TAR Latina, sez. I, sentenza 2023-01-14, n. 202300006
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Pubblicato il 14/01/2023
N. 00006/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00773/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 773 del 2019, proposto da
V C, rappresentato e difeso dagli avvocati M A P e G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via G. Giacomo Porro, 26;
contro
Comune di Frosinone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato P T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
S I, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- del parere preventivo negativo prot. U. 0055788 ostativo al rilascio di un permesso di costruire convenzionato, ai sensi dell’art. 28 bis del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, per un fabbricato ad un solo piano da destinare ad uffici in Frosinone Via Piave – Zona F – V – emanato dal Comune di Frosinone, nella persona del Dirigente Architetto Elio Noce, in data 25 ottobre 2019;
- di ogni altro provvedimento a questo annesso, connesso, presupposto o consequenziale, ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Frosinone, con la relativa documentazione;
Vista l’ordinanza collegiale n. 553/2022 del 23 giugno 2022;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 15 dicembre 2022 il dott. I C e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con rituale ricorso a questo Tribunale, il sig. V C chiedeva l’annullamento del provvedimento in epigrafe, recante parere negativo per la realizzazione di un fabbricato ad uso commerciale in Frosinone Via Piave - Zona F e V, su istanza ex art. 28 bis d.p.r. n. 380/2001, ritenendo la proposta in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico generale, nonché con la DCC n. 11/2015 avente ad oggetto "Approvazione linee guida per il rilascio del permesso di costruire convenzionato ai sensi dell'art. 28 bis del T.U.E. Determinazioni", in quanto la stessa “…andrebbe ad inficiare ulteriormente la mancanza di standard urbanistici a servizio della zona "B" (completamento) destinati per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio così come sancito dall'art. 3 del DM 1444/1968”.
Il ricorrente, precisando di aver proposto, nell’istanza ex art. 28 bis cit., la cessione a titolo gratuito di un’area da destinare a parcheggi e spazi di manovra ad uso pubblico, ubicata al confine con un parcheggio già esistente, sito in Viale Tevere ed in prossimità alla Via A. Moro e Via Marittima, zona caratterizzata da una notevole concentrazione di unità immobiliari adibite a civili abitazioni, ad attività commerciali e destinate al settore terziario, dopo aver rimarcato il fatto che il Comune si era attivato a rispondere solo dopo l’avvio di un procedimento ex art. 117 c.p.a. presso questo Tribunale, lamentava, in sintesi, quanto segue.
“1. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI E DEI PRESUPPOSTI IN RELAZIONE ALL’INDIVIDUAZIONE DEGLI STANDARD URBANISTICI INTEGRATIVI PREVISTI NELLA PROPOSTA DI PERMESSO DI COSTRUIRE CONVENZIONATO EX ART. 28 BIS D.P.R. 380/2001”.
Nel Comune di Frosinone era assente una programmazione pianificatoria omogenea, in mancanza di strumenti urbanistici attuativi e, anche per tale ragione, nel 2015 il Comune aveva adottato la delibera di C.C. n. 11, avente a oggetto “Linee Guida per il rilascio del permesso di costruire convenzionato ex art. 28bis D.P.R. 380/2001”. Tale modalità alternativa di urbanizzazione “semplificata” era stata considerata dal Comune anche in assenza di definizione all’interno del P.R.G. dell’indice di edificazione territoriale e fondiario e, sotto tale profilo, la su richiamata delibera affermava come tale carenza pianificatoria potesse ritenersi superata alla luce del c.d. “Studio per la redazione del piano particolareggiato della zona B”, approvato con D.C.C. n. 13 del 5 aprile 2004, all’interno del quale si indicavano alcuni parametri fondamentali per procedere all’emanazione di nuovi strumenti attuativi. In particolare, era prevista la generale “ammissibilità dell’intervento a condizione della sottoscrizione di apposito atto d’obbligo o convenzione che preveda l’immediata cessione gratuita al Comune delle aree integrative necessarie al raggiungimento degli standards […] che vengono cautelativamente determinate, in ogni caso, nella misura del 22,50% del lotto ricadente in zona B”, inteso come superficie per il quale si chiede l’edificazione.
Proprio sulla base di tali presupposti il ricorrente aveva chiesto il rilascio del permesso di costruire ex art. 28 bis, proponendo la cessione a titolo gratuito di un’area da porre in continuità al pubblico parcheggio, con relativa strada di penetrazione e spazi di manovra, per un totale di mq 80, risultante perfettamente in linea con la percentuale di 22,50% richiesta dalla Delibera n. 11/2015.
