TAR Milano, sez. I, sentenza 2021-02-18, n. 202100436
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Pubblicato il 18/02/2021
N. 00436/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00350/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 350 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, in proprio e nella sua qualità di legale rappresentante pro tempore della società -OMISSIS-., rappresentati e difesi dagli avvocati W M, F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Como, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M C, C P, M O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero dell’Interno, Questura di Como, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1 e con domicilio pec come in atti;
per l’annullamento
- del provvedimento del dirigente del Settore Suap del Comune di Como, in data 30.01.2020, titolo V classe 19, con il quale viene disposta la sospensione per tre mesi dell’attività di-OMISSIS-;
- della nota Cat 11/A/2020, in data 16.01.2020 della Questura di Como;
nonché per la condanna
dell’amministrazione resistente al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Como e di Ministero dell’Interno e di Questura di Como;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2020 il dott. Fabrizio Fornataro;
Trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Con il provvedimento impugnato, il Comune di Como ha disposto la sospensione, per mesi tre, dell’attività esercitata nel locale di pubblico spettacolo denominato -OMISSIS-, sito in Como e gestito da -OMISSIS-, quale rappresentante legale della società -OMISSIS-..
Il provvedimento si basa sulle seguenti considerazioni:
- in data 16.01.2019, la Questura di Como ha comunicato di aver provveduto a presentare all’Autorità Giudiziaria una notizia di reato a carico di -OMISSIS- per la violazione dell’art. 689, comma 1, cp commesso all’interno del locale di pubblico spettacolo denominato -OMISSIS-, rimandando all’amministrazione comunale l’adozione dei provvedimenti di competenza sempre ai sensi dell’art. 689 c.p.;
- considera che, in base alla previsione di cui punto 5 del dispositivo dell’autorizzazione per l’attività d’intrattenimento rilasciata dal Comune di Como, l’efficacia della licenza “è subordinata al rispetto delle prescrizioni richiamate ai precedenti punti e potrà essere revocata in caso di inadempimento anche parziale delle stesse, nonché di quelle che dovessero essere successivamente impartite dalle competenti Autorità”;
- rileva, da un lato, che l’art. 10 del R.D. n. 773 del 1931 (TULPS) dispone che le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata, dall’altro, che l’art. 19, comma 1 del DPR 616/1977 attribuisce ai Comuni il potere di polizia amministrativa in materia di licenza per pubblici esercizi;
- inoltre, evidenzia che i fatti di reato accertati dalla Questura di Como sono indicativi di una situazione obiettivamente pericolosa per la tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili (minori infrasedicenni);
- considera che la severa normativa in materia di somministrazione di alcolici a minori, con riguardo alle conseguenze sociali dell’offerta di alcolici su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, ha natura imperativa e di principio;
- specifica che il Comune, nell’esercizio delle proprie funzioni amministrative, “ritiene necessario provvedere alla sospensione dell’attività sopra indicata, in conseguenza delle violazioni accertate, al fine di garantire la tutela del pubblico interesse, dell’integrità e del benessere psico-fisico dei minori”;
2) Con più censure, da trattare congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, lamenta l’incompetenza dell’amministrazione comunale ad adottare provvedimenti diretti alla sospensione dell’attività, ai sensi dell’art. 10 Tulps, nonché l’insussistenza dei presupposti di adozione della disposta sospensione, tanto se si considera la disciplina dettata dall’art. 689 cp., quanto se si esaminano le attribuzioni comunali in tema di polizia amministrativa.
Le censure sono fondate.
