TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2019-04-04, n. 201901889

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2019-04-04, n. 201901889
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201901889
Data del deposito : 4 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/04/2019

N. 01889/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00713/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 713 del 2012, proposto da
G G, rappresentata e difesa dall'avvocato A M D L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in N, via Toledo, n. 156;

contro

Comune di Meta in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati S P e D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso lo studio Raffaele Pignataro in N, via Giulio Cesare n. 19;

per l'annullamento

a) dell'ordinanza di demolizione n.115/2011 del 24.11.2011 emessa dal Comune di Meta;

b) di ogni altro atto antecedente, susseguente o comunque connesso, tra cui la reazione redatta a seguito di sopralluogo, effettuato unitamente ai C.C. di Piano di Sorrento in data 8.8.2011.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Meta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica di smaltimento del giorno 26 marzo 2019 la dott.ssa C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - La sig.ra G G, in qualità di proprietaria di un immobile sito in via Alberi n. 93, ha impugnato l’ordinanza di demolizione n. 115/2011 del 24.11.2011, avverso opere edilizie realizzate in assenza di autorizzazione paesaggistica di cui al d.lgs. 42/2004 e di permesso di costruire ai sensi del d.p.r. 380/2001, emessa dal Comune di Meta, oltre agli atti presupposti.

2. - Avverso l’ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi la ricorrente ha dedotto la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto plurimi profili quali, in particolare:

2.1. - la violazione delle norme regolatrici il procedimento successivo alla presentazione di istanze di condono di cui alla l. 47/1985 e l. 725/94 per avere il Comune ordinato il ripristino dei luoghi senza tener conto della pendenza di due istanze di condono e degli effetti conseguenti alla loro presentazione;

2.2. - la violazione dell’art. 31 d.p.r. 380/2001 per essere stata indirizzata l’ordinanza gravata unicamente nei suoi confronti in qualità di proprietaria dell’immobile e non anche alla responsabile dell’abuso ossia alla suocera, sig.ra Filomena Ercolano. La sua estraneità al compimento dell’opera abusiva renderebbe illegittima anche la previsione dell’acquisizione gratuita al patrimonio in quanto riferibile solo al responsabile dell’abuso. Ha, altresì, contestato la mancata identificazione dell’area da acquisire mediante l’indicazione dei dati catastali;

2.3. - la violazione dell’art. 33 del d.p.r. 380/2001, nell’ipotesi in cui non si riconosca che l’ampliamento della quota di calpestio del sottotetto sia avvenuta prima del 31.12.1993, in quanto - attesa la riconducibilità di tale intervento tra quelli di ristrutturazione - esso sarebbe soggetto all’applicazione delle sanzioni ex art 33 in luogo di quelle ex art. 31 d.p.r. 380/2001. Ha, altresì, lamentato la violazione dell’art. 7 l. 241/1990.

3. - Il Comune di Meta si è costituito in giudizio il 19 novembre 2012.

4. - Parte ricorrente ha depositato il 13.2.2019 una relazione tecnica sullo stato dei luoghi.

5. - Con memorie, entrambe depositate il 22 febbraio 2019, le parti hanno ribadito le pretese a fondamento delle reciproche pretese.

6. - Alla pubblica udienza straordinaria del 26 marzo 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. – La controversia oggetto di esame attiene alle opere sanzionate con l’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n. 115/2011, impugnata con il ricorso introduttivo del presente giudizio.

7.1. - Parte ricorrente contesta al Comune di Meta di aver ingiunto la demolizione di interventi ritenuti suscettibili di sanatoria, in quanto oggetto di istanze di condono non definite. A sostengo della propria tesi ha depositato una relazione tecnica nella quale si riferisce della pendenza di due istanze di condono: una presentata ai sensi dell’art. 32 L. 47/1985, avente ad oggetto corpi di fabbrica in ampliamento di circa mq 48,00 all’esistente;
l’altra ai sensi dell’art. 39 della l. 724/1994 per opere di tipologia 1, ovvero trasformazione con opere del preesistente volume del sottotetto, di circa 33,15 mq e opere di tipologia 7, ( modifica dei prospetti, apposizione di rivestimenti, realizzazione del volume del vano scala) modifiche e variazioni ritenute non computabili in termini di superfici e volumi. Quest’ultima avrebbe ad oggetto le difformità riscontrate nel corso del sopralluogo dell’1.2.1994 che sarebbero oggetto dell’ordinanza.

