TAR Roma, sez. III, sentenza 2013-02-15, n. 201301714
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N. 01714/2013 REG.PROV.COLL.
N. 03208/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3208 del 2011, proposto da:
GCS Spa, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avv. F A e S F F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A P in Roma, via Cosseria, 2;
contro
- Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture (AVCP), in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- Comune di Firenze, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Claudio Visciola, Andrea Sansoni e Maria Athena Lorizio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Dora, 1;
per la condanna
al risarcimento dei danni subiti a seguito dell’adozione dei provvedimenti di esclusione dalla gara d’appalto indetta dal Comune di Firenze e di annotazione nel casellario informatico delle imprese da parte dell’AVCP, poi annullati dal Consiglio di Stato, sez VI, con sentenza 21 aprile 2010 n. 2226.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture e del Comune di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2013 il Cons. Daniele Dongiovanni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente ha partecipato, nel mese di settembre 2007, alla gara indetta dal Comune di Firenze avente ad oggetto il servizio, di durata biennale, “ di stampa, notifica e quant’altro finalizzato alla riscossione dei verbali intestati a soggetti residenti all’estero ”.
All’esito della procedura, la società istante è risultata aggiudicataria provvisoria ma, in sede di verifica dei requisiti di partecipazione, è stata tuttavia esclusa, con provvedimento del 17 dicembre 2007, a causa della sussistenza di pendenze fiscali insolute, siccome comunicate dall’Agenzia delle Entrate (per le quali la ricorrente aveva però successivamente chiarito di aver presentato istanza di rateizzazione, poi accolta dalla stessa Agenzia nel mese di aprile 2008).
In ragione di ciò, l’AVCP, a seguito della segnalazione effettuata dal Comune di Firenze, ha provveduto, in data 3 marzo 2008, ad annotare la società ricorrente nel casellario informatico dell’Autorità e ad irrogarle la sanzione dell’interdizione a partecipare a procedure di gara pubbliche per la durata un anno (periodo, poi, ridotto a tre mesi – dal 3 marzo al 2 aprile 2008 e dal 10 novembre 2008 al 7 gennaio 2009 - in ragione dell’adozione dei provvedimenti anche di natura cautelare del giudice amministrativo).
A seguito di impugnazione di tali provvedimenti, il TAR Toscana, con sentenza n. 2431/2008, ha respinto il ricorso, mentre il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza 21 aprile 2010 n. 2226, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto il gravame e ha, di conseguenza, annullato il provvedimento di esclusione dalla gara indetta dal Comune di Firenze, quello di annotazione disposta dall’AVCP nel casellario informatico dell’Autorità e la sanzione interdittiva.
A fronte di tale pronuncia del giudice di appello, la ricorrente, con l’iniziativa in esame, ha chiesto la condanna delle amministrazioni resistenti al risarcimento dei danni ed, in particolare, di quelli subiti a causa della perdita di chance (ovvero per non aver potuto partecipare ad altre gare durante il periodo di interdizione), oltre al danno “curriculare” ed a quello derivante dalla lesione dell’immagine professionale (questi ultimi quantificati in circa 500mila euro).
Si sono costituiti in giudizio l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture ed il Comune di Firenze, chiedendo il rigetto della domanda risarcitoria.
In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie, anche di replica, insistendo nelle loro rispettive conclusioni.
