TAR Roma, sez. II, sentenza 2023-06-06, n. 202309514

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2023-06-06, n. 202309514
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202309514
Data del deposito : 6 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/06/2023

N. 09514/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01795/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1795 del 2022, proposto da
G G, rappresentato e difeso dagli avvocati D P e G R, con domicilio digitale in atti;

contro

Agenzia delle Accise Dogane e Monopoli – Direzione Regionale per la Sicilia - Ufficio dei Monopoli – Sezione Distaccat, non costituito in giudizio;
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Direzione Regionale Sicilia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

P Tttolomondo, Salvatore Cucchiara, Rosaria Damiata, rappresentati e difesi dall'avvocato Livia Grazzini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Leopoldo Serra 32;

per l'annullamento

- del provvedimento prot. n. 75981 del 24 dicembre 2021, notificato in pari data, con cui l’Ufficio dei Monopoli – Sezione Distaccata di Agrigento della Direzione Regionale per la Sicilia dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli ha comunicato il diniego dell’istanza di trasferimento fuori zona della rivendita ordinaria del ricorrente,

- in parte qua, del d.m. n. 38/2013 art. 10, comma 5 bis, laddove prevede che “L'autorizzazione al trasferimento fuori zona è subordinata al rispetto dei requisiti di cui all'articolo 2” e, dunque, nega la possibilità del trasferimento “qualora nei comuni interessati sia stato già raggiunto il rapporto di una rivendita ogni 1.500 abitanti”;

- della Circolare dell’amministrazione n. 28 del 22 luglio 2021 nella parte in cui, nei casi in cui sia ecceduto il parametro di distanza massima, fa corrispondere le eccezionali circostanze per la deroga a tale parametro con la sussistenza dei medesimi requisiti che giustificherebbero l’istituzione di una nuova rivendita, con ciò assoggettando di fatto la concessione del trasferimento fuori zona al rispetto del rapporto di una rivendita ogni 1.500 abitanti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle accise, delle dogane e dei monopoli, nonché di P Tttolomondo, Salvatore Cucchiara e Rosaria Damiata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2023 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame, il ricorrente, titolare della rivendita di generi di monopolio n. 1, con annessa ricevitoria lotto n. PA1625, sita in Agrigento, via Pirandello n. 82, impugna l’atto in epigrafe con cui l’Agenzia delle accise, delle dogane e dei monopoli (nel prosieguo “ADM”) ha respinto la domanda da costui avanzata di trasferimento fuori zona di tale rivendita presso un immobile sito nel medesimo comune, alla via Gela n. 5, con la motivazione che “ risulta superato il rapporto di una rivendita ogni 1.500 abitanti e non viene rispettato il criterio della distanza massima (art. 10 co. 5 bis del D.M. 38/2013) ”.

Il ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento impugnato assumendone illegittimità relativamente ad entrambe le ragioni di diniego opposte.

In particolare, quanto al preteso superamento del rapporto popolazione/rivendite, richiama l’istante l’orientamento espresso da questa Sezione con la sentenza 4 giugno 2021, n. 6609 di esclusione dell’operatività del limite dimensionale di una rivendita di tabacchi ogni 1.500 abitanti, previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 2, comma 3, e 10, comma 5 bis , del d.m. n. 38/2013, nell’ipotesi del trasferimento fuori zona infra comunale. Contesta, dunque, che detto limite dimensionale si applichi indistintamente a tutte le ipotesi di trasferimento fuori zona, indipendentemente dalla circostanza che lo stesso determini o meno lo spostamento della sede dell’attività all’interno dello stesso Comune ovvero implichi il superamento del confine municipale.