Specifica che l’abbassamento del piano di calpestio era già stato riscontrato nel corso del sopralluogo del 1994 e che ciò solo avrebbe determinato il cambio di destinazione d’uso in abitativo.

Ritiene, pertanto, illegittimo l’ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi per avere l’amministrazione ordinato la demolizione di tutto senza escludere le opere oggetto della richiesta di condono.

7.2. - La difesa della civica amministrazione nel ricostruire le vicenda ha affermato che:

- il fabbricato in questione era stato oggetto di precedenti abusi edilizi, già sanzionati con ordinanza di ripristino (n. 52 del 30.3.1994), a seguito della quale è stata presentata all’Ufficio Tecnico del Comune istanza di condono, ai sensi della L. 724/1994 (prot. n. 11355 del 16.11.1994);

- nel corso di sopralluogo effettuato in data 8.8.2011 dai Carabinieri di Piano di Sorrento, unitamente all’Ufficio tecnico Comunale (relazione prot. n. 13899 del 13.9.2011), presso il fabbricato sito in via Alberi n. 93 di proprietà della Sig.ra Guidone, è stata riscontrata una serie di opere eseguite in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica;

- gli interventi abusivi accertati nel 2011 sono ulteriori e diversi rispetto a quelli oggetto della citata istanza di condono, posti in essere non solo in assenza di permesso di costruire ai sensi del D.P.R. n. 380/2001, ma anche senza il preventivo rilascio del nulla osta paesaggistico (di cui al D. Lgs. n. 42/2004), necessario in considerazione del fatto che gli immobili in questione ricadono in zona vincolata (Zona di “tutela idrogeologica e difesa del suolo” del P.R.G. ed in zona Territoriale “1B” del P.U.T.).

7.3. – L’ordinanza n. 115/2011 del 24/11/2011 elenca le opere contestate consistenti nel:

1. Cambio di destinazione d’uso del sottotetto in locale abitabile mediante realizzazione (all’interno del sottotetto) di due camere da letto ed una zona soggiorno, e realizzazione di un ampliamento adibito in parte a cucina e in parte a bagno. Detto ampliamento ha struttura portante in muratura e solaio a falda inclinata, di circa 25, mq ed altezza variabile da mt. 2,45 a mt. 2,95. Il locale abitativo realizzato ha accesso indipendente dalla parte di fondo (di stessa proprietà) posta a monte del fabbricato, pertanto è autonomamente utilizzabile.

2. Ampliamento al primo piano, costituito da un locale realizzato in aderenza al fabbricato originario, di pianta a forma trapezoidale di circa mq. 30 e di altezza variabile da mt. 2,70 a 2,30. Detto locale è costituito da muratura portante e solaio a falda inclinata e d è adibito per la maggior parte a soggiorno con angolo cottura tranne che per una piccola parte (circa mq 4,00) adibita a bagno”.

Nell’istanza di condono del 1994 si fa espressamente riferimento agli abusi rinvenuti nel corso del sopralluogo del 1994 e si afferma che le opere “ risultavano prive di rifiniture ”. Emerge in tutta evidenza che, dopo la presentazione delle istanze di condono, siano stati realizzati ulteriori interventi. Se, dunque, è incontestato che l’abbassamento del solaio del sottotetto rientra nell’istanza di condono del 1994, si evince, altresì, dagli atti che le opere oggetto dell’ordinanza di ripristino n. 115/2011 sono ulteriori e successive.

Esulano dall’istanza di condono, infatti, sia gli ampliamenti contestati, che il mutamento di destinazione d’uso, volto a rendere abitabile il sottotetto, in precedenza adibito a mero deposito (ivi compresa la realizzazione della cucina, del bagno, delle camere da letto, etc.).

Non può negarsi, quindi, che l’ampliamento riscontrato nel corso del sopralluogo del 2011 abbia portato ad un diverso organismo edilizio con un differente destinazione (da deposito ad abitativo).

7.4. – Né può ritenersi condivisibile il tentativo di parte ricorrente di valutare singolarmente i vari interventi, anche con il supporto della relazione tecnica, in modo da ritenerli assentibili.

