TAR Bologna, sez. II, sentenza 2018-03-14, n. 201800243
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Testo completo
Pubblicato il 14/03/2018
N. 00243/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01147/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1147 del 2011, proposto da Iniziative Agricole s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti L B e P M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G C M sito in Bologna, piazza dei Tribunali n. 5;
contro
- Provincia di Ferrara, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. G B, domiciliata giusta dichiarazione del 25 novembre 2016 presso la Segreteria del T.A.R. Emilia Romagna in Bologna, Strada Maggiore n. 53;
per l'annullamento
- della determinazione dirigenziale PG 44562/2011 del 31.5.2011 di diniego di autorizzazione all'estirpazione della vegetazione arborea ed arbustiva insistente su superfici agricole in territorio di Argenta a firma del Dirigente dei servizi di protezione flora, fauna e produzione agricola della Provincia di Ferrara;
- di ogni altro atto antecedente, connesso e presupposto;
- nonché per la richiesta di risarcimento dei danni asseritamente patiti a causa del provvedimento.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio della provincia di Ferrara e l’atto di elezione di nuovo domicilio;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il dott. Giuseppe La Greca;
Uditi nell’udienza pubblica del 17 gennaio 2018 gli avv. ti L. Bernardini per la società ricorrente e S. Pantanali, in sostituzione dell’avv. G. Berti, per la Provincia di Ferrara;
Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- La ricorrente società espone di essere proprietaria di 34 ettari di terreno agricolo nel Comune di Argenta in relazione al quale, alla scadenza del pregresso periodo di affitto, in data 18 aprile 2011 ha chiesto l’autorizzazione alla trinciatura dell’impianto arboreo e la rimessa a seminativo al fine di riportarlo alla sua naturale vocazione produttiva.
2.- L’istanza è stata rigettata sulla base di plurime ragioni ed il relativo provvedimento è stato impugnato con l’odierno ricorso a sostegno del quale la ricorrente ha dedotto i seguenti vizi:
1) Violazione dell’art. 41 Cost. per compressione della libertà di iniziativa economica, lesione del diritto di proprietà ed eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica. Sostiene parte ricorrente che non può definirsi area forestale, con conseguente rigetto dell’istanza, quella che ha visto, nell’anno 2000, i conduttori delle aree piantumare essenze arboree al fine di ottenere il finanziamento previsto dall’azione 9, misura 2F del piano di sviluppo rurale della Regione Emilia Romagna. Ad avviso della ricorrente società la decisione dell’Amministrazione darebbe luogo ad una espropriazione sostanziale del terreno del quale verrebbe così (asseritamente) sottratta la capacità produttiva;
2) Eccesso di potere sotto diversi profili. Il richiamo nel provvedimento impugnato all’art. 8 della deliberazione G.R. n. 182/95 in tema di aree forestali sarebbe erroneo poiché il terreno di cui trattasi non integrerebbe le caratteristiche che tale deliberazione individua ai fini della qualificazione del bene quale «area forestale» (nello stesso verbale di accertamento dello stato dei luoghi la vegetazione sarebbe definita come costituita da «boschetti»);
3) Eccesso di potere per falsa ed erronea applicazione dell’art. 1, comma 1, terzo cpv. della deliberazione G.R. n. 182/95. Poiché l’illegittimo inserimento del sito tra le aree forestali discenderebbe anche dalla loro individuata caratteristica di costituire area «oggetto di interventi a finanziamento pubblico di qualsiasi origine e sottoposte non a piano di coltura e conservazione», si sarebbe in presenza di una qualificazione di area forestale in (asserito) difetto delle prescritte caratteristiche naturali;
4) Eccesso di potere per sviamento e falsa applicazione del Regolamento CE n. 1257/1999, violazione del principio di tutela dell’affidamento incolpevole, violazione del giusto procedimento. Sarebbe da considerarsi inficiato da sviamento la condotta dell’Amministrazione che intenda correlare la perdita della capacità agronomica dei terreni all’adesione ad un’azione comunitaria;
5) Eccesso di potere per falsa ed erronea applicazione della deliberazione regionale n. 1224/08. L’inclusione delle aree nella ZTS IT604017 «Po di Primaro e Bacini di Traghetto» non sarebbe impeditiva dell’attività agricola e, dunque, la richiesta estirpazione delle essenze arboree non sarebbe in contrasto con la disciplina di riferimento.
