TAR Bari, sez. II, sentenza 2015-10-06, n. 201501285

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2015-10-06, n. 201501285
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201501285
Data del deposito : 6 ottobre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01390/2014 REG.RIC.

N. 01285/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01390/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1390 del 2014, proposto da:
A L, rappresentato e difeso dagli avv. A Bagnoli, A I R, con domicilio eletto presso A Bagnoli in Bari, Via Dante Alighieri, n. 25;

contro

Comune di Monopoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. L D, con domicilio eletto presso Francesco Semeraro in Bari, Via Dante, n. 51;
Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore;
Azienda Sanitaria Locale di Bari, in persona del Direttore Generale pro tempore;

nei confronti di

Farmacia Licciulli dei Dottori P e I L S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Q L, S C, N M, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Bari, Via M. Amoruso, n. 5;
Ordine Interprovinciale dei Farmacisti di Bari e Barletta - Andria - Trani;

per l'annullamento, previa sospensiva

- della nota prot. n. 37059 del 23.7.2014, a firma del Sindaco del Comune di Monopoli e del Dirigente A.C. VII - Sviluppo locale del medesimo Comune;

- laddove necessario e per quanto d’interesse, di tutti gli atti richiamati nella stessa nota, oltre a quelli connessi, presupposti o consequenziali a quello gravato ancorché non conosciuti - e tra essi, in particolare, per illegittimità diretta e derivata:

- della nota della Regione Puglia prot. n. 9294 del 17.2.2014, indicata nella nota impugnata del 23.7.14;

- della nota della Regione Puglia prot. n. AOO-152/6507 del 28.5.2014 a firma del Dirigente Ufficio Area politiche per la promozione della salute;

- della nota della Regione Puglia prot. n. AOO-152/4415 del 9.4.2014 a firma del Dirigente Ufficio Area politiche per la promozione della salute, di riscontro alla nota prot. 15622/2014 del 20.3.2014;

- della nota della Regione Puglia prot. n. AOO-152/7138 del 13.6.2014 a firma del Dirigente Ufficio Area politiche per la promozione della salute, di riscontro alla nota prot. n. 17250/2014/9G/Gab del Comune di Monopoli;

- della nota regionale prot. n. 30665 del 16.6.2014;

- della nota prot. n. 47406 del 6.10.2014 a firma del Sindaco del Comune di Monopoli in riscontro alla nota del 24.9.2014 prot. n. 45716 nell’interesse del dott. Losito;

- della nota del 30.5.2014 a firma del Sindaco del Comune di Monopoli in riscontro alla nota 17250/20149/C/Gab.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli e della Farmacia Licciulli dei Dottori P e I L S.n.c.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 34, comma 5 del cod.proc.amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori avv. A Bagnoli e avv. L D;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - Con il ricorso indicato in epigrafe, inviato alla notifica in data 5.11.2014 e depositato in data 13.11.2014, il Sig. A L ha impugnato gli atti adottati dal Comune di Monopoli in relazione alla sua istanza di decentramento/trasferimento della propria sede farmaceutica.

Avverso gli atti impugnati il ricorrente ha dedotto l’illegittimità per violazione dell’art. 97 della Costituzione, violazione del principio di buon andamento e buona amministrazione, violazione del giusto procedimento e del principio di massima partecipazione procedimentale, violazione dell’art. 10 della Legge n. 241 del 1990 e falsa applicazione dell’art. 2 della Legge n. 475 del 1968, dell’art. 5 della Legge n. 362 del 1991, nonché della Legge n. 27 del 2012, violazione dell’art. 3 della Legge n. 241 del 1990 e s.m., eccesso di potere per difetto di valido ed efficace presupposto, eccesso di potere per travisata, omessa ed insufficiente motivazione e considerazione dei presupposti di fatto e di diritto richiesti dalla normativa vigente, eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza, contraddittorietà ed erroneità della motivazione, ingiustizia manifesta e incompetenza dell’organo emanante, violazione dell’art. 5 della Legge n. 362 del 1991, dell’art. 2 della Legge n. 475 del 1968, nonché della Legge n. 27 del 2012.

Con atto depositato in data 21.11.2014 si è costituita in giudizio la Farmacia Licciulli dei dottori P e I L S.n.c. chiedendo il rigetto del ricorso poiché del tutto infondato in fatto e in diritto.

