TAR Roma, sez. III, sentenza 2024-05-21, n. 202410141

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2024-05-21, n. 202410141
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202410141
Data del deposito : 21 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/05/2024

N. 10141/2024 REG.PROV.COLL.

N. 03406/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3406 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Taranto, viale Trentino, 155;

contro

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Ambasciata d’Italia a Islamabad, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

A) Quanto al ricorso introduttivo,

- del provvedimento dell’Ambasciata d’Italia a Islamabad n. -OMISSIS-del 16 dicembre 2022, notificato in data 23 dicembre 2022, avente ad oggetto “ provvedimento di diniego di visto ”;

- nonché, ove di interesse, di ogni altro atto (anche sconosciuto) presupposto, connesso e/o consequenziale;

nonché per l’annullamento e/o declaratoria di illegittimità

del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di accesso agli atti inviata in data 19 gennaio 2023, con la quale il ricorrente ha richiesto all’Ambasciata d’Italia a Islamabad di prendere visione del parere negativo emesso dalla Questura Competente al rilascio del prescritto nulla osta al reingresso;

e per il conseguente accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente ad avere pieno accesso alla documentazione richiesta con l’istanza di cui sopra;

e per la condanna del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale all’esibizione ex art. 116, comma 2, cod.proc.amm. della documentazione oggetto dell’istanza di accesso del 19 gennaio 2023;

B) Quanto al primo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 11 settembre 2023,

per l’annullamento

- del parere sfavorevole adottato, in data 10.12.2022 (notificato il 14.07.2023), dalla Questura di Taranto;

- del decreto di rifiuto del permesso di soggiorno emesso dal Questore di Taranto in data 05.04.2019 e notificato in data 14.07.2023;

- nonché, ove di interesse, di ogni altro atto (anche sconosciuto) presupposto, connesso e/o consequenziale;

- nonché degli atti e comportamenti già impugnati con il ricorso introduttivo;

C) Quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 25 ottobre 2023,

per l’annullamento

- della nota “ -OMISSIS- ” avente ad oggetto “ -OMISSIS-/Ministero Affari Esteri – Ricorso Tar Lazio Rg 3406/2023 ” adottata dall’Ufficio immigrazione della Questura di Taranto;

- nonché degli atti e comportamenti già impugnati con il ricorso introduttivo e con il primo ricorso per motivi aggiunti.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dell’Ambasciata d’Italia a Islamabad;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il dott. L B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, cittadino pakistano presente sul territorio nazionale fino al 2017, rappresentava di essere stato titolare di un permesso di soggiorno per lavoro autonomo e che in data 18 ottobre 2017 si era recato presso l’Ufficio immigrazione della Questura di Taranto per chiederne il rinnovo. Il ricorrente affermava di essersi, all’epoca, trasferito da Lecce a Taranto per motivi di lavoro.

1.1. Il ricorrente, inoltre, rappresentava di essere tornato in Pakistan nel 2017, a causa di gravi problemi di salute, e di essere ivi rimasto a risiedere.

1.2. Il ricorrente, in data 3 giugno 2022, presentava all’Ambasciata d’Italia a Islamabad una domanda tesa al rilascio di un visto di reingresso.

1.3. La Rappresentanza diplomatica italiana, con nota n. -OMISSIS-del 16 dicembre 2022, notificata al ricorrente in data 23 dicembre 2022, negava il visto richiesto sulla base della seguente motivazione “ Ella non ha comprovato di possedere i requisiti previsti dall’art. 8 comma 3 del D.p.r. n. 31/08/1999 n. 394 in quanto la competente Questura non ha concesso il prescritto Nulla Osta ” (cfr. doc. 6 della produzione di parte ricorrente del 26 febbraio 2023).

1.4. La parte ricorrente, in data 9 gennaio 2023, presentava alla Questura di Lecce una istanza di accesso tesa ad ottenere copia del parere negativo richiamato nel provvedimento di diniego del visto di reingresso in parola (cfr. doc. 8 della produzione di parte ricorrente del 26 febbraio 2023).

1.4.1. La Questura di Lecce, con nota del 14 gennaio 2023, riscontrava la richiesta ostensiva della parte ricorrente, trasmettendo copia della comunicazione inviata all’Ambasciata d’Italia a Islamabad nella quale si rappresentava che il ricorrente aveva depositato istanza di permesso di soggiorno presso la Questura di Taranto e, dunque, l’Ufficio immigrazione della Questura di Taranto era competente a fornire il parere in ordine al suo reingresso nel territorio nazionale (cfr. doc. 9 della produzione di parte ricorrente del 26 febbraio 2023).

