TAR Torino, sez. I, sentenza 2009-11-30, n. 200903188
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N. 03188/2009 REG.SEN.
N. 00974/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 973 del 2009, proposto da:
G C, R L, D C, M B, P C, M F, P G, G P, G G, M R, S S, A N, D V, V S, R C, e V D C, rappresentati e difeso dagli avv. R L, G U, A F, con domicilio eletto presso l’avv. R L in Torino, corso Montevecchio, 50;
contro
Comune di San Mauro Torinese, rappresentato e difeso dall'avv. G S, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, via Paolo Sacchi, 44;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della deliberazione del Consiglio Comunale di San Mauro Torinese n. 35 del 28 maggio 2009 avente ad oggetto piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari (art.58 c.1 l. 133/2008) - variante n. 9 al P.R.G.C. vigente - approvazione;
nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di San Mauro Torinese;
Esaminate le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 5/11/2009 il Referendario Avv. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.1. I ricorrenti allegano di essere proprietari di immobili siti nell’intimato Comune e prospicienti un’ampia area di proprietà comunale,classificata in PRGC come V.O.2 e destinata a verde pubblico.
Tale area è pervenuta al Comune in esecuzione di un PEC approvato con delibera di Consiglio n. 131 dell’’11.5.1987 cui ha fatto seguito la stipula della relativa convenzione notarile in data 29.12.1987(doc. 1 produzione ricorrenti), il cui art. 3, ai sensi dell’art. 45 della L.Reg. Piemonte n. 56/1977 contemplava la cessione gratuita al Comune delle “aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria”, tra le quali consta l’area per cui è causa, destinata a verde pubblico.
Gli interventi previsti nel piano esecutivo de quo sono stati ultimati, con conseguente utilizzazione conformemente alla prevista destinazione, anche delle aree predette, cedute all’Ente per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
1.2. Senonché, in attuazione della facoltà concessa agli Enti locali dall’art. 5 8 del D.L.n. 112/2008, conv. con L. n. 133/2008, il Comune intimato ha approvato la deliberazione di Consiglio n. 35 del 28.5.2009, con la quale ha approvato il “piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” predisposto dal servizio tecnico competente e includente tra i beni “non strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali”destinati ad essere alienati mediante asta pubblica, anche la predetta area V.O.2, ceduta al Comune dai privati sottoscrittori della convenzione di Pec suindicata e destinata in PRGC a verde pubblico. Tale area è stata accorpata ad u n piccolo fondo destinato a parcheggio pubblico
Contestualmente all’approvazione del piano delle alienazioni immobiliari il Comune approvava con la stessa deliberazione n. 35/2009 anche la variante 9 al PRGC, con la quale riclassificava la suddetta area in zona “di riordino e completamento residenziale”dotata di un indice fondiario di 1,34 mc./mq., che consente la realizzazione di una volumetria residenziale pari a mc. 4.410.
L’area frutto dell’indicato accorpamento veniva riclassificata come RI.O.3° avente la suddetta destinazione residenziale.
1.3. Ritenendo lesiva dei loro interessi l’illustrata determinazione comunale, insorgono contro di essa i ricorrenti con il gravame in epigrafe, diretto anche contro la determina dirigenziale n. 513 del 20.7.2009 e l’avviso di asta pubblica di pari data, avente ad oggetto i beni immobili tutti compresi nell’elenco delle alienazioni e valorizzazioni approvato con la delibera di consiglio n. 35/2009.
1.4. Il ricorso è affidato a cinque motivi.
Il primo denuncia incompetenza e violazione ed errata applicazione dell’art. 58, l. n. 133.2008;il secondo violazione ed errata applicazione degli artt. 15 e 17 della L. Reg. Piemonte n. 56/1977 e 2 della L. Reg. n. 1/2007 nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria;il terzo motivo rubrica invece violazione dei principi generali sulle funzioni istituzionali dei comuni e quelli in materia di pianificazione urbanistica ed opere di urbanizzazione;il quarto violazione degli artt. 39,43,45 della L. Reg. Piemonte n. 56/7 ed eccesso di potere per difetto di motivazione, mentre il quinto mezzo lamenta eccesso di potere per difetto di motivazione.
