TAR Catania, sez. I, sentenza 2024-05-21, n. 202401879
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Testo completo
Pubblicato il 21/05/2024
N. 01879/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00717/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 717 del 2020, proposto da
-OMISSIS- titolare del Ristorante “-OMISSIS- rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe D'Anna, A N e M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ufficio Territoriale del Governo Messina e Ministero dell'Interno, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale di Catania, con domicilio ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Unione dei Comuni-OMISSIS- – Comuni di-OMISSIS- e Comune di -OMISSIS-, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
- dell’Informativa – interdittiva della Prefettura di Messina – Area I Prot. Interno n-OMISSIS- del 31.01.2020, notificata in data 31.01.2020;
- del provvedimento della Unione dei Comuni-OMISSIS- Comuni di-OMISSIS- – Sportello Unico delle attività produttive n° prot. 66 del 05.02.2020, notificato in data 05.02.2020, a firma del “Responsabile SUAP”, con il quale, in “esecuzione” della superiore informativa, è stata disposta la “revoca” della licenza commerciale di Pubblico Esercizio tipo A-B del 13.03.2001, intestata alla ricorrente e il conseguente “ordine” nei confronti della ricorrente di depositare il suddetto titolo entro giorni 15 dalla data di notifica (ordine ottemperato in data 12.02.2020);
- di tutti gli atti ed essi presupposti, connessi e conseguenziali, antecedenti e/o successivi, anche se non indicati specificatamente e/o allo stato non conosciuti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo Messina e del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 aprile 2024 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato in data 22 maggio 2020 e depositato in data 6 giugno 2020, parte ricorrente, titolare del ristorante-OMISSIS- dal 1990, ha rappresentato che, con provvedimento prot. n-OMISSIS- del 31.01.2020, la Prefettura di Messina ha emesso informazione interdittiva, ai sensi degli articoli 84, 89 bis e 91 del decreto legislativo 159/2011 e successive modifiche ed integrazioni, nei confronti della sua impresa individuale, “ in quanto soggetta al pericolo delle infiltrazioni mafiose, alla stregua degli univoci, molteplici, congruenti, inconfutabili elementi acquisiti ”.
Il provvedimento interdittivo impugnato, in particolare, assume che il gestore di fatto del ristorante-OMISSIS- sia il cognato di-OMISSIS-(titolare dell’impresa) ossia il dipendente -OMISSIS-;questi sarebbe soggetto, già condannato per il reato di cui all’art. 416-bis c.p. e intraneo al sodalizio mafioso dei Tortoriciani, che avrebbe messo a disposizione più volte il detto ristorante per summit di mafia, da lui stesso organizzati, garantendone la riservatezza.
Il ricorso, proposto avverso l’informazione interdittiva, è affidato alle seguenti censure:
I) Violazione del D.lgs. 159/2011 e delle norme e leggi richiamate negli atti impugnati per difetto di istruttoria - eccesso di potere - travisamento dei fatti – inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto sotto diversi molteplici profili – Mancanza di motivazione.
Le articolare censure di parte ricorrente possono essere sintetizzate come segue:
- il presupposto su cui si fonda il provvedimento impugnato, ovvero che il sig. -OMISSIS- sia il “gestore di fatto” del ristorante “-OMISSIS- sarebbe frutto di “un’errata e non provata” presunzione, come – tra l’altro - emergerebbe: dalla decisione del Tribunale del riesame del 24.01.2006, che ha annullato il provvedimento di sequestro di tutti i beni dell’odierna ricorrente e ne ha disposto la restituzione;dal provvedimento del 15.11.2007 del Tribunale per le misure di prevenzione di Messina, con il quale è stata rigettata “ la richiesta di sequestro beni ”, ritenendo che sia “ da escludere che il preposto, seppur ne abbia fatto la sede di taluni incontri per i propri traffici illeciti, sia titolare del ristorante-OMISSIS-o ne abbia la disponibilità ”;dal fatto che la ricorrente, nella sua qualità di proprietaria e gestore del ristorante, abbia sempre trattato personalmente con i clienti, con i fornitori e con tour operator;dalla detenzione del -OMISSIS-nei periodi indicati, ovvero dal 05.02.1996 al 15.02.1996, dal 31.03.2000 al 31.03.2001, dal 29.11.2003 al 01.06.2011, dal 19.10.2011 al 18.11.2011, dal 31.01.2013 al 02.08.2014;“dalla cessazione delle misure di prevenzione …” (Tribunale per le misure di prevenzione del 15.11.2007);
- la Prefettura di Messina non avrebbe dimostrato sulla base di quali elementi il -OMISSIS-sarebbe il gestore/titolare di fatto dell’attività;inoltre, non vi sarebbe alcun elemento, ragionamento e/o motivazione (in fatto e diritto) che giustifichi l’assunto secondo il quale la Sig.ra-OMISSIS-sarebbe una “testa di legno” e non l’effettivo gestore/proprietario del ristorante;