1.5. Il ricorrente, in data 19 gennaio 2023, presentava all’Ambasciata d’Italia a Islamabad una istanza di accesso, al fine di ottenere l’ostensione del parere negativo della Questura competente (cfr. doc. 7 della produzione di parte ricorrente del 26 febbraio 2023).

1.5.1. Tale istanza di accesso non veniva riscontrata nel termine di trenta giorni e risultava inevasa al momento della proposizione del ricorso in esame.

2. Il ricorrente, con la proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio affidato a tre differenti motivi, insorgeva avverso il provvedimento con il quale la Rappresentanza diplomatica italiana in Pakistan gli aveva negato il rilascio del visto di reingresso, contestandone la legittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili, e ne chiedeva l’annullamento.

Con la proposizione del gravame introduttivo, inoltre, il ricorrente impugnava, ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a., anche il silenzio formatosi sulla istanza ostensiva presentata in data 19 gennaio 2023 all’Ambasciata d’Italia a Islamabad, chiedendo l’accertamento del suo diritto di accedere al parere della competente Questura, con conseguente condanna dell’amministrazione resistente all’ostensione di tale documento.

Veniva, inoltre, proposta azione di condanna ai sensi dell’articolo 31, comma 3, c.p.a., con la quale si chiedeva il rilascio del visto richiesto sul presupposto che non residuasse alcun margine di discrezionalità in capo alle amministrazioni resistenti.

2.1. In particolare, con il primo motivo di ricorso, veniva contestata la legittimità dell’impugnato provvedimento di diniego per violazione dell’art. 10- bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, atteso che la sua adozione non era stata preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di visto presentata dalla parte ricorrente.

2.1.1. Il ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, lamentava l’illegittimità del gravato provvedimento di diniego per difetto di motivazione – in quanto non sarebbe stato esplicitato il percorso logico seguito dalla Rappresentanza diplomatica italiana per addivenire alla decisione di rigetto dell’istanza di visto – e per travisamento dei fatti – in quanto l’Ambasciata d’Italia a Islamabad avrebbe erroneamente richiesto il nulla osta alla Questura di Lecce e non invece a quella di Taranto, competente nel caso di specie in ragione dell’intervenuto cambio di residenza da Lecce a Taranto –.

2.1.2. Con il terzo motivo di ricorso veniva contestata l’illegittimità del silenzio serbato dalla Rappresentanza diplomatica italiana sull’istanza di accesso presentata dal ricorrente in data 19 gennaio 2023.

2.2. Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Ambasciata d’Italia a Islamabad, in data 28 febbraio 2023, si costituivano solo formalmente nel presente giudizio.

2.3. La Sezione, con ordinanza n. -OMISSIS-dell’8 giugno 2023, resa all’esito dell’udienza camerale del 7 giugno 2023, accoglieva l’istanza incidentale ex art. 116, comma 2, c.p.a., ordinando alle amministrazioni resistenti di ostendere la documentazione richiesta dalla parte ricorrente.

3. Il ricorrente, in data 11 settembre 2023 notificava e depositava un primo ricorso per motivi aggiunti, con il quale contestava, da un lato, la legittimità del parere sfavorevole della Questura di Taranto del 10 dicembre 2022, dall’altro, la legittimità del provvedimento del 5 aprile 2019, notificato in data 14 luglio 2023, con il quale la Questura di Taranto aveva respinto l’istanza di rilascio del permesso di soggiorno presentata dal ricorrente e, dall’altro ancora, la legittimità del silenzio serbato dalla Questura di Taranto sulla istanza di accesso del 19 luglio 2023, tesa ad ottenere l’ostensione del preavviso di rigetto relativo all’istanza di rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno, comunicata in data 18 ottobre 2017, nonché la “ pec di richiesta di parere al reingresso di -OMISSIS- in Italia inviata dalla Ambasciata d’Italia ad Islamabad all’Ufficio immigrazione della Questura di Taranto ” (cfr. doc. 1 della produzione di parte ricorrente dell’11 settembre 2023).

3.1. Il ricorrente, in punto di fatto, rappresentava che a seguito dell’ordinanza n. -OMISSIS-, con la quale questa Sezione aveva accolto la domanda incidentale ex art. 116 c.p.a., l’Ambasciata d’Italia a Islamabad in data 30 giugno 2023 aveva inviato, a mezzo pec, il parere sfavorevole espresso dalla Questura di Taranto.