“2. ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA’ MANIFESTA PER AVER POSTO A FONDAMENTO DEL DINIEGO UNA PREGRESSA VICENDA DI ABUSO EDILIZIO”.
Il provvedimento impugnato era anche illegittimo nella parte in cui, in maniera del tutto illogica, individuava una delle ragioni del diniego nel fatto che “la stessa area è stata oggetto di una complessa vicenda di abuso edilizio per la realizzazione di un manufatto di 800 mc circa”, abuso, però, ascrivibile a un terzo, precedente proprietario dell’area, e rimosso con successiva demolizione, rendendo l’area nuovamente edificabile per i successivi proprietari, nei limiti della destinazione del suolo (Zona F).
Si costituiva in giudizio il Comune di Frosinone per resistere al ricorso, dapprima con un legale e, successivamente, con altro in sostituzione.
In prossimità dell’udienza di trattazione dell’8 giugno 2022 parte ricorrente depositava una memoria in cui insisteva nelle sue tesi.
All’esito di tale udienza era adottata l’ordinanza in epigrafe con la quale di disponeva di acquisire dal Comune di Frosinone una dettagliata relazione sui presupposti di fatto legati all’applicazione, o meno, del caso di specie dell’art. 28 bis d.p.r. n. 380/01, con allegata documentazione idonea, tra cui quella utile a evidenziare la classificazione di zone omogenee e quant’altra legata all’individuazione degli standard urbanistici.
Il Comune ottemperava in data 10 agosto 2022, depositando documenti e una relazione.
In prossimità della nuova udienza di trattazione, il Comune di Frosinone depositava una memoria in cui eccepiva l’inammissibilità del ricorso, perché avente a oggetto atto endoprocedimentale e non lesivo, tanto che la competenza in materia di art. 28 bis è della Giunta o del Consiglio Comunale e non del Dirigente firmatario dell’atto. Era eccepita anche l’irricevibilità del ricorso per tardività della notifica ed era posta in evidenza comunque l’infondatezza del gravame.
Parte ricorrente replicava con rituale memoria a tali eccezioni e insisteva nelle sue tesi.
Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2022 la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio deve esaminare in primo luogo l’eccezione di irricevibilità del ricorso proposta dal Comune di Frosinone, il quale sostiene che lo stesso sia stato notificato il 30 dicembre 2019, oltre il termine di sessanta giorni decorrente dalla notifica della nota impugnata effettuata con pec del 25 ottobre 2019.
Agli atti, però, risulta che la notifica sia avvenuta in data 20 dicembre 2019, prendendo a riferimento la data di consegna per l’utilizzo del mezzo postale. Sul punto valga il richiamo giurisprudenziale secondo cui il principio per il quale la notificazione a mezzo posta del ricorso giurisdizionale deve ritenersi tempestiva per il notificante al solo compimento della consegna dell'atto da notificare all'Ufficiale giudiziario ha valenza generale, con la conseguenza che trova applicazione anche nell'ipotesi in cui la notifica a mezzo posta viene eseguita, anziché dall'Ufficiale giudiziario, dal difensore della parte ai sensi dell'art. 1, l. 21 gennaio 1994 n. 53, essendo irrilevante il dato soggettivo dell'autore della notificazione, con l'unica differenza che alla data di consegna dell'atto all'Ufficiale giudiziario va sostituita la data di spedizione del piego raccomandato (per tutte: TAR Basilicata, 11.5.21, n. 252 e TAR Campania, NA, Sez. I, 27.10.06, n. 9178).
Passando all’esame dell’altra eccezione, di inammissibilità per carenza di interesse, il Collegio ne rileva ugualmente l’infondatezza.
Sostiene il Comune che l’atto impugnato non produceva alcun effetto lesivo della sfera giuridica del ricorrente, in quanto il responsabile dell’ufficio tecnico che si è limitato a rispondere ad una istanza avente ad oggetto la richiesta preventiva di un parere per la realizzazione di un fabbricato e non una richiesta di un permesso di costruire convenzionato, la cui competenza in materia rientra nella sfera dell’organo consiliare o giuntale di governo dell’ente locale.
Il Collegio, in merito, osserva che all’istituto di cui all’art. 28 bis cit., riferendosi a un procedimento edilizio “concreto” del permesso di costruire, sia pure sostitutivo, legato alle condizioni di compatibilità con le esigenze di urbanizzazione dell’area, si applicano le disposizioni di cui al capo II, titolo II, del d.P.R. 380/2001, ivi compreso l’art. 20 che attribuisce al dirigente l’adozione del provvedimento “il quale resta la fonte di regolamentazione degli interessi”;mentre al Consiglio Comunale è riservato solo il potere di approvazione della convenzione accessiva al provvedimento, relativa gli impegni assunti dal privato, “funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico” di cui la stessa disposizione fornisce un elenco non esaustivo nel comma 3 (TAR Campania, Na, Sez. II, 8.7.19, n. 3791).
