TAR Milano, sez. IV, sentenza 2023-04-13, n. 202300911

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. IV, sentenza 2023-04-13, n. 202300911
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202300911
Data del deposito : 13 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/04/2023

N. 00911/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02720/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2720 del 2018, proposto da
Gruppo Mauro Saviola S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio a Monteviale, viale Zileri n. 4/13;

contro

Comune di Mortara, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio a Milano, via Donizetti 47;

Provincia di Pavia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati S T e S D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Arpa Lombardia Dipartimento Provinciale di Pavia e Lodi, non costituita in giudizio;

per l'annullamento:

- della determinazione n. 6961 prot. del 11.9.2018 del Comune di Mortara, dall'oggetto “ Gruppo Mauro Saviola S.r.l. – procedimento ex D.Lgs. 152/2006, parte IV, titolo V, a seguito dello sversamento nel Cavo Zermagnone in Mortara (PV). Conferma determinazione n. 131 del 18.3.2016 di approvazione del piano di caratterizzazione ” notificata in data 11.9.2018 e di ogni altro atto presupposto della stessa e conseguente, tra cui la precitata determinazione n. 131 del 18.3.2016;

- Determinazione prot. 0056466/2018 della Provincia di Pavia, notificata il 24.9.2018, dall'oggetto “ Procedimento ex D.Lgs. 152/2006 parte IV titolo V relativo allo sversamento del 13.3.2014 nel cavo irriguo Zermagnone in comune di Mortara. Determinazione comunale del 18 marzo 2016 n. 131 ” e di ogni altro atto presupposto della stessa e conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Mortara e di Provincia di Pavia;

Visti tutti gli atti della causa;

Data per letta all’udienza pubblica straordinaria dell’8 marzo 2023 celebrata nelle forme di cui all’art.17 del D.L. 9 giugno 2021, n. 80 convertito in Legge 6 agosto 2021, n.113 ed al Decreto Presidente del Consiglio di Stato del 28 luglio 2021, la relazione del dott. Marcello Bolognesi ed ivi uditi in collegamento da remoto i difensori delle parti come da verbale

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) La questione trae origine dalla rottura del marzo del 2014 di un erogatore di gasolio interno allo stabilimento della ricorrente (d’ora in poi anche: Società) situato nel Comune di Mortara, con conseguente sversamento di circa 500 litri di prodotto nel terreno aziendale e, poi, nel canale artificiale ad uso irriguo denominato Cavo Zermagnone.

2) Con comunicazione del 13.3.2014 la Società si è dichiarata soggetto responsabile ai sensi degli artt. 241, comma 1 e 304, comma 2, del D.lgs n. 152/2006 (d’ora in poi anche TUA)

Pertanto ai sensi dell’art. 242 del TUA e la Società sono state adottate le misure di Messa In Sicurezza di Emergenza (MISE).

3) Ai fini del procedimento ambientale la Società ha individuato l’area contaminata ripartendola in due parti:

- la prima denominata A-C estesa dal punto di fuoriuscita del gasolio al punto in cui un altro canale artificiale denominato Roggia Regola si immette nel Cavo Zermagnone;

- la seconda denominata C-F che si estende dal punto in cui la Roggia confluisce nel Cavo fino al punto in cui il Cavo si immette nel Torrente Arbogna.

4) Nei giorni 8 e 9 maggio 2014 Arpa (in contraddittorio con la Società) ha effettuato i campionamenti dell’indagine preliminare per valutare gli effetti delle MISE e, quindi, con nota dell’11.8.2014 ha trasmesso la “ Relazione sulle analisi dei terreni campionati nei giorni 8 e 9 maggio 2014 ” da cui è emerso il superamento del parametro idrocarburi pesanti C>12 in diversi punti del Cavo e della Roggia suddetti.

5) Su richiesta della Società in data 6.11.2014 è stato convocato un incontro tecnico nel quale i soggetti coinvolti nel procedimento (Comune, Provincia, ARPA, Distretto Cavi Civici):

- hanno preso atto degli esiti dell’indagine di ARPA da cui è risultato il superamento delle CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione) di riferimento per il parametro idrocarburi C>12 a valle del punto di scarico delle acque reflue dell’insediamento;

- hanno richiesto un approfondimento dell’indagine ambientale per accertare se il superamento delle CSC fosse riconducibile alla suddetta perdita di gasolio comunicata dalla Società.

