TAR Catania, sez. II, sentenza 2011-06-14, n. 201101497

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2011-06-14, n. 201101497
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201101497
Data del deposito : 14 giugno 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01457/2010 REG.RIC.

N. 01497/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01457/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1457 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da A S, rappresentata e difesa dall'avv. A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Conte Ruggero,81;

contro

Comune di Catania, rappresentato e difeso dall'avv. S A M, con domicilio eletto in Catania, via Oberdan, 141;

per l'annullamento

della determinazione dirigenziale 13 novembre 2009 n. 157.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Catania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2011 il dott. V N e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con l’atto introduttivo del giudizio parte ricorrente impugnava la determinazione dirigenziale n. 157 del 13 novembre 2009 di rigetto della richiesta di rinnovo dell’autorizzazione all’installazione di impianti pubblicitari. All’uopo tra l’altro esponeva:

a) di operare nel settore della pubblicità esterna e di svolgere la propria attività imprenditoriale in tutta l’area siciliana compreso il territorio del comune di Catania;

b) di aver ricevuto, con determinazione n. 1,87, 157 e 160 del 2004, l’autorizzazione all’installazione di diversi impianti pubblicitari per un periodo di tre anni rinnovabile su istanza di parte;

c) di aver chiesto, in prossimità della scadenza dei tre anni, il rinnovo delle autorizzazioni già rilasciate;

d) che, a seguito di un lungo carteggio con l’amministrazione resistente, con nota dell’8 marzo 2010, protocollo n. 256902, l’amministrazione aveva comunicato che la pratica si era conclusa con il diniego di cui alla determinazione dirigenziale n. 157 del 13 novembre 2009.

Parte ricorrente, affermando di non aver mai ricevuto la suddetta determinazione n. 157 del 2009, chiedeva al comune di Catania copia del provvedimento e proponeva l’odierno ricorso deducendo:

1) Eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà. Travisamento di fatto. Mancata indicazione dei motivi relativi all’interesse pubblico sotteso al diniego di rinnovo in contrapposizione al sacrificio imposto al soggetto titolare dell’autorizzazione.

2) Violazione dell’articolo 19 del regolamento sulla pubblicità e affissioni del comune di Catania approvato con deliberazione consiliare n. 102 del 14 settembre 1994. Violazione dei principi in tema di giusto procedimento amministrativo.

3) Violazione delle regole sulla correttezza e tutela della buona fede. Violazione dell’articolo 41 della Costituzione. Richiesta di risarcimento del danno.

Si costituiva l’amministrazione intimata sostenendo la legittimità degli atti impugnati.

Indi, con ricorso per motivi aggiunti depositati in data 15 ottobre 2010, veniva espressamente censurata la determinazione dirigenziale n. 157 del 13 novembre 2009.

In vista dell’udienza parte ricorrente depositava ordinanza C. G. A. 15 dicembre 2010 n. 1067 con la quale veniva accolta la domanda cautelare limitatamente alla diffida a demolire. Con memoria del 20 aprile 2011 l’odierna ricorrente precisava di avere interesse “…esclusivamente per l’impianto indicato nel provvedimento impugnato con la lettera A;
infatti gli altri impianti sono stati (o saranno) autonomamente dismessi…”.

All’udienza pubblica del 25 maggio 2011 la causa passava in decisione.

DIRITTO

Occorre preliminarmente esaminare il profilo relativo alla giurisdizione. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha stabilito al riguardo che in tema di imposta comunale sulla pubblicità, la giurisdizione sulle controversie relative alle sanzioni amministrative per violazioni riguardanti l'effettuazione della pubblicità è suddivisa, a decorrere dall'1 aprile 1998 - ai sensi dell'art. 24, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, come modificato, da ultimo, con la detta decorrenza, dall'art. 4, comma 3, del d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203 -, tra il giudice ordinario (davanti al quale il procedimento è regolato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689) e, in caso di "violazioni delle norme tributarie", le commissioni tributarie (Cass., S.U. 11 marzo 2004 n. 5040;
in senso conforme S.U. 18 gennaio 2005 n. 843). Conseguentemente qualora si tratti di violazione di norme tributarie "...la giurisdizione è inderogabilmente devoluta alle commissioni tributarie, non assumendo rilievo, in contrario, né l'adozione, da parte del comune, della forma dell'ordinanza - ingiunzione ex legge n. 689/81 (anziché del procedimento di irrogazione stabilito dall'art. 16 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472), né l'errata indicazione, in tale provvedimento, dell'organo giurisdizionale (giudice ordinario) davanti al quale proporre l'impugnativa (potendo tale errore tutt'al più incidere sulla decorrenza del termine per impugnare)..." (Cass., S.U. 11 marzo 2004 n. 5040;
in senso conforme S.U. 18 gennaio 2005 n. 843).

