TAR Catania, sez. I, sentenza 2020-10-08, n. 202002471
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Pubblicato il 08/10/2020
N. 02471/2020 REG.PROV.COLL.
N. 04013/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4013 del 2000, proposto da
A L, rappresentato e difeso dagli avvocati F F, G C, con domicilio eletto presso lo studio G C in Catania, via Etnea 760, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste e Istituto Incremento Ippico di Catania, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Istituto Incremento Ippico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G L A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per il riconoscimento
del diritto ai crediti di lavoro
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Istituto Incremento Ippico di Catania e Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 5 ottobre 2020 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, premesso di svolgere servizio come agente tecnico incaricato presso l’Istituto incremento ippico di Catania e di essere stato inviato in missione in campagna di fecondazione negli anni 1992 e poi dal 1994 al 1998, per tre mesi continuativi, tra aprile e giugno di ciascun anno, chiede il riconoscimento:
- delle prestazioni straordinarie rese in occasione delle campagne di fecondazione dal 1992 al 1998;
- della maggiorazione per lavoro straordinario festivo prestato nelle giornate di riposo settimanale o festive dal ricorrente nonché del risarcimento del danno da usura psicofisica, relativamente alle campagne di fecondazione dal 1992 al 1996;
- della retribuzione e relativa maggiorazione per lavoro straordinario festivo prestato nelle giornate di riposo settimanale o festive dal ricorrente nonché del risarcimento del danno da usura psicofisica, relativamente alle campagne di fecondazione dal 1997 al 1998;
- dell’indennità di rischio sin dalla data di assunzione e fino al 30 giugno 1998, periodo oltre il quale la giurisdizione spetta, come noto, al giudice ordinario (poi pronunciatosi con sentenza del Tribunale di Catania, sezione lavoro, n. 3627/2013);
- degli interessi e rivalutazione monetaria come per legge sugli aumenti retributivi contrattuali di cui al d.P.R.S. 20 gennaio 1995 n. 11.
Resistono, con l’Avvocatura dello Stato, l’Assessorato regionale all’agricoltura e l’Istituto incremento ippico.
All’udienza straordinaria sopradetta la causa è stata trattenuta in decisione.
Con sentenza n. 1097/2019 del 27/12/19 il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello principale e sull’appello incidentale, proposti avverso la Sentenza del Tar Catania, Sez. II, 1375/18 , così ha disposto:
<<- accoglie in parte, per le ragioni e nei limiti di cui in motivazione, l’appello principale dell’Istituto e l’appello incidentale dell’Assessorato regionale e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata, previa dichiarazione del difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato regionale, dichiara sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, con riferimento alla “questione indennità di rischio” per il periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30.6.1998 (v. parr. 9/A) e 10.1.);
- respinge nel resto.
Spese del doppio grado del giudizio compensate.>>
Il CGA ha cosi’ motivato:
< Passando adesso alla declinatoria di giurisdizione da parte del giudice amministrativo sulla questione attinente alla “indennità di rischio” per il periodo anteriore al 30.6.1998, come si è anticipato sopra al par. 8. sono fondati e vanno accolti, in parte qua, sia l’appello principale dell’Istituto e sia l’appello incidentale dell’Assessorato.