3.- Congiuntamente alla domanda di annullamento la ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno che sarebbe stato cagionato dall’illegittimo esercizio della funzione amministrativa.
4.- Con successiva istanza, in adesione a specifica indicazione della Provincia di Ferrara, parte ricorrente ha presentato una nuova richiesta e ciò in ragione della sopravvenuta disciplina contenuta nell’art. 26, comma 1, lett. b ) del d.l. n. 5 del 2012. Il relativo procedimento non risulta essere stato concluso con apposito provvedimento.
5.- Si è costituita in giudizio la Provincia di Ferrara la quale ha, in via preliminare, eccepito la sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione del gravame per effetto dell’avvenuta presentazione della nuova istanza di cui s’è detto ed ha, nel merito, concluso per il rigetto delle avversarie domande.
6.- In prossimità della discussione del ricorso nel merito le parti hanno depositato memorie.
7.- All’udienza pubblica del 17 gennaio 2018, presenti i procuratori delle parti che hanno ribadito le rispettive tesi difensive, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.
8.- Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato. Tale esito induce il Collegio a non esaminare, per evidenti ragioni di economia processuale, l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla parte pubblica.
9.- Il provvedimento di rigetto dell’istanza volta ad ottenere l’autorizzazione per l’estirpazione delle essenze arboree muove dalla previsione delle prescrizioni di massima e polizia forestale di cui alla deliberazione del Consiglio regionale dell’Emilia Romagna che preludono gli interventi di estirpazione - quale quello richiesto - inerenti ad «“aree forestali” oggetto di interventi a finanziamento pubblico di qualsiasi origine e sottoposte o non a piano di coltura e conservazione (art. 10 della l.r. 30/1981)».
10.- In punto di fatto, nel caso di specie, il carattere boschivo dell’area di cui trattasi è stato accertato attraverso apposito sopralluogo (il verbale del 29 aprile 2011 dà atto trattarsi di «aree forestali»).
L’Amministrazione ha, infatti, osservato che, nel caso di specie, le superfici oggetto della domanda sono soggette all’applicazione delle prescrizioni di massima di cui s’è detto e che le stesse sarebbero riconducibili al divieto di estirpazione per aree forestali oggetto di finanziamento pubblico in quanto non rientranti nelle eccezioni - pure previste - dall’art. 8 delle medesime prescrizioni le quali hanno imposto il «divieto di asportazione di esemplari arborei di qualsiasi sviluppo».
11.- Le prescrizioni di massima sulla base dei quali è stato emanato l’impugnato provvedimento, la cui fonte normativa primaria, è data dall’art. 10 della l.r. n. 30 del 1981, stabiliscono che «i proprietari o possessori dei terreni rimboschiti o dei boschi ricostituiti, convertiti all'alto fusto o comunque migliorati, nonché degli impianti realizzati con specie legnose per l'arboricoltura da legno, con finanziamenti a totale o parziale carico di Enti pubblici, debbono compiere le operazioni di governo e di trattamento in conformità con il piano di coltura e di conservazione di cui agli artt. 54 e 91 del R.D.L. n. 3267/1923, art. 10 della L.R. n. 30/1981 ed art. 10 della L. n. 984/1977, approvato dall'Ente delegato competente per territorio». Successivamente l’art. 2 del d.lgs. n. 227 del 2001 ha dettato i criteri per un’ulteriore definizione di «bosco».
