TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-01-02, n. 202400036
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Testo completo
Pubblicato il 02/01/2024
N. 00036/2024 REG.PROV.COLL.
N. 15312/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15312 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- del decreto del Presidente della Repubblica (n. -OMISSIS-), adottato il 12 settembre2022 e notificato per il tramite del Consolato Generale d’Italia a Londra il 12 ottobre 2022, recante l’annullamento del decreto emesso il 26 gennaio 2016 di concessione della cittadinanza italiana;
- di ogni altro atto connesso, compreso l’eventuale decreto del Ministro dell’Interno di rigetto dell’originaria istanza di concessione della cittadinanza italiana, e di tutti gli altri atti presupposti, preparatori e consequenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2023 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I. – Si controverte sulla legittimità del decreto del Presidente della Repubblica del 12 settembre 2022, con cui è stato annullato il precedente decreto del Presidente della Repubblica di concessione della cittadinanza, emesso in data 26 gennaio 2016 nei confronti del ricorrente.
II. - A fondamento del provvedimento impugnato l’Amministrazione ha rappresentato che il decreto di concessione della cittadinanza, già emanato in favore del ricorrente, “ è divenuto oggetto del procedimento penale presso il Tribunale di Roma (n. -OMISSIS- e n. 13469/2017 R.G. Ufficio G.I.P.-G.U.P.), instaurato a seguito dell’indagine compiuta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, volta ad accertare l’avvenuta definizione favorevole, pur in presenza di gravi elementi ostativi, di circa 500 pratiche di concessione della cittadinanza, tra le quali risulta ricompresa anche quella dell’istante ”. L’atto impugnato riferisce, inoltre, che da tale procedimento penale era stato stralciato un ulteriore procedimento, “ il n. -OMISSIS-, definito con giudizio abbreviato con la sentenza n. -OMISSIS-del Tribunale di Roma, che ha condannato una dipendente della Direzione centrale per la cittadinanza del Ministero dell’Interno per i reati di cui agli artt. 615 ter e 615 quater c.p., per aver definitivo positivamente, nonostante l’istruttoria fosse alterata, circa 100 istanze di cittadinanza, mediante accesso abusivo al sistema informatico e manipolazione dei dati dietro corrispettivo ”; che la sentenza del Tribunale di Roma “ è stata confermata in secondo grado, con la sentenza n. -OMISSIS-della Corte d’Appello di Roma, e in ultimo grado, a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione nr. -OMISSIS-, diventando definitiva ”; che “ la medesima dipendente, coimputata, in associazione con altri soggetti, anche nel richiamato procedimento penale presso il Tribunale di Roma, di cui è oggetto il succitato d. P.R. di concessione, nell’ambito del più alto numero di pratiche di cittadinanza, è stata già nuovamente condannata, con sentenza ex art. 444 e 445 c.p.p. n. -OMISSIS-del G.U.P. presso il Tribunale Ordinario di Roma ”.
Il provvedimento di concessione della cittadinanza, nei confronti dell’odierno ricorrente, sarebbe pertanto risultato “ carente in via assoluta di istruttoria e non altrimenti sanabile, per via delle circostanze emerse in sede penale e non addebitabili all’Amministrazione ”.
Nella motivazione dell’atto, inoltre, si dà conto della nota ministeriale, datata 22 dicembre 2021, con la quale, nei confronti dell’odierno ricorrente, è stata data comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela, ai sensi degli artt. 7 e 10- bis della legge n. 241 del 1990, e si aggiunge che “ non sono stati forniti nuovi elementi utili per una decisione favorevole ”.
Viene peraltro esclusa la sussistenza di un affidamento tutelabile in capo alla parte privata, ai sensi dell’art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990, “ sulla base della considerazione che il decorso del tempo non può ingenerare un affidamento in buona fede in capo a coloro che hanno ottenuto la cittadinanza in conseguenza di comportamenti penalmente rilevanti, tenuto peraltro conto che l’Amministrazione è venuta a conoscenza degli ulteriori fatti criminosi solo con la recente richiesta di rinvio a giudizio ”. L’amministrazione, dunque, si sarebbe mossa “ tempestivamente ”, pur nella consapevolezza che non sarebbe applicabile il termine “ ragionevole ” di cui all’art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990 allo specifico procedimento di concessione dello status di cittadino, e ciò “ per incompatibilità con i valori fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, secondo consolidata giurisprudenza ” (sono qui richiamate alcune sentenze di questo TAR).
Sono, infine, spese ulteriori considerazioni atte a sostenere la sussistenza e la prevalenza dell’interesse pubblico, concreto e attuale, alla rimozione dell’atto di riconoscimento della cittadinanza, anche nel bilanciamento con il contrapposto interesse della parte privata, nel soddisfacimento dei criteri di proporzionalità e ragionevolezza.
III. – Il gravame è affidato ai seguenti motivi di censura: Eccesso di potere per carenza di istruttoria e per travisamento e/o erronea valutazione dei fatti , assumendo il ricorrente di essere estraneo alle vicende poste alla base del provvedimento di ritiro; che, malgrado la discrezionalità dell’autorità procedente, l’amministrazione non ha fornito un’adeguata motivazione delle sue scelte, congrua, ragionevole e proporzionale, non avendo tenuto peraltro conto del suo livello di integrazione sociale; di possedere tutti i requisiti per ottenere la cittadinanza che infatti gli è stata concessa prima di essergli revocata.
IV. – Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, depositando documenti e una relazione difensiva.
V. – Con ordinanza del 20 dicembre 2022 n. 7717 è stata respinta la domanda cautelare per mancanza del requisito del fumus boni iure .
VI. – In vista dell’udienza pubblica la difesa erariale ha depositato ulteriori documenti e una relazione difensiva, con cui ha insistito per il rigetto della domanda di annullamento del provvedimento oggetto dell’odierno ricorso.
VII. – All’udienza pubblica del 4 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
I. - Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.
II. - La vicenda oggetto del presente giudizio è nota alla giurisprudenza della Sezione, che su di essa si è già pronunciata con diversi precedenti.
Si tratta della vicenda che ha visto coinvolta una funzionaria infedele del Ministero dell’interno la quale, a seguito di un procedimento penale, è stata condannata per aver alterato, in ragione di indebiti accessi nelle rispettive procedure informatiche, un numero notevole di pratiche afferenti alla concessione della cittadinanza italiana in favore di richiedenti stranieri. Le fondamentali circostanze di fatto della vicenda, che hanno orientato l’amministrazione all’esercizio del potere di autotutela, sono sufficientemente e adeguatamente descritte nella motivazione dell’atto gravato, nel quale si dà conto del procedimento penale stralciato dal filone principale, conclusosi con la condanna definitiva, dopo tre gradi di giudizio, nei