TAR Potenza, sez. I, sentenza 2013-10-04, n. 201300587

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2013-10-04, n. 201300587
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 201300587
Data del deposito : 4 ottobre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00191/2013 REG.RIC.

N. 00587/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00191/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 191 del 2013, proposto da:
A O, rappresentata e difesa dall'avv. Filomena D'Addario, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. in Potenza, via Rosica, 89;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica, n.c.;

per l'esecuzione del decreto n. 169/08 emesso dalla Corte di Appello di Potenza in data 11/11/2008.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2013 il dott. Pasquale Mastrantuono e udito l’Avv. Antonio De Sensi su delega dell'Avv. Filomena D'Addario;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il decreto in epigrafe la Corte d’Appello di Potenza ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore della ricorrente della somma di euro 7.000,00 a titolo di equa riparazione per superamento della ragionevole durata del processo civile ai sensi della L. n. 89/2001, oltre gli interessi legali a far data dalla domanda (11.7.2008) fino al soddisfo. Ha inoltre condannato l’Amministrazione al pagamento, in favore del difensore anticipatario, delle spese di giudizio liquidate in complessive euro 1.008,02 oltre IVA e CPA come per legge.

Il decreto, passato in giudicato (giusta attestazione di cancelleria del 24.1.2013), è stato notificato in forma esecutiva, in data 9.12.2009, al Ministero della Giustizia che però, a tutt’oggi, non ha provveduto al dovuto pagamento.

E’ stato, pertanto, proposto il presente ricorso (notificato il 13.3.2013 e depositato il 14.3.2013) volto ad ottenere il pagamento delle predette somme, delle spese successive necessarie per portare ad esecuzione il provvedimento e dell’ulteriore somma prevista dall’art. 114, c. 4, lett. e), c.p.a. per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato.

Il Ministero della Giustizia non si è costituito.

Alla Camera di Consiglio del 18.9.2013 la causa è stata spedita per la decisione.

DIRITTO

1 - Il Collegio, ai sensi dell’art. 114 c.p.a., ritiene il presente ricorso ammissibile, essendo spirato il termine di 120 giorni previsto dall’art. 14, comma 1, D.L. n. 669/1996 conv. in L. n. 30/1997 ed avendo la parte ricorrente depositato la certificazione ex art. 124 disp.att. del c.p.c., atta a comprovare il passaggio in giudicato del Decreto della Corte d’Appello di Potenza n. 169/2008, richiesta dall’art. 114, comma 2, c.p.a..

2 - In via preliminare, va rilevato che secondo un costante e pacifico orientamento giurisprudenziale condiviso da questo Tribunale (cfr. C.d.S. Sez. IV n. 3427 del 28.6.2005, n. 6318 del 10.12.2007 e n. 5915 del 23.8.2010;
T.A.R. Basilicata n. 181 del 19.4.2012) il Decreto di condanna ex art. 3 L. n. 89/2001 ha natura decisoria ed è idoneo ad assumere efficacia di cosa giudicata. Rientra, quindi, tra quegli altri provvedimenti, equiparati alle Sentenze del Giudice Ordinario ex art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a., per i quali è consentita la proposizione dell’azione di ottemperanza.

Sempre in via preliminare, circa la ritualità della notifica del titolo esecutivo e del presente ricorso il Tribunale espressamente rinvia alle proprie sentenze n. 471 del 18.10.2012 e n. 13 del 10.1.20132.

3 - Nel merito, spetta alla ricorrente la somma di euro 7.000,00 a titolo di equa riparazione oltre gli interessi legali, maturati “dalla domanda” (11.7.2008) cioè dalla data di proposizione dell’azione ex art. 3 L. n. 89/2001, e fino al soddisfo e le somme successivamente sostenute e necessarie per portare ad esecuzione il provvedimento oggetto del presente giudizio. Spetta, inoltre, la somma di euro 1.008,02 a titolo di spese legali, diritti ed onorari oltre accessori come per legge da corrispondersi in favore del difensore anticipatario così come disposto con il Decreto del quale si chiede l’esecuzione.

4 - Meritevole di accoglimento è, altresì, nei limiti di cui in motivazione, la specifica domanda presentata da parte ricorrente ex art. 114, comma 4, lett. e), del c.p.a., per la condanna dell’Amministrazione resistente ad una somma di denaro a causa del ritardo nell’esecuzione del giudicato. Sussistono, infatti, tutti i presupposti sostanziali e processuali richiesti dalla legge per l’applicazione di tale misura - c.d. “penalità di mora” o “astreinte”.

Il Collegio ha affrontato funditus la questione se tale istituto possa trovare applicazione quando, come nel caso di specie, l’esecuzione del giudicato consiste nel pagamento di una somma di denaro ed è pervenuto a risposta positiva nelle sentenze nn. 263 e 264/2013.