3.1.1. Con il primo motivo aggiunto veniva contestata la legittimità del parere negativo adottato dalla Questura di Taranto in relazione alla richiesta di rilascio di un visto di reingresso da parte del ricorrente, sia per difetto di motivazione, sia per carenza di istruttoria.

In particolare, il citato parere si basava sulla seguente motivazione per relationem A carico del nominato in oggetto è stato emesso decreto di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, emesso dal Questore di Taranto in data 05.04.2019, che in allegato, si prega di notificare, inviando allo scrivente ufficio atto notificato ” (cfr. doc. 2 della produzione di parte ricorrente dell’11 settembre 2023).

Secondo la prospettazione di parte ricorrente, detta motivazione risulterebbe derivativamente illegittima stante l’illegittimità, a monte, del provvedimento di rigetto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno presentata alla Questura di Taranto e notificata al ricorrente solo in data 14 luglio 2023.

Più in particolare, il provvedimento di rigetto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno risulterebbe illegittimo perché motivato esclusivamente sulla circostanza che “ dall’istruttoria della citata istanza è emerso il mancato versamento del contributo previsto per tipologia del permesso di soggiorno richiesto ”, atteso altresì che successivamente alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza (notificata in data 18 ottobre 2017) il ricorrente non si era presentato presso l’Ufficio immigrazione della Questura di Taranto per regolarizzare la propria posizione.

Il mancato versamento di tale contributo, tuttavia, non potrebbe essere posto a fondamento del rigetto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto la disposizione normativa che lo prevede (art. 5, comma 2- ter , del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286) risulta contraria alla direttiva 2003/09, come affermato dalla giurisprudenza eurounitaria e nazionale.

Con tale mezzo di gravame, inoltre, la parte ricorrente contestava anche la legittimità, in via derivata, del provvedimento di rigetto già gravato con il ricorso introduttivo.

3.1.2. La parte ricorrente, con il secondo motivo aggiunto, contestava la legittimità del silenzio serbato dalla Questura di Taranto sulla istanza di accesso del 19 luglio 2023, affermando che tale istanza ostensiva era stata formulata per tutelare i propri interessi, giusto quanto disposto dall’art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990.

3.2. L’Avvocatura erariale, in data 27 settembre 2023, depositava una relazione di causa della Questura di Taranto con la quale instava per la reiezione dell’intero gravame, evidenziando inter alia che in data 19 settembre 2023 era stata ostesa la documentazione richiesta, ad eccezione di quella formata dall’Ambasciata d’Italia a Islamabad.

4. Il ricorrente, in data 25 ottobre 2023, notificava e depositava un secondo ricorso per motivi aggiunti, con il quale contestava la legittimità della nota “ -OMISSIS- ” della Questura di Taranto nella parte in cui prevedeva che non vi fossero elementi nuovi, tali da indurre l’amministrazione a revocare il provvedimento adottato.

Tuttavia, secondo la prospettazione della parte ricorrente, il provvedimento di rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno risulterebbe illegittimo per le ragioni già esposte nel primo ricorso per motivi aggiunti e che qui devono intendersi integralmente richiamate;
dunque, sarebbero emerse nuove circostanze suscettibili di condurre l’amministrazione a revocare i provvedimenti lesivi per la sfera giuridico-patrimoniale del ricorrente.

4.1. All’udienza pubblica dell’8 maggio 2024 la causa veniva discussa e poi trattenuta in decisione.

5. Il Collegio ritiene che il ricorso introduttivo non sia meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.

5.1. Ad avviso del Collegio, nel caso di specie non sussiste la lamentata violazione dell’art. 10- bis della legge n. 241/1990 ad opera della Rappresentanza diplomatica italiana a Islamabad e, dunque, il primo motivo di ricorso non risulta suscettibile di essere favorevolmente apprezzato.

In particolare, atteso che la fattispecie in esame rientra nell’ipotesi disciplinata dall’art. 12, comma 2, punto I, lett. b) , del d.m. 11 maggio 2011, n. 850 – secondo il quale laddove lo straniero si sia allontanato dal territorio nazionale da oltre sei mesi, il visto d’ingresso è rilasciato previo nulla osta della Questura – il diniego di visto adottato dalla resistente Rappresentanza diplomatica italiana si configura quale atto vincolato al parere espresso dalla Questura competente, ossia quella di Taranto, dove il ricorrente risiedeva prima di lasciare il territorio nazionale.