Sul piano della configurazione dell’area deve essere osservato che la connotazione boschiva è stata accertata dall’apposito verbale di sopralluogo effettuato in data 29 aprile 2011 dal quale è emersa la natura - testualmente - «forestale» della superficie di cui trattasi (d’altronde nella stessa istanza di parte ricorrente datata 7 aprile 2011 si fa menzione di un «impianto arboreo»). Tale natura dell’area, non è stata, invero, efficacemente e documentalmente smentita dalla relazione tecnica di parte del 26 maggio 2012 la quale si è limitata ad evidenziare l’asserita inapplicabilità delle predette prescrizioni di massima al caso di specie.
In tale contesto, va anche detto che la diversa denominazione di «boschetti» dell’impianto arboreo contenuta nel preavviso di rigetto (estremamente valorizzata dalla difesa di parte ricorrente) non può dar luogo a diverse considerazioni dovendosi ritenere tale qualificazione resa in senso atecnico sul rilievo, per un verso, che lo stesso preavviso di rigetto confermava trattarsi di fattispecie prevista dalle prescrizioni forestali e, per altro verso, che siffatti boschetti neppure sono menzionati nel provvedimento finale.
Sul versante degli obblighi di estirpazione siccome discendenti dalla pregressa fruizione di una misura comunitaria, a parte il fatto che essi promanano da precisi obblighi di legge non idonei a dar luogo a violazioni della libertà di iniziativa economica in quanto rispondenti a logiche di tutela ambientale che non possono essere disattese neppure in presenza di interventi finanziati da fonti esterne, il provvedimento emanato dall’Amministrazione è del tutto in linea con la legislazione vigente ratione temporis . In tal senso la novella contenuta nell’art. 26 del d. n. 5 del 2012 è una disposizione che, nel modificare l’art. 2, comma 6, del d. lgs. n. 227 del 2001, ha escluso - per il futuro - dalla definizione di bosco «le formazioni forestali di origine artificiale realizzate su terreni agricoli a seguito dell’adesione a misure agro ambientali promosse nell'ambito delle politiche di sviluppo rurale dell'Unione europea una volta scaduti i relativi vincoli», ed ha finito per confermare come il pregresso assetto normativo assoggettasse ai divieti in argomento anche gli impianti artificiali ex Reg. CE n. 1257 del 1999. Né la nuova disciplina può ritenersi assurgere al rango di norma di interpretazione autentica poiché essa manca dei necessari presupposti volti a legittimare il suo effetto retroattivo siccome tratteggiati dalla Corte costituzionale ( ex plurimis Corte costituzionale, n. 314 del 2013).
L’Amministrazione, pertanto, in presenza di una superficie boscata realizzata con aiuti comunitari non poteva che trarre le censurate (ma corrette) conseguenze in tema di divieto estirpazione.
12.- Il rigetto della questione sostanziale di cui si è detto autorizza il Collegio a non esaminare le ulteriori censure dedotte dalla ricorrente nonché l’ultimo motivo di ricorso sul rilievo che il riconoscimento, in ipotesi, dell'illegittimità di una sola di esse non escluderebbe, infatti, la validità delle restanti cause giustificatrici dell'atto. Costituisce, infatti, massima giurisprudenziale consolidata quella secondo cui qualora un provvedimento sia fondato su più motivazioni tra loro autonome, ciascuna delle quali capace di sostenerlo, è sufficiente che almeno una sia immune da vizi affinché l'intero ricorso possa essere respinto, sicché gli ulteriori motivi possono essere assorbiti.
13.- Il mancato accoglimento della domanda di annullamento consente di giudicare infondata anche la domanda risarcitoria per assenza degli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano.
14.- Ne discende la reiezione del gravame.
15.- Le spese di lite vanno poste a carico della parte ricorrente in virtù della regola della soccombenza (art. 26 cod. proc. amm.) e liquidate come da dispositivo a favore della resistente Amministrazione.