TAR Genova, sez. I, sentenza 2014-01-09, n. 201400016

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2014-01-09, n. 201400016
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201400016
Data del deposito : 9 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00378/2009 REG.RIC.

N. 00016/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00378/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 378 del 2009, proposto da:
A G, A A, C A, O A, M A, E C, P F, M G, E M, D P, E S, M S, O di C E &
C. Snc, rappresentati e difesi dall'avv. A M, con domicilio eletto presso A M in Genova, via Corsica, 21/18;

contro

Comune di Ventimiglia, rappresentato e difeso dall'avv. C M, con domicilio eletto presso C M in Genova, via Palestro 2/3;
Regione Liguria, rappresentato e difeso dagli avv. Michela Sommariva, Leonardo Castagnoli, con domicilio eletto presso Michela Sommariva in Genova, via Fieschi 15;
Provincia di Imperia;

per l'annullamento

parziale, in relazione all’area di proprietà di parte ricorrente, annullamento piano urbanistico comunale di cui a delibera consiliare comunale n. 2\2007, delibera di giunta regionale n. 179\2008 nonché voto del ctr n. 34, delibera consiliare comunale n. 54\2008 adeguamento puc a nullaosta regionale e 101\2008 presa d’atto parere provinciale, voto provinciale n. 1652\2008, delibera consiliare n. 71\2006 e di ogni atto connesso;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Ventimiglia e di Regione Liguria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2013 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso di cui in epigrafe parte ricorrente, in qualità di proprietari di immobili interessati dalla nuova pianificazione urbanistica, impugnavano la deliberazione di giunta regionale 26.2.2008, n. 179, di rilascio – ex art. 69 L.R. n. 36/1997 – del nulla osta a modificare il piano territoriale di coordinamento paesistico (di seguito, ptcp) in sede di approvazione del progetto definitivo del puc di Ventimiglia, nella parte in cui ha previsto la necessità che vengano recepite le prescrizioni e le indicazioni contenute nel voto del comitato tecnico regionale per il territorio (di seguito ctr) n. 34/2008, il quale, per la zona in cui ricadono gli immobili di proprietà ricorrente, azzerava l’edificabilità, pur se in zona non interessata dalla variante al PTCP.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte ricorrente evidenziava la reciproca autonomia dei procedimenti di approvazione del puc (artt. 39 e 40 l.r. cit.) e delle varianti di ptcp (art. 69), lamentando che – così operando - la Regione, anziché limitarsi ad esprimere il proprio nulla osta in ordine all’introduzione di varianti al ptcp (varianti che peraltro non interessavano affatto l’ambito), avrebbe riesaminato l’intero puc, formulando ulteriori prescrizioni e richieste di modifica della disciplina di singole zone, così tardivamente integrando il parere a suo tempo reso sul progetto preliminare di puc. con voto ctr. n. 128/04.

A sostegno del gravame venivano proposte le seguenti censure:

- violazione degli artt. 39, 40 e 69 legge Regione Liguria 4.9.1997, n. 36 , eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, nonché dei presupposti, illogicità, sviamento di potere, nei termini sopra indicati;

- violazione dell’art. 69 cit., eccesso di potere per difetto di approvazione regionale di variante al ptcp, incompetenza della Giunta al rilascio del nullaosta, mancando la necessaria approvazione del Consiglio regionale;

- violazione degli artt. 40 e 69 cit. sotto altri profili, eccesso di potere per difetto di pubblicazione al fine di nuove osservazioni sulle modifiche introdotte dalla Regione con delibera di Giunta n. 197\08;

- in subordine, invalidità della delibera consiliare comunale n. 71\2006 di adozione del progetto definitivo per violazione dell’art. 40 cit., e diversi profili di eccesso di potere, per mancanza della necessaria deliberazione ex art. 39 cit. come espresso dal Tar con sentenza 1406\2005.

Si costituivano in giudizio la Regione ed il Comune di Ventimiglia, controdeducendo nel merito ed instando per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 19\12\ 2013 il ricorso passava in decisione.

La presente controversia, avente ad oggetto gli atti approvativi del Puc di Ventimiglia nei termini di cui alla narrativa in fatto, risulta analoga ad altra questione già decisa di recente dalla Sezione con una pronuncia (n. 70\2013) da cui, anche per ragioni di certezza del diritto e di parità di trattamento, non vi sono motivi per discostarsi.

Passando al merito del gravame, con riferimento al primo ordine di motivi, le censure non appaiono suscettibili di accoglimento.

