TAR Genova, sez. II, sentenza 2014-05-16, n. 201400768

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. II, sentenza 2014-05-16, n. 201400768
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201400768
Data del deposito : 16 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01351/2013 REG.RIC.

N. 00768/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01351/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1351 del 2013, proposto da:
Associazione Verdi Ambiente e Società – V.A.S., rappresentata e difesa dall’avv. D G, con domicilio eletto presso l’avv. D G nel suo studio in Genova, via Bartolomeo Bosco, 31/4;

contro

Provincia di Savona, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. G E e R M, con domicilio eletto presso l’avv. A N nel suo studio in Genova, via Colombo, 12/14;

nei confronti di

A N, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio provinciale di Savona in data 24 settembre 2013, n. 46, pubblicata all’albo pretorio dell’Ente dal 26 settembre al 11 ottobre 2013, avente ad oggetto “Regolamento per la detenzione ed uso dei richiami vivi per l’esercizio venatorio da appostamento nella provincia di Savona (art. 30 L.R. n. 29/94). Modifiche”;

di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso ed in particolare, ove occorrer possa, dell’allegata proposta di deliberazione formulata dalla Giunta provinciale, n. reg. 319/2013, in data 17 settembre 2013, e del relativo allegato “A”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Savona;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con atto ritualmente notificato in data 11 dicembre 2013 e depositato il successivo 23 dicembre, la ricorrente Associazione ambientalista ha impugnato il regolamento in materia di detenzione e uso di richiami vivi per l’esercizio venatorio da appostamento, approvato dalla Provincia di Savona con deliberazione consiliare n. 46 del 24 settembre 2013.

L’esponente denuncia, nel contesto di tre motivi di ricorso, lo scostamento immotivato rispetto al parere reso dall’Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale – ISPRA e, sotto diversi profili, la violazione del giudicato formatosi sulla precedente sentenza di questo Tribunale n. 1010 del 4 luglio 2013.

Si è costituita in giudizio l’intimata Provincia di Savona che si oppone all’accoglimento del ricorso in quanto infondato nel merito.

All’udienza camerale del 9 gennaio 2014, il difensore intervenuto per la ricorrente ha dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare incidentalmente proposta con l’atto introduttivo del giudizio.

Parte ricorrente ha depositato, in data 3 marzo 2014, una memoria con cui ribadisce le argomentazioni del ricorso introduttivo.

Infine, il ricorso è stato chiamato alla pubblica udienza del 3 aprile 2014 e, previa trattazione orale, è stato ritenuto in decisione.

DIRITTO

1) Per un corretto inquadramento della controversia, si rileva preliminarmente che, nell’ordinamento della Regione Liguria, la detenzione e l’uso dei richiami vivi per la caccia da appostamento sono disciplinati dall’art. 30 della legge regionale 1° luglio 1994, n. 29.

Tale disposizione fissa alcune regole fondamentali relative all’obbligo di identificazione degli uccelli utilizzati come richiami, alle specie e al numero massimo di esemplari utilizzabili nonché in tema di vendita e sostituzione dei richiami.

Il comma 2 del citato art. 30 stabilisce che “la Regione, su parere dell’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica” (ora ISPRA), “ai sensi dell’articolo 5 della legge 157/1992, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge, emana un regolamento per disciplinare l’allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami vivi per la caccia da appostamento”.

Il regolamento regionale previsto da tale disposizione è stato adottato nel 1995 e modificato nel 2002.

La Provincia di Savona, peraltro, ha voluto dotarsi di un proprio regolamento, adottato nel 1996 e modificato con deliberazione consiliare del 18 settembre 2012, per adeguarlo alle novità introdotte dalla legge regionale n. 23 del 30 luglio 2012.

2) L’odierna ricorrente, insieme a WWF Italia, aveva impugnato il regolamento provinciale da ultimo indicato.

Il ricorso è stato parzialmente accolto con la sentenza di questa Sezione n. 1010 del 4 luglio 2013, non impugnata.

Nel dichiarato intento di emendare i vizi rilevati dal Tribunale, la Provincia di Savona, previa acquisizione del parere dell’ISPRA, ha adottato il nuovo regolamento che forma oggetto dell’attuale impugnativa.

3) Con il primo motivo di gravame, l’Associazione ricorrente denuncia lo scostamento immotivato di talune previsioni regolamentari rispetto al parere reso dall’ISPRA con atto del 5 settembre 2013.

3.1) Precisa l’esponente che detto parere avrebbe carattere obbligatorio, giusta le previsioni di cui all’art. 5 della legge n. 157/1992 e del citato art. 30, comma 2, della legge regionale Liguria n. 29/1994.

Nonostante ciò, la Provincia di Savona ha ritenuto di recepire solamente alcune delle indicazioni formulate dall’ISPRA, senza esplicitare le ragioni per cui ne ha disattese altre.