6) Conclusa tale integrazione istruttoria la Società in data 22.2.2016 ha presentato il Piano di Caratterizzazione ai sensi dell’art. 242 del TUA.

Tale Piano contiene:

- il modello concettuale preliminare secondo cui: la sorgente primaria di contaminazione è costituita dallo sversamento di gasolio, la sorgente secondaria è costituita dal “ suolo superficiale, ovvero il terreno naturale presente lungo le sponde del corso idrico sino ad una profondità di circa 20 cm dal piano sponda, che rappresenta verosimilmente la profondità massima che può aver raggiunto la contaminazione da gasolio ”;

- il piano di investigazione secondo cui “ le modalità di campionamento saranno le stesse già adottate nell'indagine del maggio 2014 e ribadite da

ARPA

Lombardia nella comunicazione del 15.5.2015 (prot. 68842) ovvero: il prelievo sarà effettuato all'altezza del battente dell'acqua al momento dello sversamento, con profondità di prelievo dal piano sponda di circa 20 cm…

7) La Conferenza dei servizi del 15.3.2016 ha acquisito alcune prescrizioni tecniche di ARPA dando atto della loro accettazione da parte della Società e approvando il Piano di caratterizzazione.

Successivamente il Comune, con determina n. 131 del 18.3.2016 prot. 7442, ha approvato in via definitiva il Piano suddetto.

8) La Società, tuttavia, ha successivamente mutato avviso e, con nota del 9.9.2016, ha trasmesso al Comune la nota denominata Controdeduzioni tecniche con cui ha rimesso in discussione il metodo e i risultati delle analisi chimiche già effettuate nel 2014 e nel 2016 e poste alla base del Piano di caratterizzazione da essa stessa proposto.

La Società ha sostenuto in particolare che:

a) le sponde di un corpo idrico superficiale non sarebbero assimilabili alla matrice suolo-sottosuolo oggetto di verifica del superamento delle CSC, ma farebbero parte integrante del corso d’acqua, del cui inquinamento è competente il Ministero dell’Ambiente e non il Comune;

b) la metodologia d’analisi corretta sarebbe stata quella di “ fingerprinting gas-cromatografica ” che, se utilizzata, avrebbe dimostrato l’assenza nel Cavo Zermagnone di gasolio, rinvenendosi solo altri idrocarburi non riconducibili a quest’ultimo, con conseguente esclusione della responsabilità della Società.

9) In data 11.4.2017 si è tenuto l’incontro tra la ricorrente e le parti pubbliche nel quale ARPA ha fatto acquisire al verbale la nota n. 18922 dell’8.2.2017 che ha confermato la correttezza delle indagini eseguite nel corso dell’istruttoria dal proprio personale tecnico perché:

- la questione del metodo utilizzato è già stata superata nel corso del procedimento, specie al punto 6 della nota ARPA n. 148370 del 5.11.2014, ove si è precisato che:

- l’approccio proposto dalla ricorrente non è previsto dalla normativa e non è tecnicamente corretto non essendo “ significativo comparare il cromatogramma di un prodotto quale il gasolio con gli esiti analitici ricavati su terreni potenzialmente contaminati da idrocarburi pesanti C>12, prelevati dopo un evento contaminante e su cui successivamente sono state effettuate azioni di “lavaggio” spondale e tenuto conto che è stato esposto all’aria aperta ed a temperature variabili, per un periodo di circa e mesi ” (punto 6 nota ARPA suddetta);

- il campionamento effettuato è corretto perché le indagini e i prelievi sono stati eseguiti sulla base dei piani di indagine della stessa Società ed approvati dagli enti pubblici competenti che, concordemente, hanno individuato come “sorgente secondaria” il suolo superficiale presente lungo le sponde del corso idrico sino ad una certa altezza dal piano di sponda.

10) Il Comune, previo preavviso di rigetto del 15.3.2018, ha acquisto:

i) le osservazioni procedimentali della Società;

ii) l’ulteriore parere di ARPA del 13.6.2018 ove è ribadita la correttezza della metodologia utilizzata;

iii) il parere della Provincia di Pavia del 17.7.2018 che ha confermato la conclusione dell’indagine n. 28 del 13.6.2016.

11) Sulla base di tali elementi il Comune, con provvedimento n. 6961 dell’11.9.2018, ha confermato la determinazione n. 131/2016 invitando la ricorrente a proseguire l’esecuzione del Piano di caratterizzazione come approvato con tale ultimo atto.

