TAR Genova, sez. I, sentenza 2022-03-09, n. 202200190

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2022-03-09, n. 202200190
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 202200190
Data del deposito : 9 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/03/2022

N. 00190/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01277/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1277 del 2012, proposto da
C.E.M.I.N. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati B C e L P, con domicilio eletto presso lo studio del secondo difensore in Genova, corso Saffi 7/2;

contro

Autorità Portuale di La Spezia (ora Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale), in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato L C, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Genova, via Macaggi 21/8;

per l’annullamento

del provvedimento prot. n. 7732 del 1°.6.2012, comunicato il 12.6.2012, recante diniego di concessione di uno specchio acqueo per la realizzazione di una diga galleggiante di protezione e di un impianto nautico di ormeggio nella baia di Cadimare, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o connesso, ivi inclusa la delibera del Comitato portuale n. 8/2012;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Portuale di La Spezia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2022, la dott.ssa L F e viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, notificato e depositato in data 9 ottobre 2012, C.E.M.I.N. s.r.l. ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale l’Autorità Portuale di La Spezia ha respinto la sua istanza di concessione di uno specchio acqueo nella baia di Cadimare per la realizzazione di una diga galleggiante di protezione e di un impianto nautico di ormeggio per n. 100 imbarcazioni.

A seguito di atto di opposizione, notificato il 30 ottobre 2012 dall’Autorità Portuale, il 18 dicembre 2012 C.E.M.I.N. s.r.l. ha depositato dinanzi a questo T.A.R. l’atto di costituzione in giudizio, trasponendo il ricorso in sede giurisdizionale.

La società ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

I) Violazione degli artt. 8, comma 3, lett. h) e 9, comma 3, lett. f) della legge n. 84/1994. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Omissione di una fase procedimentale obbligatoria . Il procedimento sarebbe stato concluso senza acquisire il parere obbligatorio del Comitato portuale, in violazione degli artt. 8, comma 3, lett. h) e 9, comma 5, lett. f) della legge n. 84 del 1994.

II) Violazione degli artt. 2 e 3 della legge n. 241/1990. Carenza, erroneità ed illogicità della motivazione. Violazione e falsa applicazione delle previsioni relative all’ambito di Cadimare di cui al piano regolatore portuale ed al piano territoriale regionale della costa. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento, illogicità manifesta, contraddittorietà, difetto di istruttoria e sviamento. Violazione degli artt. 36 e ss. cod. nav. Violazione del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi . Le ragioni del diniego risulterebbero espresse in modo poco chiaro e, comunque, si appaleserebbero infondate: da un lato, lo specchio acqueo in questione non interesserebbe la limitrofa area della Marina Militare (come dimostrato dal parere del Comando Militare sul progetto);
dall’altro lato, l’esigenza prospettata dall’Amministrazione di preservare l’assetto attuale in attesa di indefiniti progetti futuri si rivelerebbe contraria all’interesse pubblico e persino pretestuosa, anche perché l’intervento non contrasterebbe con il piano regolatore portuale.

III) Violazione degli artt. 3 e 10-bis della legge n. 241/1990. Violazione del principio del giusto procedimento. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di contraddittorio . L’ente intimato avrebbe violato l’art. 10- bis della legge n. 241/1990, perché non avrebbe preso in considerazione le osservazioni formulate dalla ricorrente, né avrebbe fornito ragione del mancato accoglimento delle stesse nella motivazione del provvedimento gravato;
inoltre, solo in sede di atto finale avrebbe richiamato la deliberazione del Comitato portuale n. 8/2012 e le previsioni del P.R.P.

IV) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria . La delibera del Comitato portuale n. 8/2012 risulterebbe priva di motivazione, non indicando i presupposti normativi né le ragioni di interesse pubblico sottese, ed ingiustificata, alla luce del piano regolatore portuale. Pertanto, il diniego si appaleserebbe affetto da illegittimità derivata nella parte in cui si riporta alla suddetta deliberazione.

L’Autorità Portuale di La Spezia si è costituita in giudizio, difendendo la piena legittimità del provvedimento gravato ed instando per la reiezione dell’impugnativa.

Le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie argomentazioni con memorie ai sensi dell’art. 73, comma 1, c.p.a. In particolare, l’Amministrazione resistente ha opposto l’improcedibilità del ricorso, per essere medio tempore intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato n. 5114 del 2021 a definizione della res controversa.

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza dell’11 febbraio 2022.

DIRITTO

1. È fondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla difesa della resistente.

