TAR Roma, sez. I, sentenza 2014-11-29, n. 201411990
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N. 11990/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04465/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4465 del 2007, proposto da:
C E, rappresentata e difesa dagli avv.ti L M ed A L, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Panama, 58;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
C A;
per l'annullamento
- del provvedimento di non ammissione della dott.ssa Cantarelli alla prova orale del concorso, per esame, a 200 posti di notaio indetto con D.D.G. 1 settembre 2004 e di ogni altro atto anteriore, successivo o, comunque, coordinato e connesso con i precedenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2014 il Cons. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti gli avv.ti L M ed Alessandro Maddalo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con decreto del Direttore Generale degli Affari Civili e Libere Professioni del Ministero di Grazia e Giustizia del 1 settembre 2004, pubblicato in G.U. il 7 settembre 2004 – IV° Serie speciale, è stato indetto un concorso per l’assegnazione di 200 posti di notaio.
Per tale concorso presentava domanda di partecipazione anche l’odierna ricorrente, la Dott.ssa Elena Cantarelli, che, a seguito del superamento della preselezione prevista dal decreto di indizione, sosteneva le prove scritte nei giorni 16, 17 e 18 novembre 2005.
Quest’ultime consistevano nell’elaborazione di tre distinte prove teorico-pratiche di diversa natura: un atto “ mortis causa ”, un atto “ inter vivos ” ed un ricorso di volontaria giurisdizione.
Nella seduta dell’8 marzo 2007, la Commissione valutatrice procedeva alla correzione degli elaborati della ricorrente. Al termine della valutazione degli elaborati, la ricorrente non veniva ammessa alle prove orali del concorso in oggetto.
Pertanto, la Dott.ssa Cantarelli impugnava il provvedimento di non ammissione poiché ritenuto illegittimo, chiedendone l’annullamento, previa sospensione della loro efficacia e previa concessione della più idonea misura cautelare, per i motivi di seguito esposti.
Si costituiva in giudizio l’intimata Amministrazione.
Alla udienza del 14 ottobre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.
Il ricorso è infondato.
Con una prima e terza censura la odierna ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 27 del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953 e dell’art. 3 L. n. 241/1990.
Rileva il Collegio come sul dedotto difetto di motivazione del giudizio di insufficienza e sulla mancata attribuzione di punteggio aggiuntivo (c.d. novantista), la disciplina del concorso notarile sia stata modificata dal D. L.vo 22.4.2006 n. 166, il quale ha risolto i problemi applicativi evidenziati, equiparando ai fini dell'ammissione all'orale il voto di sufficienza a quello di idoneità (35 punti) e stabilendo (art. 11, comma 5) che il giudizio di non idoneità è motivato mentre nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione.
Tale nuova disciplina è, tuttavia, inapplicabile ai concorsi precedenti i quali - come quello in oggetto - restano governati - per l'aspetto che qui interessa - dall'art. 24 del R.D. 14.11.1926 n. 1953.
Prevede il citato articolo che “ Per ciascuna delle prove scritte ed orali ogni commissario dispone di dieci punti. Prima dell'assegnazione dei punti, la Commissione delibera per ciascuna prova, a maggioranza di voti, se il candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l'approvazione.
Nell'affermativa, ciascun commissario dichiara se e quali punti oltre il minimo intende assegnare al candidato: il voto attribuito al lavoro è costituito dal minimo sommato agli altri punti eventualmente assegnati. Non è ammesso agli orali il concorrente che non abbia riportato almeno trenta punti in ciascuna delle prove scritte e non meno di centocinque nel complesso delle prove stesse ”.
Rileva il Collegio la generale adeguatezza del voto numerico volto a sintetizzare in modo eloquente il giudizio formulato dalle Commissioni esaminatrici dei pubblici concorsi.
Sotto tale profilo, infatti, occorre osservare come la disciplina positiva applicabile alle prove scritte del concorso notarile diversifica la soglia di sufficienza da quella di idoneità, in analogia al criterio selettivo di base normalmente utilizzato dal legislatore e consacrato, ad esempio, nell'art. 9 del D.P.R. n. 686 del 1957.
Infatti, nei concorsi articolati in varie prove scritte - ed in particolare nei concorsi maggiormente selettivi - il conseguimento della votazione minima in ciascuna prova è di norma condizione necessaria ma non sufficiente per l'ammissione agli orali, la quale postula invece il raggiungimento di una media superiore.
In sostanza, nei concorsi in questione il candidato, qualora riporti la mera sufficienza in una delle prove, deve compensare tale risultato minimale conseguendo votazioni di eccellenza nelle altre prove.
In generale, il fatto che nei concorsi in questione (si pensi al concorso per avvocato dello Stato, a quello per uditore, a quello per referendario T.A.R.) sia dunque richiesta una preparazione complessiva superiore alla sufficienza non comporta per la Commissione esaminatrice alcun particolare obbligo motivazionale, ben potendo la stessa - secondo consolidata giurisprudenza - esprimere il giudizio di inidoneità mediante apposizione del voto numerico alle singole prove.
