TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2014-03-14, n. 201400210
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N. 00210/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00008/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
G M M, rappresentato e difeso dagli avv.ti M V e M M, presso il cui studio in Cagliari, piazza del Carmine n. 22, è elettivamente domiciliato;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Cagliari e Oristano, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici in Cagliari, via Dante n. 23, sono legalmente domiciliati;
Comune di Cagliari, rappresentato e difeso dall'avv. F F, dell’Ufficio Legale dell’ente presso la cui sede in Cagliari, via Roma n. 145, è elettivamente domiciliato;
Regione Autonoma della Sardegna, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
col ricorso introduttivo
dell'atto 27/9/2012 n. 15757, con cui il Soprintendente per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Cagliari e Oristano, ha espresso parere negativo in merito all'intervento proposto dal ricorrente;
del provvedimento con cui il Comune di Cagliari ha rigettato l'istanza di autorizzazione paesaggistica presentata dal medesimo ricorrente;
dell'art. 49, comma 1, delle N.T.A. del piano paesaggistico regionale;
con i motivi aggiunti:
della determinazione 10/1/2013 n. 187 con cui il Dirigente del Servizio Edilizia Privata del Comune di Cagliari, recependo il parere della menzionata Soprintendenza, ha rigettato la domanda d'autorizzazione paesaggistica.
Visti ricorso, motivi aggiunti e relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione statale intimata e del Comune di Cagliari.
Viste le memorie difensive prodotte dalle parti.
Visti tutti gli atti della causa.
Nominato relatore per l'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2014 il Consigliere A M e uditi i difensori delle parti come da separato verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il dr. G M M ha presentato al Comune di Cagliari una dichiarazione di inizio attività, ex L. R. n. 4/2009, per l’esecuzione di opere di adeguamento e incremento volumetrico da realizzare sul lastrico solare di un edifico ubicato al n. 7 di via Pola.
Ricadendo il fabbricato all’interno della fascia di 100 metri da beni identitari, di cui all’art. 49 delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del Piano Paesaggistico Regionale (P.P.R.), il comune ha avviato il procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, trasmettendo gli atti alla Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Cagliari e Oristano.
Quest’ultima, però, con atto 27/9/2012 n. 15757, si è espressa negativamente sull’intervento, ritenendolo in contrasto col citato art. 49, comma 1, lett. d), il quale, sino all’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al P.P.R., ammetterebbe, negli edifici presenti all’interno della fascia di 100 metri da beni identitari, soltanto lavori di “manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e le attività di studio, ricerca, scavo, restauro, inerenti i beni archeologici, nonché le trasformazioni inerenti a tali attività”.
Recependo tale parere il Dirigente del Servizio Edilizia Privata del Comune di Cagliari ha adottato la determinazione 10/1/2013 n. 187 con cui ha negato il reclamato nulla osta paesaggistico.
Ritenendo i menzionati atti, nonché l’art. 49 delle N.T.A. del P.P.R. illegittimi, il dr. M li ha impugnati con ricorso, seguito da motivi aggiunti, con cui ne ha chiesto l’annullamento per vizi di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si sono costituite in giudizio sia l’amministrazione statale che quella comunale, che con separate memorie si sono opposte all’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 5/3/2014 la causa, su richiesta delle parti, è stata posta in decisione.
DIRITTO
Col primo motivo di ricorso e motivi aggiunti (di identico tenore) il ricorrente deduce che tanto l’amministrazione statale, quanto quella comunale, avrebbero errato nel ritenere che dall’art. 49, comma 1, lett. d), delle N.T.A. del P.P.R. discenda un vincolo di inedificabilità assoluta all’interno della fascia dei cento metri da beni identitari.
La doglianza è fondata.
La citata disposizione, intitolata “Aree caratterizzate da edifici e manufatti di valenza storico culturale. Prescrizioni”, stabilisce:
“1. Per la categoria di beni paesaggistici di cui all'art. 48, comma 1, lett. a), sino all'adeguamento dei piani urbanistici comunali al P.P.R., si applicano le seguenti prescrizioni:
a) sino all'analitica delimitazione cartografica delle aree, queste non possono essere inferiori ad una fascia di larghezza pari a m. 100 a partire dagli elementi di carattere storico culturale più esterni dell'area medesima;
b) nelle aree è vietata qualunque edificazione o altra azione che possa comprometterne la tutela;
c) la delimitazione dell'area costituisce limite alle trasformazioni di qualunque natura, anche sugli edifici e sui manufatti, e le assoggetta all'autorizzazione paesaggistica;
d) sui manufatti e sugli edifici esistenti all'interno dell'aree, sono ammessi, gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e le attività di studio, ricerca, scavo, restauro, inerenti i beni archeologici, nonché le trasformazioni connesse a tali attività, previa autorizzazione del competente organo del MIBAC;
e) la manutenzione ordinaria è sempre ammessa”.
