TAR Catania, sez. I, sentenza 2022-01-21, n. 202200214

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2022-01-21, n. 202200214
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202200214
Data del deposito : 21 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/01/2022

N. 00214/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00113/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 113 del 2021, proposto dal Comune di Alì Terme (ME), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. A B sito in Catania, via Francesco Crispi, n. 239;

contro

- l’Assessorato territorio e ambiente della Regione Siciliana, in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato presso i cui uffici distrettuali è ex lege domiciliato in Catania, via Vecchia Ognina, n. 149;

- l’Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana della regione Siciliana, in persona dell’Assessore pro tempore , non costituito in giudizio;

per l’annullamento

- per quanto di interesse, del DDG Dipartimento urbanistica della Regione Siciliana n. 175/2020, di approvazione del Piano regolatore generale del Comune di Alì Terme, e di ogni altro atto e/o provvedimento ad esso connesso, presupposto e conseguenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato territorio e ambiente e dell’Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana della Regione Siciliana;

Viste le memorie delle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il dott. G L G;

Uditi nell’udienza pubblica del 4 novembre 2021 l’avv. R. Briguglio per il Comune di Alì Terme e l’avvocato dello Stato C. G. Scalisi per il resistente Assessorato territorio e ambiente della Regione Siciliana;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La domanda di annullamento proposta dall’Amministrazione comunale di Alì Terme (ME) investe il decreto approvativo del piano regolatore generale del medesimo Comune (e gli atti prodromici alla stessa approvazione) nella parte in cui detto decreto, modificando le determinazioni oggetto della deliberazione comunale di adozione del piano, ha:

a) perimetrato una zona «A» (quale centro storico) in sostituzione di una zona B1 del centro abitato del paese;

b) modificato parzialmente la zona «C3» riclassificandone una porzione della stessa a verde agricolo (zona «E»);

c) modificato parzialmente la Zona «CT» di località «Mollerino» destinandola, in parte qua , a verde agricolo (zona «E»).

2.1.- Si è costituito in giudizio l’Assessorato territorio e ambiente della Regione Siciliana il quale, con memoria, ha contrastato le avversarie pretese e ha concluso per il rigetto della domanda.

2.2.- L’Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana della Regione Siciliana, sebbene raggiunto dalla notificazione del ricorso, non si è costituito in giudizio.

3.- All’udienza pubblica del 4 novembre 2021, dopo la rituale discussione, il ricorso, su richiesta dei procuratori delle parti, è stato posto in decisione.

4.- Il ricorso, alla stregua di quanto si dirà, non è meritevole di accoglimento.

5.- I primi tre motivi di doglianza – la cui trattazione può avvenire congiuntamente in ragione della omogeneità sostanziale delle questioni prospettate – sono volti a censurare la scelta dell’Assessorato regionale territorio e ambiente di individuare una zona «A» all’interno del PRG la quale sarebbe intervenuta sulla base della perimetrazione che si ricaverebbe dalla scheda tecnica (identificata con il codice CS_02_09) all’interno di una delle relazioni (Centro e nuclei storici) di supporto al vigente piano paesaggistico («ambito 9») di Messina.

5.1.- Ha evidenziato, in fatto, la difesa del Comune di Alì Terme che:

a) lo strumento urbanistico adottato non prevedeva, così come il previgente PRG, una zona «A» e ciò – secondo quanto esposto – in considerazione che non sarebbero presenti sul territorio edifici o agglomerati urbani di rilevanza storico-artistica o di pregio ambientale, salva la presenza di alcuni immobili che, pur connotati da elementi architettonici meritevoli di attenzione, non sarebbero comunque assoggettati al vincolo previsto dal Codice di beni culturali approvato con d. lgs. n. 42 del 2004;

b) con le controdeduzioni consiliari datate 13 luglio 2020 sarebbe stata evidenziata, senza successo, l’opportunità di procedere, quale soggetto pianificatore, ad adeguata istruttoria (in tesi, non compatibile con i tempi procedimentali dettati dall’art. 4, comma 6 della l.r. sic. n. 71 del 1978), onde poter congruamente delimitare la zona «A», in considerazione della natura asseritamente non prescrittiva della perimetrazione operata dal piano paesaggistico.