Nel caso di specie sono contestate una molteplicità di opere abusive realizzate sulla medesima area. In simili ipotesi l’amministrazione è tenuta ad effettuare, evitando artificiose frammentazioni, una valutazione complessiva e non atomistica dell'intervento edilizio, giacché il pregiudizio recato al regolare assetto del territorio deriva non dal singolo intervento ma dall'insieme delle opere realizzate nel loro contestuale impatto edilizio.

Secondo giurisprudenza consolidata anche della Sezione “ non si può infatti condividere l'impostazione atomistica che considera le opere accertate come indipendenti l’una dall’altra, occorrendo, invece, recuperare una visione di insieme delle stesse che metta in risalto il collegamento funzionale degli interventi in contestazione, giacché altrimenti parcellizzandoli e considerandoli isolatamente si perde di vista l’entità e l’impatto sul paesaggio e sull’ambiente circostante dell’attività edificatoria posta in essere. Come ritenuto dal Consiglio di Stato, “In materia di abusivismo edilizio l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi e ha ad oggetto il manufatto abusivo, le opere accessorie e quelle complementari, ossia l’edificio abusivo complessivamente considerato” (Cons. Stato Sez. VI, 12-09-2017, n. 4322)”. (T.A.R. N, sez. VII, sent. n. 649 del 30.1.2018 e n. 3447/2017).

7.5. - Dirimente è in ogni caso la considerazione per cui la realizzazione degli ulteriori interventi, dopo la presentazione dell’ultima istanza di condono, comporta la violazione dell’art. 35 comma 13 della L. 47/1985, (che detta dei principi generali in tema di condono edilizio espressamente richiamati anche dal condono ex art. 39, L. n734/1994). Sulla rilevanza della norma la Sezione si è già pronunciata rilevando che: “se la pendenza della procedura di condono preclude la realizzazione, senza autorizzazione, di interventi ulteriori -che se realizzati devono considerarsi comunque abusivi e sottoposti alla medesima sanzione demolitoria dell’immobile principale cui accedono- non impedisce la realizzazione di interventi di completamento ulteriori, previo rispetto della procedura autorizzativa di cui all’art 35 l. 47/85 e, ove come nella specie, l’immobile insista in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, previo rilascio del nulla osta paesaggistico: ciò fermo restando che gli stessi sono realizzati sotto la responsabilità dell’istante e pertanto la loro legittimità è subordinata al successivo rilascio del condono, ripetendo, giova ricordarlo, dette opere le medesime caratteristiche dell’immobile principale cui accedono.

Infatti, secondo il costante orientamento seguito dalla Sezione in presenza di manufatti abusivi non condonati né sanati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive.

Ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento della medesima sanzione prevista per l'immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell'art. 35, l. n. 47 del 1985 (T.A.R. Campania N, sez. VI, 3 dicembre 2010, n. 26788;
T.A.R. Campania N, VII, 19 aprile 2012 n. 3617)”
(T.A.R. Campania, sez. VII, sent. 4046 dell’8.8.2016).

In definitiva, dal testo dell’art. 35, comma 13, della legge n. 47/1985 si evince chiaramente che il responsabile dell’abuso si assume la responsabilità di completare un manufatto abusivo e che l’intervento di completamento è subordinato ad una speciale procedura finalizzata a “cristallizzare”, per evidenti ragioni istruttorie, lo stato di fatto antecedente l’esecuzione di tale intervento, attraverso l’allegazione di una perizia giurata ovvero di altra documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi.

In assenza di tale documentazione, come nel caso in esame, è preclusa in radice la possibilità di operare una qualificazione giuridica dell’intervento di completamento perché non vi è certezza sullo stato di fatto antecedente l’esecuzione dell’intervento stesso.

Nell’istanza di condono del 1994 più volte invocata dalla ricorrente a sostegno delle proprie pretese risulta anzi espressamente affermato che le opere realizzate in epoca anteriore al dicembre 1993, “risultavano prive di rifiniture ”.

7.6. – Determinante risulta, altresì, il fatto che gli interventi contestati sono stati realizzati sine titulo su immobile situato in zona vincolata (Zona di “tutela idrogeologica e difesa del suolo” del P.R.G. ed in zona Territoriale “1B” del P.U.T.).

In presenza di opere edilizie abusive costituisce principio pacifico quello per cui l'emanazione di idonee misure repressive è atto dovuto, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia.