E’ corretto infatti l’assunto per cui in tema di pubblico impiego contrattualizzato, la sopravvivenza della giurisdizione del giudice amministrativo, regolata dal d. lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, costituisce, nelle intenzioni del legislatore, ipotesi assolutamente eccezionale, sicché, per evitare il frazionamento della tutela giurisdizionale, quando il lavoratore deduce un inadempimento unitario dell'Amministrazione, la protrazione della fattispecie oltre il discrimine temporale del 30 giugno 1998 radica la giurisdizione presso il Giudice ordinario anche per il periodo anteriore a tale data, non essendo ammissibile che sul medesimo rapporto abbiano a pronunciarsi due giudici diversi, con possibilità di differenti risposte ad una stessa istanza di giustizia... (v., ex plurimis, Cass. civ., sez. un., n. 1411 del 2018;conf. Corte di appello di Catania, n. 988 del 2018, p. 3., cit., in cui si puntualizza che la Cassazione ha elaborato la nozione di “inadempimento unitario”, tale essendo l’inadempimento, da parte dell’amministrazione datoriale, di uno specifico obbligo contrattuale (di carattere retributivo o meno), allorquando la condotta “illecita” generatrice di danno (illecito permanente), o i suoi effetti (illecito istantaneo con effetti permanenti), si siano protratti, con le stesse identiche modalità, in un periodo “a cavallo” del termine del 30 giugno 1998. In tal caso, - avverte la Corte - la necessità di evitare il frazionamento della tutela dei diritti del lavoratore radica la giurisdizione presso il giudice ordinario anche per il periodo anteriore a tale data, non essendo ammissibile che sul medesimo rapporto abbiano a pronunciarsi due giudici diversi, con possibilità di differenti risposte ad una stessa istanza di giustizia - cfr. tra le tante Cass. Sez. Lav. 16350 del 2015 ed ivi riferimenti: Cass. S.U. nn. 3183, 6102, 8520 del 2012 e n. 142 del 2013). Tale premessa induce a ritenere che effettivamente, per come in doglianza, la domanda dei lavoratori concernente l’indennità di rischio, sin dall’assunzione (che è stata prospettata come dovuta in relazione alle mansioni tipiche proprie del profilo di inquadramento, anche al di fuori dell’attività lavorativa svolta durante le campagne di fecondazione) debba essere soggetta alla giurisdizione di questo giudice ordinario del lavoro, non essendovi dubbio che tale pretesa integri quell’inadempimento unitario dell’ente (ad un’obbligazione retributiva avente fondamento, in tesi, su disposizioni di legge e di accordi collettivi), che per la giurisprudenza di legittimità menzionata impone di evitare il frazionamento ratione temporis della decisione… .
Appare dunque evidente come, nel caso in esame, venga in rilievo un inadempimento unitario da parte dell’Istituto, protrattosi in maniera identica per più anni e ben oltre la data del 30 giungo 1998, cosicché il TAR, sul punto, avrebbe dovuto adottare una pronuncia declinatoria della giurisdizione.
La sentenza impugnata, sul punto, dev’essere perciò riformata.
Trova applicazione la disposizione di cui all’art. 11, comma 2, del c.p.a.>>
Inoltre la stessa sentenza a proposito della legittimazione passiva del resistente Assessorato regionale dell’Agricoltura, cosi’ si esprime: <<In accoglimento della relativa eccezione / motivo dedotto sub 2) dall’Assessorato regionale, va dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato stesso, dato che l’Istituto non è una struttura servente rispetto all’Assessorato, sul quale ultimo ricadrebbe, stando a quanto ebbe ad affermare a suo tempo il ricorrente in primo grado, la responsabilità fondamentale, o perlomeno solidale con quella dell’Istituto, per gli atti adottati e per le conseguenze in punto di condanna al “pagamento somme”.
Al contrario, come emerge dallo statuto, approvato con d.P.R. 7.12.1959, n. 1378, l’Istituto è un ente pubblico di interesse regionale, strumentale, preposto all’esercizio di compiti di rilievo pubblicistico nel settore dell’ippicoltura;espleta attività avente rilevanza esterna, è dotato di autonomia statutaria, organizzativa, patrimoniale, di bilancio e contabile;è soggetto dunque separato e distinto dall’Assessorato regionale appellante, l’estraneità del quale rispetto alla materia del contendere risulta evidente.
La circostanza che l’Assessorato regionale eserciti vigilanza sull’Istituto (ente, pur sempre, strumentale) e lo sovvenzioni, non implica un collegamento con l’Assessorato medesimo di intensità tale per cui emerga, in casi come quello in esame, una responsabilità patrimoniale regionale “solidale” con quella dell’Istituto.
