TAR Napoli, sez. III, sentenza 2011-03-18, n. 201101543

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2011-03-18, n. 201101543
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201101543
Data del deposito : 18 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03881/1993 REG.RIC.

N. 01543/2011 REG.PROV.COLL.

N. 03881/1993 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3881 del 1993, proposto da:
S D M S, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso introduttivo, dagli Avvocati L D B e B C, con i quali elettivamente domicilia in Napoli, al viale Gramsci n. 19;

contro

il Comune di Monte di Procida, in persona del rappresentante legale p.t., n.c.;

per l'annullamento

a) del provvedimento sindacale n. 3/C dell’11.3.1993 recante la revoca delle autorizzazioni amministrative n. 46 del 6.4.1989 e del 6.6.1990 e delle autorizzazioni sanitarie del 6.4.1989 e del 6.6.1990 all’esercizio pubblico di pizzeria e paninoteca;

b) di ogni altro atto preordinato, collegato e conseguente, ivi compreso il verbale n. 21/1990 del Comando dei VV.UU. e la nota n. 588/1992 del 25.6.1990.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2011 il dott. P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 25 marzo 1993 e depositato il successivo giorno 31, il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il sindaco di Monte di Procida gli ha revocato le autorizzazioni commerciali e sanitarie all’esercizio dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande alla via Panoramica, ordinandogli nel contempo la cessazione della stessa.

L’amministrazione evidenzia in motivazione che l’attività in questione è esercitata su suolo pubblico per il quale la concessione di occupazione è ormai scaduta e che, con l’ordinanza n. 63/1990 è stata ingiunta la demolizione delle opere funzionali all’esercizio commerciale (il locale – furgone).

Il ricorrente premette:

- che con deliberazione di G.M. n. 283 del 10.4.1987 gli veniva concessa l’autorizzazione a installare su suolo pubblico un furgone adibito alla vendita di pizze e panini;

- che in data 24.6.1987 avanzava richiesta per l’autorizzazione alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande in suo possesso da ambulante a posto fisso;

- che la Commissione Comunale per il Commercio con determinazione del 12.12.1988 esprimeva parere favorevole sulla predetta istanza;

- che solo dopo un’ordinanza propulsiva del T.A.R. (la n. 207/1989) resa nell’ambito di un diverso giudizio tutt’ora pendente, otteneva le autorizzazioni commerciali e sanitarie;

- che a seguito di un incendio provvedeva a ripristinare il furgone (ritenuto dal giudice penale non concretante attività edilizia) e continuava ad esercitare l’attività;

- che in data 6.6.1991 chiedeva ripetutamente all’amministrazione il rinnovo della concessione di occupazione suolo pubblico rilasciata nel 1987;

- che l’amministrazione invece di esaminare la predetta richiesta adottava l’impugnata revoca delle precedenti autorizzazioni concesse.

A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di ricorso:

1) violazione dell’art. 25 del D.P.R. n. 327/1980, dell’art. 86 del T.U.L.P.S., degli artt. 152 e ss. del R.D. n. 635/1940, dell’art. 3 della legge n. 524/1974, del D.P.R. n. 616/1977, dell’art. 32 della legge n. 833/1978 dell’art. 26, comma sesto del regolamento di esecuzione della legge n. 283/1962, della legge n. 426/1971, della l.r. n. 13/1985, dell’art. 97 della Cost., dei principi generali in materia di autotutela, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere, violazione del giusto procedimento, omissione, inesistenza ovvero erronea valutazione dei presupposti in fatto e diritto, travisamento in quanto la presunta natura abusiva del locale non può fondare la revoca dell’autorizzazione commerciale e in quanto non è stato previamente acquisito il parere della Commissione Comunale per il Commercio e del Servizio Ecologia, Igiene Ambientale e Profilassi della USL;

2) stesse censure sub 1) e contraddittorietà in quanto la revoca dell’autorizzazione sanitaria è stata disposta senza effettuare alcun nuovo controllo dei locali essendo a tal fine ininfluente, così come espressamente affermato in sede di rilascio del titolo sanitario, l’abusività degli stessi;

3) stesse censure sub 1) e violazione dell’ordinanza del T.A.R. Campania n. 207 del 1989 in quanto rispetto a quest’ultima la situazione di fatto è rimasta immutata e il Pretore di Pozzuoli con sentenza del 20.2.1992 ha ritenuto che i lavori effettuati sul furgone a seguito dell’incendio non configurano attività edilizia penalmente rilevante;

4) stesse censure sub 1) e violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la scadenza della concessione dell’occupazione di suolo pubblico non può da sola fondare la revoca dell’autorizzazione commerciale e, comunque, l’amministrazione avrebbe dovuto prima esaminare la richiesta di proroga della concessione stessa;

5) stesse censure sub 1) e difetto di motivazione e dell’interesse pubblico concreto e specifico in quanto trattandosi di un provvedimento di secondo grado il Comune avrebbe dovuto dare conto degli interessi pubblici sottesi all’atto di ritiro anche con riguardo al fatto che l’interessato non ha mai smesso di esercitare l’attività commerciale;

6) illegittimità derivata per i motivi sopra esposti con riguardo all’ordine di cessazione dell’attività commerciale conseguente alla revoca delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività

La domanda di tutela cautelare è stata accolta con l’ordinanza n. 494/1993.

