TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2014-12-18, n. 201412899

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2014-12-18, n. 201412899
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201412899
Data del deposito : 18 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01453/2006 REG.RIC.

N. 12899/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01453/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1453 del 2006, proposto da:
S M Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti C A e M M, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. C A in Roma, piazza del Fante, 2;

contro

Ministero delle Attività Produttive, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto ministeriale, emesso dallo stesso Ministero delle Attività Produttive (Direzione generale coordinamento incentivi alle imprese), n. 1904 del 28/11/2005 con il quale il contributo in conto capitale di Lire 209.250,00, concesso con il Decreto Ministeriale n. 57 del 22/12/1994 e successiva erogazione del 05/10/1995, è stato parzialmente revocato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Attivita' Produttive;

Vista la memoria difensive difensiva di parte ricorrente;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2014 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In data 29/07/1992 la Società Menconi Srl chiedeva, e poi otteneva, l’erogazione di un contributo in conto capitale pari a Lire 209.250.000 per investimenti ex lege 317/91.

In data 10 Febbraio 2001, l’allora Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato, comunicava alla ricorrente l’avviso di avvio del procedimento di revoca parziale del contributo erogato per il verificarsi delle condizioni previste all’art. 3 comma 6 lett. e) e g) del DM 247/92.

Malgrado le osservazioni della ricorrente, veniva emesso il Decreto Ministeriale (n. 1904) del 28/11/2005, con il quale veniva parzialmente revocato il contributo emesso, con richiesta di restituzione di Euro 90.274,18, di cui Euro 60.941,91 di contributo revocato e Euro 29.332,27 per interessi.

Detto provvedimento veniva impugnato con il presente ricorso, con il quale si deducevano i seguenti vizi:

1. la violazione degli artt. 5 comma 2, 6 comma 3, 10 e 12, Legge n. 317/1991 in relazione alla Legge n. 1329/65, in quanto non sussisterebbe il cumulo di agevolazioni vietato;

2. la violazione del DM 247/92 artt. 3 e 4, in quanto il divieto di cumulo riguarderebbe esclusivamente le agevolazioni afferenti il costo capitale del bene e non anche eventuali agevolazioni sugli interessi;

3.,l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti, travisamento dei fatti e irrazionalità manifesta;

4.,la violazione della legge 317/1991, art. 12 comma 5° e art. 10, eccesso di potere per sviamento ed illogicità manifesta;

5.,la violazione del legittimo affidamento e del principio di buona fede;

6.,la violazione dell’ art.13 della legge n. 317/91.

Si costituiva solo formalmente il Ministero delle Attività Produttive.

Nel corso dell’udienza camerale del 9 Marzo 2006 questo Tribunale accoglieva, con ordinanza n. 1440/2006, l’istanza cautelare, subordinatamente alla prestazione di una garanzia bancaria o assicurativa.

All’udienza pubblica dell’11 Novembre 2014 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va respinto.

Peraltro, prima di passare all’esame del merito, il Collegio si pone d’ufficio la questione relativa al giudice competente a conoscere la controversia de qua.

Con un orientamento giurisprudenziale, di recente confermato dall’Adunanza Plenaria n. 6/2014, è stata riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di provvedimenti di revoca, di decadenza o di risoluzione, diretti a ritirare il finanziamento in conseguenza di un preteso inadempimento, da parte del beneficiario, degli obblighi impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo.

Proprio l'Adunanza Plenaria n. 6/2014 ha, infatti, ritenuto di dover confermare detto indirizzo giurisprudenziale in materia di riparto di giurisdizione, prevedendo che il Giudice competente a decidere sui provvedimenti di concessione e di revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche dovesse essere individuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata.

Detta pronuncia ha, nel contempo, affermato come sia configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione dello stesso beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario (Cass. Sez. Un. 24 gennaio 2013, n. 1710;
Cons. Stato, Ad. Plen. 29 luglio 2013, n. 17).