5.2.- Ne discenderebbe che:

a) l’Assessorato territorio e ambiente della Regione Siciliana avrebbe dato luogo ad una scelta urbanistica diversa da quella cui era giunto il Consiglio comunale e ciò in presenza di innovazioni sostanziali, al di fuori dello schema legale di riferimento, ossia l’art. 3 della l. n. 765 del 1967, siccome richiamato dall’art. 4 della l.r. sic. n. 71 del 1978;

b) nel caso di specie avrebbe dovuto disporsi un rinvio del piano al Comune (coerentemente con le prerogative costituzionalmente riconosciute in materia alle autonomie territoriali): l’individuazione della zona «A» avrebbe dovuto, invero, essere preceduta da una prodromica adeguata istruttoria (la cui necessità era stata segnalata in sede di controdeduzioni comunali).

In tal senso va rilevato che la Soprintendenza dei beni culturali e ambientali di Messina avrebbe chiarito come «tutte le schedature, così come riportate all’interno delle relazioni allegate al piano d’ambito, hanno la sola funzione di supporto e di indirizzo nell’individuare un eventuale centro storico, inteso come “Zona A” all’interno dei futuri strumenti urbanistici, la cui effettiva definizione è demandata ai progettisti dei piani regolatori».

5.3.- Le difese del resistente Assessorato territorio e ambiente si sostanziano, sul punto, nel ribadire la portata dei poteri regionali in sede di approvazione degli strumenti urbanistici e che l’individuazione del centro storico si fonderebbe, nel caso di specie, sulle risultanze delle schede allegate al piano paesaggistico vigente.

6.1- Data la superiore premessa, va ricordato che pur in assenza di una legge statale ad hoc sulla tutela dei centri storici, si desume dalle norme del codice dei beni culturali il principio secondo cui i centri storici, in quanto beni paesaggistici «unitari» e di notevole interesse pubblico, meritano una specifica tutela.

L’art. 136 del detto codice, infatti, qualifica oggi espressamente i centri e i nuclei storici come aree di notevole interesse pubblico.

E’ stato evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale che «In considerazione dell’evoluzione della concezione del centro storico, da considerarsi non solamente una “zona urbanistica”, ma appunto un bene dall’alto valore culturale e ambientale, occorre che i soggetti responsabili della sua protezione si dotino di strumenti idonei a coniugare l’esigenza di sviluppo del centro urbano con quella di conservazione e valorizzazione dei beni immobili ivi presenti. Il centro storico è tutelato, dunque, come “unità complessa”, a prescindere dalla circostanza che al suo interno vi siano beni immobili vincolati ai sensi della Parte II cod. beni culturali. È, d’altro canto, evidente che la normativa sui centri storici si trovi al crocevia fra le competenze regionali in materia urbanistica o di governo del territorio e la tutela dei beni culturali» (Corte cost., n. 130 del 2020).

La Regione Siciliana, con l.r. sic. n. 13 del 2015, si è dotata di apposita disciplina volta ad introdurre norme che valorizzino i centri storici siciliani attraverso il recupero del patrimonio edilizio esistente e la rigenerazione di aree urbane degradate.

Ora, l’art. 4, comma secondo, della l.r. sic. n. 71 del 1978, stabilisce che «Con il decreto di approvazione possono essere apportate al piano le modifiche di cui all'art. 3 della legge 6 agosto 1967, n. 765, quelle necessarie per assicurare l'osservanza delle vigenti disposizioni statali e regionali, ivi comprese quelle della presente legge».

La disposizione regionale, originariamente, nel richiamare la l. n. 765 del 1967 aveva apportato al testo alcune aggiunte poi caducate con sentenza della Corte costituzionale n. 13 del 1980, «nella parte in cui consent[iva]no all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente di apportare, per la salvaguardia del pubblico interesse, ai piani regolatori generali adottati dai Comuni modifiche essenziali, che non trovano giustificazione nell'adeguamento a leggi statali e regionali o nel concorso di alcuna delle condizioni sub a), b), c) e d) dell'art. 3 della legge 6 agosto 1967, n. 765».