Alla pubblica udienza del 6 febbraio 2013, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. È necessario, anzitutto, precisare quanto segue:
- la ricorrente, a seguito della pronuncia favorevole del Consiglio di Stato n. 2226/2010, ha intentato, come precisato dalla difesa di parte ricorrente durante le fasi preliminari della pubblica udienza, due azioni risarcitorie, l’una dinanzi al TAR Toscana (RG n. 770/2011, la cui udienza risulta fissata il prossimo 19 aprile 2013) con cui ha chiesto il ristoro dei danni derivanti dalla mancata aggiudicazione della gara indetta nel 2007 dal Comune di Firenze, e l’altra oggetto del presente ricorso (RG 3208/2011 del TAR Lazio) con cui invece chiede il risarcimento dei danni subiti in ragione del provvedimento adottato dall’AVCP (in particolare, quelli causati dalla mancata partecipazione ad altre gare di appalto nei periodi 3 marzo-2 aprile 2008 e 10 novembre 2008-7 gennaio 2009, ciò a causa della disposta interdizione, e quelli derivanti dalla lesione della propria immagine professionale). In altre parole, mentre con il ricorso RG n. 770/2011 ancora pendente presso il TAR Toscana la ricorrente ha richiesto il risarcimento dei danni causati dall’illegittima esclusione dalla gara del 2007 (ovvero quelli derivanti dal fatto di non aver potuto effettuare la prestazione oggetto della selezione pubblica all’esito della quale era risultata, in data 9 novembre 2007, aggiudicataria provvisoria), con il gravame in esame (RG 3208/2011), la società istante chiede il ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali causati, in particolare, dal provvedimento dell’AVCP che le ha inibito la partecipazione ad altre gare di appalto nei periodi 3 marzo-2 aprile 2008 e 10 novembre 2008-7 gennaio 2009 (periodi che, tra l’altro, si sovrappongono alla durata biennale – 2008/2010 – dell’appalto messo a gara nel settembre 2007 dal Comune di Firenze). Da ciò, si può affermare che, mentre il legittimato passivo del ricorso RG n. 770/2011 pendente presso il TAR Toscana è il Comune di Firenze (peraltro, unica amministrazione pubblica alla quale quel gravame è stato notificato), nel caso in esame, il legittimato passivo è costituito dalla sola Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture (AVCP), stante peraltro l’autonomia del procedimento sanzionatorio svolto dall’AVCP rispetto a quello di esclusione dalla gara del quale costituisce invero il mero presupposto di avvio;
- sempre con riferimento alla richiesta risarcitoria di cui al presente ricorso, la ricorrente ha peraltro invocato la natura oggettiva della responsabilità dell’amministrazione, a ciò richiamando la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 30 settembre 2010, C-314/09 (cfr anche Cons. Stato, sez. IV, 31 gennaio 2012, n. 482) con cui si è affermato che la vigente normativa europea che regola le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi non consente all’interprete di ritenere che il diritto ad ottenere il risarcimento del danno da un’Amministrazione pubblica che abbia violato le norme sulla disciplina degli appalti pubblici sia subordinato al carattere colpevole di tale violazione (ciò sostiene la CGCE sul presupposto che il rimedio risarcitorio previsto dall'art. 2, n. 1, lett. c, dell’originaria direttiva 89/665/CEE può costituire un'alternativa procedurale compatibile con il principio di effettività delle garanzie offerte solo a condizione che la possibilità di riconoscere un risarcimento in caso di violazione delle norme sugli appalti pubblici non sia subordinata alla constatazione dell'esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall’amministrazione aggiudicatrice).
1.1 Ciò premesso, il Collegio ritiene tuttavia che la richiesta risarcitoria avanzata con il ricorso in esame non sia suscettibile di favorevole accoglimento, non ritenendo che la ricorrente abbia assolto l’onere probatorio su di essa incombente.
1.2 Ed invero, per ogni ipotesi di responsabilità per danni causati dall’illegittimo esercizio dell'attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno attraverso l’allegazione di circostanze di fatto precise, non potendosi invero invocare il c.d. principio acquisitivo che invero attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all’allegazione dei fatti (Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2008 n. 2967;sez. VI, 12 marzo 2004, n. 1261);la stessa giurisprudenza ha anche precisato che l'onere probatorio può ritenersi assolto solo allorquando il ricorrente offra, con riferimento all’ an , elementi certi in ordine alla verificazione del danno, a differenza del quantum , per il quale non è invece necessario determinare con precisione la quantificazione, che può anche essere rimessa alla valutazione equitativa del giudice ex art. 1226 c.c..
1.3 Ciò posto, il Collegio – come detto - è dell’avviso che la prova fornita dalla ricorrente non sia sufficiente a far ritenere assolto l’onere probatorio.
In particolare, con riferimento al danno causato dalla mancata partecipazione della ricorrente ad altre gare di appalto nei periodi 3 marzo-2 aprile 2008 e 10 novembre 2008-7 gennaio 2009 (3 mesi circa), va precisato che la società istante, nella propria prospettazione:
- si limita ad indicare che, nel predetto periodo di riferimento, sarebbero state indette, sull’intero territorio nazionale, 13 gare di appalto, di varia durata, per un importo complessivo a base d’asta di circa cinque (5) milioni di euro;
- pone l’accento sul fatto che, nell’anno 2008, rispetto a quello precedente (2007), ha registrato un calo della voce “ricavi” del bilancio di circa 800.000,00 euro;
- afferma altresì che il grado di specializzazione dalla stessa raggiunto nello specifico settore, le avrebbe garantito l’aggiudicazione delle gare indette durante i tre mesi circa di interdizione.