Dopo l’istanza concessoria del 17 aprile 2010 di cui è causa, respinta con l’atto gravato del 1° giugno 2012, l’11 dicembre 2014 C.E.M.I.N. s.r.l. ha presentato una domanda di analogo contenuto, che l’Amministrazione ha rigettato con provvedimento del 16 maggio 2017, fondato su ragioni coincidenti con quelle poste a base della ripulsa del 2012.

Il diniego del 2017 è stato impugnato dall’esponente con un ricorso che, accolto in primo grado da questo Tribunale, è stato respinto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 5114 del 5 luglio 2021, passata in giudicato.

1.1. Entrambi i ricorsi riguardano la medesima vicenda sostanziale, perché:

- sia l’istanza del 2010 sia quella del 2014 hanno ad oggetto la concessione di uno specchio acqueo nella baia di Cadimare per installare una barriera di protezione e strutture di ormeggio galleggianti di facile rimozione per n. 100 imbarcazioni;

- nei due procedimenti amministrativi l’Autorità Portuale si è trovata al cospetto della stessa situazione di fatto e di diritto: in particolare, nell’istruttoria dell’istanza del 2010 non sono stati introdotti dati di fatto né prospettati interessi diversi e/o ulteriori rispetto a quelli rappresentati nella seconda procedura;

- sia il provvedimento reiettivo del 2012 sia quello del 2017 si fondano su una motivazione di identico tenore, in base alla quale “ …non verranno rilasciate nuove concessioni che prevedano la realizzazione di singoli interventi nella baia di Cadimare, fino alla definizione del processo di riconsegna delle limitrofe aree militari ed alla conseguente definizione di un piano di riassetto urbanistico complessivo dell’area, in esecuzione delle previsioni del PRP, entro il quale dovranno essere considerati i nuovi interventi ”.

Nell’odierno ricorso C.E.M.I.N. s.r.l. ha articolato motivi di gravame identici a quelli dedotti nel giudizio del 2017, che la pronunzia di appello n. 5114/2021 ha deciso nei seguenti termini:

i) con riferimento all’omessa acquisizione del parere obbligatorio del Comitato portuale (questione di cui al motivo I del presente ricorso): “ Come affermato da questo Consiglio di Stato in un precedente del tutto analogo (VI, 3 dicembre 2009, n. 7576), dalle cui conclusioni non vi è ragione di discostarsi, la previsione contenuta nel piano regolatore portuale (P.R.P.), ambito 4, che subordina gli interventi ammissibili all’approvazione di uno «specifico progetto che dovrà comunque garantire soluzioni tali da salvaguardare l’unitarietà dell’entità paesaggistica della baia di Cadimare costituita dal borgo e dall’antistante specchio acqueo, tenendo conto di soluzioni distributive e funzionali che prefigurino la possibile utilizzazione di aree interne alla base navale della Marina Militare laddove una parte di queste venissero dismesse», rappresenta un contenuto vincolato per la successiva attività dell’amministrazione che preclude il rilascio di nuove concessioni «fino alla definizione del nuovo “water front” e dello studio diretto a stabilire gli indirizzi progettuali, paesistici, ambientali e territoriali da attuare nella baia», con la conseguente applicazione dell’art. 21-octies, comma 2, prima parte, della legge n. 241 del 1990, che riduce la mancata acquisizione del parere del Comitato di gestione a irregolarità inidonea a determinare l’annullamento del provvedimento finale di diniego della concessione. Ciò che rileva, nella fattispecie, è il carattere vincolato del provvedimento finale;
valutazione che «va effettuata in concreto, e non in astratto, con la conseguenza che l’incompatibilità tra la domanda e la situazione pianificatoria ha reso dovuto l’atto di diniego senza lasciare spazio a nessun esito diverso del procedimento in ipotesi di acquisizione del parere e privando, quindi, la Cemin dell’interesse a dolersi di tale omissione» (Cons. St., VI, n. 7576/2009 cit.)
”;