Su tale problematica gli orientamenti giurisprudenziali contrapposti (contrario: cfr. TAR Lazio, sez. I, 29 dicembre 2011 n. 10305 e sez. II-quater, 31 gennaio 2012 n. 1080;
favorevole: cfr. Cons. Stato, sez. V, ord. 14 maggio 2012 n. 2744, idem, sent. n. 6688 del 20 dicembre 2011), condizionati anche dalla circostanza che tale misura è stata introdotta dall’art. 614 bis c.p.c., con riguardo però alle sole sentenze aventi per oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare, hanno trovato composizione in base all’essenziale rilievo che la misura citata assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria. In vero l’astreinte non è volta a riparare il pregiudizio cagionato dalla mancata esecuzione della sentenza (per la tutela del quale opera l’istituto degli interessi moratori) ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria ed a stimolare il debitore all’adempimento. Il che è in linea con il rilievo che nel processo amministrativo l’istituto presenta una portata applicativa più ampia che nel processo civile, in quanto l’art. 114, comma 4, lettera e), c.p.a. non ha riprodotto il limite, stabilito nella norma di rito civile, della riferibilità del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibile.

4.1 – Passando adesso a verificare la sussistenza, nella specie, dei presupposti sostanziali, l’Amministrazione si scopre essere inadempiente all’obbligazione posta con il Decreto n. 169/2008 emesso dalla Corte d’Appello di Potenza relativamente al quale si chiede l’esecuzione.

Nonostante parte ricorrente ha provveduto, in data 9.12.2009, a notificare il decreto con l’apposizione della formula esecutiva al Ministero della Giustizia, lo stesso non ha effettuato il pagamento delle somme dovute.

Di tale tipologia d’inadempimento si è occupata la CEDU che, in fattispecie analoghe, ha ravvisato la violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione poiché, ad avviso della Corte, anche il tempo per l’esecuzione della condanna relativa all’indennizzo entra a far parte del termine complessivo del processo e rileva ai fini del rispetto di tale norma (cfr. CEDU, Grande Camera, 29 marzo 2006 Cocchiarella c. Italia;
CEDU, Sez. II, 21 dicembre 2010 Gaglione c. Italia). Secondo la Corte Europea bisogna però considerare che all’Amministrazione occorre un certo periodo di tempo per portare a termine le procedure preposte all’effettiva erogazione delle somme, con la conseguenza che la suddetta violazione si verifica solo dopo il decorso di un certo periodo c.d. di tolleranza che non può comunque superare i 6 mesi dal momento in cui il provvedimento del giudice diviene esecutivo.

Nella fattispecie in esame, il termine di tolleranza di 6 mesi, come individuato dalla CEDU, durante il quale il Ministero avrebbe dovuto compiere tutti gli atti necessari per effettuare il pagamento, risulta abbondantemente superato con la conseguente illegittimità della condotta dell’amministrazione intimata.

Ed inoltre si riscontrano la presenza di una specifica istanza della parte affinché il giudice possa applicare la misura;
la non manifesta iniquità della misura (l’inadempimento dipende da una mera inerzia della PA e non è giustificata dalla necessità di compiere attività particolarmente complesse) e l’assenza di altre ragioni ostative (secondo l’orientamento della CEDU laddove ha affermato che la carenza di fondi non può costituire un pretesto per non pagare il debito riconosciuto giudizialmente).

4.2 – Passando adesso all’esame dei presupposti processuali, poiché parte ricorrente ha richiesto, oltre all’applicazione della sanzione prevista dall’art. 114 cit., anche la nomina del commissario ad acta, il Collegio deve verificare l’ipotesi della possibile coesistenza dei due rimedi, in considerazione del fatto che, nonostante entrambi abbiano la finalità di far eseguire il giudicato alle amministrazioni inadempienti, hanno però un campo di operatività diverso.

Ebbene, il Collegio ha condiviso (cfr. le citate Sentenze 263 e 264/2013) quella giurisprudenza che ha ritenuto i due rimedi non alternativi, ma cumulabili atteso che l’Amministrazione non perde il potere di conformarsi al giudicato neppure dopo l’eventuale insediamento del Commissario ad acta, sicché la coazione indiretta costituita dall’astreinte continuerebbe ad avere un senso.

4.3 – Quanto all’individuazione del momento a partire dal quale far decorrere la misura sanzionatoria e procedere alla quantificazione della stessa, in difetto di disposizioni puntuali da parte del codice del processo amministrativo, dovrà decidersi in via equitativa, rifacendosi ai parametri di cui all’art. 614 bis c.p.c. e, quindi, si terrà conto della gravità dell’inadempimento, del valore della controversia, della natura della prestazione, dell’entità del danno e delle altre circostanze, oggettive e soggettive, del caso concreto.

