TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2013-02-12, n. 201301509
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Testo completo
N. 01509/2013 REG.PROV.COLL.
N. 04365/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n.4365/2009 –R.G. proposto dalla Prisma Costruzioni s.r.l., in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dall’ avv. , A P presso il cui studio in Roma, via Lutezia nr.11, è elettivamente domiciliata;
contro
Comune di Ardea, n.c.
per l'annullamento
del provvedimento in data 22.7.2008, successivamente comunicato, di diniego della richiesta del permesso a costruire formulata dalla ricorrente in data 08.10.2004 ed integrata il 21.5.2007.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa inclusa l’Ordinanza istruttoria della Sezione nr.7319/2012;
Data per letta alla pubblica udienza del 17.1.2013 la relazione del Consigliere P M ed uditi gli avvocati di cui al verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Prisma Costruzioni s.r.l., si è resa acquirente, con atto a rogito Notar Oliva in data 31.5.2006, degli appezzamenti di terreno - siti nel territorio del comune di Ardea, in loc. “San Lorenzo”, censiti agli Uffici del Territorio al Fg.53, p.lla nr.63 (di mq.2110), p.lla nr.64 (di mq.890), p.lla nr.5181 (di mq 2661) e ricadenti nella zona di completamento “B”, sottozona “B3” del P.P. di esecuzione di Tor San Lorenzo - al fine di procedere alla realizzazione di un programma costruttivo, residenziale e commerciale che impegna, ai fini volumetrici, anche l’area di sedime di un fosso che attraversa, in senso longitudinale, tutto il Fg. 53 e, nello specifico, separa le fronteggianti p.lle 63 e 5181 (entrambe divenute di proprietà della ricorrente) i cui confini si spingono sino alla rispettiva riva del fosso in questione.
Il Comune, investito del rilascio del permesso di costruire:
- in un primo momento ( nota del 14.5.2008), ha comunicato alla ditta interessata, anche ai sensi dell’at.10 bis della legge n.241 del 1990, la mancata produzione della documentazione comprovante la disponibilità dell’area di sedime del fosso interessata dal progetto, rilevando che, nello stesso atto notarile di provenienza, i confini dei terreni acquistati vengono, sia quello gravante sulla p.lla 63 che quello ricadente nella p.lla 5181, a coincidere col (confine del) fosso in questione. Rebus sic stantibus, in assenza della documentazione comprovante la titolarità dell’area di sedime, “potrà essere esaminata una proposta progettuale che impegni solo i lotti di proprietà con i dovuti relativi distacchi”;
- in un secondo momento (nota del 22.7.2008), ritenute non convincenti le osservazioni formulate dalla ditta istante, ha comunicato il definitivo provvedimento di diniego [la ditta aveva chiarito, ribadendo quanto già segnalato in due precedenti perizie tecniche, che l’area del fosso - non numerata come p.lla catastale, interessata da un procedimento di affrancazione da usi civici in corso, attraversata da un tubo funzionale allo scolamento dell’acqua piovana residuata dopo il processo di dispersione naturale nel terreno – aveva perso le caratteristiche di bene demaniale ovvero patrimoniale indisponibile e (non risultando neanche facente parte della rete del demanio idrico) doveva, quindi, ritenersi, ai sensi dell’art.897 del cod. civ. ( a mente del quale, “ogni fosso interposto tra due fondi si presume comune”) nella disponibilità della società istante che era divenuta proprietaria dei due terreni fronteggianti ].
Quest’ultima determinazione è stata avversata col ricorso introduttivo dell’odierno giudizio per ragioni, sostanzialmente, riproduttive di quelle rassegnate nelle sopra richiamate perizie di parte.
L’intimata amministrazione non si è costituita in giudizio.
All’udienza del 31.5.2012 la Sezione, ritenendo non matura la causa per la decisione, ha, interlocutoriamente, investito l’intimata amministrazione comunale di una Relazione di chiarimenti in ordine alle circostanze dedotte, in gravame, per sostenere l’esclusiva proprietà dell’area attraversata dal fosso ed interessata dal progetto costruttivo oggetto del titolo abilitativo richiesto al Comune.
Quest’ultimo, nel replicare a detta prescrizione, non ha reso puntuali chiarimenti sul punto. Ha però rappresentato che il 20.4.2011 la società ricorrente ha ottenuto il rilascio di un nuovo permesso di costruire un edificio a carattere residenziale/commerciale/Uffici sulle medesime particelle al netto dell’area oggetto del fosso.
Tale fatto sopravvenuto è stato confermato dalla ricorrente che, oltre a puntualizzare di aver già effettuato l’intervento autorizzato, ha dichiarato di essere, in ogni caso, interessata alla definizione del contenzioso essendo la nuova domanda non incompatibile con la precedente per la quale era stata prevista l’utilizzazione di una maggior capacità edificatoria.