Alla Camera di Consiglio del 4.12.2014, vista l'istanza di rinvio, il Presidente ha disposto il differimento della trattazione della domanda cautelare alla Camera di Consiglio del 17.12.2014.

Con Ordinanza n. 759 del 18.12.2014 questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare presentata dal ricorrente evidenziando, in particolare, che “il provvedimento in questione si inserisce all’interno di un procedimento complesso, nel quale viene riservata al Comune la competenza in ordine alla scelta localizzativa delle farmacie e alla Regione la competenza in ordine alla finale determinazione relativa alla revisione della pianta organica”, “…la localizzazione individuata dal Comune, ove recepita e trasfusa in apposita Deliberazione di Giunta, dovrà essere trasmessa alla Regione per il perfezionamento dell’iter procedimentale” e che “…la pendenza del procedimento concorsuale non esime l’Amministrazione dall’obbligo di provvedere in ordine all’istanza del ricorrente”.

Con atto depositato in data 20.1.2015 il ricorrente ha presentato istanza per l’esecuzione dell’Ordinanza cautelare di questo Tribunale sopra indicata, notificata al Comune di Monopoli in data 19.12.2014.

Alla Camera di Consiglio del 19.2.2015, vista l'istanza di rinvio per attendere la decisione del Consiglio di Stato sull’appello proposto dal ricorrente avverso l’Ordinanza cautelare di questo Tribunale, il Presidente ha rinviato la trattazione dell'istanza di esecuzione dell’Ordinanza cautelare alla Camera di Consiglio del 19.3.2015.

Con Ordinanza n. 781 del 19.2.2015 la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto dal Sig. A L avverso l’Ordinanza di questo Tribunale sopra citata evidenziando, tra l’altro, che “il danno lamentato è imputabile non già al Comune (il quale ha dato rapida esecuzione all’ordinanza del TAR), ma al più lo sarà, se del caso, alla Regione, contro la cui eventuale inerzia l’appellante potrà esperire i rimedi di legge”.

Alla Camera di Consiglio del 19.3.2015, il Presidente, su richiesta del difensore di parte ricorrente, ha disposto la cancellazione dal ruolo della domanda di esecuzione dell'Ordinanza cautelare.

All’Udienza Pubblica del 2.7.2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Agli atti risulta che con la Deliberazione di Giunta n. 1 del 21.1.2015 (depositata in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 29.1.2015) il Comune di Monopoli abbia provveduto, per quanto di competenza, a dare esecuzione all’Ordinanza di questo Tribunale n. 759 del 18.12.2014 (come, peraltro, ammesso dallo stesso ricorrente nella memoria di replica depositata in data 10.6.2015).

Più nello specifico, con tale Deliberazione, il Comune di Monopoli ha provveduto ad approvare, nell’ambito del procedimento complesso di revisione ordinaria del piano (pianta organica) delle farmacie, la nuova individuazione e localizzazione delle 15 sedi con conseguente adeguamento dei perimetri delle stesse.

Il Comune di Monopoli ha individuato la nuova zona di decentramento della sede farmaceutica n. 6 (di cui è titolare il ricorrente) e, pertanto, come evidenziato dallo stesso Sig. A L, la sua pretesa è stata soddisfatta “nei limiti della chiesta assegnazione della nuova zona di decentramento (ab inizio, negata dal Comune)”.

Sussistono quindi le condizioni per dichiarare la cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 34, comma 5 del cod.proc.amm.

Tuttavia, con la memoria depositata in data 10.6.2015, il ricorrente insiste affinché l’illegittimità dell’atto impugnato venga comunque accertata ai sensi dell’art. 34, comma 3 del cod.proc.amm., ritenendo sussistente il suo interesse ai fini risarcitori, anche sotto il profilo del ritardo nel rilascio del provvedimento.

2. – Ciò posto, risulta necessario verificare se sussistano i presupposti per proseguire il giudizio ai soli fini dell'accertamento autonomo della asserita illegittimità dell'atto.

Oggi, ai sensi dell’art. 34, comma 3 del c.p.a. il giudice amministrativo deve pronunciarsi sull’illegittimità dell’atto amministrativo impugnato anche nel caso in cui sia venuto meno l’interesse all’annullamento del medesimo, qualora sussista l’interesse ai fini risarcitori.