8. - Infondato è il secondo motivo di ricorso con cui la ricorrente si duole di essere stata individuata come unica destinataria dell’ordinanza di demolizione in quanto proprietaria, non essendo responsabile dell’abuso.

Secondo principi largamente consolidati, l'ordinanza di demolizione può legittimamente essere emanata nei confronti del proprietario dell'immobile interessato dall'intervento abusivo, sebbene non responsabile della relativa esecuzione.

L'ordine di demolizione, infatti, può essere legittimamente adottato nei confronti del proprietario attuale, anche se non responsabile dell'abuso, e a prescindere dalla modalità con cui l'abuso è stato consumato, perché l'abuso edilizio costituisce illecito permanente e l'ordine di demolizione ha carattere ripristinatorio e non prevede l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto cui si imputa la realizzazione dell'abuso.

8.1. - Quanto alla previsione delle sanzioni ex artt 31 e 33 d.p.r. 380/2001 per l’ipotesi di inosservanza dell’ordine di ripristino, occorre osservare che, nel caso in cui le opere siano state edificate in zona sottoposta a vincolo paesistico, sussiste di per sé l'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi non residuando alcuno spazio per far luogo alla sola sanzione pecuniaria.

L'acquisizione gratuita al patrimonio del Comune costituisce una sanzione in senso improprio, non avente carattere "personale" ma reale, essendo adottata in funzione di accrescere la deterrenza rispetto all'inerzia conseguente all'ordine demolitorio e di assicurare ad un tempo la effettività del provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi e la soddisfazione del prevalente interesse pubblico all'ordinato assetto del territorio.

Non può trovare favorevole apprezzamento la tesi prospettata sul punto dalla ricorrente in quanto il principio per cui l'acquisizione gratuita dell'area dove è stato realizzato un immobile abusivo non può essere dichiarata verso il proprietario estraneo, non trova applicazione nel caso in cui il proprietario, pur non responsabile dell'abuso, ne sia venuto a conoscenza e non si sia adoperato per impedirlo o per rimuoverne gli effetti.

8.2. – Con riferimento alla contestazione circa l’esatta individuazione delle aree oggetto di acquisizione gratuita mediante l’indicazione dei dati catastali, è sufficiente osservare che, secondo principi consolidati condivisi dal Collegio, l'esatta indicazione nell'ordinanza di demolizione della superficie occupata e dell'area di sedime che, in caso di inottemperanza, sarà gratuitamente acquisita al patrimonio comunale, non fa parte del contenuto necessario dell'ingiunzione stessa, poiché detta specificazione può ben intervenire nella successiva fase dell'accertamento dell'inottemperanza.

Da ultimo giova precisare che i profili circa le conseguenze connesse alla mancata ottemperanza all'ordine di demolizione non incidono sulla validità del provvedimento sanzionatorio, il cui contenuto ha lo scopo di porre in condizione il destinatario di eliminare le opere abusive, scopo che è raggiunto con la puntuale descrizione dei manufatti realizzati senza titolo.

9. - Infondata è, altresì, la censura volta a lamentare la violazione dell’art. 7 l. 241/90 in quanto l’ordinanza di demolizione delle opere abusive, edificate senza titolo edilizio o su territorio con vincolo paesistico, è da ritenersi provvedimento rigidamente vincolato, per cui l'omessa comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio non è rilevante.

Come più volte affermato dal Giudice Amministrativo, infatti, l'ordinanza di demolizione « va emanata senza indugio e, in quanto tale, non deve essere preceduta da comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche, secondo un procedimento di natura vincolata tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato, che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto, cioè l'abuso, di cui peraltro l'interessato non può non essere a conoscenza, rientrando direttamente nella sua sfera di controllo » (T.A.R. N, sez. III, 07/09/2015, n. 4392).

Peraltro, non può dubitarsi dell’operatività dell’art. 21 octies co. 2, secondo periodo, della legge 241 del 1990 a mente del quale « il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato» ( ex plurimis , Cons. St., sez. IV, 26 agosto 2014 n. 4279;
id., 07 luglio 2014 n. 3438;
T.A.R. Milano, sez. IV, 22 maggio 2014 n. 1324;
T.A.R. N sez. IV, 16 maggio 2014 n. 2718;
id., sez.

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