ii) in relazione alle ragioni del diniego ed alla deliberazione del Comitato portuale n. 8/2012 (questioni di cui ai motivi II e IV del presente ricorso): “ Il motivo è fondato nella parte in cui fa valere il contrasto fra la domanda di concessione e la previsione del P.R.P., la quale – nel rinviare a uno specifico strumento attuativo la complessiva sistemazione urbanistica e paesaggistica della baia di Cadimare e dell’antistante specchio acqueo (oggetto dell’iniziativa proposta dalla Cemin) – comporta la temporanea preclusione al rilascio di nuove concessioni o comunque alla realizzazione di singoli interventi non compiutamente inseriti nella pianificazione dell’area. Come precisato dall’Autorità Portuale nella motivazione del diniego…, tale soluzione conservativa è stata espressa anche dal Comitato Portuale che, in coerenza con le previsioni del PRP, ha deliberato di non rilasciare nuove concessioni (cfr. la deliberazione n. 8 del 15 maggio 2012). La direttiva univoca emergente dal contenuto del piano regolatore ha imposto, pertanto, l’impugnato provvedimento di diniego. È pur vero, come rileva la società appellata, che dalla prima introduzione della norma del piano regolatore portuale sono ormai trascorsi oltre quindici anni, nel corso dei quali la pianificazione attuativa non è stata approvata;
tuttavia, la circostanza potrebbe giustificare eventuali iniziative di tutela giurisdizionali poste in essere dagli interessati per reagire contro l’inerzia dell’amministrazione, ma non può giustificare la disapplicazione della norma di piano. Né può essere condiviso l’argomento, proposto dalla società appellata, secondo cui la norma pianificatoria in esame potrebbe essere equiparata ai vincoli introdotti nella pianificazione urbanistica, con la conseguente applicazione del relativo regime della decadenza previsto per i vincoli urbanistici. Nel caso in esame la norma si traduce in un vincolo procedimentale al quale non sono riferibili le norme sulla temporaneità dei vincoli urbanistici, come la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha da tempo chiarito, sottolineando come dette disposizioni, che rendono inefficace il vincolo a tempo indeterminato, si applicano solo quando la previsione urbanistica consente l’attivazione del formale procedimento espropriativo, e non anche quando il piano subordini l’edificazione alla approvazione di uno strumento attuativo al fine della razionale modifica dell’assetto del territorio (cfr. per tutte Cons. St., Sez. IV, n. 8942 del 2010)
”;

iii) con riguardo all’invocato mancato rispetto dell’art. 10- bis della legge n. 241/1990 (questione di cui al motivo III del presente ricorso): “ Deve rammentarsi, infatti, che la norma sulla comunicazione dei motivi ostativi e sul conseguente dovere dell’amministrazione procedente di indicare nella motivazione del provvedimento finale le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate dall’interessato trova un limite nelle ipotesi in cui l’amministrazione svolga attività vincolata (come nel caso di specie), per la contestuale presenza dell’art. 21-octies della medesima legge sul procedimento, che preclude l'annullamento del «provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti»;
e che trova applicazione anche nel caso in cui la violazione procedimentale sia costituita dall’omessa motivazione circa il mancato accoglimento delle osservazioni (cfr. in tal senso, Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5622, secondo cui il carattere vincolato dell’azione amministrativa «toglie peso [...] al profilo di censura basato sulla violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, con specifico riguardo alla dedotta mancata presa in considerazione della memoria procedimentale depositata dal privato ai sensi, appunto, della norma della legge n. 241 del 1990 sulla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, e sul fatto che dell’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni dell’istante è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. In ogni caso, l’onere di cui al citato art. 10 bis non comporta la puntuale confutazione analitica delle argomentazioni svolte dalla parte privata. Al contrario, per giustificare il provvedimento conclusivo adottato è sufficiente la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso, alla luce delle risultanze acquisite. E in ogni caso trova applicazione l’art. 21 octies, comma secondo, della l. n. 241 del 1990 […]»)
”.

È quindi evidente che, in entrambe le cause, C.E.M.I.N. s.r.l. persegue lo stesso bene della vita e fa valere la medesima posizione giuridica, nell’ambito di un quadro fattuale e giuridico immutato.

Ne discende che, in applicazione del principio del giudicato esterno, le statuizioni della sentenza di secondo grado n. 5114 del 2021 in ordine all’insussistenza delle condizioni per il rilascio della concessione demaniale marittima agognata da C.E.M.I.N. devono essere assunte come certe e non più discutibili anche nell’odierno giudizio. Diversamente opinando, del resto, verrebbe rimesso in discussione il precedente accertamento giudiziale definitivo in ordine alla medesima pretesa sostanziale, con un’inaccettabile frustrazione della pregressa attività giurisdizionale.