In proposito, già in linea di principio non risponde al vero che, con l’espressione del parere ex art. 39 cit. sul progetto preliminare di puc, la Regione consumi definitivamente il potere consultivo di esame del puc – con particolare riguardo alla sua compatibilità con i piani territoriali di livello regionale e provinciale - al punto da non poter più mettere in discussione le scelte urbanistiche successivamente effettuate in sede di adozione del progetto definitivo.

L’art. 40 comma 3 prevede infatti che, sull’adozione del progetto definitivo di puc (da elaborarsi anche in considerazione dei pareri regionale e provinciale), “chiunque” può far pervenire osservazioni con esclusivo riferimento agli aspetti che costituiscono sviluppo e completamento del progetto preliminare.

Dunque, conformemente al principio generale espresso dall’art. 9 comma 2 della legge urbanistica fondamentale 17.8.1942, n. 1150, che assume valore conseguente anche nel rapporto tra le fonti in tema di governo del territorio, tra i soggetti abilitati a sindacare gli aspetti del progetto definitivo adottato che costituiscono sviluppo e completamento del progetto preliminare, deve ritenersi che rientrino a pieno titolo – anzi a maggior ragione - anche quelli istituzionali (Regione e Provincia), direttamente interessati a valutare il grado di adeguamento della disciplina urbanistica adottata ai rilievi eventualmente espressi nei pareri sul progetto preliminare e, più in generale, alla sua effettiva conformità alle prescrizioni dei piani territoriali regionale e provinciale.

In tal senso, salva la necessità di una riapertura della fase partecipativa (sulla quale vedi infra), il termine ultimo per l’espressione di un compiuto parere circa la compatibilità del puc ai piani territoriali sovraordinati sembra doversi individuare – al più tardi – nel momento in cui il Presidente della Provincia rende il parere di legittimità di cui all’art. 40 comma 6 l.r. cit...

Secondariamente, la circostanza che la fase di rilascio del nulla osta a variare il ptcp sia autonomamente disciplinata dalla legge (art. 69), non può renderla del tutto estranea al procedimento di approvazione del puc (artt. 39 e 40), nella quale al contrario, per le evidenti interconnessioni, si inserisce come fase sub-procedimentale.

In difetto di una disposizione legislativa – ma la complessa legislazione regionale in esame non è in generale di facile ricostruzione - che individui esattamente in quale fase di approvazione del puc si inserisca il sub procedimento di approvazione della variante al ptcp, nulla impediva dunque alla Regione – prima dell’approvazione del puc - di esprimersi definitivamente in un unico provvedimento (l’impugnata deliberazione G.R. n. 179/2008) sia in relazione alle varianti al ptcp, sia in relazione all’adottato progetto definitivo di puc, con specifico riguardo alla sua compatibilità con i rilievi e le riserve già (genericamente) formulati nel parere sul progetto preliminare. D’altronde è logico intendere la disciplina come tale da consentire di addivenire ad una conclusiva valutazione in ordine alla verifica di compatibilità con il ptcp e con gli altri piani sovraordinati” .

A diverse conclusioni deve giungersi invece con riferimento al secondo ordine di rilievi, contariamente a quanto in precedenza valutato da un orientamento (invero superato dalla sentenza 701 cit. anche sul punto procedimentale successivo) rispetto al quale la censura appare ammissibile e fondata.

Sotto il versante preliminare, a nulla rileva ai fini in esame che la porzione dei ricorrenti non sia direttamente interessata da varianti al ptcp, in quanto altrimenti opinando sarebbe fondato il primo ordine di rilievi, in quanto solo il legame con l’analisi del ptcp giustifica il permanere del potere di espressione esercitato e riconosciuto in capo alla Regione;
al riguardo, poi è evidente la sussistenza dell’interesse diretto concreto ed attuale a censurare vizi procedimentali generali, quale quello in esame, al fine di far decadere la nuova pianificazione contestata, anche in capo agli odierni ricorrenti. Anzi, nel caso de quo l’accettazione della nuova limitazione per l’area di diretto interesse del ricorrente ha costituito la condizione per l’approvazione delle altre varianti al ptcp proposte dal comune, come emerge dalla delibera regionale.

Sotto il versante sostanziale, oltre a quanto appena evidenziato, l’analisi della norma invocata conferma la necessità (invero ex sé ragionevole, stante la valenza programmatoria fondamentale delle scelte) che l’approvazione delle varianti al ptcp sia preceduta dall’acquisizione del nulla-osta del Consiglio regionale, ove le medesime varianti non siano di mera precisazione di confini e riguardino aree assoggettate ai seguenti regimi normativi del livello locale: a) di trasformazione, relativamente a tutti gli assetti;
b) di conservazione, relativamente a tutti gli assetti;
c) di mantenimento, limitatamente alle aree non insediate di cui si proponga il passaggio al regime normativo di trasformabilità dell'assetto insediativo.