3.2) Il rilievo concerne principalmente l’art. 7 del regolamento provinciale, nel quale vengono disciplinate le condizioni di stabulazione, utilizzo e trasporto degli uccelli utilizzati come richiami.

L’ISPRA aveva formulato critiche in merito alla corrispondente disposizione (allora numerata come art. 11) inserita nello schema di regolamento sottoposto al suo esame, stante la ritenuta insufficienza delle previsioni relative alle dimensioni delle gabbie da utilizzarsi durante l’attività venatoria.

A tale riguardo, l’organo consultivo aveva anche fornito specifiche indicazioni circa le dimensioni minime da rispettare per talune specie di uccelli, le caratteristiche costruttive e il materiale da utilizzare, l’obbligo di copertura delle gabbie durante il trasporto per garantire condizioni di penombra.

Inoltre, constatata l’assenza di indicazioni riguardanti le condizioni di detenzione al di fuori dell’attività venatoria, l’ISPRA aveva suggerito di prevedere che gli uccelli fossero mantenuti all’interno di voliere aventi dimensioni tali da consentire brevi voli, con struttura parzialmente rigida e impermeabile, dotate di mangiatoie e abbeveratoi al loro interno.

Era stato suggerito, infine, di inserire nel regolamento una previsione relativa alla programmazione dell’attività di controllo.

3.3) Parte ricorrente riscontra uno scostamento delle previsioni regolamentari rispetto alle indicazioni dell’ISPRA laddove:

a) non viene precisato che il mantenimento dei richiami nelle gabbie durante l’attività venatoria deve essere il più possibile limitato;

b) non sono indicate le cautele da utilizzarsi per la specie germano reale;

c) non sono richiamate le indicazioni a suo tempo formulate dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica con nota del 11 marzo 1996, concernenti in particolare le dimensioni delle gabbie da utilizzarsi durante l’esercizio venatorio;

d) non si prevede che le dimensioni delle voliere siano tali da consentire brevi voli;

e) non è previsto un piano di controlli periodici e capillari.

3.4) Va preliminarmente precisato che, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, nessuna previsione della legge statale o di quella regionale prevede l’obbligatoria acquisizione del parere dell’ISPRA nel procedimento de quo .

Le citate disposizioni della legge n. 157/1992 e della legge regionale n. 29/1994, infatti, fanno riferimento ai regolamenti da adottarsi a livello regionale, senza menzionare gli eventuali regolamenti provinciali.

Nel caso in esame, il parere in questione è stato acquisito in ottemperanza alla sentenza della Sezione n. 1010/2013, ove se ne era affermata la necessarietà in quanto la Provincia di Savona, approvando l’atto normativo di secondo grado subito dopo l’entrata in vigore della novella legislativa regionale, non aveva atteso che “la Regione si pronunciasse in sede regolamentare”.

3.5) Ciò premesso, la censura in esame si appalesa priva di giuridica consistenza, risultando per tabulas che l’Amministrazione procedente ha adeguatamente conformato le previsioni regolamentari in questione alle indicazioni formulate dall’ISPRA.

Il semplice raffronto fra il testo dello schema di regolamento sottoposto all’esame dell’organo consultivo e quello definitivamente licenziato evidenzia, infatti, come la Provincia di Savona abbia recepito, spesso mutuando la stessa formulazione letterale del parere, tutte le prescrizioni dell’ISPRA in tema di dimensioni, caratteristiche tecniche e limitazioni di utilizzo delle gabbie durante il periodo di caccia nonché di copertura delle stesse in fase di spostamento degli uccelli (cfr. art. 7, commi da 2 a 5).

Identica conclusione si impone per quanto concerne le indicazioni che l’ISPRA aveva formulato relativamente alle dimensioni e caratteristiche delle gabbie o voliere da utilizzarsi al di fuori del periodo di caccia (cfr. art. 7, comma 1), poiché la condizione inerente alla possibilità di muoversi comodamente all’interno di esse garantisce, pur in assenza di più specifici parametri dimensionali, il conseguimento dell’obiettivo di “mantenere le buone condizioni fisiche degli animali” prescritto con il parere.

3.6) Gli ulteriori contenuti del parere del’ISPRA, sui quali si appuntano le doglianze di parte ricorrente, non avevano natura realmente prescrittiva, ma di mero suggerimento, e non comportavano conseguentemente l’onere di giustificarne il mancato recepimento con una motivazione diffusa.

Tale considerazione vale per le indicazioni relative alle dimensioni delle voliere predette, all’utilizzo del germano reale, al richiamo dei contenuti della nota INFS del 11 marzo 1996 e alla previsione di un piano di controlli, tutte introdotte con espressioni lessicali (quali “si consiglia” o “si suggerisce”) che ne evidenziano, al di là di ogni ragionevole dubbio, il carattere di mera raccomandazione.