1.4 Ora, con riferimento a quanto prospettato dalla ricorrente, va osservato quanto segue:
- la ricorrente non ha fornito alcuna prova in ordine all’esito delle predette gare ed, in particolare, se siano state o meno effettivamente svolte né ha fornito alcuna indicazione su quali procedure selettive avrebbe concentrato l’attenzione. Ed invero, la società istante non ha fornito alcuna prova sulle proprie potenzialità in ordine alla disponibilità di risorse umane e strumentali per poter partecipare, gestire ed eseguire contemporaneamente 13 gare di appalto;
- il calo di fatturato nel 2008 rispetto ai ricavi registrati nel 2007 non costituisce anch’esso una prova certa del danno subito posto che il livello dei ricavi raggiunto nell’anno di riferimento (2008) risulta comunque superiore a quello dei cinque anni precedenti. Del resto, non può sottacersi che il 2008 è stato l’anno in cui si è consolidato il periodo di crisi che ha afflitto l’economia italiana tanto che non può escludersi una riduzione “fisiologica” del fatturato nel periodo di che trattasi, non causata, quindi, in via diretta ed immediata (art. 1223 cc), dal provvedimento di interdizione assunto dall’AVCP (la cui durata, alla fine, non ha comunque superato i tre mesi);
- anche per quanto riguarda la probabilità di aggiudicazione delle gare di appalto alle quali non ha partecipato nei tre mesi di interdizione, la ricorrente si è limitata ad affermare che si tratta di un’impresa leader nel settore, ma a tal riguardo non ha allegato alcunché che consenta al Collegio di apprezzare la potenzialità della società istante di aggiudicarsi la gara con una percentuale di probabilità che raggiunga quantomeno il 50% (nulla, invero, è stato allegato con riferimento alla struttura organizzativa, alla consistenza delle risorse umane e strumentali, al fatto se la loro utilizzazione fosse o meno a pieno regime, ai costi sopportati ed all’economicità della struttura produttiva dell’azienda, alla necessità o meno di associarsi, anche in forma temporanea, con altre imprese per partecipare alle predette gare di appalto).
Oltre a quanto sopra esposto con riferimento alla mancanza di una prova certa del danno subito dalla ricorrente (da riferirsi, di conseguenza, anche al c.d. danno “curriculare” ovvero al mancato incremento della professionalità in ragione della mancata esecuzione di un appalto), non può peraltro non rilevare il fatto che la società ricorrente ha proposto dinanzi al TAR Toscana domanda di risarcimento danni in ragione del provvedimento di esclusione dalla gara – di cui era risultata aggiudicataria provvisoria – tanto che, in caso di eventuale accoglimento della domanda in quella sede, l’ulteriore riconoscimento del risarcimento danni richiesto con il ricorso in esame (seppure a diverso titolo) avrebbe l’effetto di determinare una situazione di iperprotezione della posizione giuridica soggettiva lesa dai provvedimenti poi annullati dal Consiglio di Stato anche perché, a fronte del danno ristorato per non aver eseguito il servizio in favore del Comune di Firenze, le risorse umane e strumentali comunque rimaste inutilizzate con riferimento a quell’appalto non possono poi essere considerate nell’ambito delle proprie potenzialità di gestione di ulteriori servizi aggiudicati da altre amministrazioni;in altre parole, diversamente opinando, significherebbe riconoscere una doppia remunerazione del capitale umano e strumentale nell’ambito dello stesso arco lavorativo temporale (l’una per la mancata utilizzazione nell’appalto di cui aveva diritto all’aggiudicazione e l’altra per la fittizia utilizzazione in un altro servizio, in ragione della mancata utilizzazione in un diverso appalto che la società ricorrente avrebbe invece dovuto eseguire e per il quale ha ricevuto – in caso di favorevole esito del giudizio pendente presso il TAR Toscana - il risarcimento a titolo di danno emergente e di lucro cessante).
Ciò che si vuole dire è che tale elemento di contraddizione nella strategia defensionale della ricorrente ha un effetto in questa sede dal punto di vista probatorio in quanto, come si è avuto modo di esporre in precedenza, la società ricorrente si è limitata ad indicare le gare di appalto bandite a livello nazionale nel periodo di riferimento (tre mesi) ma nulla ha chiarito con riferimento, in particolare, alle potenzialità in termini di risorse umane e strumentali da poter dedicare, a prescindere da quelle utilizzabili nella gara indetta nel 2007 dal Comune di Firenze (di cui – si ribadisce - è in attesa di conoscere l’esito giurisdizionale della relativa richiesta risarcitoria), agli ulteriori servizi di cui alle tredici (13) procedure indette da altrettante amministrazioni pubbliche.