1.2. Per completezza, si osserva che già nel 2002 C.E.M.I.N. s.r.l. aveva presentato un’istanza intesa ad ottenere una c.d.m. per realizzare un approdo turistico attrezzato: con provvedimento del 2008 l’ente costiero aveva respinto la richiesta, opponendo sempre l’impossibilità di rilasciare titoli concessori fino alla definizione del nuovo “water front”, ed il Consiglio di Stato aveva giudicato legittimo il provvedimento negativo con sentenza n. 7576 del 2009. In quel caso, però, erano trascorsi solo due anni dall’approvazione del piano regolatore portuale, il cui art. 11.3.3.1 prevede la necessità di uno strumento urbanistico attuativo per la trasformazione dell’intero distretto di Cadimare, comprendente, oltre allo specchio acqueo, anche il borgo e le aree dell’arsenale militare. Ragion per cui il suddetto precedente non era stato ritenuto vincolante da questo Tribunale nel giudizio concernente il diniego del 2017.

Nel caso scrutinato dalla pronunzia d’appello n. 5114 del 2021, invece, la domanda di C.E.M.I.N. s.r.l. è stata avanzata a distanza di otto anni dall’emanazione del P.R.P.: il Consiglio di Stato ha espressamente considerato tale elemento di differenza rispetto alla richiesta precedente e, come si è visto, ha statuito che l’inattuazione della norma urbanistica non ne giustifica la disapplicazione nemmeno dopo un notevole lasso temporale (potendo l’interessato solamente esperire i rimedi sollecitatori avverso l’inerzia della P.A.).

Pertanto, tale decisione non può non estendersi alla fattispecie in discussione, in cui l’istanza di C.E.M.I.N. s.r.l. è anteriore di quattro anni a quella rigettata dall’Amministrazione portuale nel 2017.

2. Non sono condivisibili le argomentazioni formulate dalla ricorrente per contestare il rilievo esterno del giudicato formatosi nel processo sul provvedimento di ripulsa del 2017.

2.1. In primo luogo, è infondato l’assunto secondo cui il presente giudizio differirebbe da quello concluso con la sentenza n. 5114/2021 perché solo in questo C.E.M.I.N. s.r.l. avrebbe impugnato la delibera del Comitato portuale n. 8/2012, la quale integrerebbe la disciplina del piano regolatore portuale stabilendo di non rilasciare concessioni nell’area di Cadimare fino alla definizione di un progetto pianificatorio dell’intero distretto.

In realtà, la prefata delibera del Comitato portuale è stata gravata anche con il ricorso avverso il diniego del 2017, come risulta chiaramente dalla pronuncia di primo grado n. 410 del 2020.

Peraltro, la delibera in parola è un atto amministrativo generale adottato in esecuzione del piano regolatore portuale e, segnatamente, della norma regolamentare sopra richiamata, prescrittiva di una soluzione progettuale unitaria per il borgo di Cadimare e per l’antistante specchio acqueo.

Donde la sostanziale coincidenza, anche sotto il profilo processuale, della controversia in esame e di quella già definita con la sentenza d’appello.

2.2. In secondo luogo, priva di pregio si appalesa la tesi secondo cui, nell’odierno giudizio, inciderebbe la modifica normativa introdotta dal d.l. n. 76/2020, per cui la dedotta violazione dell’art. 10- bis della legge n. 241/1990 non risulterebbe più sanabile ai sensi dell’art. 21- octies della medesima legge.

L’art. 21- octies , comma 2, della legge n. 241/1990 stabilisce che “ Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ”.

L’art. 12, comma 1, lett. i) del d.l. n. 76 del 2020, conv. in l. n. 120 del 2020, ha aggiunto all’art. 21- octies , comma 2, il seguente periodo: “ La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis ”.

Orbene, la previsione in parola è palesemente inoperante nel caso in esame, in quanto:

- la nuova norma non è applicabile alle fattispecie sostanziali anteriori alla sua entrata in vigore (in tal senso, ex plurimis , Cons. St., sez. II, 24 novembre 2021, n. 7882;
Cons. St., sez. VI, 19 agosto 2021, nn. 5948-5949;
T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 21 febbraio 2022, n. 298;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 31 gennaio 2022, n. 303);

- la mancanza di uno strumento urbanistico attuativo per l’intero distretto di Cadimare rende il diniego un atto dovuto e a contenuto vincolato, non residuando alcuno spazio di discrezionalità in capo all’Autorità Portuale, con la conseguenza che la fattispecie ricade sotto l’egida dell’art. 21- octies , comma 2, primo periodo (cfr., ex multis , Cons. St., sez. III, 15 febbraio 2022, n. 1123;
T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 21 febbraio 2022, n. 298, cit.;
T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 13 gennaio 2022, n. 72).

3. In relazione a quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenienza di ragioni ostative ad una pronuncia sul merito, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c) c.p.a.

4. In considerazione della peculiarità della controversia, le spese di lite possono essere interamente compensate tra le parti.

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