TAR Roma, sez. IV, sentenza 2022-04-21, n. 202204793

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. IV, sentenza 2022-04-21, n. 202204793
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202204793
Data del deposito : 21 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/04/2022

N. 04793/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00701/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 701 del 2017, proposto da Fall. Gruppo Sarplast S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato G R, con domicilio eletto presso lo studio Massimo Garutti in Roma, via in Arcione 71;

contro

- Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

- del rigetto disposto con provvedimento n. 0259964 del 1/12/2015 della richiesta di revisione prezzi avanzata in data 8/01/2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 aprile 2022 il dott. Giuseppe Bianchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con contratto d’appalto del 21 febbraio 1989 il Ministero degli Affari Esteri ha commissionato alla ricorrente, allora in bonis , l’esecuzione di opere per l’approvvigionamento idrico della città di Maswa e villaggi vicini in Tanzania, per il corrispettivo di £ 18.158.000.000, oltre I.V.A..

A fronte del mancato riconoscimento da parte dell’Amministrazione della pretesa alla revisione dei prezzi, la società ricorrente, nelle more dichiarata fallita, ha instaurato un giudizio davanti al giudice ordinario, all’esito del quale il Tribunale di Roma (con sentenza 26 maggio 2009, n. 11708) ha condannato il Ministero al pagamento in favore del fallimento dell’importo di € 939.383,45 a titolo di revisione prezzi in relazione alle prestazioni eseguite in virtù del predetto contratto.

Successivamente, la Corte d’Appello di Roma, accogliendo l’appello interposto dall’Amministrazione, ha dichiarato (con sentenza 13 maggio 2014, n. 4024) il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda del fallimento tesa al riconoscimento del compenso per la revisione dei prezzi.

La procedura fallimentare, dopo aver presentato istanza chiedendo al Ministero degli Affari Esteri di provvedere al formale riconoscimento del compenso revisionale nella misura di € 1.409.369,00, ha impugnato il silenzio mantenuto dall’Amministrazione e, con sentenza 8 ottobre 2015, n. 2565, il TAR Sicilia ne ha dichiarato l’illegittimità condannando l’Amministrazione ad adottare un provvedimento espresso.

In ottemperanza alla suddetta pronuncia, il Ministero ha respinto l’istanza di revisione prezzi, con provvedimento del 1 dicembre 2015 che il ricorrente ha impugnato davanti al TAR Sicilia per i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione artt. 4 e 20 del contratto d’appalto del 21/2/1989;

2) Violazione art. 2 L. 37/1973;

3) Eccesso di potere per contraddittorietà;

4) Eccesso di potere per illogicità manifesta

5) Violazione art. 33 L. 41/1986;

6) Violazione dell’art. 97 Cost. ”.

A seguito della dichiarazione di incompetenza territoriale da parte del TAR Catania, la causa è stata riassunta davanti a questo Tribunale.

Si è costituita in giudizio la resistente Amministrazione, reiterando le precedenti difese e chiedendo che il ricorso sia respinto.

All’udienza del 6 aprile 2022 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

L’Amministrazione ha fondato il rigetto dell’istanza avanzata dal ricorrente di revisione del prezzo - da ricondurre ratione temporis nella previsione dell’art. 33, comma 3, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, nella formulazione previgente alla sua modificazione recata dall’art. 3 del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, trattandosi di lavori affidati con contratto del 21 febbraio 1989, con termine di ultimazione dei lavori contrattualmente fissato in 33 mesi) - sulla base della seguente motivazione: “ La revisione prezzi è esclusa dallo stesso contratto il cui art. 4 stabilisce che <il corrispettivo contrattualmente convenuto è a corpo, fisso ed invariabile> ”.

Il Collegio osserva che - come lamentato dal ricorrente con il secondo motivo del ricorso riassunto - tale motivazione ha completamente trascurato di considerare la disposizione normativa dettata dall’art. 2 della legge 22 febbraio 1973 n. 37, in forza della quale la materia della revisione prezzi è sottratta a qualsiasi potere negoziale delle parti contrattuali e che - escludendo in subiecta materia la possibilità di qualsiasi patto contrario o in deroga - prevale sulle contrarie pattuizioni eventualmente contenute in atti negoziali ( ex multis : Cons. St., Sez. V, 6 Luglio 1992, n. 607;
Cons. St., Sez. V, 17 marzo 2003, n. 1362;
Cass., Sez. Un., 14 novembre 2005, n. 22903;
TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 20 gennaio 2004 n. 44).

La giurisprudenza ha precisato, peraltro, che il divieto di patti contrari o in deroga, sancito dal menzionato art. 2 della legge n. 37 (secondo cui " la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi è ammessa, secondo le norme che la regolano, con esclusione di qualsiasi patto in contrario o in deroga "), non risulta abrogato a seguito dell’entrata in vigore del citato art. 33 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (cft. Cons. St., 18 novembre 1999, n. 1723: “ va di seguito verificato se la disciplina dell’art. 33 della legge n. 41 del 1986 abbia avuto una capacità abrogativa, sia pure per incompatibilità, del suddetto art. 2, cosi come ha ritenuto la sentenza appellata. Al riguardo si deve propendere per una risposta negativa;
nel caso in esame, non risultando adottata la formula del prezzo chiuso di cui al quarto comma dell’art. 33 stesso, si ricade nell’ipotesi di esecuzione di lavori avente durata superiore all’anno, per la quale l’art. 33 consente la revisione dei prezzi "a decorrere dal secondo anno e con esclusione dei lavori già eseguiti nel primo anno". Non può da tale formula legislativa ritrarsi la conclusione che introducendo essa modalità di riconoscimento della revisione prezzi difformi dal regime legale cui faceva riferimento l’art. 2 l.n. 37/73, sarebbe venuta meno l’impossibilità di derogare alla disciplina legale medesima
”).

Ne deriva che l’art. 4 del contratto in questione, se interpretato - nella prospettiva dell’Amministrazione - in termini di clausola di esclusione della revisione prezzi, deve essere ritenuto nullo in quanto in contrasto con la richiamata norma imperativa, che preclude qualsiasi patto in deroga alla ammissibilità della revisione dei prezzi.

Viene meno, dunque, l’unico motivo ostativo frapposto dall’Amministrazione al riconoscimento del diritto del ricorrente alla revisione prezzi.

Il ricorso deve, pertanto, essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento di diniego oggetto di impugnativa e con salvezza degli ulteriori provvedimenti che spetta all’Amministrazione assumere, valutando - previa verifica che la domanda di revisione dei prezzi sia stata presentata prima della sottoscrizione del certificato di collaudo dei lavori, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, ratificato con la legge 9 maggio 1950 n. 329 - se esistano le condizioni per la maturazione di un compenso revisionale previste dall’art. 33, comma 3, della legge citata, che consente di procedere alla revisione dei prezzi a decorrere dal secondo anno successivo all’aggiudicazione e con esclusione dei lavori già eseguiti nel primo anno, quando l’amministrazione riconosca che l’importo complessivo della presentazione è aumentato (o diminuito) in misura superiore al 10% per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenuti successivamente all’aggiudicazione stessa.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

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