12) Sul piano motivazionale il citato atto di conferma dell’11.9.2018 ha affermato che:

a) “ è un fatto oggettivo e pacifico che nel marzo 2014 vi è stato uno sversamento di 500 litri di gasolio, sicché il nesso causale sussiste già sul piano logico, non essendo spiegata né spiegabile — per converso — l'assenza di residui di gasolio”;

b) “ il ricorso a differenti metodologie è stato già esaminato e motivatamente ripudiato da ARPA nel corso dell'istruttoria, con atti che risalgono al 2014, non solo mai contestati, ma cui la società si è successivamente conformata ai fini delle successive proposte di indagine, trattandosi dunque di aspetto già esaminato e superato nell'istruttoria” ;

c) “ rispetto alla potenziale contaminazione la società si è riconosciuta quale responsabile in via esclusiva con riferimento al tratto "A-C" e corresponsabile (non esclusivamente responsabile) con riferimento al tratto "C-F" (verbale conferenza servizi 4 febbraio 2014), sicché, non emergendo differenti evidenze, la società dovrà dare seguito agli adempimenti di competenza con oneri esclusivamente a proprio carico per il tratto "A-C", mentre con riferimento al tratto "C-F" assumerà gli oneri soltanto in parte, mentre la restante parte farà carico al soggetto che verrà individuato come corresponsabile della contaminazione e/o a valere su finanziamenti pubblici stanziati per la riqualificazione di siti potenzialmente contaminati ”;

d) ha richiamato le conclusioni contenute nel provvedimento provinciale del 17.7.2018.

13) La Provincia di Pavia, con ulteriore determinazione n. 56466 del 24.9.2018, ha ribadito che “ la chiusura del procedimento ex art. 244 c.2 e 245 c.2, da parte di questa Provincia con atto del 13/06/2016 prot n. 39079, ha definito che il soggetto responsabile della contaminazione della Roggia Regola non è individuabile. Per quanto sopra, considerato che non sono stati segnalati altri sversamenti di idrocarburi e valutati gli esiti dell'indagine ambientale attuata a seguito dell'evento in argomento, ne consegue che i superamenti delle CSC riscontrati nel tratto di Cavo Zermagnone denominato "C-F", posto a valle dell'intersezione del tratto di Cavo Zermagnone denominato "A-C" con la Roggia Regola, originano dal trasporto della contaminazione individuata nel tratto a monte "A-C" del Cavo Zermagnone e nella Roggia Regola ”.

14) La ricorrente ha impugnato:

a) in principalità: l’atto di conferma del Comune n. 6961 dell’11.9.2018 e la nota della Provincia di Pavia n. 56466 del 24.9.2018;

b) in via presupposta: la determina Comunale n. 131/2016 (oggetto della “conferma” impugnata).

15) Si sono costituiti in giudizio sia il Comune che la provincia di Pavia.

16) All’udienza di smaltimento dell’8.3.2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

17) Preliminarmente si devono esaminare le eccezioni pregiudiziali sollevate dalle amministrazioni resistenti.

17.1) Il Comune ha eccepito l’inammissibilità del ricorso relativamente all’impugnazione del provvedimento comunale dell’11.9.2018 ritenendo che questo costituirebbe una “ conferma impropria ” e, quindi, non autonomamente impugnabile.

L’eccezione è infondata giacché per jus receptum l’atto " meramente confermativo è quello che, a differenza dell'atto "di conferma", esprime la ritenuta insussistenza, da parte dell'amministrazione, di valide ragioni di riapertura del procedimento già conclusosi con una precedente determinazione ” (Cons. Stato, sez. V, n. 7655/2019;
cfr. ex multis : sez. III, 27.12.2018, n. 7230;
sez. IV, 12.9.2018, n. 5341).

Nel caso di specie la natura di conferma “propria” del provvedimento Comunale gravato si evince dal fatto che:

- è stato adottato in esito ad una specifica istruttoria (costituita dall’acquisizione di due pareri tecnici e dalla valutazione delle osservazioni procedimentali della ricorrente);

- è dotato di un’articolata ed autonoma motivazione.

Ne consegue l’infondatezza dell’eccezione.

17.2) La Provincia ha inoltre eccepito l’inammissibilità del ricorso con riferimento alla nota provinciale n. 56466 del 24.9.2018 perché ritenuto privo di carattere provvedimentale avendo meramente riaffermato i contenuti della non impugnata nota provinciale n. 39079 del 13.06.2016 e perché, dall’annullamento di tale atto, non deriverebbe alcun vantaggio per la ricorrente in quanto le statuizioni sulla sua (cor)responsabilità per la contaminazione del tratto C-F del Cavo Zermagnone continuerebbero a derivare dal verbale di incontro tecnico del 4.2.2016 che riporta l’ammissione di corresponsabilità della Società per il tratto C-F e dalla nota della Provincia n. 39079 del 13.06.2016 (non impugnata).