Ed è proprio quest’ultima la fattispecie all’esame del Collegio, avendo l’Amministrazione disposto la revoca perché erroneamente erogata ab origine, per essere stato violato il divieto di cumulo di benefici.

Ed invero, la società ricorrente aveva chiesto un contributo corrispondente al credito di imposta e ai sensi della legge n. 317/91 per procedere all’acquisto di macchinari, agevolazione quest’ultima che veniva riconosciuta ammissibile. Il successivo provvedimento di revoca veniva disposto in considerazione del fatto che, a parere del Ministero delle Attività Produttive, il beneficio finanziario ottenuto dalla società Menconi ai sensi della L. n. 1329/65, sullo stesso bene agevolato ai sensi della Legge 317/91, integrerebbe la fattispecie del divieto di cumulo sopra citato e, ciò, pur considerando come l’agevolazione di cui alla L. n. 1329/65 sia relativa al solo pagamento degli interessi.

Data la premessa, ne consegue la giurisdizione di questo giudice a conoscere la controversia in esame.

2. Passando al merito, è infondato il primo, il terzo e il quinto motivo, che per ragioni di ordine logico possono essere esaminati congiuntamente, con i quali si contesta, nella sostanza, la violazione del divieto di cumulo dei contributi statali, previsto dall’art. 6 comma 3 della Legge n. 317/91, e, ciò, in considerazione del fatto che gli acquisti di alcuni macchinari era stato posto in essere in applicazione della L. n. 1329/2965 (c.d. Legge Sabatini).

Detta ultima disciplina consente sia la vendita rateale mediante sconto degli effetti a lungo termine sia, ancora, un’ulteriore agevolazione nella riduzione del tasso di sconto delle cambiali rispetto al tasso ufficialmente praticato.

Secondo la prospettazione del Ministero delle Attività Produttive l’applicazione di un tasso agevolato di sconto alla compravendita rateale e cambializzata rappresenta un cumulo di agevolazioni vietato dalla L. n. 317/91.

A parere della ricorrente, al contrario, il provvedimento di revoca sarebbe illegittimo in quanto non sussisterebbe alcuna norma che esclude, espressamente, la compatibilità della concessione dei contributi in conto capitale con le agevolazioni di cui alla cosiddetta Legge Sabatini. Aggiunge la società che l’art. 5 comma 2 della L. 317/91 disciplinerebbe tra gli investimenti agevolabili anche quelli effettuati ex L. n. 1329/1965, circostanza che confermerebbe l’illegittimità del provvedimento di revoca. Deduce, infine, che l’art. 12 della l. n. 317/91 disciplinerebbe l’applicazione del divieto di cumulo solo per le agevolazioni disciplinate dagli artt. 6, 7 e 8 e, non, l’eventualità in cui si fruisca di un’ulteriore agevolazione non prevista da differenti leggi statali.

Detta interpretazione dell’assetto normativo che regola la materia, offerta da parte ricorrente, non può essere condivisa e va respinta, risultando sul punto legittimo il provvedimento di revoca ora impugnato.

La lettura del combinato disposto di cui agli artt. 12 comma 9 e 6 della L. 317/91 consente di escludere l’esistenza di un regime di tassatività delle ipotesi di esclusione così come prospettato dalla ricorrente e, ciò, nella parte in cui si è previsto che le agevolazioni in materia di credito di imposta di cui alla L. n. 317/91 “ non sono cumulabili con altre agevolazioni previste dalla presente legge o da normative statali, regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano, ma possono essere cumulate con i benefici finanziari disposti da atti delle Comunità europee ”.

Ne consegue che il Legislatore, con l’art. 6 ha sancito un regime generale di incompatibilità tra il credito di imposta e i benefici introdotti da altre disposizioni normative che, in quanto tale, non può che ricomprendere qualunque tipologia di agevolazione e, quindi, anche l’agevolazione sul tasso degli interessi di cui alla L. n. 1329/1965.

