TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2015-02-12, n. 201500089

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2015-02-12, n. 201500089
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - L'Aquila
Numero : 201500089
Data del deposito : 12 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00378/2008 REG.RIC.

N. 00089/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00378/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 378 del 2008, proposto da:
Ostello del Cavaliere dei F.lli Cucchiella s.n.c., rappresentata e difesa dagli avv. A F, C G, con domicilio eletto presso Alessandra Avv. Ferrante in L'Aquila, Via degli Opifici-Bazzano;

contro

Comune di Santo Stefano di Sessanio in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. F C, con domicilio eletto presso Francesco Avv. Camerini in L'Aquila, Via Garibaldi,62;

nei confronti di

Responsabile del Servizio Tecnico Comunitario;

per l'annullamento delle delibere della Giunta Comunale aventi ad oggetto l’indizione di gara pubblica per la concessione in locazione dell’immobile di proprietà comunale sto in via Giudea e di ogni altro atto conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Santo Stefano di Sessanio in Persona del Sindaco P.T.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2015 la dott.ssa L G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Ostello del Cavaliere dei F.lli Cucchiella s.n.c., nella asserita qualità di legittima conduttrice (in forza del contratto di locazione di bene immobile destinato ad attività alberghiera di durata novennale stipulato nel 1990, rinnovatosi tacitamente prima nel 1999 e poi nel 2008 per mancata tempestiva disdetta) dell’immobile di proprietà comunale denominato Ostello del Cavaliere, chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo l’annullamento delle delibere della Giunta comunale del Comune di S. Stefano di Sessanio (n. 30 del 9 aprile 2008 e n. 36 del 14 maggio 2008), con cui era stata indetta una gara pubblica per la concessione in locazione del predetto immobile.

L’impugnativa era affidata ad un unico motivo di censura, rubricato “Eccesso di potere per carenza di fatto e nei presupposti, conseguente violazione degli artt. 28 e 40 della legge n. 392/78”, con cui la ricorrente sosteneva in sintesi che, stante la perdurante validità ed efficacia del contratto di locazione stipulato nel 1990 per effetto delle proroghe tacite intervenute, l’Amministrazione non poteva indire una gara per la concessione in locazione di detto immobile, tanto più che non era chiara la sua intenzione di continuare a destinare l’immobile ad attività ricettiva e che non si era tenuto conto degli ingenti oneri economici assunti da essa ricorrente per lavori di manutenzione straordinaria nella legittima convinzione della esistenza e validità del vincolo contrattuale.

L’adito Tribunale, con la sentenza n. 977 del 30 luglio 2008, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia de qua , osservando che il petitum sostanziale consisteva nell’accertamento della validità ed efficacia del contratto di locazione dell’immobile e che pertanto la situazione soggettiva fatta valere in giudizio, di cui si chiedeva tutela, era di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.

La società interessata ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia per “Errore sui presupposti e conseguente violazione degli artt. 5 e 8 della legge n. 1034 del 6 dicembre 1971 nel testo vigente”.

Ha resistito al gravame il Comune di S. Stefano di Sessanio, deducendone l’irricevibilità, l’inammissibilità e l’infondatezza.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6400 del 13 dicembre 2012, ha riconosciuto la giurisdizione del giudice amministrativo e la società ricorrente ha notificato e depositato ricorso in riassunzione davanti a questo Tribunale.

Con le memorie depositate in prossimità della pubblica udienza, le parti hanno ribadito le proprie deduzioni e il Comune resistente ha dedotto la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso.

Alla pubblica udienza del 27.1.2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione di perenzione sollevata dalla difesa del Comune resistente, in quanto la società ricorrente non solo ha notificato e depositato il ricorso in riassunzione, ma ha altresì depositato in data 23.1.2013 istanza di fissazione dell’udienza.

3. Ciò premesso, appare opportuno premettere le vicende che si sono susseguite a seguito della proposizione del ricorso in esame.

3.1. Come si è visto, la società ricorrente esercita, sin dal 1990 ed in forza di successivi contratti di locazione, attività di ristorazione nell’ambito di immobile di proprietà comunale denominato Ostello del Cavaliere. Proprio nella asserita qualità di legittima conduttrice dell’immobile in oggetto, ha impugnato le delibere della Giunta comunale del Comune di S. Stefano di Sessanio (n. 30 del 9 aprile 2008 e n. 36 del 14 maggio 2008), con cui era stata indetta una gara pubblica per la concessione in locazione del predetto immobile.

Successivamente, la suindicata società è risultata aggiudicataria provvisoria (determinazione del 14 luglio 2008) della procedura ad evidenza pubblica indetta con la deliberazione gravata con il ricorso introduttivo.