Il Collegio ritiene di prescindere dallo scrutinio dell’eccezione pregiudiziale attesa l’infondatezza nel merito dell’impugnazione.

17.3) E’ infine inammissibile l’impugnazione in via presupposta del provvedimento n. 131/2016 in quanto esso, essendo stato confermato con il provvedimento comunale impugnato, è stato da questo superato.

18) Così affrontate le eccezioni di rito si può passare all’esame dei profili di merito.

19) Con il PRIMO MOTIVO (numerato 2.1) la ricorrente ha dedotto l’errore di metodo tecnico che affliggerebbe sia il provvedimento comunale che quello provinciale.

19.1) La ricorrente ha così articolato le proprie deduzioni.

a) In merito all’impugnato atto comunale di conferma.

La ricorrente ha lamentato che l’accertamento della contaminazione sarebbe stato effettuato ritenendo erroneamente che i sedimenti e le componenti terrose delle sponde del corso acqueo Cavo Zermagnone fossero assimilabili alla matrice ambientale “suolo” laddove:

- i sedimenti e le terre spondali differirebbero dal suolo propriamente inteso perché soggetti alla deposizione e asportazione di sostanze ad opera della corrente fluviale con conseguente alterazione fisica e di composizione chimica della matrice;

- il TUA, da un lato, disciplina diversamente i suoli rispetto alle acque superficiali (di cui farebbero parte i sedimenti ex artt. 74, lettere LL. e UU- sexies ) e, dall’altro, stabilisce che le matrici ambientali suscettibili di bonifica riguardano solo i “siti”, ossia le sole matrici di suolo, sottosuolo o acque sotterranee (art. 240, lettera a del TUA) ma non le acque superficiali e i loro sedimenti;

- il Ministero dell’Ambiente - con due pareri resi il 5.11.2014 e il 13.11.2014 - avrebbe ritenuto che “ non è possibile definire una soglia di contaminazione di valenza generale per i sedimenti fluviali ” e che “ i sedimenti dei corpi idrici fluviali [...] non rientrano nella definizione di matrice ambientale ” per l’applicazione delle bonifiche.

Da tali premesse discenderebbe:

- la nullità dell’atto comunale impugnato per incompetenza assoluta atteso che la gestione della contaminazione del corso d’acqua sarebbe devoluta al Ministero dell’Ambiente;

- in subordine l’illegittimità degli atti gravati per violazione della normativa del TUA suddetta.

b) In merito all’atto della Provincia.

La ricorrente lamenta che l’impugnata determinazione provinciale del 24.9.2018 sarebbe viziata da immotivata contraddittorietà rispetto alla precedente nota provinciale del 13.6.2016 che, con riguardo al tratto acqueo C-F, aveva accertato che la ricorrente non era responsabile della contaminazione della Roggia Regola e quindi aveva ridotto la responsabilità dell’odierna ricorrente per l’inquinamento del Cavo Zermagnone nel tratto a valle della immissione della Roggia (ossia il tratto C-F).

19.2) il motivo è infondato.

19.3) Con riguardo all’atto comunale di conferma.

Parte ricorrente afferma che il terreno spondale oggetto di analisi sarebbe equiparabile ai sedimenti dei corsi d’acqua superficiali che fanno parte integrante di questi ultimi, con la conseguenza che la bonifica avrebbe ad oggetto un corso d’acqua superficiale, talché la competenza apparterrebbe al Ministero dell’Ambiente ed i valori-soglia sarebbero diversi da quelli applicati nel caso di specie.

Tale assunto si fonda sull’art. 74 del TUA che alla lettera ll) prende in considerazione “ la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota ” e, alla lettera uu-sexies), definisce la “ matrice: un comparto dell'ambiente acquatico, vale a dire acqua, sedimenti, biota ”.

Senonché entrambe le disposizioni citate non contengono alcuna equiparazione tra il (o assimilazione del) terreno spondale e i sedimenti i quali, inoltre, a livello definitorio e concettuale rimangono perfettamente distinti.