1.5 Ciò posto, anche la domanda di risarcimento del danno all’immagine della società provocato dalla pubblicazione sul casellario informatico dell’AVCP del provvedimento di interdizione va respinta in quanto la ricorrente, anche in questo caso, si è limitata (ancor di più rispetto alle altre fattispecie di danno di cui chiede il ristoro) a chiedere una valutazione equitativa del danno, senza allegare alcunché con riferimento all’ an ovvero alla sussistenza di elementi concreti che avrebbero inciso sull’onorabilità della ricorrente.
2. Infine, sebbene sia sufficiente quanto sopra esposto per respingere la richiesta di risarcimento danni contenuta nel ricorso in esame, il Collegio non può esimersi dal precisare che non può comunque accedersi alla tesi secondo cui, anche nella fattispecie in esame, sia applicabile quanto affermato dalla CGCE del 30 settembre 2010 con riferimento alla natura oggettiva della responsabilità della pubblica amministrazione in materia di appalti pubblici.
Non può invero non rilevarsi come la fattispecie esaminata dalla Corte di Giustizia riguardava il caso di una ditta illegittimamente pretermessa dall’aggiudicazione di una gara di appalto in relazione al quale non era possibile ristorare il danno con le modalità del risarcimento in forma specifica.
In quel caso, ragioni di effettività della tutela hanno portato la Corte europea ad affermare che il risarcimento per equivalente debba essere considerata una forma alternativa di ristoro rispetto a quello in forma specifica che comporta l’effettiva esecuzione dell’appalto.
La questione dedotta con il ricorso in esame è affatto diversa in quanto, nel caso di specie, non si controverte del risarcimento danni causato dalla mancata aggiudicazione della gara indetta dal Comune di Firenze (oggetto – come detto – del ricorso RG n. 770/2011, pendente presso il TAR Toscana) bensì dei danni causati dal provvedimento di interdizione adottato dall’AVCP all’esito di un diverso ed autonomo procedimento, solo indirettamente collegato alla procedura di evidenza pubblica indetta dalla predetta amministrazione comunale;provvedimento di interdizione che, invero, ha causato danni (come visto, non provati) al di fuori della procedura di gara indetta dal Comune di Firenze anche se non è revocabile in dubbio che il provvedimento di esclusione adottato dall’amministrazione comunale abbia determinato poi l’attivazione da parte dell’AVCP dell’autonomo potere sanzionatorio.
In ragione di ciò, il Collegio ritiene che, con riferimento alla fattispecie in esame, valgano i canoni ordinari della responsabilità extracontrattuale che non può quindi prescindere dalla verifica della sussistenza dell’elemento soggettivo (della colpa) in capo alla pubblica amministrazione.
Ed invero, nel caso di specie, non sussiste l’elemento della colpa in capo all’AVCP in quanto la giurisprudenza amministrativa anche successiva alla sentenza del Consiglio di Stato, sez VI, n. 226/2010, non è affatto univoca con riferimento alla corretta interpretazione del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett f. D.lgs n. 163 del 2006 riguardante l’assenza di infrazioni fiscali definitivamente accertate quando penda una domanda di rateizzazione presso l’organismo competente.
Ed invero, con riferimento al profilo (generale) dell’ascrizione della colpa, va ribadito, conformemente alla prevalente giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato, che, in sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, mentre il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, all'Amministrazione resta l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento (cfr. tra le tante Cons. St., sez. V, n. 4527/2009 e n. 3815/2011).
Nel caso di specie, rileva che, in più occasioni, il giudice di appello, difformemente dalla citata sentenza n. 2226/2010, ha affermato che il concorrente abbia l’obbligo di dichiarare la sussistenza di infrazioni di natura fiscale, pur in pendenza di una istanza di rateizzazione, pena l’esclusione dalla gara (cfr Cons. St., sez. V, n. 6084/2011 e, sez. IV, n. 6907/2010, peraltro successive alla predetta sentenza n. 2226/2010).
L’incertezza che si registra sul punto nella giurisprudenza amministrativa, pure invocata dalle parti resistenti, convince dell’assenza di colpa nella condotta dell’AVCP e quindi della presenza dell’errore scusabile nella fattispecie in esame.
3. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
4. Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti, stante la complessità e la stessa evoluzione della vicenda contenziosa.