Atteso, dunque, che dal punto di vista sostanziale il diniego al rilascio del visto richiesto trova il suo fondamento nel parere negativo della Questura di Taranto, l’attività amministrativa posta in essere dall’Ambasciata d’Italia a Islamabad non presenta profili di discrezionalità con riguardo alla valutazione di merito dell’istanza presentata dallo straniero, non residuando in capo alla stessa margini valutativi per discostarsi dalla presupposta determinazione negativa assunta dalla Questura (cfr., in tal senso, T.A.R. Lazio, sez. III, ordd. nn. 3695 e 3580 del 23 febbraio 2024).

Sulla scorta delle precedenti considerazioni può, dunque, affermarsi che il gravato provvedimento, in ragione del suo carattere vincolato, non avrebbe potuto avere un contenuto dispositivo diverso da quello in concreto adottato.

Pertanto, sebbene la sua adozione non sia stata preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza presentata dalla parte ricorrente, non possono dirsi in concreto violate le garanzie partecipative previste dalla legge, trovando applicazione il disposto di cui all’art. 21- octies , comma 2, prima parte, della legge n. 241/1990.

A riguardo, vale specificare che sebbene lo stesso articolo 21- octies , comma 2, seconda parte, in fine , della legge n. 241/1990 disponga che tale regola non trovi applicazione in caso di provvedimenti adottati in violazione dell’art. 10- bis della legge n. 241/1990, la giurisprudenza amministrativa ha di recente ribadito che detta disposizione normativa “ riguarda solo le ipotesi di omissione del preavviso di rigetto a fronte di attività amministrativa discrezionale (quale quella contemplata nel secondo periodo, espressamente richiamato dal successivo) e non anche le ipotesi di attività amministrativa vincolata (quale quella contemplata nel primo periodo e che ricorre nel caso in esame), per la quale resta valida l’applicabilità dell’articolo 21-octies (e quindi, la non annullabilità del provvedimento adottato senza la preventiva comunicazione dei motivi ostativi) ” (cfr. Cons. Stato, sez. VII, sent. n. 333 del 10 gennaio 2024).

5.2. Il Collegio ritiene che anche le censure articolate con il secondo motivo del ricorso introduttivo non siano meritevoli di accoglimento.

5.2.1. In primo luogo, il Collegio non ritiene sussistente il contestato vizio di legittimità del provvedimento impugnato per difetto di motivazione, in quanto dalla piana lettura della sua parte motiva risulta per tabulas espresso il ragionamento logico-giuridico sul quale si fonda la determinazione negativa assunta alla resistente Rappresentanza diplomatica italiana. In particolare, le ragioni del rigetto esplicitate nel gravato provvedimento appuntano, da un lato, sulla carenza dei requisiti previsti dall’art. 8, comma 3, del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 e, dall’altro, sul mancato rilascio del nulla osta da parte della Questura competente.

Che la parte ricorrente sia stata posta in condizioni di comprendere le ragioni dell’impugnato diniego risulta, in maniera incontrovertibile, dal fatto che la stessa si sia attivata per richiedere, mediante la presentazione di specifiche istanze ostensive, il richiamato parere negativo della Questura competente.

5.2.1.1. Nel caso di specie, ancora più in dettaglio, la legittimità del gravato diniego, per quel che concerne il profilo motivazionale, risulta scevra dai vizi invocati dalla parte ricorrente sotto una duplice prospettiva.

Da un lato, infatti, risulta che l’amministrazione resistente abbia congruamente motivato il provvedimento di diniego, assolvendo così l’obbligo motivazionale gravante sulla stessa alla luce della funzione sostanziale-funzionale che la giurisprudenza amministrativa riconosce alla motivazione dei provvedimenti amministrativi.

In proposito, è sufficiente evidenziare che “ l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi è inteso dalla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato secondo una concezione sostanziale/funzionale, nel senso che esso è da intendersi rispettato quando l’atto reca l’esternazione del percorso logico-giuridico seguito dall’amministrazione per giungere alla decisione adottata e il destinatario è in grado di comprendere le ragioni di quest’ultimo e, conseguentemente, di utilmente accedere alla tutela giurisdizionale, in conformità ai principi di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione)’ (cfr ex multis: Cons. Stato, Sez. V, 25 maggio 2017, n. 2457;
III, 23 novembre 2015, nn. 5311 e 5312;
V, 24 novembre 2016, n. 4959, 23 settembre 2015, n. 4443, 28 luglio 2015, n. 3702, 14 aprile 2015, n. 1875, 24 marzo 2014, n. 1420;
VI, 6 dicembre 2016, n. 5150)
” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 898 del 26 gennaio 2023).