Del resto, appare corretto l’assunto della difesa erariale secondo il quale la inesistenza di un “legame forte” tra Assessorato regionale e Istituto risulta avvalorata anche dal fatto che l’Istituto, nel 2011, ha perduto il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.>>
Il Collegio condivide e fa proprio l’orientamento del CGA sopra riportato e pertanto, nella controversia in esame, da un lato dichiara il difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato regionale e dall’altro, in relazione all’indennità di rischio, richiesta sin dalla data di assunzione e fino al 30 giugno 1998, dichiara il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione rientrando la stessa nella giurisdizione del Giudice ordinario, giudice del lavoro.
Per il resto il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei termini di cui alle recenti decisioni della Sez. III di questo Tribunale (per tutte, cfr. sentenza 5 giugno 2018 n. 1160, nonché la n. 1375/2018 della II Sez.), al cui contenuto ci si richiama, anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 74 cod. proc. amm.
Pertanto, l’Istituto di Incremento Ippico resistente va condannato al pagamento in favore del ricorrente:
a) della retribuzione straordinaria festiva e non festiva relativamente alle ore effettivamente prestate nelle annualità 1997 e 1998;
b) della maggiorazione retributiva spettante per le ore di straordinario festivo effettivamente prestate nelle annualità 1997 e 1998;
c) del danno da “usura psico-fisica” per le ore di straordinario festivo indicate in motivazione, da determinarsi, ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm. con i criteri e nei tempi di seguito indicati.
Per quanto concerne il quantum di tale risarcimento, nel caso di specie, il Collegio ritiene debba farsi applicazione del disposto di cui all’art. 34, comma 4, cod. proc. amm. (che infatti consente al giudice, in caso di condanna pecuniaria, di stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine), al riguardo fissando il termine di novanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ovvero della sua notifica su istanza di parte se anteriore, affinché l’Istituto di Incremento Ippico proponga al ricorrente una somma congrua, assumendo a riferimento la somma liquidata, o da liquidare, a favore degli altri lavoratori, in condizioni simili a quelle del ricorrente, relativamente ai quali si riferiscono le sentenze di questo Tribunale dianzi rammentate.
Il Collegio ricorda - altresì - che in caso di mancata offerta, di mancato accordo, sulla somma offerta o di mancato adempimento dell’accordo il rimedio esperibile è, ai sensi del citato 34, comma 4, cod. proc. amm., quello del giudizio di ottemperanza.
Su tutte le somme dovute andranno corrisposti gli interessi legali e non anche la rivalutazione monetaria, trattandosi di emolumenti di natura retributiva il cui diritto alla percezione è maturato dopo il 31 dicembre 1994, in base al combinato disposto dell'art. 22, comma 36, della l. 724/1994, e dell’art. 16, comma 6, della l., n. 412/1991.
Le stesse domande (di retribuzione del lavoro straordinario non festivo e festivo e, per il lavoro straordinario festivo, della maggiorazione e del risarcimento del danno) non possono, invece, essere accolte per le precedenti campagne di fecondazione fino al 1996, relativamente alle quali parte ricorrente non soltanto non ha prodotto una sufficiente regolamentazione, ma nemmeno riferisce quale fosse l’orario di lavoro specificamente svolto, non valendo a colmare tale lacuna nemmeno la prova testimoniale richiesta dal ricorrente in ragione della genericità delle circostanze dedotte nei relativi capitoli di prova.
Deve, infine, essere rigettata la domanda di condanna al pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria sugli aumenti retributivi contrattuali stabiliti all’art. 10 del d.P.Reg.S. n. 11/1995, non avendo parte ricorrente fornito alcuna prova dell’asserita ritardata corresponsione, tra l’altro specificamente contestata dall’amministrazione resistente.
Sussistono, comunque, giusti motivi, in ragione dell’accoglimento soltanto parziale delle pretese di parte ricorrente, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.