Nel caso de quo la variante nella sua globalità coinvolge pacificamente aree assoggettate a tali regimi, in specie di conservazione, cosicchè è integrato il presupposto normativo dettato dalla norma;
non a caso la precedente delibera di Giunta del 2004 aveva evidenziato la necessità della previa acquisizione del nulla osta consiliare in questione. Né vale a superare il chiaro (e come detto ragionevole) dettato normativo il presunto carattere di mero aggiornamento;
si interviene sul regime di conservazione e non a solo fini di precisazione dei confini, non potendo forzarsi il dato letterale della norma - costruita come eccezione - oltre il significato proprio dell’espressione utilizzata. Invero, incidentalmente va evidenziato come anche sotto il presente profilo emergono difficoltà applicative – in specie per gli uffici regionali, provinciali e comunali - di una legislazione estremamente complessa e non sempre di piana lettura ricostruttiva del sistema.

Ad analoghe conclusioni positive deve giungersi con riferimento al terzo ordine di rilievi, la cui relativa fondatezza emerge da quanto già statuito dalla sezione in analoghi precedenti (cfr. ad es. sentenza 701\2013).

Preliminarmente, giova osservare la tempestività ed ammissibilità del motivo.

Anche a prescindere dal fatto che l’impugnazione della delibera di adozione dello strumento urbanistico, sebbene immediatamente lesiva, costituisce soltanto una facoltà, in quanto i vizi ad essa riferibili possono essere dedotti in sede di impugnazione della deliberazione di approvazione (cfr., tra le tante, Cons. di St., IV, 2.12.2011, n. 6373), è dirimente il rilievo che il motivo censura una fase procedimentale (rectius, l’omissione di una necessaria fase procedimentale) successiva alla deliberazione C.C. 16.7.2008, n. 54, che concreta propriamente un vizio della deliberazione finale di approvazione del puc 15.12.2008, n. 101, rispetto alla quale il motivo è dunque tempestivo.

Già si è detto che, nella logica dei principi generali dell’ordinamento e della legge regionale urbanistica (che postulano la conformità del piano regolatore comunale ai piani territoriali sovraordinati), la Regione non consuma definitivamente il potere consultivo di esame del puc con l’espressione del parere ex art. 39 sul progetto preliminare, ben potendo sollevare ulteriori rilievi, quantomeno sino al momento in cui il Presidente della Provincia rende il definitivo parere di legittimità di cui all’art. 40 comma 6.

Parimenti, si è chiarito come – in linea di principio – nulla osti a che la Regione, prima dell’approvazione del puc, si esprima definitivamente in un unico provvedimento sia in relazione alle varianti al ptcp ex art. 69, sia in relazione all’adottato progetto definitivo di puc, con specifico riguardo alla sua compatibilità con i rilievi e le riserve già (genericamente) formulati nel parere sul progetto preliminare ex art. 39.

Sennonché, ove la Regione proceda in tal modo, riservandosi di introdurre ulteriori prescrizioni a completamento del parere sul progetto preliminare ed a scioglimento delle riserve ivi espresse (nel caso di specie, con la D.G.R. 26.2.2008, n. 179), pur dopo l’adozione del progetto definitivo di puc (nel caso di specie, avvenuta con deliberazione C.C. 6.12.2006, n. 71), essa deve nondimeno obbligatoriamente rispettare la fase partecipativa di cui all’art. 40 comma 3, che, per essere “effettiva” e concludente, deve svolgersi sugli elaborati delle norme di conformità e congruenza redatti “in forma completa”, cioè definitiva (art. 40 comma 1 lett. a e b), anche – e, verrebbe da dire, soprattutto - per quanto riguarda le modifiche pregiudizievoli apportate al progetto preliminare sulla base dei pareri regionale e provinciale.

