TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2018-01-22, n. 201800808

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2018-01-22, n. 201800808
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201800808
Data del deposito : 22 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/01/2018

N. 00808/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00457/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 457 del 2005, proposto da:
M M, rappresentato e difeso dall'avvocato G V, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, 17 Sc B Int10;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensiva,

del provvedimento del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare del 01/10/2004, prot. nr. MD/

GMIL

04-DG/80415/99, con il quale si disponeva la cessazione dal servizio permanente del ricorrente;

di tutti gli atti del procedimento disciplinare, ivi compreso il giudizio della Commissione di disciplina;

nonché di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie prodotte dalla parte ricorrente a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 22 dicembre 2017 la dott.ssa R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Premette in fatto il Sig. M M, odierno ricorrente, di esser stato arruolato in servizio permanente presso l’Esercito dal 1997. Successivamente, nell’aprile 1999 egli veniva rinviato a giudizio perché imputato dei reati di “rapina, lesione personale e violenza sessuale in concorso”;
il processo era celebrato innanzi al Tribunale ordinario di Venezia e si concludeva, avendo il ricorrente avanzato istanza di patteggiamento, con sentenza n. 83 del 10.11.2003 di condanna ad anni tre di reclusione ed euro 800,00 di multa.

1.1 Scontata la pena, il ricorrente veniva reintegrato in servizio e trasferito presso il Reparto Comando e Supporti tattici “Ariete” di Pordenone;
il 19/05/2004, con nota n. 3384/9143/U.I, gli veniva comunicato l’avvio di una inchiesta formale a proprio carico, la quale si concludeva con il deferimento dello stesso al giudizio della Commissione di disciplina “in virtù della legge 31 luglio 1954, n. 599”.

La Commissione di disciplina giudicava l’odierno ricorrente “non meritevole di conservare il grado”.

Con l’impugnato provvedimento del 01/10/2004, prot. nr. MD/

GMIL

04-DG/80415/99, il Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare, decretava a carico del ricorrente “la perdita di grado per rimozione per motivi disciplinari” e, conseguentemente, la cessazione dal servizio permanente.

2. Avvero detto provvedimento, nonché gli atti del procedimento disciplinare e la determinazione della Commissione di Disciplina, si gravava l’odierno esponente, domandandone l’annullamento ed articolando un unico motivo di censura per eccesso di potere e violazione di legge.

In particolare, egli asseriva commesse violazioni procedimentali da parte della Commissione di disciplina, sostanziatesi nella insufficiente valorizzazione delle memorie di parte prodotte e nella mancanza di motivazione, tali da inficiare la legittimità della determinazione adottata. Inoltre, essendo stato il provvedimento finale della Direzione Generale del Personale militare presso il Ministero della Difesa adottato sul presupposto delle risultanze della Commissione di Disciplina, l’illegittimità di queste si riverserebbero anche sul provvedimento finale. Da ultimo, il ricorrente lamentava la sproporzione della sanzione irrogata rispetto alle circostanze del caso concreto.

3. All’esito della Camera di Consiglio del 09/02/2005, con riguardo alle esigenze cautelati manifestate dal ricorrente, con ordinanza n. 219/2005, veniva ordinato all’Amministrazione intimata di depositare agli atti copia del parere della Commissione di Disciplina.

4. All’esito dell’ottemperanza agli incombenti disposti, con Ordinanza n. 2296/2005 del 27/04/2005 la Sezione respingeva la formulata domanda cautelare per assenza di “adeguato fumus boni iuris”.

5. L’odierno esponente depositava, quindi, memoria per meglio specificare le proprie ragioni, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

6. Con Decreto n. 6143 del 27.05.2015 il ricorso era dichiarato perento. A seguito di dichiarazione di interesse alla prosecuzione del ricorso, con Decreto decisorio n. 360 del 02.03.2016 la pronuncia di perenzione era revocata ed il ricorso in epigrafe reiscritto al ruolo.

7. Si costituiva in giudizio il Ministero della Difesa, domandando il rigetto dell’odierno gravame siccome infondato.

8. Alla pubblica udienza del 22 dicembre 2017 il ricorso era trattenuto in decisione.

9. Viene all’esame del Collegio la vicenda per cui, a seguito di determinazione della Direzione generale del personale militare presso il ministero della Difesa, l’odierno ricorrente, M M, che all’epoca dei fatti rivestiva il ruolo di 1° Caporal Maggiore V.S.P., era fatto destinatario della sanzione della perdita del grado per motivi disciplinari, comportante l’effetto della cessazione dal servizio permanente ai sensi dell’art. 27, lett. f), D.lgs. 12 maggio 1995, n. 196.

9.1 Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

9.2 Il ricorrente ritiene che non sia stata correttamente applicata la norma di cui all’art. 27, comma 1, lett. f), D.lgs. 196/95, il quale prevede la cessazione dal servizio in caso di perdita del grado, nonché delle norme di cui agli artt. 60 e ss., l. 599/54, che disciplinano l’iter di accertamento dell’illecito disciplinare e dell’irrogazione della sanzione, in quanto la Commissione di Disciplina, al cui giudizio egli era stato deferito a seguito dell’apertura di una inchiesta formale a proprio carico, non avrebbe tenuto in debito conto le memorie prodotte da parte ricorrente ed avrebbe espresso il proprio parere senza il corredo di una adeguata motivazione.

Analoghe censure sono mosse avverso il provvedimento finale della Direzione generale del personale militare del Ministero della Difesa, che avrebbe a suo presupposto proprio il censurato parere della Commissione di Disciplina, con conseguente illegittimità derivata.

9.3 A riguardo, giova rammentare che, ai sensi dell’art. 445, c.

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