Nell’imminenza dell’udienza del 24 febbraio 2011, all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione, il ricorrente ha depositato una ulteriore memoria insistendo per l’accoglimento del gravame.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va respinto.

Oggetto della presente controversia è il provvedimento con il quale il Sindaco di Monte di Procida ha revocato le autorizzazioni commerciali e sanitarie relative alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande possedute dal ricorrente per l’esercizio denominato “il Furgone” sito alla via Panoramica e ordinato nel contempo la cessazione dell’attività.

Giova premettere che l’attività in questione si svolge in un locale – furgone su terreno di proprietà comunale per il quale il ricorrente ha ottenuto la concessione all’occupazione del suolo pubblico con deliberazione di Giunta Municipale n. 283 del 10.4.1987, e le autorizzazioni sanitarie (del 6.4.1989 e del 6.6.1990) nonché quelle commerciali (n. 46 del 6.4.1989 e del 6.6.1990).

L’amministrazione ha motivato la revoca di queste ultime sulla base di due presupposti: 1) l’abusività edilizia del locale;
21) l’intervenuta scadenza della concessione per l’occupazione di suolo pubblico.

Ritiene il Collegio di poter prescindere dall’esame delle questioni inerenti alla contestata violazione della disciplina edilizia in quanto l’atto sindacale è autonomamente sorretto dalla rilevata scadenza del titolo per occupare il suolo pubblico. Tale ultima circostanza è incontestata, tanto è vero che lo stesso ricorrente afferma di aver ripetutamente richiesto, senza esito, il rinnovo della concessione rilasciata nel 1987.

Ciò detto, la revoca della autorizzazioni (commerciali e sanitarie) relative all’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande su posto fisso, al di là del nomen juris, si pone come conseguenza necessaria e inevitabile del venir meno del titolo all’occupazione del suolo dove questa avrebbe dovuto svolgersi. In altre parole, contrariamente a quanto deduce il ricorrente con il quarto motivo, la concessione valida si configura nella fattispecie come presupposto necessario per la sopravvivenza delle licenze di commercio. Né inficia la legittimità del potere inibitorio esercitato dall’amministrazione, il mancato tempestivo esame da parte di quest’ultima della richiesta di proroga della concessione all’occupazione di suolo pubblico avanzata dal ricorrente (sempre quarto motivo). E’, infatti, evidente che l’obbligo di pronunciarsi espressamente sull’istanza dell’interessato di prorogare la concessione non ha l’effetto invocato dal ricorrente di impedire o sospendere l’esercizio dei poteri de quibus.

Non sembra inutile ribadire, anche al fine di meglio esaminare le ulteriori censure articolate in ricorso, che nel caso di specie il Comune si è limitato ad accertare il venir meno di una condizione necessaria per consentire la prosecuzione dell’attività senza compiere al riguardo alcun apprezzamento discrezionale o rivalutazione dell’interesse pubblico originariamente considerato. In tal senso il provvedimento non necessitava di una particolare motivazione in ordine all’interesse pubblico alla revoca delle autorizzazioni o alla circostanza che l’interessato non ha mai smesso di esercitare l’attività commerciale (quinto motivo). Quest’ultima, infatti, è divenuta abusiva dal momento in cui è decaduta la concessione all’occupazione del suolo pubblico. Per le stesse ragioni l’amministrazione non era obbligata a procedere a un nuovo sopralluogo dei locali dove veniva esercitata l’attività (secondo motivo).

Quanto alla mancata previa acquisizione dei pareri della Commissione Comunale per il Commercio e del Servizio Ecologia, Igiene Ambientale e Profilassi della USL ritiene il Collegio che, anche volendo accedere alla tesi del ricorrente della loro necessità, alla fattispecie risulta in ogni caso applicabile l’art. 21 octies, comma 2 della legge n. 241 del 1990, introdotto dalla legge n. 15 del 1990, secondo il quale l’annullamento di provvedimenti vincolati per vizi formali non può essere pronunciato allorché appaia palese che il loro contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Si è sopra chiarita la natura doverosa dell’atto assunto dall’amministrazione e, dunque, dell’irrilevanza, ai fini dell’annullamento, dei denunciati vizi di illegittimità. La giurisprudenza amministrativa ha, del resto, da tempo affermato in nome della natura processuale del citato art. 21 octies l’applicabilità dello stesso anche ai procedimenti in corso (ex multis C.d.S. 17 gennaio 2011, n. 256).

2. Non essendosi costituita l’amministrazione resistente nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio.

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