I sedimenti del corso d’acqua, infatti, costituiscono il portato del procedimento erosivo del corpo idrico, mentre le sponde costituiscono il terreno di contenimento laterale del corso acqueo, facendo parte del suolo e non dei sedimenti. Tale conclusione vale a maggior ragione per il Cavo Zermagnone che è un canale artificiale scavato nel suolo (e per i quali non sono applicabili le metodologie di cui alla Relazione ISPRA, come dalla stessa confermato a pagina 121, par 7.2.5).

Né tali conclusioni sono smentite dai due pareri del Ministero dell’Ambiente invocati da parte ricorrente in quanto tali atti non si occupano della assimilabilità o meno delle sponde ai sedimenti, ma si limitano ad affermare che, nei casi in cui la contaminazione riguardi i sedimenti (e non il terreno spondale come nel caso di specie), “ non è possibile definire una soglia di contaminazione di valenza generale per i sedimenti fluviali ” e i sedimenti “ non rientrano nella definizione di matrice ambientale ”.

Pertanto nei casi – come quello di specie – in cui rileva il terreno spondale e non i sedimenti, riguardano il suolo e non il corso d’acqua, con conseguente competenza del Comune ed applicabilità della normativa del TUA sulle bonifiche del suolo.

In particolare risulta applicabile l’art. 240 del TUA che, ai fini della bonifica, definisce “ a) sito: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti;
b) concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto
…”.

Per tali ragioni l’atto comunale gravato ha correttamente applicato la normativa del TUA in punto di caratterizzazione e bonifica, con conseguente infondatezza delle doglianze dedotte sia in punto di incompetenza assoluta che di violazione di legge.

19.4) Con riguardo all’atto provinciale 24.9.2018 la ricorrente ne ha dedotto l’illegittimità per immotivata contraddittorietà rispetto alla precedente nota provinciale del 13.6.2016 ritenendo che il nuovo provvedimento abbia escluso la parziale limitazione di responsabilità della ricorrente con riguardo al tratto acqueo C-F.

Anche tale profilo di impugnazione è infondato,

La nota del 2016, riguardante unicamente la responsabilità per la contaminazione della Roggia Regola (ferma restando la responsabilità non contestata per il Cavo Zermagnone), aveva “ Considerato che non è dimostrato che lo sversamento accidentale di gasolio da autotrazione, da parte della società Gruppo Mauro Saviola Srl nel cavo Zennagnone, abbia interessato anche il tratto di roggia Regola oggetto dei campionanti di bianco 4 e 5 ” sicché aveva ritenuto che il responsabile della potenziale contaminazione della suddetta Roggia Regola “ non è individuabile e pertanto la responsabilità della potenziale contaminazione rilevata nella Roggia Regola non può essere causalmente ricondotta allo sversamento … ”.

L’impugnata nota del 2018:

- ha ribadito che l’autore della contaminazione della Roggia Regola è ignoto;

- ha ritenuto che la contaminazione del tratto C-F (ossia quello del Cavo Zermagnone a valle della immissione della Roggia Regola) sia dovuto al “trasporto della contaminazione” da tratto A-C con la conseguenza che: per la contaminazione del tratto A-C è integralmente responsabile la ricorrente, mentre per il tratto C-F la ricorrente è solo parzialmente responsabile perché interferisce anche l’immissione di acqua contaminata dalla Roggia.

Ebbene la nota del 2018, lungi dal porsi in contraddizione con l’atto del 2016, ha solamente specificato che la ricorrente, ferma la sua estraneità all’inquinamento della Roggia, è tuttavia responsabile per il tratto C-F del Cavo Zermagnone, sebbene con responsabilità ridotta a causa dell’interferenza contaminante della Roggia a valle della sua immissione nel Cavo.

Ne consegue che anche la nota provinciale è legittima.

20) Con il SECONDO MOTIVO (numerato 2.2) si lamenta l’errore di metodo di analisi dei campioni che determinerebbe l’illegittimità sia dell’atto comunale che di quello provinciale.

20.1) La ricorrente sostiene in particolare che se fosse stato utilizzato il metodo tecnico del “ fingerprinting gas-cromatografico ” sarebbe stata accertata l’assenza di superamenti di CSC rilevati in sede di primo campionamento in quanto gli idrocarburi rilevati non sono riconducibili al gasolio fuoriuscito dall’erogatore dello stabilimento della ricorrente.

Tale metodologia, secondo la ricorrente, sarebbe ammessa dalla normativa del TUA sulle bonifiche dei suoli ed anzi risulterebbe applicata da alcuni studi, tra cui quello condotto dalla stessa ARPA sul fiume Lambro (doc. 6 della ricorrente, pag. 9, § 2.1.1).