Ne consegue che i casi di incumulabilità di cui al comma 9 vanno interpretati nel senso di ulteriori ipotesi in cui il Legislatore ha inteso prevedere espressamente detto regime, precisando un principio già comunque introdotto dalla disposizione generale in questo senso prevista dall’art. 6.

Ad una diversa conclusione non può pervenirsi neppure valorizzando, come vorrebbe la ricorrente, l’art. 5 della medesima legge n. 317 del 1991 che, nell’indicare gli investimenti ammessi a contributo, ammette anche quelli effettuati mediante locazione finanziaria o compravendita con riserva della proprietà a norma delle legge n. 1329 del 1965.

E’ infatti evidente che la portata di tale articolo è del tutto ininfluente rispetto alla questione della concreta ammissibilità del singolo investimento, essendo chiaro che la disposizione in questione si limita a ritenere ammissibili gli investimenti posti in essere sulla base della suddetta legge n. 1329/1965 e non anche il cumulo con altri benefici.

Le conclusioni alle quali il Collegio è pervenuto trovano peraltro conferma in una decisione del Consiglio di Stato (Sez. VI, sent. n. 891 del 28-02-2006), secondo cui l’art. 13 della legge n. 317 del 1991…” non collega la previsione della revoca alla sola violazione del precetto di cui all'art. 5, ma anche alla mancata osservanza delle prescrizioni di cui al successivo art. 6, attesa la summenzionata connessione delle due norme. Il meccanismo della revoca è destinato, quindi, ad operare anche quando il vizio acclarato consista nella violazione di una previsione che, pur contenuta nel successivo ed intimamente collegato art. 6, concorra nella definizione della medesima materia disciplinata dallo stesso art. 5, quella cioè dell'individuazione degli investimenti agevolabili ”.

L’esistenza del regime dell’incumulabilità sopra ricordato comporta che deve ritenersi del tutto irrilevante anche l’ulteriore circostanza, dedotta nel terzo motivo, secondo cui il Ministero, una volta ricevuta la domanda della ricorrente – nella quale veniva indicato che l’acquisto dei macchinari sarebbe stato posto in essere tramite la legge 1329/1965 - non avrebbe eccepito alcunché sul cumulo delle due agevolazioni.

E’, infatti, evidente che l’assegnazione del beneficio, o l’eventuale decorso anche di un congruo periodo di tempo dalla concessione dell’agevolazione, non può comportare il superamento del divieto di cumulo stante l’obbligo del Ministero, ex art. 4 comma 1, lett. B) del DM 247/92, di procedere alla revoca delle agevolazioni già concesse nel momento in cui verifica, evidentemente in una fase successiva l’erogazione, l’insussistenza delle “ condizioni previste dagli artt. 5 e 12 della legge nonché del presente decreto ”.

Ne consegue che le censure sopra citate sono infondate e vanno respinte.

3. E’ da respingere anche il secondo motivo del ricorso, con il quale si deduce la violazione degli artt. 3 e 4 del DM n. 247/1992, disposizioni queste ultime che, a parere della ricorrente, andrebbero interpretate nel senso di circoscrivere il divieto di cumulo alle sole agevolazioni relative al costo capitale del bene e, non anche, alle eventuali agevolazioni sugli interessi.

Giova premettere che l’art. 3 del DM n. 247/92 prevede che “ sono esclusi dalle agevolazioni…. g) gli investimenti per i quali siano state richieste o concesse altre agevolazioni previste dalla legge n. 317 del 1991, da altre normative statali, regionali o delle province autonome di Trento e Bolzano ovvero da azioni comunitarie cofinanziate, fatti salvi i benefici finanziari disposti direttamente con atti delle Comunità europee ”.