A tale conclusione, fondata sull’interpretazione letterale del comma 6 dell’art. 28 bis ( “Il procedimento di formazione del permesso di costruire convenzionato è quello previsto dal Capo II del titolo II della presente parte”) si giunge anche sulla base di un’interpretazione sistematica delle norme, poiché, laddove il legislatore abbia inteso derogare all’ordinario riparto di competenze nell’adozione dei titoli edilizi, lo ha espressamente previsto (cfr. art. 14 d.p.r. cit., “permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici” che attribuisce la competenza decisionale al Consiglio Comunale).
Il provvedimento impugnato, pertanto, ha comunque comportato un “arresto procedimentale” sostanziale, non potendo rilevare in senso contrario l’osservazione finale del dirigente secondo cui non si era dato luogo a un procedimento “tipizzato” il quale, se e quando ritenuto di interesse, avrebbe dovuto essere avviato sulla modulistica all'uopo predisposta, in quanto, anche riempendo la modulistica in questione, l’esito sarebbe stato uguale.
A ciò deve aggiungersi che la pronuncia del Dirigente è avvenuta solo a seguito di promovimento di un giudizio ex art. 117 c.p.a. – e quindi comportante un impegno per l’Amministrazione – e assumeva carattere di immediata lesività in quanto idoneo a esprimere un indirizzo ineluttabile alla determinazione conclusiva, non lasciando all'interessato alcun dubbio sul contenuto e sull'esito della decisione finale, cagionando così un “arresto procedimentale” capace di frustrare l'aspirazione dell'istante ad un celere soddisfacimento dell'interesse pretensivo prospettato (sulla lesività in tal senso: TAR Lazio, Sez. I, 8.8.22, n. 11112).
Passando all’esame del merito del ricorso, il Collegio ne rileva la fondatezza per quanto riguarda il primo motivo.
La su richiamata sentenza del TAR Campania n. 3791/19 ha precisato che l’art. 28 bis cit., introdotto dall’art. 17, comma ,1 lett. q), del d.l. 12 settembre 2014 n. 133, convertito in legge, con modificazioni, con l’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014 n. 164, prevede la possibilità di rilascio di un permesso di costruire convenzionato, non preceduto dall'approvazione di uno strumento urbanistico di dettaglio, per tutte le situazioni nella quali "le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata". Come osservato dalla giurisprudenza che si è pronunciata in materia, “il legislatore, recependo una prassi ampiamente diffusa, ed anche sulla scorta di talune previsioni della legislazione regionale, ha introdotto una nuova figura di titolo edilizio suscettibile di trovare spazio laddove, al di fuori della pianificazione attuativa, si renda comunque necessaria la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata e l'amministrazione pubblica relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del permesso di costruire.
La norma fissa un limite di ordine generale, finalizzato a distinguere lo spazio riservato all'istituto di nuovo conio rispetto agli spazi tuttora necessariamente riservati alla pianificazione attuativa.
Come osservato in dottrina, ai molteplici piani attuativi previsti dall'ordinamento compete esprimere un ordine insediativo ad una scala di maggior dettaglio, in funzione di integrazione e completamento delle linee programmatiche indicate dal piano urbanistico generale, mentre il permesso di costruire convenzionato ha la funzione di assicurare una disciplina accessoria del permesso di costruire, andando oltre la dimensione provvedimentale e consentendo di strutturare e regolare un rapporto di durata che rende più articolata la relazione giuridica tra il richiedente e l'amministrazione comunale, nonché risolvendo i problemi di disciplina che nella prassi erano inadeguatamente risolti mediante clausole unilaterali atipiche apposte al titolo edilizio.
Per i casi in cui, secondo la valutazione dell'amministrazione, le esigenze di urbanizzazione possono essere soddisfatte con una modalità semplificata, la pianificazione di secondo livello risulterebbe ridondante e non rispettosa del principio di proporzionalità tra gli interessi pubblici da perseguire e lo strumento amministrativo utilizzato, come del resto è stato costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa riferita alle fattispecie dei lotti interclusi ricadenti in aree già urbanizzate, nelle quali l'amministrazione comunale deve disapplicare la previsione dello strumento urbanistico generale che impone, senza sufficienti ragioni giustificative, una pianificazione attuativa che nulla potrebbe aggiungere a fronte di un sufficiente grado di urbanizzazione (Cons. Stato, Sez. IV, 7.11.14 n. 5488). Tale strumento, pertanto, è finalizzato ad apportare una semplificazione procedimentale rispetto ad un ordinario procedimento di adozione di un piano attuativo, laddove siano comunque realizzabili le “esigenze di urbanizzazione” (cfr., per tutte: Cons. Stato, Sez. IV, 7.11.14 n. 5488 e TAR Piemonte, Sez. II, 26.9.16, n. 1165).