Sotto altro aspetto, sempre le Sezioni Unite, hanno precisato che l'art. 24 del d.lgs 15 novembre 1993, n. 507 distingue, tra le possibili violazioni delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti l'effettuazione della pubblicità, le violazioni delle norme tributarie da quelle delle norme regolamentari stabilite dal comune, imponendo di attenersi, nella prima ipotesi, alla disciplina generale delle sanzioni amministrative tributarie, e nella seconda alle norme contenute nelle sezioni I e II del capo I della l. 24 novembre 1981, n. 689. Ne consegue, sul piano del riparto della giurisdizione, che spettano alle commissioni tributarie le controversie relative alle sanzioni tributarie ed al giudice di pace, competente ai sensi dell'art. 22-bis della legge n. 689 del 1981, le controversie relative alle sanzioni irrogate per il mancato rispetto delle prescrizioni del regolamento comunale (Cass., S.U., 17 aprile 2009 n. 9144).

Con riferimento infine alle violazioni del Codice della Strada, la Cassazione ha affermato che il provvedimento con il quale l'Autorità amministrativa proprietaria della strada, ai sensi dell'art. 23, comma 13 "quater", codice della strada, ordina la rimozione di insegne pubblicitarie abusivamente installate su suolo demaniale, costituisce un accessorio della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 11 del medesimo articolo 23, sanzione applicabile anche per l'installazione di impianti pubblicitari su strade demaniali, pur in mancanza di un'espressa previsione da ascrivere ad un mero difetto di coordinamento fra i vari commi dovuto al fatto che il comma 13 "quater" è stato successivamente aggiunto con la conseguenza che l'atto medesimo è impugnabile dinanzi al giudice ordinario secondo il procedimento previsto dagli artt. 22 e 23 legge n. 689 del 1981 (Cass., S.U. 14 gennaio 2009 n. 563).

Venendo al caso di specie, alla luce dei principi ora richiamati, deve essere dichiarato il parziale difetto di giurisdizione in relazione alla parte del provvedimento che applica le sanzioni relative all’art. 23 Cod. della strada – trattandosi di controversia devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario – mentre deve ritenersi esistente la giurisdizione del giudice amministrativo con esclusivo riferimento alla parte in cui, svolgendo attività amministrativa unilaterale ed autoritativa, l’amministrazione ha rigettato la richiesta di rinnovo dell’autorizzazione.

Sempre in via preliminare occorre dare atto della parziale rinunzia al ricorso, dichiarata con la memoria depositata in data 20 aprile 2011, e conseguentemente esaminare nel merito il gravame solo con riferimento all’impianto sito in viale Vittorio Veneto.

Con la prima censura viene dedotta l’illegittimità dell’atto impugnato perché, non essendo intervenute modifiche nella situazione di fatto esistente al momento del rilascio della prima autorizzazione, illogicamente e contraddittoriamente l’amministrazione avrebbe negato il rinnovo in presenza delle stesse condizioni riscontrate al momento dell’adozione del primo atto. Con la seconda censura viene inoltre dedotta la violazione dell’art. 19 del regolamento comunale sulla pubblicità.

A giudizio del Collegio le prime due censure devono essere accolte nei limiti ora specificati. Occorre preliminarmente rilevare che nel caso di specie l’amministrazione non ha agito facendo uso dei suoi poteri di autotutela e dunque revocando o annullando l’atto prima rilasciato, ma ha solo deciso in ordine al rinnovo di un’autorizzazione scaduta. Tale precisazione risulta essenziale perché, pur dovendo l’atto amministrativo recare una compiuta motivazione, nel caso di specie, non è necessaria quella comparazione tra l’interesse pubblico all’esercizio del potere di autotutela e l’affidamento che sull’atto originariamente emanato si era consolidato. In altri termini il diniego di rinnovo deve essere doverosamente motivato ma la giustificazione della scelta non deve essere parametrata alla motivazione richiesta per la revoca o l’annullamento in autotutela. Al riguardo la giurisprudenza, in relazione alla concessione di bene demaniale, ha affermato che il «concessionario di un bene demaniale non vanta alcuna aspettativa al rinnovo del rapporto, il cui diniego, nei limiti ordinari della ragionevolezza e della logicità dell'agire amministrativo, non necessita di ulteriore motivazione (essendo parificabile al rigetto di un'ordinaria istanza di concessione), né implica alcun "diritto d'insistenza " qualora la p.a. intenda procedere ad un nuovo sistema d'affidamento mediante gara pubblica o comunque procedura comparativa» (Consiglio Stato, VI, 21 maggio 2009, n. 3145).

