamento per l’ordine e la sicurezza pubblica” … e evidenziando altresì che il ricorrente per tali fatti veniva anche denunciato per il reato di cui all’articolo 6 bis della legge 401/1989;

- il ricorrente lamenta che la motivazione del provvedimento gravato sarebbe apodittica perché in esso non sarebbe specificato in cosa sia consistito dettagliatamente il comportamento pericoloso da egli singolarmente posto in essere, e quale manifestazione sintomatica di pericolosità lo stesso abbia conseguentemente mostrato;
sarebbe inoltre carente di motivazione poiché sostanzialmente basato solo sulla circostanza dell’avvenuta denunzia all’AG ai sensi dell’articolo 6 bis cit., mentre l’articolo 6 comma 1 della medesima legge dispone che il Questore “può” applicare il Daspo ai segnalati all’AG, così postulando l’obbligo di accertamento di un quid pluris rispetto alla mera condotta penalmente rilevante, nel senso di dover esplicitare gli elementi della condotta concretamente sintomatici di pericolosità sociale tale da giustificare il divieto in questione;

- all’udienza del 21 settembre 2018 la causa è passata in decisione;

- il ricorso è fondato.

- come già evidenziato in sede cautelare, ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 401 del 1989, il fatto di aver commesso uno dei reati di cui agli articoli 6 bis e 6 ter della medesima legge costituisce solo il presupposto per valutare l’applicabilità della misura di prevenzione in disamina, la quale è rimessa alla discrezionalità della PA, senza alcun automatismo rispetto alla responsabilità penale, e richiede quindi una distinta e autonoma valutazione della specifica condotta individuale ai fini del giudizio prognostico di pericolosità (…il Questore può disporre…);

- deve essere valutato se il comportamento tenuto in concreto possa essere sintomatico, ai fini di polizia, di una specifica pericolosità tale da giustificare, oltre alla denuncia penale, anche l’ulteriore misura di prevenzione;

- anche se la pericolosità può essere manifestata mediante un’accertata consapevole partecipazione a azioni di gruppo, nel caso di specie manca comunque la prova di un comportamento concreto del ricorrente (autonomo o “di partecipazione”), volto in modo chiaro e univoco alla commissione di episodi violenti o minacciosi (cfr. Tar Pescara, sentenza 47 del 2018);

- non basta cioè il lancio dei petardi (articolo 6 bis) o il possesso dei medesimi (articolo 6 ter), atteso che la discrezionalità di cui gode il Questore (e riassunta dall’espressione “il Questore può” di cui all’articolo 6 della medesima legge 401 del 1989) deve essere funzionale a evitare la partecipazione a future manifestazioni sportive da parte di chi, come si evince all’ultimo periodo del medesimo articolo 6 cit., ha tenuto “ una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico ”;

- ciò premesso, il Collegio rileva che neanche all’esito dell’ordinanza istruttoria adottata da questo Tribunale sono stati depositati dall’Amministrazioni prove dirette (foto, riprese video, ecc…) da cui poter evincere per ciascun soggetto coinvolto il ruolo svolto negli accadimenti in questione e in grado di manifestare una partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l'ordine pubblico;
anzi dalle immagini in atti emergono per lo più atteggiamenti festosi e di incitamento della propria squadra da parte di un gruppo sparuto e abbastanza isolato di tifosi i quali non appaiono affatto manifestare atteggiamenti minacciosi, aggressivi od ostili;

- le spese, parzialmente compensate in ragione della opinabilità della questione affrontata (Cassazione sentenza n. 2883 del 2014;
Corte Costituzionale sentenza n. 77 del 2018), per la restante parte seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, tenuto conto anche della serialità dei ricorsi;

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