1.4. Si costituiva in giudizio con memoria e deposito di documenti il 22.9.2009 il Comune di S. Mauro Torinese domandando il rigetto del ricorso. Parte ricorrente depositava memoria difensiva il 24.9.2009 e alla pubblica Udienza del 5.11.2009, sulle conclusioni delle parti e la relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano il ricorso è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
1. Ritiene il Collegio che si profili assistita da rilevanti elementi di fondatezza la censura svolta con il secondo mezzo di gravame, con il quale i ricorrenti lamentano violazione ed errata applicazione degli artt. 15 e 17 della L. Reg. Piemonte n. 56/1977 e 2 della L. Reg. n. 1/2007 nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Si dolgono al riguardo della circostanza che il Comune, nell’approvare con delibera 35 del 28 maggio 2009 il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari ex art. 58, l. n. 133/2008 e la contestuale variante n. 9 che ha riclassificato l’area V.C.12 da verde pubblico a zona residenziale di completamento – con conseguente attribuzione dell’indice fondiario di 0,75 mc./mq. – non abbia osservato le modalità procedurali contemplate agli artt. 15 e 17 della L.Reg. Piemonte n. 56/1977, le quali, come noto, differenziano a seconda che le varianti si configurino come parziali o semplificate, ovvero come varianti strutturali, richiedendo, in tale seconda ipotesi, la trasmissione degli atti alla regione ai fini della sua approvazione.
Ebbene, nella tesi dei ricorrenti quelle disposizioni procedimentali della Legge urbanistica regionale devono essere osservate ed applicate anche in sede di adozione della variante disciplinata dall’art. 58 della L. n. 133/2008, poiché la predetta norma di fonte primaria statuale non è idonea ad incidere la disciplina di dettaglio recata dalla legge urbanistica regionale con riguardo ai procedimenti di modifica degli strumenti urbanistici.
Di conseguenza si imponeva in occasione dell’approvazione della contestata variante urbanistica, il rispetto dell’art. 17 della L.Reg. n. 56/77, il quale stabilisce che sono varianti strutturali anche quelle che “riducono la quantità globale delle aree a servizi per più di 0,5 metri quadrati per abitante, nel rispetto, comunque, dei valori minimi”.
Il Comune ha omesso di svolgere la necessaria istruttoria sul punto, finalizzata ad acclarare se la variante in corso di attuazione riducesse o meno la quantità globale di aree a servizi nella misura appena indicata, discendendone il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria nonché di violazione degli artt. 15 e 17 della L.U.R.
2. L. a censura, come anticipato e senza con ciò sottacere i profili di problematicità, denunciati con gli altri motivi di ricorso, che connotano la scelta di procedere alla dismissione di beni ed aree destinate a verde pubblico e opere di urbanizzazione e pervenute al Comune in esecuzione di obblighi di legge nell’ambito del PEC e pertanto preordinate a soddisfare interessi pubblici affidati alla competenza e alla cura degli enti locali, persuade il Collegio, che ne ravvisa oltretutto il carattere assorbente, atteso che involge la stessa fase diacronica del procedimento esitato con l’impugnata deliberazione, fase che deve essere rinnovata ponendo in essere degli omessi accertamenti, che in ipotesi avrebbero anche potuto indurre l’Ente a desistere dalle sue determinazioni.
2.. Orbene, il dato normativo da cui il Collegio deve muovere è costituito dal’art. 58 del d.l. n. 112/2008, poi convertito con la l. n. 133/2008, norma che, nell’intento di incentivare la valorizzazione del patrimonio pubblico mediante alienazione di quei beni che non si caratterizzino per il loro nesso di strumentalità all’esercizio delle funzioni istituzionali degli enti locali e siano quindi improduttivi, abilita ciascun Ente ad individuare con delibera dell’organo di governo, i beni privi del delineato nesso di strumentalità e suscettivi di valorizzazione e che vanno quindi a comporre un piano della alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio preventivo dell’Ente locale. Dispone ulteriormente la norma in analisi che l’inserimento di detti immobili nel piano de quo ne determina la classificazione come patrimonio disponibile.
La parte che più interessa alla disamina del motivo in scrutinio è però quella successiva dello stesso articolo, a termini della quale la delibera di approvazione del piano in argomento “costituisce variante allo strumento urbanistico generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessita di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata delle Provincie e delle Regioni”, verifica peraltro definita necessaria solo se la variante tocca terreni classificati come agricoli ovvero se comporta variazioni volumetriche superiori al 10% dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico generale.
Null’altro dispone la norma in ordine al regime formale e procedurale di adozione della variante in analisi.
3.1. Opina al riguardo il Collegio che la rilevata incompletezza e genericità della norma di cui all’art. 58 del d. l.n .112/2008 quanto all’efficacia di variante al PRG che viene annessa alla delibera di approvazione del piano della alienazioni immobiliari contemplato da tale norma, non incide o innova eventuali procedimenti di approvazione delle varianti allo strumento urbanistico definiti dalla legislazione regionale, non vulnerando, in particolare, la distinzione tra varianti parziali e varianti strutturali, con ciò che ne consegue in termini di diversità di procedure e di correlativo coinvolgimento delle Regioni.