Alla stregua di tale premessa, e con riferimento all’impianto sito in viale Vittorio Veneto, va esaminata la motivazione addotta dall’amministrazione per negare il rinnovo dell’autorizzazione. Nel provvedimento impugnato il diniego trova giustificazione, per un verso, in ragione della distanza inferiore a mt. 25 dall’intersezione tra il viale Vittorio Veneto e la via Genova e, per altro verso, nel “disturbo visivo agli utenti della strada” e nella possibilità che tale impianto distragga “l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione, in contrasto con quanto stabilito dall’articolo 23, comma 1, del Nuovo Codice della Strada”.

Dalla documentazione acquisita agli atti emerge che effettivamente l’impianto è posto distanza superiore ai 25 m previsti dalla legge (si veda in particolare quanto affermato dalla stessa amministrazione resistente a pagina 3 della memoria depositata in data 22 giugno 2010) e che conseguentemente, sotto tale aspetto il provvedimento appare viziato per eccesso di potere dovuto a travisamento del fatto.

Nell’atto impugnato si fa inoltre riferimento al pericolo cagionato dal “disturbo visivo” arrecato dal predetto impianto alla circolazione veicolare, così come evidenziato nella nota della Polizia Municipale del 24.10.2007 prot. 1306.

A giudizio del Collegio non appare adeguatamente smentito il fatto che l’impianto così come installato all’epoca non può trovare più legittima collocazione in quel sito proprio in ragione del pericolo cagionato;
tuttavia, l’obbligo di cooperazione tra l’amministrazione e il privato, nonché di adeguata motivazione anche alla luce di quanto prescritto dal regolamento comunale invocato da parte ricorrente, avrebbe richiesto un onere di più puntuale motivazione in ordine alla ragione per cui non era più possibile rinnovare l’autorizzazione magari a condizioni diverse rispetto a quelle originariamente assentite.

In altri termini, una volta appurato che l’impianto non è collocato a distanza inferiore rispetto a quella richiesta dal Codice, l’amministrazione, pur dovendo (come in effetti è avvenuto) imporre l’eliminazione del “disturbo visivo”, avrebbe dovuto valutare la possibilità di assentire il predetto impianto a condizioni diverse – purchè rispettose delle norme di legge – così come previsto dal regolamento comunale. Giova evidenziare, infatti, che la Polizia Municipale ha ritenuto esistente il “disturbo visivo” in relazione alle dimensioni dell’impianto (nota della Polizia Municipale del 24.10.2007 prot. 1306, allegato 4 alla memoria di costituzione del 22 giugno 2010).

In definitiva, l’amministrazione deve doverosamente rigettare qualsiasi istanza volta all’installazione di impianti pubblicitari in violazione delle norme di legge o di regolamento;
tuttavia, in considerazione di quanto previsto nel regolamento comunale citato da parte ricorrente, l’amministrazione nel caso di specie avrebbe dovuto motivare adeguatamente sull’impossibilità di assentire – a condizioni diverse purchè rispettose delle norme di legge e di regolamento – la predetta istallazione.

Il ricorso, dichiarata la parziale inammissibilità per difetto di giurisdizione, deve essere accolto nei limiti sino a qui indicati;
anche in considerazione di quanto affermato nella memoria depositata dall’amministrazione (gli impianti sarebbero ancora installati, si veda pag. 4 della memoria del 15 novembre 2010) nonché in ragione dell’assenza di una qualsiasi prova in ordine all’effettiva consistenza, deve essere rigettata invece la domanda risarcitoria.

La complessità delle questioni trattate nonché la parziale reciproca soccombenza costituiscono giuste ragioni per compensare tra le parti costituite le spese di giudizio.

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