Da ultimo, con riferimento all’assetto dettato dalla modifica del Titolo V della Costituzione, il legislatore statale ha sottratto allo specifico potere regionale di allocazione ai sensi dell’art. 118, secondo comma, Cost., la funzione di pianificazione comunale (art. 14, comma 27, lettera d, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, come sostituito dall’art. 19, comma 1, lettera a, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135), stabilendo che questa rimanga assegnata, in linea di massima, al livello dell’ente più vicino al cittadino, in cui storicamente essa si è radicata come funzione propria, e l’ha riconosciuta come parte integrante della dotazione tipica e caratterizzante dell’ente locale.

E’ stato chiarito che «se […] la funzione di pianificazione comunale rientra in quel nucleo di funzioni amministrative intimamente connesso al riconoscimento del principio dell’autonomia comunale, ciò non comporta, tuttavia, che la legge regionale non possa intervenire a disciplinarla, anche in relazione agli ambiti territoriali di riferimento, e financo a conformarla in nome della verifica e della protezione di concorrenti interessi generali collegati a una valutazione più ampia delle esigenze diffuse sul territorio» (Corte cost. n. 378 del 2000) e che anche dopo l’approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione, l’autonomia dei Comuni «non implica una riserva intangibile di funzioni, né esclude che il legislatore competente possa modulare gli spazi dell’autonomia municipale a fronte di esigenze generali che giustifichino ragionevolmente la limitazione di funzioni già assegnate agli enti locali» (Corte cost. n. 160 del 2016).

Il punto di equilibrio tra regionalismo e municipalismo fa sì che è legittimo l’intervento legislativo regionale sulla base di una «verifica dell’esistenza di esigenze generali che possano ragionevolmente giustificare le disposizioni legislative limitative delle funzioni già assegnate agli enti locali» (Corte cost. n. 286 del 1997).

6.2.- Ciò detto, per quanto qui di interesse, l’art. 3 della l. n. 765 del 1967 (modificativa dell’art. 10 della l. n. 1150 del 1942) stabilisce che «Con lo stesso decreto di approvazione possono essere apportate al piano, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e sentito il Comune, le modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione, le modifiche conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate con deliberazione del Consiglio comunale, nonché quelle che siano riconosciute indispensabili per assicurare:

a) il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento a norma dell'art. 6, secondo comma;

b) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato;

c) la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici;

d) l'osservanza dei limiti di cui agli articoli 41- quinquies , sesto e ottavo comma e 41- sexies della presente legge».

Dal quadro normativo richiamato emerge con chiarezza che il provvedimento di approvazione del piano regolatore generale può determinare modifiche anche sostanziali dello strumento urbanistico adottato dal comune, se ritenute necessarie per salvaguardare i valori paesaggistici (Cons. giust,. amm. sic., sez. giur, n. 239 del 2009).

Infatti, la previsione dell'articolo 10 della legge urbanistica distingue puntualmente due tipi di modifiche al piano adottato:

a) da un lato le modifiche - sempre ammesse - che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione, nonché le modifiche conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate con deliberazione del Consiglio comunale;

b) dall’altro lato le modifiche disposte per la tutela di particolari interessi pubblici (compresi quelli di carattere paesaggistico e ambientale), ammesse pure nelle ipotesi in cui incidano sulla stessa impostazione del piano.

Non a caso, nella vicenda per cui è causa, l’impugnato decreto descrive con precisione gli interessi paesaggistici considerati e dà conto della non condivisibilità della mancata individuazione della zona «A» (cfr. pag. 21, punto 1, DDG impugnato).

Ha evidenziato l’Assessorato che «anche se il centro urbano si è formato in epoca recente è comunque possibile ed opportuno enucleare una parte che costituisce il nucleo originario, generatore dell’insediamento, i cui tratti caratteristici, rintracciabili nell’impianto urbano e nelle tipologie edilizie, vanno preservati per continuare ad essere memoria tangibile della popolazione che vive nel comune. Nel caso specifico si ritiene che tale parte possa farsi coincidere con quella perimetrata come “centro storico” nel piano paesaggistico dell’ambito 9 di Messina identificata con il codice SS_02_ 09 nelle schede tecniche allegate al piano».