Per costante giurisprudenza, la disposizione di principio di cui all'art. 9 L. n. 1150/1942 “stabilisce l'obbligo di pubblicazione del P.R.G. adottato, mediante deposito nella segreteria comunale, funzionale alla presentazione di osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse e nulla dice con riguardo alla circostanza in cui, a seguito di accoglimento di talune delle osservazioni, il P.R.G. risulti rielaborato in modo innovativo. Tuttavia, nel caso in cui l'osservazione accolta sia stata presentata da soggetti diversi dai proprietari dell'area sulla cui disciplina urbanistica la modifica ha inciso, l'Amministrazione comunale deve procedere alla ripubblicazione del P.R.G. nella parte risultata modificata o, quanto meno, deve darne diretta comunicazione agli interessati, per consentire loro di presentare memorie e osservazioni di merito. Il principio di partecipazione, cui la comunicazione di avvio del procedimento è strumentale, ha una portata generale e, benché l'art. 13 l. n. 241 del 1990 ne escluda l'applicazione per gli atti di pianificazione, quale è il P.R.G., tuttavia, si deve tener conto che, quando l'Amministrazione provvede a modificare il piano adottato, accogliendo delle osservazioni che vanno ad incidere sulla proprietà di terzi, tale modifica si atteggia, nei confronti dei soggetti proprietari dell'area su cui ha inciso in maniera diretta, alla stessa stregua di un qualunque atto provvedimentale, così richiedendo idonea comunicazione all'interessato” (T.A.R. Lombardia-Brescia, 16.7.2003, n. 1090;
nello stesso senso cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, 24.7.2008, n. 191;
T.A.R. Sicilia-Catania, I, 15.6.2007, n. 1021).

Nel caso di specie, l’accoglimento dei rilievi formulati dalla Regione con la deliberazione 26.2.2008, n. 179 ha comportato la limitazione delle possibilità edificatorie ed il condizionamento ad approvazione di puo regionale, nei termini dedotti e riportati dalla narrativa in fatto.

Al riguardo, parte ricorrente, proprietaria direttamente incisa dalle nuove previsioni, non è stata dunque poste in grado di formulare osservazioni – ex art. 39 comma 3 - su una disciplina urbanistica introdotta a seguito dei rilievi di un soggetto terzo (la Regione), che ha sicuramente inciso notevolmente, in senso peggiorativo, sulle aree di proprietà.

La disposizione di cui all’art. 40 comma 4 lett. a), laddove prevede che le modifiche apportate al puc in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni “non comportano la necessità di procedere alla ripubblicazione degli atti”, si riferisce con ogni evidenza all’accoglimento delle osservazioni presentate dai soggetti direttamente interessati (per i quali, a seguito dell’accoglimento, viene – per così dire – a cessare la materia del contendere), non certo alle osservazioni presentate da soggetti “terzi” (e, tra questi, quelli istituzionali) rispetto ai proprietari delle aree interessate dalla nuova disciplina.

Né vale sostenere l’inutilità della fase partecipativa, in relazione al carattere obbligatorio delle prescrizioni introdotte dalla Regione a tutela del territorio nella sua espressione paesistico-ambientale. Sia in termini di principio a fronte della natura delle determinazioni in questione, sia in termini di dettaglio in quanto è pacifico che le aree di proprietà delle società ricorrenti non fossero affatto interessate da variante al ptcp, ed inoltre che la disciplina delle zone ammettesse gli interventi paventati.

Si tratta di una valutazione di merito circa l’an ed il quantum di nuova edificazione compatibile con il carattere sparso dell’insediamento, di carattere eminentemente discrezionale (e dunque non vincolata, ancorché vincolante per i piani sottordinati), sicché non può trovare applicazione la sanatoria giurisprudenziale ex art. 21-octies comma 2 L. n. 241/1990.

Ovviamente, l’effetto invalidante, per il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato che informa il contenzioso su ricorso e delimita l’efficacia c.d. oggettiva del giudicato, è circoscritto alla zona che fa da sostrato materiale agli interessi specificamente coinvolti nel giudizio che ha dato luogo all’annullamento (così T.A.R. Liguria, I, 16.5.2007, n. 789;
id., 13.10.2006, n. 1209), sicché il comune dovrà procedere alla fase di pubblicazione, ex art. 40 comma 2 L.U.R., della deliberazione C.C. 16.7.2008, n. 54, con l’apertura della successiva fase partecipativa, limitatamente alla disciplina urbanistica dell’ambito interessato nella specie.

A fronte dell’accoglimento del secondo e del terzo ordine di motivi, e del conseguente annullamento degli atti in parte qua, non può essere esaminato il quinto ordine di motivi, dedotto solo in via di “stretto subordine” (come emerge dal ricorso, “solo per l’ipotesi in cui il ricorso non venisse accolto per le censure sopra dedotte”).

Sussistono giusti motivi, come in analoghe fattispecie ed a fronte della complessità delle questioni trattate e del tenore della legislazione regionale, per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

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