Dall’altro lato, la specifica motivazione di cui si tratta rientra nel novero delle motivazioni per relationem ed è stata resa nel rispetto dei crismi di legalità individuati in via pretoria.

A riguardo, invero, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che i provvedimenti motivati per relationem risultano congruamente e debitamente motivati se indicano in modo chiaro gli atti richiamati e se gli stessi risultano accessibili per la parte destinataria del provvedimento (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. IV, sentt. nn. 7548 del 12 novembre 2021, 3609 del 10 maggio 2021 e 4731 del 13 ottobre 2015).

Nella specie, in particolare, la resistente Rappresentanza diplomatica italiana ha indicato che la reiezione dell’istanza presentata dal ricorrente si fondava sul mancato rilascio del nulla osta da parte della Questura competente – potendo dunque evincersi, a contrario , che il rigetto era dipeso dal parere negativo espresso da tale amministrazione –.

Quanto, invece, al profilo dell’accessibilità dell’atto o provvedimento richiamato per relationem , tale requisito va interpretato nel senso della accessibilità in generale del documento, secondo quanto previsto dal regime giuridico di riferimento (nella specie gli articoli 22 e seguenti della legge n. 241/1990 alla luce delle istanze ostensive presentate dalla parte ricorrente tanto all’Ambasciata, quanto alla Questura). Come risulta dai documenti in atti, il ricorrente è riuscito ad accedere al richiamato parere della Questura di Taranto, il che conferma come tale provvedimento fosse accessibile;
il che, dunque, legittimava pienamente la resistente Rappresentanza diplomatica italiana a motivare per relationem il gravato diniego, risultando esente da mende il suo operato anche con riguardo a tale contestato profilo.

5.2.2. In secondo luogo, tampoco risulta suscettibile di essere favorevolmente apprezzato il secondo profilo di censura articolato con il secondo motivo di gravame del ricorso introduttivo.

Con tale doglianza, in particolare, la parte ricorrente ha contestato la legittimità dell’impugnato provvedimento di diniego asserendo che la Rappresentanza diplomatica italiana sarebbe incorsa in un travisamento dei fatti per aver richiesto il rilascio del nulla osta prescritto dalla legge alla Questura di Lecce e non a quella di Taranto, unica competente a pronunciarsi sulla posizione del ricorrente, avendo trasferito proprio a Taranto la propria residenza prima dell’uscita dal territorio nazionale.

Tale doglianza risulta del tutto destituita di fondamento, in quanto dagli atti di causa emerge come l’Ambasciata d’Italia a Islamabad abbia chiesto alla Questura di Taranto e non a quella di Lecce di pronunciarsi sul rilascio dell’eventuale nulla osta (cfr. doc. 9 della produzione di parte ricorrente del 26 febbraio 2023 e doc. 2 della produzione di parte ricorrente dell’11 settembre 2023).

5.2.3. In terzo luogo, per ciò che concerne l’istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a., formulata con il terzo motivo di doglianza del ricorso introduttivo, si evidenzia che la stessa sia stata già decisa dalla Sezione con la richiamata ordinanza n. -OMISSIS-.

5.2.4. Infine, per ciò che concerne la disamina del mezzo di gravame in esame, l’infondatezza della domanda di annullamento esperita con il ricorso introduttivo non consente l’accoglimento della domanda di condanna proposta ai sensi dell’art. 31, comma 3, c.p.a.

Peraltro, giova evidenziare che ad essere vincolata risulta solo l’attività della Rappresentanza diplomatica italiana e non anche quella della Questura competente, ragione per cui questo giudice non potrebbe comunque sostituirsi alle valutazioni discrezionali che rientrano nella sfera di competenza della Questura.

Di conseguenza, la presente fattispecie non rientra nelle ipotesi in cui il giudice amministrativo può legittimamente pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa sostanziale dedotta in giudizio, in quanto per le suesposte ragioni anche laddove l’esito giudiziale risultasse favorevole per il ricorrente, non si verterebbe in un caso caratterizzato dall’esaurimento del margine di valutazione discrezionale delle amministrazioni coinvolte nell’ iter procedimentale.