Con riferimento, invece, alla motivazione del diniego fondata sulla circostanza “ Non risulta sussistente il requisito concernente il rapporto tra la distanza dalla sede attuale della rivendita alla sede proposta che, ai sensi del citato art. 10, comma 5 bis, del D.M. 38/2013, per i comuni con popolazione da 30.000 a 100.000 abitanti non può superare i 2.500 metri, evidenziandosi al riguardo che dal sopralluogo effettuato la distanza intercorrente tra la sede originaria della rivendita e quella proposta supera i 5.000 metri ”, parte ricorrente - senza in alcun modo contestare il tale dato oggettivo - assume, invece, l’esistenza dei presupposti per la “ deroga” al rispetto della distanza massima intercorrente tra la sede originaria della rivendita e quella di nuova ubicazione, attesa la ricorrenza delle “ eccezionali circostanze previste dalla norma di riferimento volte alla “ottimizzazione e alla razionalizzazione della rete di vendita” che avrebbero dovuto indurre l’amministrazione ad assentire il trasferimento richiesto ”, come comprovato dal parere espresso dalla Guardia di Finanza, dove alla domanda “ il trasferimento gioverebbe agli interessi del servizio? ” si risponde “ trattasi di strada con altre attività commerciali che potrebbe bene supportare il nuovo insediamento .”.

Lamenta, infine, il ricorrente come l’avversato diniego sarebbe stato emesso in violazione delle norme sul procedimento amministrativo, per non aver l’ADM esternato le ragioni per le quali ha ritenuto di disattendere le puntuali e molteplici osservazioni formulate dal ricorrente.

L’Agenzia si costituiva in giudizio, ampiamente argomentando sulla legittimità della propria determinazione di diniego.

Anche i titolari delle rivendite ordinarie di generi di monopolio n. 7, n.66 e n.42 in Agrigento si costituivano in giudizio quali controinteressati, chiedendo il rigetto delle censure proposte.

Seguiva il deposito di memorie in cui ciascuna delle parti ribadiva le proprie opposte tesi difensive.

All’udienza pubblica del 26 aprile 2023, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione.

Oggetto del presente giudizio è, come accennato, l’atto con cui l’Agenzia ha disatteso la domanda di trasferimento fuori zona della rivendita di generi di monopolio del ricorrente presso un immobile sito nel medesimo Comune, sul presupposto “ dall'istruttoria svolta è emerso che la distanza tra il locale proposto e la sede originaria è superiore a metri 600 (precisamente metri 5.300 circa) ” e che “ che il rapporto di una rivendita ogni 1.500 abitanti risulta abbondantemente superato in quanto nel comune di Agrigento, che, secondo l'ultimo censimento ISTAT, conta 58.323 abitanti, risultano attive 43 rivendite ordinarie ”.

La gravata determinazione è, infatti, un atto plurimotivato, sicché - come chiarito da un consolidato orientamento della giurisprudenza (che il Collegio condivide) – “ solo l'accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui esso risulta incentrato può comportarne l'illegittimità e il conseguente effetto annullatorio ” (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 1383/2009 e n. 6732/2007;
T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VII, n. 4349/2014 e n. 5632/2013).

Ne consegue che, come affermato anche dal Consiglio di Stato, nei casi in cui il provvedimento impugnato risulti - come nel caso di specie - sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, ove ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, indipendentemente dall'ordine con cui i motivi sono articolati nel gravame, in quanto la conservazione dell'atto implica la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre doglianze (si confronti, al riguardo, Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 694/2013 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Ciò posto, il ricorso deve essere respinto, ritenendo il Collegio che l’atto impugnato sia legittimamente fondato sulla carenza del requisito della distanza massima tra gli esercizi, di per sé idonea a sorreggere la determinazione di diniego e dunque tale da assumere rilievo dirimente, con conseguente assorbimento del motivo di impugnazione (il secondo), invece, riferito al diverso e autonomo rilievo riferito al superamento del requisito dimensionale di cui all’art. 2, comma 3, del d.m. n. 38/2013.

Deve essere, infatti, disatteso il terzo motivo di ricorso.

Appare al riguardo opportuno, innanzi tutto, succintamente tratteggiare la disciplina di dettaglio di cui al d.m. n. 38/2013 che:

- all’art. 10, comma 5, chiarisce che il trasferimento di una rivendita ordinaria si considera fuori zona quando, per effetto del trasferimento, si determinano mutamenti in ordine anche ad una sola delle tre rivendite più vicine, aggiungendo che, in ogni caso, il trasferimento della rivendita ad una distanza superiore a 600 metri rispetto alla sede originaria è sempre considerato fuori zona;