4.3.1 – In ordine all’individuazione del dies a quo, il Collegio ritiene che vada fissato nel momento in cui scade il termine di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo all’Amministrazione resistente. Tale periodo è stato, infatti, considerato dal legislatore (cfr. art. 14 D.L. n. 669/1996) necessario per consentire alle PP.AA. di completare le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di denaro. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto. Come sopra ricordato, anche la giurisprudenza della CEDU, seguendo il medesimo iter logico seguito dal nostro legislatore, ha individuato un periodo c.d. “semestre di tolleranza” che decorre, però, dal momento in cui il provvedimento giurisdizionale diviene esecutivo.

Il Collegio, in applicazione della norma sopra indicata, ma anche a seguito di una valutazione equitativa, ritiene che non possa trovare applicazione l’orientamento della Corte Europea relativamente al momento dal quale far decorrere il periodo di tolleranza. Nella determinazione del dies a quo, infatti, deve tenersi conto anche della sollecita e diligente proposizione da parte del ricorrente di tutti gli strumenti che consentono di attuare il soddisfacimento della pretesa creditoria (cfr in tal senso TAR Lazio, sez. I, sentenza n. 8746/2012). Anche se l’actio judicati può essere esercitata nel termine prescrizionale di dieci anni, non può non influire, sulla determinazione della penalità per il ritardo della P.A., la trascuratezza nella proposizione del ricorso di ottemperanza ove esperito a distanza di tempo rilevante, non soltanto rispetto alla formazione del titolo giudiziario munito di formula esecutiva, ma anche rispetto al momento in cui il provvedimento è già esecutivo.

Il Collegio ritiene quindi che, anche se l’inadempimento dell’obbligazione pecuniaria rimane sempre e soltanto imputabile all’Amministrazione, appare comunque suscettibile di influire sulla determinazione del danno da ritardo ex art. 114, comma 4, lett. e), il ritardo della parte che abbia omesso una tempestiva attivazione del rimedio dell’ottemperanza.

Nel caso di specie, la ricorrente, che avrebbe potuto agire per l’ottemperanza sin dall’11.01.2010, data del passaggio in giudicato del decreto da ottemperare, ha fatto decorrere un lasso di tempo di oltre tre anni prima di attivare la procedura necessaria per poter poi esercitare l’actio iudicati (proposta in data 13.3.2013). Si ritiene quindi di far decorrere la misura sanzionatoria dall’8.4.2010, data che coincide con la scadenza del termine di 120 giorni dal momento in cui è stato notificato il decreto con l’apposizione della formula esecutiva (9.12.2009).

4.3.2 – Nella determinazione della sanzione risulta poi preferibile utilizzare il criterio della proporzionalità della penalità di mora rispetto alla durata del ritardo ed al “quantum” risarcito: criterio ritenuto il più utile ai fini dell’ottemperanza, in quanto crea per l’amministrazione un chiaro incentivo al pagamento dell’indennizzo rendendo significativamente oneroso il mantenimento dell’inerzia. Il Collegio ritiene congruo, sulla base dei criteri suddetti, fissare nella specie una sanzione nella misura di € 50,00 per ogni mese o frazione di mese, a far tempo dai 120 giorni successivi dalla notificazione del titolo giudiziario in forma esecutiva e fino all’effettivo soddisfacimento del credito.

5. - Il ricorso in esame, nei termini sopra indicati va, dunque, accolto ed il Ministero della Giustizia va condannato al pagamento in favore della ricorrente

- della somma di euro 7.000,00 a titolo di equa riparazione oltre gli interessi legali, maturati “dalla domanda” (11.7.2008) e fino al soddisfo e delle somme successivamente sostenute e necessarie per portare ad esecuzione il provvedimento oggetto del presente giudizio;

- della somma di euro 1.008,02 a titolo di spese processuali oltre IVA e CPA da corrispondere in favore del difensore anticipatario così come disposto con il Decreto del quale si chiede l’esecuzione;

- della somma di euro 50,00 a titolo di penalità di mora ex art 114, comma 4, lett. e) c.p.a., a decorrere dall’8.4.2010 per ogni mese (o frazione di mese) fino al saldo.

Pertanto, viene assegnato al Ministero della Giustizia il termine di giorni 60 dalla notificazione o se anteriore dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, affinché siano soddisfatte le ragioni creditorie del ricorrente, attingendo le relative somme dall’apposito Fondo Speciale predisposto nel Bilancio dello Stato.

Nel caso di inutile decorso del predetto termine è nominato sin d’ora Commissario ad acta il dott. R S, Dirigente Generale della P.S. a r., via Panisperna n.199 – 00184 Roma, il quale provvederà nei 60 giorni successivi ad adottare i dovuti atti per provvedere al pagamento del credito sopra indicato. Al Commissario ad acta per l’eventuale prestazione commissariale sarà liquidato il compenso di € 500,00 dal Ministero della Giustizia.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in € 800,00 oltre IVA e CPA.

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