Nella Regione Piemonte, più i particolare, i segmenti di disciplina lasciati scoperti dalla norma de qua sono normati dall’art. 17 della L. Reg. n. 56/1977 che contempla le due note tipologie della variante parziale, che viene adottata senza interessamento dell’Amministrazione regionale e della variante strutturale che invece richiede l’approvazione della Regione.
Consegue da quest’osservazione che la norma di cui all’art. 17, comma 4, lett. c) della L Reg. Piemonte 5.12.1977, n. 56, che stabilisce che sono varianti strutturali, da approvarsi da parte della Regione, quelle che “riducono la quantità globale delle aree a servizi per più di 0,5 metri quadrati per abitante, nel rispetto, comunque, dei valori minimi, di cui alla presente legge” è di sicura applicazione al caso all’esame del Tribunale.
Posto che, quindi, il Comune resistente ha approvato con la procedura prescritta per le varianti parziali, la variante n. 9 con cui ha impresso all’area V.C. 12 l’indice fondiario di 0’75 mc./mq., omettendo di compiere l’accertamento istruttorio inteso ad acclarare se a seguito della sottrazione dell’area a verde rappresentata dalla predetta superficie trasformata, venisse intaccato il rapporto definito dalla riportata norma regionale tra abitanti e aree a servizi e, i particolare, se fosse stata ridotta la quantità globale della aree a servizi per più di 0’5 metri quadrati per abitante, risulta integrato il dedotto difetto di istruttoria nonché la violazione della norma di legge regionale sopra riportata.
3.2. Pone il luce, inoltre, il Collegio che oggetto dell’accertamento comunale doveva anche essere – benché non risulti sul punto specifica censura dei ricorrenti, e non potendo quindi tale profilo motivare la decisione di accoglimento del mezzo in scrutinio – anche la verifica che la variante de qua non avesse aumentato la capacità insediativa residenziale definita in P.R.G, ove il Comune di S. Mauro non abbia popolazione residente fino a 10.000 abitanti e capacità insediativa esaurita, posto che l’art. 17, comma 4 in analisi dispone anche che sono varianti strutturali quelle che “incrementano la capacità insediativa residenziale del Piano Regolatore Generale vigente, fatta eccezione per i Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti con capacità residenziale esaurita.
3.3. Con riguardo alla questione tratteggiata più sopra, ovverosia al rilevato difetto di istruttoria, rimarca il Collegio che non rileva e va quindi disattesa la linea difensiva spiegata sul punto dall’Amministrazione (pag. 8, memoria del 22.9.2009), la finalità economico - finanziaria perseguita dall’Ente e sottesa alla norma di cui all’art. 58 della L. n. 133/2008,da cui deriverebbe che la variante in argomento non è uno strumento urbanistico.
3.4. Osserva per contro il Collegio che la delineata finalità finanziaria non fa dequotare la ricaduta e la rilevanza urbanistica della variante adottata, la quale si inscrive comunque, a parere del Collegio, nel quadro di un procedimento di carattere urbanistico, come è confermato dalla precisazione pure contenuta nella norma di legge, secondo cui la delibera di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisce variante “allo strumento urbanistico generale”. Se la delibera in analisi ha l’effetto di variare lo strumento urbanistico, ciò vuol dire che essa ha una portata e una natura chiaramente urbanistica: che, altrimenti, non si intravede la ragione per la quale il legislatore avrebbe dovuto precisare che l’atto in questione è idoneo a variare il PRG.
3.5. Conclusivamente, pertanto, l’Amministrazione ha infranto la norma di cui all’art 17, comma 4, lett. c) della L. Reg. Piemonte n. 56/77 per non avere preliminarmente svolto la necessaria attività istruttoria mirante ad accertare se la variante approvata fosse stata idonea a ridurre la quantità globale di aree servizi per più di 0,5 metri quadrati per abitante, nel rispetto, comunque, dei valori minimi, di cui alla legge stessa.
Fondata è dunque la doglianza di violazione dell’art. 17 della L. Reg. n. 56/77 nonché quella di eccesso di potere per difetto di istruttoria articolata con il secondo motivo di ricorso,che va pertanto accolto, dovendo pronunciarsi l’annullamento della delibera n. 35/2009, nonché, per il noto meccanismo dell’invalidità ad effetto caducante stante il nesso di presupposizione che astringe gli atti gravati, degli eventuali atti di avvio della procedura di alienazione.
Possono essere assorbiti i restanti motivi di ricorso, stante la portata dirimente e travolgente l’intero procedimento posto in essere dal comune, che va attribuita al vizio di difetto di istruttoria che affligge il momento diacronico del procedimento al vaglio del Tribunale, il quale va conseguentemente rinnovato ab imis.
Le spese del giudizio possono essere compensate, stante la novità delle questioni di diritto affrontate.