20.2) Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

20.3) E’ in primo luogo inammissibile perché l’atto comunale gravato ha natura di atto plurimotivato essendo fondato su plurime ed autonome ragioni giustificatrici, ciascuna delle quali autonomamente idonea a giustificare il dispositivo provvedimentale.

L’atto comunale impugnato, nel respingere la richiesta della ricorrente di utilizzare la metodologia del “ fingerprinting gas-cromatografico ” ha elencato tre distinte ragioni ostative:

i) il fatto oggettivo dello spandimento di gasolio nel marzo del 2014 che spiega ampiamente i superamenti di CSC (con conseguente inattendibilità del metodo cromatografico proposto perché non rileva alcuna traccia dell’evento contaminante);

ii) la mancata previsione di tale metodologia d’indagine da parte del TUA;

iii) la sua inapplicabilità in linea tecnica a causa delle trasformazioni intervenute sul materiale inquinante.

Come è noto in presenza di atti plurimotivati chi ha interesse ad ottenerne l’annullamento ha l'onere di contestarne integralmente l'intero apparato giustificativo, incorrendo, in caso contrario, nella definitiva inoppugnabilità dell'atto (cfr. ex plurimis : Cons Stato, Sez. IV, 4/1/2022, n. 26;
T.A.R. Bologna, sez. II, 25/07/2022, n. 585).

Ebbene nel caso di specie il ricorso non ha censurato il profilo sub i), così impedendo l’annullamento dell’atto impugnato che rimarrebbe comunque efficace sulla base di tale sola ragione giustificatrice di ordine logico-sistematico.

20.4) In ogni caso il motivo è infondato.

Parte ricorrente, pur ammettendo che la metodologia proposta non è prevista dalla normativa in materia di bonifiche, ritiene che essa debba essere utilizzata nel caso di specie perché essa sarebbe stata riconosciuta come metodo “ corretto e irrinunciabile ” da uno studio effettuato da Arpa (e CNR-IRSA) in altro procedimento di bonifica.

a) In primo luogo la tesi in questione è infondata perché risulta insuperabile (e quindi dirimente) la mancata previsione di tale metodo da parte del TUA.

b) In secondo luogo la ricorrente non ha precisato per quali concrete ragioni il CNR-IRSA abbia ritenuto corretto il metodo in questione, né se tale “correttezza” riguardi effettivamente situazioni comparabili con quella del caso di specie.

c) In terzo luogo il richiamo al fatto che ARPA in un altro procedimento abbia utilizzato tale metodo è inconferente. Come precisato sia da ARPA (in apposita relazione versata in atti) sia dalle difese del Comune, il menzionato procedimento ha riguardato l’inquinamento del fiume Lambro sotto un profilo non comparabile con quello del piccolo canale artificiale oggetto del ricorso di cui in epigrafe. Per il fiume Lambro, infatti, il metodo “ fingerprinting gas-cromatografico ” non è stato utilizzato in un procedimento di bonifica con responsabilità a carico di un soggetto (giacché in tal caso la normativa del TUA, come si è detto, non avrebbe consentito l’utilizzo di tale criterio) ma per un’analisi ad ampio spettro degli effetti sull’ambiente di un grave episodio di sversamento su un ambiente e un ecosistema fluviale complesso. Tale metodo è stato dunque utilizzato in via sperimentale e con finalità di studio e non di effettuazione di una bonifica o, comunque, di accertamento della responsabilità del suo autore. Pertanto la vicenda del fiume Lambro invocata in ricorso risulta non comparabile con quella del presente giudizio.

d) Infine il metodo del fingerprinting non appare corretto non essendo “ significativo comparare il cromatogramma di un prodotto quale il gasolio con gli esiti analitici ricavati su terreni potenzialmente contaminati da idrocarburi pesanti C>12, prelevati dopo un evento contaminante e su cui successivamente sono state effettuate azioni di “lavaggio” spondale e tenuto conto che è stato esposto all’aria aperta ed a temperature variabili, per un periodo di circa e mesi ” (cfr punto 6 nota ARPA n. 148370 del 5.11.2014).

Ne consegue la legittimità degli atti impugnati che hanno applicato il metodo corretto.

21) In conclusione il ricorso non merita accoglimento.

22) In ragione della complessità della vicenda le spese del giudizio devono essere compensate tra le parti.

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