- gli episodi contestati relativi a presunte attività illecite nel corso di tanti anni sarebbero solamente tre, ovvero quelli del 18.03.2016, 18.06.2016 e 01.07.2016, e di essi la ricorrente sarebbe stata del tutto inconsapevole, così come del coinvolgimento del -OMISSIS-Marchetta;
- la ricorrente avrebbe avuto conoscenza, in maniera accidentale, del ritrovamento delle microspie, che, su sua decisione, sono stante consegnate alla stazione dei CC di -OMISSIS-;non avrebbe avvisato alcuno del loro rinvenimento e non avrebbe mai saputo che il -OMISSIS-o altri ne avessero dato notizia ad altri o che avessero fatto alcuna bonifica, essendosi limitata alla consegna delle stesse;
II) Violazione del D. lgs 159/2011 e delle norme e leggi in materia di revoca – della licenza di esercizio – eccesso di potere – travisamento dei fatti – irregolarità del procedimento di revoca – incompetenza del funzionario che ha disposto la revoca – eccesso di potere – carenza di presupposti. Illegittimità del procedimento per mancato avviso dell’avvio del procedimento per la revoca della licenza ex art. 8 L. 241 del 1990 - Difetto di motivazione dell’atto impugnato. Difetto del potere di revoca in capo alla c.d. Unione dei Comuni-OMISSIS-:
- l’atto di revoca della licenza è stato sottoscritto dal “responsabile SUAP”, che non avrebbe il relativo potere, spettante al dirigente per il principio del contrarius actus ;
- sarebbe mancata la comunicazione dell’avvio del procedimento, conclusosi con il provvedimento di revoca del 5.02.2020, prot. 66;
- non sarebbero stati motivati gravi indizi riferibili alla ricorrente né tantomeno indicazioni rispetto agli elementi fattuali di cui all’articolo 84 decreto legislativo 159 del 2011, quali i cosiddetti reati spia;
- il provvedimento di revoca della licenza commerciale sarebbe stato emesso da un ente privo di potere (Unione dei Comuni-OMISSIS-) in luogo dei soggetti competenti del Comune di -OMISSIS-;
III) Eccesso di potere – travisamento dei fatti – Violazione di legge e della normativa in materia di inserimento dell’ attività della ricorrente nella c.d. Banca dati Unica Nazionale – Difetto di Istruttoria – Mancanza di motivazione ed irrilevanza della presunta mancata iscrizione rispetto alla interdittiva antimafia – inesistenza di pericolo e/o pregiudizio relativo al mancato inserimento dell’attività – Esistenza della regolare iscrizione presso la CCIA di Messina, presso l’Ufficio IVA ecc.:
- essendo la ricorrente titolare dell’autorizzazione per l’esercizio di tipo A e B n. 6, rilasciata dal Comune di -OMISSIS- in data 13 marzo 2001, proveniente da “conversione ex legge 237 del 25 agosto 1991”, l’attività in questione non avrebbe potuto essere inserita nella banca dati unica nazionale, in quanto la licenza sarebbe risalente a un periodo antecedente all’istituzione stessa della banca dati;
- la circostanza sarebbe del tutto irrilevante in quanto la ditta sarebbe stata sempre titolare di regolare partita IVA, licenza e iscrizione alla camera di commercio, sicché non vi sarebbe alcun tentativo di celare l’esistenza dell’attività.
2. In data 8 giugno 2020 l’Amministrazione resistente, ritualmente intimata, si è costituita in giudizio.
3. Con ordinanza n. 495/2020, pubblicata in data 29 giugno 2020, non appellata, è stata respinta l’istanza cautelare sulla base della seguente motivazione: “ Ritenuto che, sia pure a seguito della sommaria cognizione della presente fase e fatto salvo l’approfondimento nella fase di merito, non sussistono i presupposti per l’accoglimento della chiesta istanza cautelare, in quanto il provvedimento interdittivo avversato
- risulta adeguatamente motivato dalla dichiarata circostanza che il cognato della ricorrente, gestore di fatto dell’azienda in questione e comunque soggetto che ne ha la “piena disponibilità”, abbia più volte utilizzato l’esercizio commerciale come sede di incontri delle famiglie mafiose di Tortorici (circostanza risultante “dagli accertamenti riportati nella … ordinanza n. -OMISSIS-/17 RG GIP”);
- risulta corroborato del contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare n. -OMISSIS-/2017, che contiene specifici elementi utili a delineare la figura del cognato come soggetto con riferimento al quale “i riscontri del suo costante partecipare alle dinamiche mafiose tortoriciane anche in epoca successiva all’anno 2003 sono tanti …”;
- fa riferimento alla circostanza che il cognato, “intraneo al sodalizio mafioso ed esponente mafioso già appartenente al gruppo dei “Tortoriciani”, sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per il reato di associazione di tipo mafioso nell’ambito del procedimento penale cd “Icaro Abbreviato”;
Ritenuto che la circostanza che la separazione tra il cognato e la sorella sia stata omologata nel 2011 non appare risolutiva ai fini della chiesta sospensione, in considerazione della circostanza che non risulta che successivamente il cognato abbia cessato di lavorare nell’impresa in questione;
Ritenuto che non appare risolutivo neanche il licenziamento del cognato avvenuto con decorrenza immediata il giorno 1 febbraio 2020, atteso che si tratta di fatto successivo all’interdittiva;”.