Il Codice del processo amministrativo contempla cioè la possibilità di una azione di mero accertamento, intendendosi, con tale espressione, “le ipotesi in cui l'accertamento, anziché limitarsi a momento logico propedeutico al giudizio sulle altre azioni di cognizione (di condanna e costitutiva), esaurisce in sé lo scopo del processo. Con la particolarità che (…) L'interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), piuttosto, è integrato dalla necessità di economizzare un giudizio già instauratosi (ma destinato a concludersi in rito, per via di sopravvenienze), deragliandone il percorso in funzione dell'accertamento di una parte (quella riferita alla illegittimità dell'atto) dei fatti costituitivi necessari ai fini dell'accoglimento della (eventuale) azione risarcitoria (in sostanza, dall'annullamento dell'atto si passa ad una sentenza generica su di una frazione dell'an della pretesa risarcitoria)” (T.A.R. Napoli, sez. I, 13 dicembre 2013, n. 5744).

Il presupposto per l’ammissibilità della domanda ex art. 34, comma 3, c.p.a. è l’ esplicita istanza di parte, o comunque una espressa "manifestazione" di interesse del ricorrente a fini risarcitori, o nel ricorso introduttivo o in corso di giudizio, ciò in quanto “tra la dichiarazione di improcedibilità ed il mero accertamento della fondatezza dei vizi, non vi è alcuna continenza effettuale, ben potendo la parte preferire (ai fini, ad esempio, delle spese processuali) la chiusura in rito del giudizio ad una pronuncia che (se negativa) potrebbe rivelarsi per la parte in vario modo controproducente” (T.A.R. Napoli, sez. I, 13 dicembre 2013, n. 5744). Inoltre, senza una espressa o implicita istanza di parte, il giudice che provvedesse ad accertare l’illegittimità dell’atto impugnato ai soli fini risarcitori determinerebbe la violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, andrebbe cioè ultra petita.

Nel caso in esame, il ricorrente ha richiesto espressamente, nella memoria depositata in data 10.6.2015, l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento impugnato ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 3 c.p.a. affermando genericamente che sussiste l’interesse ai fini risarcitori, anche sotto il profilo del ritardo nel rilascio del provvedimento.

Ciò posto, sulla sufficienza, ai fini dell’ammissibilità della richiesta di accertamento della illegittimità degli atti impugnati ai sensi dell’art. 34, comma 3, del c.p.a., della manifestazione di interesse in tal senso da parte del ricorrente, il Collegio rileva un contrasto giurisprudenziale (per una ricostruzione di tale contrasto si rinvia alla sentenza di questo Tribunale, Sez. II, 29 maggio 2014, n. 649).

Secondo un primo orientamento, l’unica condizione imprescindibile per rendere operativa la norma in argomento è che emerga la reale e inequivoca intenzione del ricorrente di ottenere una pronuncia di accertamento della sola illegittimità del provvedimento, anche se non tradotta in formule sacramentali e perché ciò accada “è sufficiente che il ricorrente manifesti una tale intenzione in qualunque fase del processo, anche in appello, e senza particolari formalità oppure che tale intenzione emerga inequivocamente dallo svolgimento del processo;
in altri termini è necessario che l'intendimento del ricorrente sia concretamente verificabile dal giudicante e non sia ricollegato ad un mero vezzo/capriccio del ricorrente” (T.A.R. Milano, sez. I, 24 ottobre 2013, n. 2371;
Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2012, n. 2916).

Secondo una posizione più estrema (che il Collegio non ritiene di condividere) quand'anche l'annullamento dell'atto impugnato non risultasse più utile per la parte ricorrente e, quindi, la relativa domanda fosse divenuta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, il giudice dovrebbe comunque accertare l'illegittimità dell'atto stesso ove sussistesse un interesse della parte medesima a fini risarcitori. Tale interesse, di fatto, sussisterebbe sempre, dato che l'accertamento va compiuto anche qualora la domanda di risarcimento, non proposta in via congiunta con la domanda di annullamento, non sia in effetti ancora stata proposta nemmeno in sede separata, e difettino dichiarazioni dell'interessato di intento in tal senso (Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2012, n. 2916. Contra Cons. Stato, sez. V, 23 aprile 2014, n. 2063 secondo il quale “l'applicazione di tale norma presuppone un'espressa istanza dell'interessato (V, 6 dicembre 2010, n. 8550;
14 dicembre 2011, n. 6539). Questa soluzione, come è stato difatti osservato dall'approfondita pronuncia da ultimo citata:

"a) è coerente con il contesto normativo che disciplina l'azione di risarcimento del danno… b) è rispettosa del principio generale della domanda (art. 34, co. 1, c.p.a.);
c) attribuisce un significato utile all'inciso "....se sussiste l'interesse ai fini risarcitori" di cui al co. 3 dell'art. 34, in relazione all'obbligo del giudice di dichiarare improcedibile il ricorso se sopravviene il difetto di interesse, ex art. 35, co. 1, lett. c) c.p.a., obbligo che non concerne solo il ricorso per annullamento ma tutte le domande proponibili davanti al g.a.;
d) è conforme al principio di economia dei mezzi processuali)”.

Una parte della giurisprudenza amministrativa ritiene, invece, che la generica affermazione circa l’interesse all’accertamento della illegittimità dell’atto al fine di un’eventuale, futura proposizione di un’azione risarcitoria, non sia sufficiente affinché il giudice si pronunci su tale domanda (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703;
Consiglio di Stato, sez. VI, 20 luglio 2011, n. 4388;
T.A.R. Catania sez. III, 18 marzo 2013, n. 802).

Più nello specifico, il Consiglio di Stato ha evidenziato che il ricorrente deve quantomeno allegare la sussistenza dei presupposti dell’eventuale azione risarcitoria e, in particolare, del danno patito. Ciò al fine di evitare attività giurisdizionale inutile “Se è vero che, con l'accertamento dell'illegittimità degli atti impugnati ai soli fini del risarcimento, il giudice non si esprime sul fumus boni iuris della susseguente azione di danni, a lui spetta comunque valutare almeno la sussistenza dell'interesse ai fini risarcitori, in difetto del quale la declaratoria di illegittimità correrebbe il rischio di rimanere meramente astratta. Pertanto è ragionevole ritenere che, proprio a evitare un possibile inutile esercizio della funzione giurisdizionale, il ricorrente abbia almeno l'onere di allegare compiutamente i presupposti per la successiva proposizione dell'azione risarcitoria, a partire ovviamente dal danno sofferto” (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703). “Ai sensi dell'art. 34 c.p.a. non può ammettersi che la mera e indimostrata allegazione di un generico interesse ai fini risarcitori possa rappresentare un vero e proprio passe — partout attraverso il quale scardinare (rectius: aggirare) il dato oggettivo costituito dall'insussistenza di un interesse all'ulteriore coltivazione del ricorso e attraverso cui far surrettiziamente rientrare nel giudizio un interesse all'impugnativa di cui si sia in concreto accertata l'insussistenza” (Consiglio di Stato, sez. VI, 20 luglio 2011, n. 4388).

Infine, secondo un altro orientamento giurisprudenziale “…l’art. 34, comma 3, cod. proc. amm. deve applicarsi in via restrittiva e soltanto allorquando la domanda risarcitoria sia stata proposta nello stesso giudizio (e ciò pare del tutto evidente), oppure quando la parte ricorrente dimostri che ha già incardinato un separato giudizio di risarcimento o che è in procinto di farlo” (T.A.R. Milano, sez. III, 28 agosto 2015, n. 1908;
nei termini vedasi altresì T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 21 febbraio 2012, n. 369;
Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 5 ottobre 2011, n. 2352).

Il ricorrente, come già evidenziato, nel caso in esame, si è limitato a richiedere espressamente, nella memoria depositata in data 10.6.2015, l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento impugnato ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 3 c.p.a. affermando genericamente che sussiste l’interesse ai fini risarcitori, anche sotto il profilo del ritardo nel rilascio del provvedimento.

Egli - a prescindere da profili processuali e dalla mancata dimostrazione di aver incardinato un separato giudizio di risarcimento o di essere in procinto di farlo - non ha comunque neppure allegato i presupposti dell’eventuale, futura azione risarcitoria.

Ne consegue l’inammissibilità della domanda di accertamento per la totale genericità della stessa.

Visto l’esito del giudizio il Collegio ritiene comunque di condannare il Comune di Monopoli al pagamento delle spese di lite a favore del ricorrente.

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