Ciò premesso, nel caso di specie si rileva che il parere negativo è stato espresso nella sostanza – risultando irrilevante il richiamo a precedente abuso edilizio sull’area, come sarà precisato sul secondo motivo – richiamando il contrasto con lo strumento urbanistico generale e con la delibera di C.C. comportante le su richiamate “Linee Guida”, andando il progetto proposto ad inficiare ulteriormente la mancanza di “standard” urbanistici a servizio della zona "B" (completamento) destinati per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio così come sancito dall'art. 3 del DM 1444/1968.
Tale motivazione era poi integrata nella relazione depositata in atti e riportata nella memoria difensiva del Comune, secondo cui la realizzazione dell’intervento proposto infatti, insistendo su aree a con destinazione F e V standard urbanistici riferibili alla zona B, secondo quanto sancito dagli studi e confermato dalle linee guida, si sarebbe concretizzata di fatto in una sottrazione di aree concorrenti al raggiungimento degli “standard” di legge in virtù della volumetria massima insediabile per tale zona.
A parte la considerazione per la quale tale ulteriore appendice integrerebbe in sede giurisdizionale le ragioni dell’Amministrazione con operazione ritenuta pacificamente inammissibile (Cons. Stato, Sez. V, 27.1.16, n. 279;TAR Campania, NA, Sez. VII, 2.10.18, n. 5767;TAR Lazio, Sez. I, 14.6.16, n. 6797), nel caso di specie essa appare comunque parziale e frutto di carenza di istruttoria, come lamentato.
Nello stesso provvedimento impugnato, è detto che dallo "Studio" del Piano Particolareggiato, approvato con DCC n. 13/2004, sottoposto alla Regione Lazio all'esame del Comitato Regionale per il Territorio, era emerso che le aree da destinare a servizi individuate relativamente alle zone B, non erano sufficienti a garantire il raggiungimento degli “standard” urbanistici, pertanto risultando necessario, per concedere nuove edificazioni, l'individuazione di nuovi “standard” integrativi da prevedere nella misura del 22,50% del lotto ricadente in zona B.
Ebbene, sul punto il provvedimento impugnato non considera – e quindi non valuta – quanto evidenziato dal ricorrente, nel senso che le suddette “Linee Guida” attestavano la generale ammissibilità dell’intervento a condizione della sottoscrizione di apposito atto d’obbligo o convenzione che prevedesse l’immediata cessione gratuita al Comune delle aree integrative necessarie all’individuazione di nuovi “standards”, cautelativamente determinati nella misura del 22,50% del lotto ricadente in zona B, come nel caso di specie.
Sta di fatto – e di questo nel provvedimento impugnato non vi è traccia di approfondimento – che il ricorrente aveva offerto, a corredo della proposta di avvalersi dell’art. 28 bis cit., la cessione a titolo gratuito di un’area da porre in continuità al parcheggio pubblico di via Piave, con relativa strada di penetrazione e spazi di manovra, in area libera da vincoli paesaggistici ed ambientali, ricadente in parte in Zona F ed in parte in Zona V, nei limiti delle attrezzature previste per quel tipo di zone, nei quali è possibile localizzare esclusivamente “servizi collettivi”, situata nelle immediate vicinanze all’edificio scolastico Scuola Elementare “A. Maiuri” e al confine con il suddetto parcheggio.
Era ceduta una percentuale anche superiore a quella del 22,50% e tale circostanza non poteva essere ignorata, con conseguente carenza di istruttoria e di motivazione sul punto.
Per tuziorismo, il Collegio accenna all’infondatezza del secondo motivo di ricorso, in quanto, dal contesto del provvedimento, il richiamo alla vicenda di realizzazione di abuso edilizio da parte del precedente proprietario non era stata posta in realtà a fondamento del parere negativo, ma solo a sostegno “esterno” e “ad colorandum”, vertendo il parere sul mero richiamo al rispetto degli “standards” (pur – come detto – non valutando la cessione dell’area proposta dal ricorrente).
Per quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere accolto e il Comune dovrà senza indugio provvedere a riesaminare la proposta progettuale del ricorrente, valutandola in concreto nella sua integralità ivi compresa la proposta di cessione dell’area suddetta e motivando esplicitamente sul punto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.