6. Il Collegio ritiene, invece, che il primo ricorso per motivi aggiunti sia meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.

6.1. In via preliminare, il Collegio ritiene di dover evidenziare che tanto l’impugnazione del parere negativo del 10 dicembre 2022, quanto quella del diniego del permesso di soggiorno del 5 aprile 2019, entrambi adottati dalla Questura di Taranto, risultano tempestive.

In particolare, per ciò che concerne l’impugnazione del suddetto parere negativo, la stessa risulta tempestiva in quanto tale provvedimento non risultava allegato al diniego di visto n. -OMISSIS-del 16 dicembre 2022 e la parte ricorrente si è dovuta attivare, con l’istanza ostensiva del 19 gennaio 2023 (cfr. doc. 7 della produzione di parte ricorrente del 26 febbraio 2023), per potervi avere accesso.

Tale istanza, tuttavia, non è stata riscontrata dall’Ambasciata d’Italia a Islamabad, tanto è vero che la stessa ha formato oggetto dell’istanza incidentale formulata con il ricorso introduttivo ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a.

Le amministrazioni resistenti, invero, hanno consentito l’accesso a tale documento solo in seguito all’accoglimento, da parte della Sezione con la citata ordinanza n. -OMISSIS-, dell’anzidetta istanza incidentale;
segnatamente il parere negativo della Questura di Taranto è stato osteso in data 30 giugno 2023.

Atteso che il ricorso per motivi aggiunti è stato notificato e depositato in data 11 settembre 2023, l’impugnazione del gravato parere negativo risulta tempestiva, tenuto conto che il rito applicabile è quello ordinario e che, nel caso di specie, ai fini del calcolo del termine decadenziale di sessanta giorni occorreva prendere in considerazione anche il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale.

Anche l’impugnazione del diniego di permesso di soggiorno risulta tempestiva. Infatti tale provvedimento, ancorché adottato in data 15 aprile 2019 è stato notificato al ricorrente solo in data 14 luglio 2023, come risulta dalla documentazione versata in atti (cfr. doc. 4 della produzione di parte ricorrente dell’11 settembre 2023).

6.2. Il ricorrente, con il primo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti, ha contestato la legittimità sia del parere negativo reso dalla Questura di Taranto in relazione all’istanza di rilascio di visto di reingresso, sia il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, per “ Violazione e/o falsa applicazione direttiva 2003/19/CE. Violazione art. 5 comma 5, D.lgs. n. 286/1998. Eccesso di potere per difetto e/o carenza di motivazione e carenza di istruttoria. Motivazione incompatibile con i principi di diritto eurounitari. Travisamento dei fatti. Illegittimità derivata ”.

In particolare, con tale mezzo di gravame la parte ricorrente ha contestato la legittimità del rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno in quanto la motivazione di tale provvedimento risultava fondata esclusivamente sul mancato versamento del contributo previsto dall’art. 5, comma 2- ter , del d.lgs. n. 286/1998, norma questa che la giurisprudenza, nazionale ed europea, ha già ritenuto contraria al diritto eurounitario.

Di conseguenza, stante il nesso di necessaria presupposizione-consequenzialità tra detto provvedimento e il parere negativo al rilascio del visto di reingresso – in quanto, a sua volta, fondato sul mancato rinnovo del permesso di soggiorno – anche quest’ultimo provvedimento risulterebbe illegittimo in via derivata.

6.3. Il Collegio ritiene fondate le doglianze mosse dalla parte ricorrente.

6.4. Innanzitutto va evidenziato che dai documenti in atti emerge che: i) il parere negativo della Questura di Taranto del 10 dicembre 2022 reca la seguente motivazione “ A carico del nominato in oggetto è stato emesso decreto di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, emesso dal Questore di Taranto in data 05.04.2019 ” (cfr. doc. 2 della produzione di parte ricorrente dell’11 settembre 2023); ii) il rigetto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, adottato dalla Questura di Taranto in data 15 aprile 2019, reca la seguente motivazione “ Preso Atto che dall’istruttoria della citata istanza è emerso che il mancato versamento del contributo previsto per tipologia di permesso di soggiorno richiesto;
Atteso che l’art. 5 comma 2-ter del D.Lgs. 286/98, così come modificato dalla Legge 189/02, precisa che
[…] ;
Preso Atto che il richiedente, nonostante la comunicazione dei motivi ostativi, notificatagli in data 18.10.2017, non si è mai presentato presso questo Ufficio per assolvere al suddetto adempimento, dimostrando in tal modo disinteresse alla regolarizzazione della sua posizione amministrativa nel territorio nazionale
” (cfr. doc. 3 della produzione di parte ricorrente dell’11 settembre 2023).