6.3.- Tale motivazione, di per sé non irragionevole, né connotata da elementi che si pongano al di fuori dello schema di esercizio della discrezionalità, sono del tutto sufficienti a giustificare, in punto di presupposti, l’intervento rettificatorio dell’Assessorato territorio e ambiente e ciò – lungi dal costituire offesa all’autonomia comunale nelle sue varie declinazioni – in considerazione della chiara esigenza di salvaguardare i richiamati valori paesaggistici già contemplati dalla pianificazione di settore. In tal senso, si rivela del tutto infondata la circostanza dedotta dal Comune di Alì Terme secondo cui l’Amministrazione regionale si sarebbe indebitamente sostituita nel potere di scelta urbanistica non essendosi, in tesi, limitata al perimetro di intervento ad essa attribuito dalla legge: le modifiche introdotte allo strumento urbanistico comunale per iniziativa della Regione, nell’ambito del procedimento di approvazione sono espressione del dovere in capo alla Regione di salvaguardare e difendere gli interessi ambientali, storici e paesaggistici del territorio (Cons. Stato, sez. II, n. 7839 del 2019): nel caso di specie, ci si trova al cospetto di un intervento di carattere sostanziale ammesso dalla legislazione regionale e volto, come si è detto, alla imprescindibile salvaguardia e tutela dei valori paesaggistici.

6.4.- Il Comune ricorrente, il quale ha, altresì, dedotto il vizio di violazione dell’art. 16 n.t.a del piano paesaggistico e dell’art. 143 d. lgs. n. 42 del 2004, oltre che il vizio di eccesso di potere sotto diversi profili, ha ribadito la non idoneità della scheda allegata al piano paesaggistico – e citata nel provvedimento impugnato – a fondare la scelta di istituire la zona «A».

Anche sotto tale profilo, va, in primo luogo, evidenziato che il richiamo a tale scelta è operato dall’Amministrazione regionale non tanto per supportare il giudizio tecnico discrezionale – per il vero, autonomo e congruamente espresso – sulla rilevanza paesaggistica del centro storico ( id est : della zona «A»), quanto per individuarne la perimetrazione. In ogni caso, la presenza della scheda CS_02_09, al di là della sua connotazione prescrittiva o programmatica costituiva espressione di un obiettivo riconducibile alla nozione di salvaguardia , per perimetrare la zona «A» non prevista dal Comune e ciò al di là della mancata definizione del procedimento approvativo del piano paesaggistico.

Ai sensi dell’art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, gli strumenti urbanistici comunali non possono, infatti, contemplare condizioni peggiorative rispetto alle disposizioni del piano paesistico ma possono disciplinare le aree vincolate con previsioni che tutelano in modo più favorevole il paesaggio e/o l’ambiente.

In presenza di tale scheda, al di là del suo livello di dettaglio e della sua connotazione descrittiva, la scelta dell’Assessorato regionale, lungi dal mostrarsi assunta in violazione delle regole a presidio del relativo potere conferito dalla l.r. sic. n. 71 del 1978, si pone del tutto in linea con le esigenze di conservazione e tutela oggetto dell’ indirizzo , rivolto al pianificatore urbanistico, espresso nel piano paesaggistico.

D’altronde, a pag. 52 delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico di cui si è detto, si legge che «Le schede relative ai centri storici dell’Ambito 9 ricadente nella provincia di Messina, che fanno parte integrante del presente Piano, costituiscono il riferimento per la individuazione delle zone A – Centro storico nel corso della redazione dei P.R.G. e delle varianti generali. I comuni sono tenuti ad adeguarvisi, producendo studi e approfondimenti che ne rispettino comunque lo spirito e l’impianto generale. Nelle more di tale adeguamento i Comuni possono procedere alla redazione di strumenti urbanistici attuativi al fine di limitare la possibilità di trasformazioni edilizie e urbanistiche dei centri e nuclei storici incompatibili con gli indirizzi del presente Piano, ovvero alla redazione di strumenti a valenza strategica (piano quadro o piano strategico del centro storico) al fine di garantire unitarietà e coerenza di strumenti urbanistici attuativi redatti per sue parti, ovvero alla redazione di varianti generali ex pto 3.6 della Circolare

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