Tanto chiarito, occorre allora verificare se nel concorso notarile un tale ulteriore obbligo nei confronti dei candidati sufficienti ma non idonei possa farsi discendere dalla particolare sequenza procedimentale attraverso la quale legalmente si forma il giudizio finale sulle prove o dalla scelta discrezionale della Commissione di motivare per esteso i giudizi di insufficienza.
In tal senso è innanzi tutto da rilevare che nel concorso notarile, in base alla disciplina positiva sopra trascritta, il conseguimento dei 15 punti ulteriori dipende da dichiarazioni dei singoli commissari ai quali - una volta formulato dalla Commissione il giudizio di sufficienza - è uti singuli riconosciuta la facoltà di attribuire o meno punti aggiuntivi rispetto al minimo.
Ne segue che nel caso dei novantisti non c'è un giudizio collettivo che possa essere argomentatamente motivato dalla Commissione, laddove nel caso dell'insufficienza (che viene infatti significativamente deliberata a maggioranza) il giudizio negativo è riferibile all'Organo in modo unitario.
Le modalità di formazione del giudizio finale sono dunque nei due casi ben differenziate, il che dunque da un lato giustifica differenti modalità di esternazione dei giudizi stessi e dall'altro rende di per sé non configurabile il vizio di disparità di trattamento, il quale ovviamente postula l'identità (o quanto meno la totale assimilabilità) delle situazioni di base poste a raffronto.
In aggiunta a tali rilievi testuali, è poi da osservare sul piano sistematico e funzionale che l'organismo investito del potere di effettuare valutazioni (come sono certamente quelle che nella specie vengono in rilievo) consuma di norma il suo potere quando al termine di uno specifico procedimento emette le stesse.
Deve, quindi, ritenersi naturalmente esclusa qualsiasi forma di retrattabilità delle valutazioni ad opera ed iniziativa dell'organo che le ha effettuate.
Se questo è vero, ne consegue che con "l'approvazione", e cioè con l'attribuzione del punteggio di 90, si chiude nel caso dei novantisti la fase obbligatoria (potere-dovere) del procedimento preordinato alla valutazione del candidato.
Chiusa questa fase, è prevista la possibilità dell'apertura di una seconda fase rimessa al potere discrezionale della Commissione, il quale assumerà rilievo costitutivo solo se l'entità del punteggio aggiuntivo conferito in seconda battuta è pari almeno al minimo richiesto dalla legge.
Ma, secondo consolidati principi, il mancato esercizio di siffatto potere discrezionale - anche perché non destinato a formalizzarsi in alcun atto imputabile all'Organo, giusta la previsione di legge - non necessita di una specifica motivazione.
Il che trova conferma nel rilievo che la norma - sia pure con espressioni non simmetriche a quelle adoperate relativamente alla prima fase - si dà carico (solo) di disciplinare l'ipotesi dell'uso positivo dell'anzidetto potere discrezionale estrinsecantesi nell'apertura della seconda fase regolamentando (esclusivamente) le modalità di espressione della votazione aggiuntiva.
In definitiva, convergenti argomenti di ordine testuale e sistematico portano ad escludere - nel sistema anteriore al D. Lgs. n. 166 del 2006 - l'esistenza di un obbligo per la Commissione esaminatrice del concorso notarile di motivare in modo analitico il mancato raggiungimento, in sede di valutazione degli elaborati sufficienti, del superiore quorum necessario per ottenere l'ammissione all'orale (Cons. Stato, n. 1157/2001).
Con una seconda censura la ricorrente deduce la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art. 22 R.D. 14 novembre 1926, n. 1953 e violazione dei principi generali vigenti in materia di funzionamento degli organi collegiali amministrativi.
Deduce la ricorrente, in particolar, che nel concorso di cui all’odierno ricorso il Presidente della Commissione non ha ritenuto di procedere alla formazione di due sottocommissioni e la Commissione ha continuamente mutato la propria composizione con conseguente violazione dei principi di certezza della composizione della commissione e di obiettiva precostituzione delle commissioni esaminatrici dei pubblici concorsi.
La censura è infondata.
Osserva il Collegio come l’art. 27, co. 2, R.D. 1953/1926 prevede che, nel caso in cui qualcuno dei commissari non possa assumere o continuare l’esercizio delle sue funzioni, è immediatamente surrogato da un membro supplente, sicché sussiste la fungibilità del membro effettivo con uno qualsiasi dei membri supplenti senza la necessità di una specifica motivazione delle ragioni dell’impossibilità dell’esercizio delle funzioni da parte del titolare.
Conseguentemente e per i motivi esposti il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi per la integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.