Tuttavia, a seguito del terremoto del 6 aprile 2009, l’immobile è stato classificato dapprima come totalmente inagibile (cat. E), quindi solo parzialmente inagibile (cat. C) ed infine, per tale parte, agibile a seguito dell’esecuzione di opere di messa in sicurezza (cat. B).

Con ordinanza n. 11 del 7 agosto 2009, peraltro, il Sindaco ha dichiarato l’inagibilità della struttura, vietandone l’utilizzo.

Con provvedimento n. 30 del 27 luglio 2009 il Responsabile del Servizio ha approvato gli atti di gara e proceduto all’aggiudicazione definitiva. L’atto veniva comunicato con nota in pari data, con invito a prendere contatti entro 5 giorni per definire i termini di stipula del contratto, tenendo conto “delle nuove condizioni determinatesi a seguito dell’evento sismico”.

Con nota del 18 settembre 2009 la società ha ribadito il proprio interesse all’affidamento dei locali e la disponibilità a realizzare gli interventi, ma ha chiesto una riduzione del canone di locazione in conseguenza del mancato utilizzo della parte dell’immobile divenuta inagibile, e ciò nella considerazione che il Comune si era in tal senso determinato per le medesime ragioni in favore di altra struttura operante in zona.

Sul presupposto di non potere accettare le condizioni proposte dalla società, con deliberazione della Giunta comunale n. 41 del 14 dicembre 2009 veniva avviato il procedimento di revoca dell’aggiudicazione.

Successivamente, con la determinazione n. 73 del 30.12.2010 del Servizio tecnico veniva disposta la revoca dell’aggiudicazione definitiva e delle determinazioni n. 34 e n. 36 di indizione della gara di affidamento e di approvazione del verbale di gara.

A tale atto faceva seguito il provvedimento di sgombero.

Avverso la determinazione n. 73 è insorta la società ricorrente, ma con sentenza n. 249 del 2012 il Tar Abruzzo, L’Aquila, ha rigettato il ricorso. La sentenza è stata confermata in sede di appello dal Consiglio di Stato (sentenza n. 4186 del 2013).

A fronte di tali sopravvenute vicende, il Comune resistente ha dedotto, nella memoria depositata in prossimità della pubblica udienza, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

3.2. Tanto premesso, osserva il Collegio che deve essere dichiarata l’improcedibilità del ricorso, per sopravvenuta carenza di interesse.

Ed invero, con il ricorso introduttivo sono state gravate le delibere della Giunta comunale del Comune di S. Stefano di Sessanio (n. 30 del 9 aprile 2008 e n. 36 del 14 maggio 2008), con cui è stata indetta una gara pubblica per la concessione in locazione dell’immobile di proprietà comunale in oggetto.

Queste delibere, come si è visto, sono state revocate dall’Amministrazione resistente, nell’esercizio dei propri poteri di autotutela, con la determinazione n. 73 del 30.12.2010, impugnata dalla società ricorrente con giudizio deciso in via definitiva dalla sentenza n. 4186 del 2013 del Consiglio di Stato, che ha confermato la pronuncia di primo grado la quale aveva rigettato il ricorso (sentenza n. 249 del 2012 del Tar Abruzzo, L’Aquila).

La determinazione n. 73, in particolare, non si è limitata a revocare l’aggiudicazione della procedura di gara per l’affidamento della locazione dell’immobile di proprietà comunale in oggetto, ma ha altresì revocato le delibere n. 34 e n. 36 del 2008 di indizione della gara di affidamento e di approvazione del verbale di gara, che costituiscono appunto l’oggetto del ricorso odierno.

Ne consegue che, revocati in via di autotutela gli atti gravati con il ricorso introduttivo, è venuto meno l’oggetto del contendere e, quindi, l’interesse della ricorrente alla definizione del giudizio nel merito, non potendo da essa trarre alcuna ulteriore utilità.

Ciò appare tanto più corretto alla luce di quanto rilevato dal Consiglio di Stato in sede di statuizione sulla giurisdizione.

Per quanto concerne l’oggetto del contendere, infatti, il Consiglio di Stato ha rilevato che “con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado la società Ostello del Cavaliere dei. F.lli Cucchiella s.n.c., nella asserita qualità di attuale legittima conduttrice del bene di proprietà comunale denominato Ostello, sito in Piazzale della Giudea (in catasto urbano al foglio 18, mappale 32), in forza di un originario contratto di durata novennale stipulato il 14 novembre 1990, tacitamente prorogato prima nel 1999 e poi nel 2008, ha chiesto l’annullamento delle delibere con cui la Giunta del Comune di S. Stefano Sessanio ha indetto una gara per l’affidamento in locazione a terzi del predetto bene, sul presupposto della sua piena libertà e disponibilità e cioè dell’intervenuta scadenza del predetto contratto di locazione.