In particolare il Tribunale osserva che:
- il riferimento all’art. 689 cp non vale a fondare il potere esercitato dall’amministrazione, in quanto la norma prevede che solo la sentenza di condanna per il reato di somministrazione di bevande alcoliche a minori comporti la sospensione dell’esercizio;
- nel caso di specie non è documentato che, al tempo dell’emanazione del provvedimento comunale, fosse intervenuta la condanna per il reato indicato, sicché il richiamo all’art. 689 c.p. non vale a fondare il potere di sospensione esercitato dall’amministrazione comunale;
- né tale potere può trovare fondamento nell’art. 10 Tulps;
- la norma ora citata, nel disporre che “le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata”, prevede uno specifico potere in capo all’Autorità di pubblica sicurezza e lo riferisce, in modo specifico, alle sole autorizzazioni di polizia e non alle autorizzazioni comunali;
- insomma, l’art. 10 assegna all’Autorità di pubblica sicurezza il potere di intervenire sospendendo o revocando un’autorizzazione di polizia, in vista della tutela degli interessi primari all’ordine e alla sicurezza pubblici affidati alle cure dell’Amministrazione dell’Interno;
- il Comune non è investito delle funzioni ora indicate e non dispone del potere cui si riferisce l’art. 10 Tulps, pertanto il riferimento a questa disposizione non vale a fondare il potere esercitato dall’amministrazione comunale mediante il provvedimento impugnato;
- né tale potere può desumersi dalle funzioni di polizia amministrativa attribuite al Comune;
- sicuramente l’ordinamento assegna al Comune le funzioni di polizia amministrativa e, in tal senso, l’art. 159, comma 1, del d.l.vo n. 112 del 1998, dispone che “le funzioni ed i compiti amministrativi relativi alla polizia amministrativa regionale e locale concernono le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le competenze, anche delegate, delle regioni e degli enti locali, senza che risultino lesi o messi in pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica”;
- i poteri di polizia amministrativa sono attribuiti per tutelare un soggetto determinato o un oggetto determinato, che possano ricevere un pregiudizio dallo svolgimento di attività comprese nelle materie di competenza degli enti locali;
- la norma esclude espressamente dalla polizia amministrativa le situazioni in cui il pregiudizio incide su interessi tutelati in funzione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica;
- la situazione palesata nel caso di specie si sostanzia nella somministrazione di bevande alcoliche a persone minorenni ed integra una fattispecie nella quale sono messi in pericolo interessi generali, la cui tutela è compresa nelle attribuzioni del Ministero dell’Interno e non del Comune;
- resta fermo, invece, che il Comune, a fronte della situazione di fatto ricordata, ha il potere di rivalutare in autotutela la permanente sussistenza delle condizioni che legittimano l’esercizio dell’attività autorizzata, adottando, in caso di valutazione negativa e nel rispetto dei paradigmi propri dell’autotutela, la revoca della licenza, ma non è questo il potere esercitato in concreto dall’amministrazione, che non ha sviluppato valutazioni tese alla revoca dell’autorizzazione, in esercizio dei poteri di secondo grado di cui dispone;
- quest’ultimo profilo richiede una precisazione: mentre la revoca sottende un potere generale dell’amministrazione, perché espressivo dell’autotutela di cui è titolare, lo stesso non può dirsi per la sospensione, che non integra un potere spettante in generale all’amministrazione, neppure invocando l’autotutela amministrativa;
- il potere di sospensione è tipico e presuppone una norma che lo attribuisca espressamente ad una particolare amministrazione, in coerenza con il principio di legalità che informa l’azione amministrativa, ex art. 97 Cost.;
- ciò accade con l’art. 10 Tulps, che prevede un potere di sospensione in relazione alle autorizzazioni di polizia, comprese nelle attribuzioni del Ministero dell’Interno e delle relative articolazioni territoriali;
- ne consegue che la sospensione disposta dal Comune è illegittima perché priva di base normativa, atteso che non è riconducibile all’art. 10 Tulps, poiché tale disposizione non si riferisce ai Comuni e non è diretta ad individuarne le attribuzioni;parimenti, non trova fondamento nelle attribuzioni di polizia amministrativa, che afferiscono a situazioni del tutto diverse da quelle considerate nel provvedimento gravato;né è riconducibile al potere di autotutela dell’amministrazione, che non comprende, quale istituto generale, la sospensione delle licenze;
- va, pertanto, ribadita la fondatezza delle censure esaminate, la cui portata sostanziale travolge radicalmente il provvedimento impugnato e consente di ritenere assorbite le ulteriori doglianze articolate dal ricorrente;
- viceversa, deve essere respinta la domanda risarcitoria, poiché non è accompagnata dalla dimostrazione dei presupposti necessari per configurare la responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 2043 c.c..
3) In definitiva il ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto in relazione alla domanda di annullamento, mentre deve essere respinto nel resto.
La considerazione sia della parziale soccombenza reciproca, sia della fattispecie concreta sottesa all’impugnazione induce a ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.