TAR Salerno, sez. II, sentenza 2020-07-01, n. 202000779

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2020-07-01, n. 202000779
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202000779
Data del deposito : 1 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/07/2020

N. 00779/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00895/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 895 del 2019, proposto da
La Regina di S. Marzano di Antonio Romano S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato I M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Scafati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

in parte qua , dell'ordinanza n° 2255 bis del 29/03/2019 per la demolizione di opere edilizie e ripristino dello stato dei luoghi, di cui all'accertamento del sopralluogo del 11.10.2017, notificata alla ricorrente in pari data, e di ogni atto, anche endoprocedimentale, comunque non conosciuto, consequenziale, connesso, preordinato e presupposto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Scafati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 luglio 2020 il dott. Nicola Durante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società ricorrente impugna l’ordinanza di demolizione n. 2255-bis del 29.03.2019, emessa dal Comune di Scafati con riferimento a due basamenti in calcestruzzo, un locale adibito a deposito ed un muro di cinta, realizzati sul terreno accatastato al fl. 2, part. 64 sub 6 e 9, da questa condotto in locazione con contratto del 26.06.2013.

Resiste il Comune di Scafati.

Con ordinanza n. 340 dell’11.07.2019 è stata accolta la domanda cautelare.

Il ricorso è in parte improcedibile ed in parte fondato.

E’ improcedibile per quanto riguarda i due basamenti, su cui insistono un impianto di lavaggio ed un impianto di concentrazione, trattandosi di opere per le quali, dopo essere stata acquisita l’autorizzazione sismica n. 318957 del 18.05.2018, è stata presentata SCIA in sanatoria.

La presentazione di una domanda di sanatoria fa infatti venir meno l’interesse al ricorso, poiché il Comune dovrà emanare un nuovo atto – eventualmente anche tacito, per il decorso del termine di legge –, sulla base della verifica della sanabilità o meno delle opere e, solo in caso esso sia negativo, l’ordine di demolizione impugnato in questa sede potrà riprendere efficacia, con conseguente onere per il ricorrente di impugnare il diniego di sanatoria unitamente all’ordinanza di demolizione che avrà ripreso il suo corso, mentre, viceversa, il perfezionamento della sanatoria renderà legittima l’opera e non più applicabile la sanzione (cfr. T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 24 aprile 2020, n. 669).

Resta inteso che, in caso di reiezione della domanda di sanatoria, il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione decorrerà dal momento in cui il diniego pervenga a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l’accertamento di conformità e deve pertanto poter fruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso (cfr. T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 24 aprile 2020, n. 669;
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 24 luglio 2012 n. 3561);

Il ricorso è invece fondato - per difetto di motivazione - quanto al locale deposito, avendo la parte privata dedotto l’avvenuto rilascio della concessione edilizia in sanatoria n. 272 del 2003, non menzionata nel titolo demolitorio, anche solo per confutarne la pertinenza con l’opera in esame.

Il ricorso è altresì fondato per quanto riguarda il muro di cinta, che l’art. 2, comma 60, della legge 662 del 1996 sottopone al regime della DIA, con conseguente eventuale applicabilità della sola misura sanzionatoria pecuniaria.

Le spese del processo possono essere compensate, stante la particolarità della vicenda.

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