Analogamente l’art. 4 comma 1, lett. B) dispone che “ il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 317 del 1991, provvede alla revoca dei crediti d'imposta o dei contributi in conto capitale concessi, qualora: …b) i medesimi beni oggetto dell'agevolazione risultino essere stati ammessi anche ad altre agevolazioni previste dalla legge n. 317 del 1991, da altre normative statali, regionali o delle province autonome di Trento e Bolzano ovvero da azioni comunitarie cofinanziate, fatti salvi ove previsti i benefici finanziari disposti con atti delle Comunità europee ”.

Dalla lettura delle disposizioni sopra richiamate appare evidente che il Legislatore ha inteso prevedere un regime di revoca dei crediti di imposta nelle ipotesi in cui siano state applicate, contestualmente alla disciplina di cui alla L. n. 317/1991, ulteriori e differenti disposizioni dirette ad attribuire una qualunque agevolazione.

Va, altresì, evidenziato come non sia condivisibile un’interpretazione dell’art. 4 lett. B) del citato regolamento diretta a circoscrivere il divieto di cumulo alle sole agevolazioni relative al costo capitale del bene e, non anche eventuali agevolazioni sugli interessi (tasso agevolato).

Il riferimento al termine “beni” costituisce, infatti, un riferimento generico e non dirimente a determinare una differente interpretazione che, al contrario, è palesemente diretta ad evitare che una determinata società possa risultare destinataria di più benefici.

Ne consegue come non possa non condividersi la motivazione del Ministero delle Attività produttive che ha posto a fondamento del provvedimento di revoca ora impugnato la considerazione in base alla quale “ il contributo in conto interessi (L. 1329/65) è da considerarsi a tutti gli effetti un’agevolazione finanziaria e quindi non è cumulabile con le agevolazioni di cui alla legge n. 317/91 ”.

Detta interpretazione è stata, peraltro, confermata da una precedente pronuncia giurisprudenziale (Consiglio di Stato sez. VI, 29 agosto 2006, n. 5023), nella parte in cui ha sancito che laddove si verifichi un'ipotesi di esclusione delle agevolazioni prevista dall'art. 3 comma 6, lett. b) del suddetto decreto, il provvedimento di revoca del contributo costituisce atto doveroso da parte dell'amministrazione.

La censura è, pertanto, infondata e va respinta.

4. Con il quarto motivo si contesta il richiamo all’art. 12 comma 5 Legge n. 317/1991, contenuto nel provvedimento impugnato, nella parte in cui prevede che “ i contributi in conto capitale sono concessi secondo le procedure dell’art. 10 ”.

Rileva il Collegio che il riferimento alle procedure dell’art. 10 dirette alla concessione del beneficio deve ritenersi del tutto irrilevante a fronte dell’incompatibilità sopra accertata, e ciò anche considerando che l’Amministrazione, sul punto, si è limitata a richiamare, tra le norme applicabili nel caso di specie, la disposizione diretta a disciplinare il procedimento e i presupposti per il riconoscimento del credito d’imposta, senza per questo voler fondare su detta disposizione la revoca dell’agevolazione.

Il motivo è, pertanto, infondato e va respinto.

5. Non è di pregio nemmeno l’argomentazione contenuta nel sesto motivo, laddove si contesta l’inapplicabilità degli interessi nella misura del 9%, pari al tasso di sconto vigente all’epoca dell’ordinativo di pagamento, in luogo del tasso di interessi legale.

Al fine di rilevare l’infondatezza delle argomentazioni della ricorrente è sufficiente evidenziare come il 5° comma dell’art. 13 prevede l’applicabilità del tasso così maggiorato nelle ipotesi in cui la revoca sia disposta in considerazione della insussistenza delle condizioni previste dagli articoli 3, 5, 7, 8, 9 e 12, circostanza rinvenibile proprio nel caso di specie.

La censura è, pertanto, infondata.

8. L’infondatezza di tutti i motivi proposti comporta la reiezione del ricorso.

La complessità della fattispecie esaminata consente di compensare le spese di giudizio.

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