- all’art. 10, comma 5 bis , precisa che l’autorizzazione al trasferimento fuori zona è subordinata al rispetto dei requisiti di cui all'articolo 2, e che “ Fatte salve eccezionali circostanze, motivate in relazione alla ottimizzazione e alla razionalizzazione della rete di vendita, il trasferimento fuori zona della rivendita non è consentito se la distanza intercorrente tra la sede originaria della rivendita e quella proposta per la nuova ubicazione risulti superiore a: a) 3000 metri nei comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti;
b) 2500 metri nei comuni con popolazione da 30.001 a 100.000 abitanti;
c) 2000 metri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti
”;

- all’art. 12, comma 1, dispone che “ Le domande di trasferimento di rivendite ordinarie, in zona ovvero fuori zona, sono altresì consentite, in qualsiasi periodo dell'anno, per cause di forza maggiore che, valutate singolarmente dall'Amministrazione, determinano l'oggettiva impossibilità dell'esercizio della attività ”.

Ebbene, è infondata la censura con cui il ricorrente invoca l’esistenza dei presupposti per concedere la “ deroga ” al rispetto della distanza massima intercorrente tra la sede originaria della rivendita e quella proposta per la nuova ubicazione, invero formulata sulla base della generica allegazione che “ l’eventuale trasferimento della rivendita del ricorrente potrebbe comportare un utile decongestionamento della zona dove attualmente è ubicata la rivendita n°1 ” e che “ il trasferimento nella circoscrizione “Costa” determinerebbe l’ottimizzazione e la razionalizzazione della rete di vendita perseguita dalla norma regolamentare di riferimento ”.

Il citato comma 5 bis laddove consente di derogare al requisito ostativo della distanza massima “ tra la sede originaria della rivendita e quella proposta per la nuova ubicazione ” nel caso in cui sussistano “ eccezionali circostanze, motivate in relazione alla ottimizzazione e alla razionalizzazione della rete di vendita ”, rimette infatti all’amministrazione una valutazione tipicamente discrezionale in ordine all’individuazione della soluzione più appropriata ai fini del perseguimento dell’interesse pubblico, che, in quanto tale, è censurabile - unicamente sul piano della legittimità - per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili emergano con evidenza dalla documentazione versata in atti e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o debba entrare nel merito della verifica di tali circostanze.

Conseguentemente il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica e quindi sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della abnormità logica, vizio la cui sostanza non può comunque essere confusa con l’adeguatezza della motivazione (in tal senso, da ultimo, Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 705/2018).

Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell’adito organo di giustizia, del giudizio espresso al riguardo dall’Agenzia, con conseguente sostituzione alla stessa, sicché deve ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione delle circostanze di cui discorre, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi, alla valutazione di legittimità dell’operato dell’Agenzia medesima, una - preclusa - cognizione del merito della questione.

Ciò posto, il Collegio, nell’esprimersi – entro i consentiti limiti di relativa sindacabilità – sulle valutazioni espresse dall’amministrazione circa l’assenza di eccezionali circostanze, ritiene non sia ravvisabile una loro effettiva manifesta irragionevolezza e arbitrarietà, tanto più avendo omesso parte ricorrente di fornire la prova dell’asserito congestionamento che conseguirebbe all’auspicato trasferimento della propria attività.

In tal senso, non può infatti ritenersi determinante il richiamato parere della Guardia di Finanza che, in sede di compilazione di una griglia predefinita, in corrispondenza del quesito “ il trasferimento gioverebbe agli interessi del servizio? ” inseriva la considerazione – al riguardo non pertinente – che “ trattasi di strada con altre attività commerciali che potrebbe bene supportare il nuovo insediamento ”, non integrando un tale commento il requisito di cui si discorre.

Deve, infine, essere disattesa anche la censura con cui il ricorrente lamenta l’asserita omessa valutazione delle deduzioni difensive formulate a valle del preavviso di rigetto ex art. 10 bis della l. n. 241/1990, contenendo l’atto impugnato puntuali riferimenti alle osservazioni trasmesse dall’istante nonché un’adeguata valutazione sia della zona dove si trova ora la rivendita, sia della zona in cui detta rivendita dovrebbe essere spostata.

In conclusione, per le ragioni fin qui espresse, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono, comunque, giusti motivi, attese le concrete modalità di svolgimento della vicenda, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

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