TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2023-09-04, n. 202313561

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2023-09-04, n. 202313561
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202313561
Data del deposito : 4 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/09/2023

N. 13561/2023 REG.PROV.COLL.

N. 08305/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8305 del 2012, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A C ed A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale dell’avv. A M in Ostia Lido, piazza Giuliano della Rovere, n. 2/A;

contro

Roma capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati R M e A E, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Tempio di Giove, n. 21;

per l’annullamento

della reiezione istanza di condono prot. nr. -OMISSIS- del 23 marzo 2004.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 30 giugno 2023 il dott. Matthias Viggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Parte ricorrente impugna la determina dirigenziale con cui veniva rigettata l’istanza di condono edilizio presentata il 23 marzo 2004, ai sensi del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 conv. dalla l. 24 novembre 2003, n. 326 (c.d. terzo condono ) e della l.r. Lazio 8 novembre 2004, n. 12.

1.1. In particolare, gli interventi consistevano in una serie di modifiche di un immobile ad uso residenziale, sito in Roma, all’interno della perimetrazione della riserva naturale statale del litorale romano e consistite nell’ampliamento al piano terra del vano soggiorno, nella trasformazione del vano cantina in bagno e in centrale termica nell’ampliamento della camera da letto nella costruzione di una nuova opera sul terrazzo.

1.2. L’esponente evidenziava altresí di aver completato le opere de quibus prima del 30 giugno 2002, mentre le opere completate prima del 1983 erano già state denunciate nel 1986 con l’istanza di condono ex l. 28 febbraio 1985, n. 47 (c.d. primo condono ): la pratica relativa a quest’ultima domanda risultava, al momento dell’istanza del 2004 ancora in istruttoria, pur essendo già stati acquisiti i favorevoli pareri necessarî a fini ambientali e paesaggistici ai sensi dell’art. 7 l. 29 giugno 1939, n. 1497.

2. Si costitutiva in giudizio Roma capitale.

3. Con decreto n. -OMISSIS- del 14 aprile 2022 il ricorso veniva dichiarato perento, ma con successiva ordinanza n. -OMISSIS- del 28 novembre 2022, adottata a seguito di opposizione, la causa veniva rimessa sul ruolo.

4. All’udienza pubblica del 30 giungo 2023 il Collegio tratteneva la causa per la decisione di merito.

5. Terminata l’illustrazione dello sviluppo del processo, è possibile illustrare le singole censure spiegate nel ricorso.

5.1. Con il primo motivo parte ricorrente asserisce l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione in quanto il regime normativo di cui alla l.r. Lazio 12 cit., alla base del provvedimento di diniego, sarebbe entrato in vigore dopo il completamento delle opere, realizzate, pertanto, in conformità delle normative urbanistiche esistente al momento dell’edificazione.

5.2. A mezzo della seconda doglianza, invece, si censura il diniego in quanto l’amministrazione, come emergerebbe dalla motivazione del provvedimento, avrebbe concluso l’ iter procedimentale ledendo le garanzie partecipative, segnatamente, non prendendo espressa posizione sulla memoria procedimentale depositata ex art. 10- bis l. 7 agosto 1990, n. 241.

5.3. Attraverso la terza censura, la ricorrente evidenzia come ai sensi dell’art. 32 l. 47 cit., le opere sarebbero sanabili essendo state realizzate in aree non assolutamente inedificabili (c.d. zona B);
in aggiunta, non essendo intervenuto il parere negativo al rilascio della sanatoria, deve ritenersi essere formato il silenzio-assenso sulla stessa.

5.4. Con il quarto motivo, parte ricorrente lamenta la lesione del diritto di difesa a fronte della divergenza di contenuto tra il preavviso di rigetto, costruito sui vincoli relativi ai parchi, e la determinazione gravata, incentrata, anche, sui vincoli archeologici e paesaggistici.

5.5. Infine, a mezzo dell’ultima censura si asserisce la disparità di trattamento derivante dell’applicazione della l.r. Lazio 12 cit. in luogo di quella successiva maggiormente favorevole, ossia la l.r. Lazio 11 agosto 2009, n. 21, che consentirebbe di (ri)costruire le opere.

6. Prima di procedere allo scrutinio delle singole censure, va precisato, ai fini di massima chiarezza, che le opere di cui si chiedeva il condono con la domanda del 23 marzo 2004 e per le quali la sanatoria non veniva concessa a mezzo dell’atto gravato, costituiscono fattispecie distinta rispetto agli interventi edilizi realizzati negli anni ‘80, per i quali invece la domanda di condono era stata presentata già nel 1986. Tale distinzione appare dirimente atteso che spesso parte ricorrente, nel ricorso, impiega gli atti e gli argomenti relativi a quest’ultimo procedimento per sostenere le ragioni dell’annullamento della determina del 9 maggio 2012, impugnata con l’odierno gravame.