6.5. Nel caso di specie, dunque, viene in rilievo l’applicazione dell’art. 5, comma 2- ter del d.lgs. n. 286/98 e s.m.i., che stabilisce quanto segue “ La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno […]”.

6.6. Proprio con riferimento a tale disposizione normativa la Corte di Giustizia dell’Unione europea, pronunciandosi in sede di rinvio pregiudiziale su una questione ad essa rimessa da questo Tribunale (cfr. T.A.R. Lazio, sez. II- quater , ord. n. 5290 del 20 maggio 2014), ha statuito che la stessa fosse contraria alla direttiva 2003/109/CE per il fatto che, in ragione della durata limitata dei permessi di soggiorno, i cittadini di Paesi terzi sono costretti a richiedere il rinnovo dei loro titoli assai di frequente, con il pagamento più volte di un contributo elevato, al cui importo può aggiungersi quello di altri tributi previsti dalla preesistente normativa nazionale, cosicché, l’obbligo di versare il contributo “ può rappresentare un ostacolo alla possibilità per i predetti cittadini dei paesi terzi di far valere i diritti conferiti loro dalla summenzionata direttiva sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all'esercizio dei diritti conferiti da quest'ultima ” (cfr. CGUE, sez. II, sent. 2 settembre 2015 in causa C-309/14, CIGL e INCA c. Presidenza del Consiglio dei Ministri et al. , in Racc. digitale, punto 27).

6.6.1. Il Consiglio di Stato ha poi affermato che “ e) qualora la Corte di Giustizia dell’Unione europea, come in questo caso, dichiari l’incompatibilità del diritto nazionale con i Trattati e la ‘legislazione eurounitaria’, il giudice interno – e, in particolar modo, il Consiglio di Stato quale giudice di ultima istanza ai sensi dell’art. 267, par. 3, TFUE – è tenuto a disapplicare o, meglio, a non applicare il diritto dello Stato giudicato dalla Corte contrastante con i Trattati e detta ‘legislazione’;

f) nel caso di specie, deve essere disapplicata, per effetto della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 2 settembre 2015, in C-309/14, la disposizione dell’art. comma 2-ter dell’art. 5 del d. lgs. n. 286 del 1998, nella misura in cui fissa gli importi dei contributi richiesti per tutti i permessi di soggiorno da un minimo di € 80,00 ad un massimo di € 200,00, in quanto costituenti nel loro complesso un ostacolo, per il loro importo eccessivamente elevato, ai diritti conferiti ai cittadini stranieri richiedenti i permessi UE di lungo soggiorno […]” (cfr. Cons. Stato, sez. III, sent. n. 4487 del 26 ottobre 2016).

6.7. Nella fattispecie in esame, atteso che il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno si fonda esclusivamente sull’omesso versamento del contributo previsto dall’art. 5, comma 2- ter , del d.lgs. n. 286/1998, tale provvedimento risulta illegittimo in quanto reso in applicazione di una disposizione nazionale contraria al diritto eurounitario e che, pertanto, avrebbe dovuto essere disapplicata dalla Questura di Taranto.

Ciò è stato anche ribadito da pronunce giurisdizionali successive a quelle innanzi citate, nelle quali si è affermato che “ Deve, inoltre, evidenziarsi come il rifiuto opposto dall’amministrazione resistente unicamente in ragione dell’omesso e/o insufficiente versamento del contributo previsto dall'art. 5, comma 2-ter, del d.lg. 25 luglio 1998, n. 286, sia illegittimo per effetto della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 2 settembre 2015, in C-309/14 (T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 16 maggio 2017, n. 224) ” (cfr. T.A.R. Sicilia, sez. III, sent. n. 590 del 10 marzo 2020, passata in giudicato) e che “ l’art. 5, comma 2-ter del d.lgs 286/98 (comma inserito nel corpo del predetto decreto legislativo dall’art. 1, comma 22, lett. b), della legge 15 luglio 2009 n. 94), secondo cui il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno sono sottoposti al versamento di un contributo (il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze) è incompatibile con il diritto comunitario. In un caso, come quello di specie, in cui la Corte di Giustizia dell’Unione europea, ha dichiarato l’incompatibilità del diritto nazionale con i Trattati e la legislazione eurounitaria, il giudice interno è tenuto a disapplicare o, meglio, a non applicare il diritto dello Stato giudicato dalla Corte contrastante con i Trattati e detta legislazione ” (cfr. T.A.R. Campania, sezione staccata di Salerno, sez. I, sent. n. 244 del 13 febbraio 2020, passata in giudicato).