All’udienza del 17.1.2013 la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.
DIRITTO
I fatti originatori della corrente controversia ed il successivo sviluppo degli stessi inducono il Collegio a ritenere che parte ricorrente non nutra, concretamente, alcun interesse alla perdurante coltivazione del gravame. E’ difatti incontestato:
- che essa ha chiesto al Comune il rilascio di un nuovo permesso di costruire per la realizzazione di un progetto a carattere residenziale/commerciale/Uffici sulle medesime particelle al netto dell’area oggetto del fosso, così uniformandosi alle prescrizioni contenute nella nota comunale del 14.5.2008 laddove si rappresentava che “potrà essere esaminata una proposta progettuale che impegni solo i lotti di proprietà con i dovuti relativi distacchi”;
- che essa è stata non solo abilitata alla realizzazione di tale progetto ma che lo stesso (per ammissione della stessa ricorrente) è stato concretamente portato a termine con la relativa costruzione.
Per converso la ditta non ha, in alcun modo, documentato come, ed in che modo, potrebbe, in caso di accoglimento del gravame, sfruttare la maggior capacità edificatoria dell’originario progetto (senza ovviamente demolire quanto già edificato). Segue a tanto che:
- nessun interesse residua in capo alla stessa a coltivare il gravame in epigrafe che deve ritenersi improcedibile;
- che le considerazioni appresso sviluppate in ordine alla condivisibilità dell’operato dell’amministrazione comunale, sono funzionali a sole esigenze di completezza della presente decisione e non possono scardinare il dato oggettivo costituito dall’insussistenza di un interesse all’ulteriore coltivazione del ricorso in ordine al quale si impone una declaratoria di improcedibilità.
Tanto premesso, e sinteticamente, nel caso di specie, non poteva trovare applicazione l’art.897 del cod. civ. Impregiudicata, difatti, la circostanza che l’atto di provenienza dei terreni acquistati dalla ricorrente specifica chiaramente i rispettivi confini (facendoli coincidere con la riva esterna del fosso in contestazione), si oppone alla presunzione patrocinata dalla ricorrente la duplice circostanza:
a) che l’area di sedime del fosso non è contraddistinta (al pari di quanto accade per le strade, i lidi del mare, ecc., e cioè per i beni demaniali) da numerazione particellare (vedi perizie di parte);
b) che la stessa area risulta interessata da un procedimento di affrancazione da usi civici in corso (dato questo riportato su tutte le perizie di parte esibite).
Ora, gli usi civici costituiscono il relitto storico di una civiltà agro-pastorale, caratterizzata dallo sfruttamento collettivo delle risorse naturali (pascolo, legnatico, caccia, coltivazione e via dicendo), che ebbe la sua massima espressione nel periodo feudale. La legge sul riordino degli usi civici del 1927 nr.1766 appresta, fra gli strumenti per la «liquidazione» dei diritti collettivi su terreni, la legittimazione dell'occupazione abusiva dei terreni di demanio civico. Il procedimento è previsto dall'art. 9, L. 16 giugno 1927, n. 1766, e consiste nel riconoscimento dell'occupazione illegittima e nella sua conversione in diritto soggettivo pieno ed assoluto, a favore di chi, seppure abusivamente, abbia apportato sostanziali e permanenti migliorie al terreno e sempre che la zona occupata non interrompa la continuità dei terreni e che l'occupazione duri almeno da dieci anni. La legittimazione è soggetta alla domanda dell'interessato. L'art. 10 della stessa legge prevede che a seguito della legittimazione venga imposto «un canone di natura enfiteutica, il cui capitale corrisponda al valore del fondo stesso, diminuito di quello delle migliorie, aumentato di almeno dieci annualità di interessi», da cui la natura di enfiteusi riconosciuta al diritto sorto a seguito della legittimazione. Prima che intervenga l'affrancazione esiste in capo al possessore legittimato un diritto reale limitato che ha la natura e la qualificazione giuridica di enfiteusi ( e dunque un diritto che convive con quello del titolare del demanio che, in concreto, si riduce al solo pagamento del canone);e solo dopo l'affrancazione si costituisce un diverso diritto pieno ed assoluto, qual è il diritto di proprietà.
Applicando tali pacifici postulati al caso di specie (in cui è riconosciuta la circostanza che l’area di sedime del fosso era, al tempo della richiesta del permesso di costruire, interessata da un procedimento di affrancazione di usi civici collettivi in corso), ne esce manifesta (non essendo stato, fra l’altro, neanche indicato il soggetto legittimato a tale procedura) l’estraneità alla fattispecie in esame dell’art.897 del cod. civ. e la sostanziale correttezza dell’operato dell’Amministrazione comunale.
II)- Non vi è luogo a pronuncia sulle spese di lite non essendosi l’intimata amministrazione costituita in giudizio.