Il bene della vita così perseguito non è, come ritenuto dai primi giudici, l’accertamento della sussistenza del vincolo di cui al contratto di locazione originariamente stipulato nel 1990 e asseritamente più volte tacitamente prorogatosi (ogni volta per un periodo di nove anni ciascuna, da ultimo nel 2008 e perciò fino al 2017), quanto piuttosto il cattivo uso da parte dell’amministrazione comunale di S. Stefano Sessanio del potere di gestione dei propri beni per aver messo a gara un bene già locato (sotto il profilo di “eccesso di potere per cause di fatto e nei presupposti…”, come rubricato nell’unico motivo di ricorso).

A ciò consegue che la situazione giuridica fatta valere in giudizio non è di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo e sussiste pertanto la giurisdizione del giudice amministrativo, erroneamente negata dai primi giudici”.

A tale conclusione non osta – ad avviso del Consiglio di Stato – “la circostanza che ai fini del sindacato sulla correttezza o meno del potere esercitato sia necessario accertare l’effettiva disponibilità da parte dell’amministrazione comunale del bene pubblico di cui si discute ed in particolare se il contratto di locazione del predetto immobile sia ancora valido ed efficace, perché prorogato secondo le puntuali previsioni normative invocate dall’appellante, ovvero se sia scaduto, secondo quanto sostenuto dal Comune di S. Stefano Sessanio: ciò infatti configura una questione incidentale relativa a diritti, la cui cognizione spetta al giudice amministrativo che, ai sensi dell’art. 8 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ora articolo 8, comma 1, c.p.a., ha effettivamente il potere di decidere, senza efficacia di giudicato, tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale, come nel caso in esame (Cass. SS.UU. 19 febbraio 2004, n. 3341)”.

Ciò premesso, appare evidente che l’oggetto del contendere, così come ricostruito dal Consiglio di Stato, è costituito dalla verifica della legittimità delle delibere con cui la Giunta del Comune di S. Stefano Sessanio ha indetto una gara per l’affidamento in locazione a terzi del bene in questione e non l’accertamento della sussistenza del vincolo di cui al contratto di locazione originariamente stipulato nel 1990 e asseritamente più volte tacitamente prorogatosi.

Ne consegue che la revoca in autotutela delle delibere impugnate, facendo venir meno l’oggetto del contendere, determina l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

4. Nel merito, comunque il ricorso sarebbe infondato.

Alla luce di quanto dedotto in fatto, appare evidente che, al fine di verificare la dedotta illegittimità delle delibere con cui la Giunta del Comune di S. Stefano Sessanio ha indetto una gara per l’affidamento in locazione a terzi del predetto bene, si deve accertare la sua piena libertà e disponibilità e cioè l’intervenuta scadenza del contratto di locazione stipulato con la società ricorrente il 14 novembre 1990, tacitamente prorogato prima nel 1999 e poi nel 2008.

Ad avviso di parte ricorrente, il suddetto contratto si era nuovamente rinnovato tacitamente dopo la seconda scadenza del 30.5.2008, in quanto la disdetta non le era stata comunicata nei termini di legge (ossia 18 mesi prima della scadenza) dall’amministrazione comunale.

Ciò premesso, osserva il Collegio che la censura principale – in forza della quale il contratto si era già prorogato per rinnovo tacito – è da ritenersi infondata, atteso che secondo la costante giurisprudenza nei confronti della p.a. non è configurabile il rinnovo tacito del contratto di locazione, attesa l’indispensabilità dell'atto scritto “ad substantiam”. Né il contratto può ritenersi formato per effetto di un mero comportamento concludente, anche protrattosi per anni (in tal senso, per l'appunto con riferimento ad un contratto di locazione, Cass. civ., n. 258/2005, secondo cui "per costante giurisprudenza, la volontà di obbligarsi della p.a. non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l'atto scritto "ad substantiam";
sicché nei confronti della stessa p.a. non è configurabile il rinnovo tacito del contratto di locazione né rileva per la formazione del contratto un mero comportamento concludente, anche protrattosi per anni". Sempre con riferimento al rinnovo tacito di un contratto di locazione, Corte d'Appello di Salerno, 16.05.2003 e Cass. civ. n. 11649/2002, nonché Tar Campania, Napoli, n. 27378 del 2010).

Dalla giurisprudenza citata si evince anche che la norma di cui all’art. 28 della legge n. 392 del 1978, in materia di rinnovo tacito del contratto di locazione, non è applicabile alla p.a.

Nel caso di specie, quindi, corretta e condivisibile appare la scelta di bandire una gara per la stipula del nuovo contratto, al fine di ottenere le migliori condizioni possibili: la scelta risponde a criteri di imparzialità e di efficienza dell'azione amministrativa e, pertanto, deve ritenersi che il provvedimento non potesse avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

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