Orbene, al fine di addivenire ad una corretta interpretazione della disciplina introdotta dal trascritto comma, occorre procedere ad una lettura congiunta e sistematica di tutte le proposizioni in cui esso si articola.
Con la lettera a) si prevede, nelle more dell’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al P.P.R. e della conseguente delimitazione cartografica delle aree “caratterizzate da edifici e manufatti di valenza storico culturale”, l’istituzione di una fascia di rispetto predefinita intorno ai detti beni (“100 metri di larghezza a partire dagli elementi di carattere storico - culturale più esterni dell'area medesima”).
La lettera b), vieta di compiere, all’interno delle dette aree, “qualunque edificazione o altra azione che possa comprometterne la tutela”. Il divieto non si estende, dunque, tout court, a ogni tipo di intervento edificatorio o modificativo, ma inibisce soltanto quelle attività che possano essere di pregiudizio al bene tutelato incluso nell’area di rispetto, come ben evidenziato dall’inciso “che possa comprometterne la tutela”.
La portata precettiva della lettera b), è chiarita dalla successiva lettera c) del medesimo comma, secondo cui la delimitazione dell’area, lungi dal porre divieti assoluti, costituisce, unicamente, “limite” ad ogni tipo di trasformazione, anche su edifici e manufatti (non vincolati ex sè), di modo che ogni intervento modificativo, necessita di autorizzazione paesaggistica.
In base alla lett. d), sono escluse da questo rigoroso sistema di tutela, nel senso che sono ammesse, le opere “di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo”, su manufatti ed edifici esistenti “e le attività di studio, ricerca, scavo, restauro, inerenti i beni archeologici, nonché le trasformazioni connesse a tali attività”, anch’esse consentite, ma previa autorizzazione, com’è ovvio, del competente organo ministeriale.
Sono, infine, sempre consentiti, ai sensi della lett. e), i lavori di manutenzione ordinaria.
Non assume contrario rilievo il richiamo, operato nelle proprie memorie difensive dalle amministrazioni resistenti, alla sentenza di questa Sezione 15/1/2013 n. 33, avente ad oggetto un’area di interesse (in quel caso) archeologico, individuata come bene paesaggistico ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 48, comma 1, lett. a) e 49, commi 1 e 2 delle NTA del PPR. In quel caso - che riguardava opere (di urbanizzazione) previste all’interno di un’area (il colle di Tuvixeddu in Cagliari) come noto caratterizzata da un insediamento fenicio di inestimabile valore archeologico- il Collegio aveva confermato la legittimità dell’impugnato diniego di autorizzazione paesaggistica, che si fondava sul notevole “impatto paesaggistico” di quelle stesse opere, le quali si inserivano in un corposo intervento edilizio convenzionato e apparivano, pertanto, a giudizio insindacabile nel merito della Soprintendenza, capaci di “compromettere la tutela” paesaggistica del colle nel suo complesso, esattamente nei termini richiesti dall’art. 49, comma 1, lett. b), delle NTA del PPR.
Ben diversa è la situazione oggi sottoposta all’attenzione del Collegio, ove l‘autorizzazione paesaggistica richiesta da parte ricorrente viene respinta non perché l’ampliamento in progetto è idoneo a compromettere il bene tutelato paesaggisticamente, ma unicamente perché l’intervento ricade nella fascia dei 100 metri dal bene identitario.
In base alle riportate disposizioni contenute nell’articolo 49, le intimate amministrazioni non potevano ritenere ex se vietato l’intervento proposto dal ricorrente, ma avrebbero dovuto valutarne la compatibilità con le esigenze di salvaguardia dell’interesse paesaggistico da tutelare.
Il ricorso va, pertanto, accolto.
In considerazione della complessità della questione trattata, spese ed onorari di giudizio possono essere compensati.