6.8. Dalla illegittimità del gravato provvedimento di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno discende anche l’illegittimità del parere negativo adottato dalla Questura di Taranto sull’istanza di rilascio del visto di reingresso, atteso che quest’ultimo si fonda esclusivamente sul rinvio per relationem al predetto provvedimento di rigetto del permesso di soggiorno, come ampiamente posto in rilievo in precedenza.

6.8.1. Pertanto, risulta derivativamente illegittimo anche il provvedimento di rigetto del diniego di visto adottato dall’Ambasciata d’Italia a Islamabad, che il ricorrente non solo ha impugnato con il ricorso introduttivo, ma anche con il primo ricorso per motivi aggiunti;
anche tale provvedimento, dunque, deve essere annullato.

6.9. Per quel che concerne, invece, l’istanza incidentale ex art. 116, comma 2, c.p.a. proposta con il secondo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti, il Collegio ritiene che la stessa sia divenuta improcedibile per carenza di interesse.

La parte ricorrente, infatti, con tale istanza ha lamentato l’illegittimità della mancata ostensione della comunicazione del 18 ottobre 2017 relativa al preavviso di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, nonché la pec con la quale l’Ambasciata d’Italia a Islamabad ha richiesto alla Questura di Taranto di rendere un parere sul reingresso del ricorrente.

Orbene, l’accoglimento del primo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti soddisfa integralmente l’interesse azionato dalla parte ricorrente con l’iniziativa giudiziale in esame, in quanto determina l’annullamento di tutte le impugnate determinazioni di carattere provvedimentale adottate dalle amministrazioni resistenti. La parte ricorrente, quindi, non potrebbe conseguire qualsivoglia ulteriore utilità giuridica dalla conoscenza dei documenti richiesti con l’istanza di accesso non riscontrata dalla Questura di Taranto.

7. Il Collegio, infine, ritiene che il secondo ricorso per motivi aggiunti, con il quale è stata contestata la legittimità della nota “ -OMISSIS- ” adottata dalla Questura di Taranto, sia divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

7.1. In disparte il carattere non provvedimentale dell’atto impugnato, che costituisce un mero rapporto informativo inviato dalla Questura di Taranto all’Avvocatura erariale in vista della difesa nel presente giudizio, l’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti impugnati – che, lo si ribadisce, necessariamente si riverbera in negativo anche sulla legittimità del provvedimento di diniego adottato dalla Rappresentanza diplomatica italiana – priva di interesse il ricorrente a contestare l’eventuale legittimità di detta nota, che non presenta alcuna autonomia giuridica, né alcuna portata ex se pregiudizievole della sfera giuridica della parte ricorrente, avendo la stessa già ritratto la massima utilità possibile dall’esperimento della presente iniziativa giudiziale.

8. In definitiva, sulla scorta delle precedenti considerazioni, il Collegio respinge il ricorso introduttivo, accoglie il primo ricorso per motivi aggiunti, dichiara improcedibile il secondo ricorso per motivi aggiunti e l’istanza incidentale ex art. 116, comma 2, c.p.a. proposta con il secondo ricorso per motivi aggiunti, con conseguente annullamento del provvedimento dell’Ambasciata d’Italia a Islamabad n. -OMISSIS-del 16 dicembre 2022, del parere sfavorevole adottato in data 10 dicembre 2022 dalla Questura di Taranto, nonché del decreto di rifiuto del permesso di soggiorno adottato in data 5 aprile 2019 dalla Questura di Taranto, salvi gli ulteriori provvedimenti delle amministrazioni resistenti, senza vincolo di contenuto.

Resta, comunque, fermo l’obbligo di rispettare, in sede di riedizione ora per allora dei poteri amministrativi che vengono in rilievo ai fini della valutazione delle istanze presentate dalla parte ricorrente, il vincolo conformativo discendente dal presente decisum giudiziale.

9. Le spese di lite vanno poste a carico delle amministrazioni resistenti e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, tenuto anche conto della soccombenza della parte ricorrente in relazione al ricorso introduttivo, nonché della parziale definizione in rito della controversia.

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