La difesa provinciale, peraltro, ha spiegato che la mancata previsione di tali contenuti in sede regolamentare non sottendeva affatto la volontà di disattendere le indicazioni dell’ISPRA, bensì la considerazione che le stesse avrebbero potuto essere più opportunamente riprodotte nel contesto dei singoli provvedimenti autorizzatori.

3.7) Per tali ragioni, il motivo di ricorso è infondato e deve essere disatteso.

4) Con il secondo motivo, l’Associazione ricorrente censura l’art. 6 del regolamento (rubricato “norma di salvaguardia”) che fa espressamente salve le autorizzazioni già rilasciate ai sensi dell’art. 1 del precedente regolamento, oggetto della menzionata sentenza di questo Tribunale n. 1010/2013.

Ad avviso dell’esponente, in difetto di diversa statuizione del giudice circa la portata conformante della sentenza, la pronuncia di annullamento avrebbe comportato il venir meno ex tunc di tutti gli effetti prodotti dal provvedimento dichiarato illegittimo, comprese le autorizzazioni rilasciate ai singoli richiedenti.

Viene dedotta, pertanto, la censura di violazione del giudicato, poiché il nuovo regolamento non avrebbe potuto prevedere la sanatoria delle autorizzazioni rilasciate sulla base del regolamento annullato.

La prospettazione di parte ricorrente evoca la nota tematica dell’invalidità derivata con effetto caducante (sulla quale vedasi, ex plurimis , Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 2003, n. 2245) che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, implica un rapporto di consequenzialità immediata e necessaria tra il provvedimento presupposto (nella specie: il regolamento annullato) e quelli consequenziali (le autorizzazioni rilasciate sulla base del regolamento medesimo).

Tale rapporto di consequenzialità diretta costituisce, pertanto, presupposto imprescindibile perché gli effetti dell’annullamento si propaghino automaticamente agli atti applicativi medio tempore adottati.

Nel caso in esame, esso non appare configurabile in quanto, anche prescindendo dalle previsioni regolamentari emanate a livello provinciale, il potere di rilasciare le autorizzazioni per la detenzione e l’uso di richiami vivi risultava attribuito alla Provincia direttamente dalla legge e dal regolamento regionale attuativo n. 4 del 3 ottobre 2002.

Equivale a dire che, qualora la Provincia di Savona non avesse adottato alcun regolamento in materia, essa avrebbe comunque potuto rilasciare le autorizzazioni in questione, direttamente sulla base della legge e del regolamento regionale.

Per sostenere che l’annullamento giurisdizionale avesse esplicato la propria efficacia caducante anche sulle singole autorizzazioni, perciò, la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che le stesse si fondavano su disposizioni del regolamento provinciale viziate da profili di illegittimità sostanziale, in mancanza delle quali il titolo autorizzatorio non avrebbe potuto essere rilasciato ovvero avrebbe avuto un contenuto radicalmente diverso.

In difetto di tale dimostrazione, deve essere respinta la censura di violazione del giudicato dedotta con il secondo motivo di ricorso.

5) Con il terzo e ultimo motivo di ricorso, l’esponente denuncia nuovamente, sotto un diverso profilo, il vizio di violazione del giudicato.

La censura colpisce l’art. 8 del regolamento che affida la vigilanza e i controlli sulla sua applicazione “a tutti i soggetti con competenze di polizia venatoria”.

Rammenta la ricorrente che, con la più volte citata sentenza n. 1010/2013, era stata dichiarata illegittima l’omologa disposizione del precedente regolamento che, derogando in senso restrittivo rispetto alla previsioni della legge statale, aveva demandato i suddetti compiti di vigilanza a propri incaricati, sostanzialmente escludendo le guardie venatorie volontarie.

La nuova previsione regolamentare riprodurrebbe, in ipotesi, le stesse limitazioni ed esclusioni già dichiarate illegittime dal T.A.R.

La censura non ha pregio.

E’ di tutta evidenza, infatti, che l’Amministrazione procedente ha inteso utilizzare un’espressione ampia e volutamente generica proprio allo scopo di conformarsi al contenuto precettivo della sentenza.

La locuzione “tutti i soggetti con competenze di polizia venatoria”, peraltro, deve essere interpretata alla luce dell’art. 48, comma 8, della legge regionale n. 29/1994, che, per l’individuazione dei soggetti in questione, rinvia all’elencazione prevista dagli artt. 27 e 29 della legge n. 157/1992.

Il comma 1, lett. b), del citato art. 27, attribuisce i compiti di vigilanza sull’applicazione delle leggi in materia di caccia alle “guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell’ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773”.

Non sussiste, pertanto, il vizio denunciato da parte ricorrente, atteso che le guardie venatorie volontarie, purché in possesso dei requisiti di legge, risultano comprese nel novero dei soggetti cui sono attribuiti poteri di vigilanza sull’applicazione del regolamento.

6) Il ricorso, in conclusione, è infondato e deve essere respinto.

Considerando la natura e la peculiarità della controversia, le spese del grado di giudizio vanno integralmente compensate fra le parti costituite.

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