7. Ciò chiarito, va immediatamente osservato come il ricorso è infondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

8. Con riferimento al primo motivo, appare opportuno precisare la normativa statale relativa al terzo condono riservava alla competenza legislativa regionale « l’articolazione e la specificazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale » (cosí Corte cost., 21 aprile 2021, n. 77): per quanto rileva nell’odierna vicenda, la regione Lazio adottava, proprio a tal fine, la menzionata l.r. Lazio 12 cit. Ovviamente, l’intervento regionale risulta circoscritto, non potendo estendere l’àmbito della sanatoria (v. Corte cost., 12 aprile 2017, n. 73), ferma restando l’opposta facoltà di restringere la portata del condono, conferendo maggiore rilevanza, ad esempio, ad alcuni vincoli di tutela (cfr. Corte cost., 19 novembre 2015, n. 205).

8.1. Nel caso in esame, la regione Lazio, a mezzo del ridetto art. 3, comma 1, lett. b) l.r. Lazio 12 cit. conferiva rilevanza a tutti i vincoli apposti anche successivamente alla realizzazione delle opere, seguendo il ben noto principio del tempus regit actum : si tratta, sostanzialmente, della legificazione dell’interpretazione giurisprudenziale maggioritaria (v. Cons. Stato, ad. plen., 22 luglio 1999, n. 20) che attribuisce rilievo al momento « in cui la funzione si esplica [ossia nell’istante in cui si] cura [i] l pubblico interesse, in che si concreta la pubblica funzione ». Seguendo l’ermeneusi fatta propria dalla giurisprudenza amministrativa, pertanto, appare evidente che la normativa regionale censurata non sia in realtà retroattiva: anzi, essa semplicemente ribadisce l’obbligo per l’amministrazione di esercitare la propria funzione applicando la legge vigente nel momento in cui provvede.

8.2. A corroborare la bontà dell’interpretazione sinora offerta, può osservarsi come la stessa Corte costituzionale, investita della questione relativa alla legittimità costituzionale della normativa regionale, abbia avuto modo di dichiarare infondata la questione (v. Corte cost., 30 luglio 2021, n. 181).

8.3. Conseguentemente, l’ubicazione in una peculiare area del litorale romano (zona B) non assume alcun rilievo nell’odierna vicenda, atteso che, come osservato, la normativa regionale dà rilievo ad ogni vincolo, anche successivo all’edificazione delle opere. Peraltro, il vincolo de quo appare essere previsto da una legge regionale del 1997, mentre parte ricorrente non dimostra di aver completato l’intervento edilizio prima di tale data (anzi viene solo allegato di aver ultimato le opere prima del 30 giugno 2002).

8.4. Irrilevante è anche il parere del 1998, atteso che esso è relativo alla precedente normativa sul condono del 1985 che, come osservato, distingueva tra vincoli di inedificabilità assoluta e relativa (sul punto, v. Cons. Stato, sezione VI, 5 agosto 2020, n. 4933).

8.5. Conseguentemente, essendo pacifica la realizzazione di un’opera in assenza del prescritto titolo edilizio, nonché la sussistenza del vincolo all’edificazione, appare evidente l’infondatezza della censura (in termini, Tar Lazio, sez. IV, 19 luglio 2023, n. 12153).

9. La seconda censura è priva di fondamento in quanto, secondo granitica giurisprudenza, l’obbligo previsto dall’art. 10- bis l. 241 cit. di esaminare i documenti prodotti dagli interessati non impone all’amministrazione una specifica ed analitica confutazione di tutte le singole argomentazioni esposte. In questi termini, deve ritenersi sufficiente una motivazione adeguata, come nel caso in esame, che renda percepibile l’avvenuto esame e la causa del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni partecipative (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 agosto 2023, n. 7678).

10. Con riguardo alla terza censura, va osservato come per le irregolarità edilizie commesse in aree sottoposte a vincolo, il condono previsto dall’art. 32 l. 47 cit., prevedeva la possibilità di sanatoria dell’abuso edilizio consistente nell’aumento della superficie utile previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo;
tuttavia, tale possibilità veniva circoscritta nell’àmbito del c.d. terzo condono (v. art. 32, comma 26 d.l. 269 cit. e poi ulteriormente secondo la normativa regionale sopra menzionata), limitandolo esclusivamente agli interventi di minore rilevanza quali il restauro, il risanamento conservativo e la manutenzione straordinaria. Pertanto, vertendosi, nel caso in esame, di opere eseguite in mancanza di titolo edilizio (abuso maggiore), non appare in alcun modo sanabile l’intervento (Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2022, n. 4685).

11. Con riferimento alla quarta censura, va rilevato come i plurimi riferimenti operati durante l’istruttoria all’art. 3, comma 1, lett. b) l.r. Lazio 12 cit., appaiono sufficienti a ricomprendere l’intera serie di vincoli all’attività edilizia elencati nella disposizione: conseguentemente, manifestamente infondata è la doglianza dedotta.

12. Infine, sull’ultimo motivo, va rilevato come insussistente è la denunciata disparità di trattamento. Difatti, neppure ai sensi della successiva l.r. Lazio 21 cit. sarebbe possibile procedere all’intervento di cui si chiede il condono, atteso che l’invocato art. 2, comma 2, lett. c) l.r. Lazio 21 cit. consente interventi ampliativi circoscritti a 38 mq, mentre, come evidenziato, l’odierna vicenda riguarda un abuso superiore ai 70 mq (cfr. Tar Lazio, sez. II, 11 novembre 2022, n. 14756).

13. Alla luce dell’esposta infondatezza delle doglianze, pertanto, il ricorso è definitivamente respinto.

14. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi